Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Farawayx    02/05/2014    13 recensioni
Dianne e sua cugina Gwen partono insieme per il college intenzionate a lasciarsi tutto alle spalle. Dianne, però, è ancora fidanzata e non riesce a immaginare il suo mondo senza Austin. Bello quanto stupido, questo ragazzo l’ha condotta sul fondo, facendola diventare bulimica. Nessuno sa quello con cui Dianne deve convivere ogni giorno, nemmeno Gwen. Sarà Cam, un enigmatico quanto affascinante ragazzo, a risvegliare Dianne dal suo stato di catalessi interiore, facendola sentire viva e bellissima come non mai.
Un sentimento così forte e travolgente può portare Dianne solo sull’orlo di una scelta: rimanere bloccata fra il fango del passato o tuffarsi nelle acque incerte e tempestose del futuro?
« Gli occhi vengono definiti lo specchio dell’anima, allora mi chiedo, perché quando
incrocio i miei allo specchio riesco solo a pensare a quanto siano vuoti e
spenti? E’ questo che ho dentro? Sono un involucro vuoto nato in un giorno di
pioggia?
Ma chi mi crederebbe mai. Chi penserebbe che uno come me ha questi pensieri che
periodicamente gli girano in testa. Però ci sono e ho quasi il timore che
qualcuno li sgorga.
Cosa ne sarà di me? Di me.»
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
wsdf








«Certe cose non puoi prolungarle all'infinito. Viene il momento in cui devi strappar via il cerotto. 
Fa male, ma poi passa e ti senti meglio. »
▪John Green▪






                           
                           ◊ CAPITOLO II ◊ Remain nameless.





Q
uel letto era dannatamente comodo.
Fu questo l’unico pensiero che Dianne riuscì a formulare mentre si stringeva maggiormente nel lenzuolo bianco, godendosi la sensazione di freschezza del tessuto contro la sua pelle.
La sera prima ci aveva messo pochissimo ad addormentarsi, i viaggi in auto riuscivano a stancarla come non mai. Spesso si chiedeva come fosse mai possibile, infondo non faceva altro che stare seduta a guardare il panorama fuori dal finestrino, per ore e ore.
Eppure quella notte aveva dormito così profondamente, come se non dormisse da giorni.
Aprì svogliatamente gli occhi e la sensazione di beatitudine le sfuggì dalle mani in un millesimo di secondo, non appena il suo sguardo si posò sulla sveglia digitale posta sul comodino.
Il panico totale prese possesso del suo corpo, costringendola ad alzarsi di scatto, portandosi le mani tra i capelli scuri e si maledisse mentalmente per essere una persona così pigra.
–Dannazione, sono le nove, dovevo essere in classe per l’orientamento dieci minuti fa!- Quasi urlò gettandosi con la testa tra le valigie ancora da disfare, prendendo a caso una maglietta e dei jeans, indossandoli ad una velocità che non sapeva nemmeno di possedere.
Quando aprì velocemente la porta della sua stanza, che dava sulla cucina, si ritrovò le facce assonnate di Nives e Gwen, intente a fare colazione.
-Te l’avevo detto io di svegliarla. - Commentò Gwen osservandola mentre dava un morso ad una fetta biscottata.
Nives scrollò le spalle e le rivolse un sorriso. –Con quei capelli mi ricordi un super Sayan, che dici Gwen, le donano?-.
-Penso che dovrebbe andarsene in giro sempre così.- Annuì l’altra.
Dianne le fulminò con lo sguardo e si diresse verso il bagno, dove afferrò la spazzola, tentando di domare quella massa informe di capelli.
-E’ il mio primo giorno e già sono in ritardo, come migliorare il proprio record. - Disse a voce alta mentre, rassegnata, metteva da parte la spazzola e legava i capelli in una coda.  –Voi come mai siete così rilassate?- chiese alle due, uscendo dal bagno e afferrando la tracolla che si sistemò su di una spalla.
-Io inizio domani. - Rispose tranquillamente Nives.
-Io dopodomani. - Ribatté Gwen tutta allegra.
- E io sono la solita sfigata che inizia oggi e avrà già una nota per il ritardo. - Terminò tristemente Dianne, dirigendosi verso la porta.
-Esatto!- Sentì la voce di Gwen raggiungerla e nella sua mente la vide sorridere.



Nonostante avesse fatto tutta la strada di corsa, la maestosità del campus l’aveva completamente travolta e più volte aveva rischiato di restare imbambolata a fissare uno degli imponenti palazzi in pietra che caratterizzavano più punti del perimetro.
Quando si ritrovò dinanzi all'edificio principale, la prima impressione fu di un castello.
La facciata principale di pietra grigia, aveva delle torri ovali a tutti i quattro lati, dove si alternava un tipo di pietra più chiaro, che le piogge e il tempo avevano portato ad una tonalità tra il bianco sporco e grigio. Altri due edifici partivano da entrambi i lati, seguendo lo stesso stile della prima e dando a Dianne l’impressione di essere ritornata indietro nel tempo. Le finestre le sembravano enormi e si erigevano sulla facciata, formando ordinate file, il tutto su tre piani. Quel posto era veramente magnifico e quello era solo uno dei tanti edifici.
Dianne percorse velocemente gli scalini che conducevano in direzione dell’ingresso principale, probabilmente non aveva mai camminato così velocemente, e nonostante il chiacchiericcio proveniente dall’esterno, il corridoio era vuoto. Era sicuramente tutti nelle classi. Tutti tranne lei.
Si passò nervosamente una mano tra i capelli, tentando in tutti modi di individuare la sua classe su quella mappa che le aveva dato Nives la sera prima.
Completamente assorta da quello non si rese conto che qualcuno stava per frapporsi tra lei e la sua corsa selvaggia, così gli finì proprio addosso, investendolo.
Imprecò a voce bassa provando una fitta di dolore alla spalla e sollevò lentamente lo sguardo per mettere a fuoco il viso del poverino che aveva colpito in pieno.
Era un ragazzo alto, anche troppo, i capelli scuri erano sistemati da un lato, ricadendo disordinatamente vicino alle orecchie. Aveva gli occhi castani e un’espressione sofferente sul viso.
Dianne strinse gli occhi osservandolo meglio, era sicura di aver già visto quel ragazzo da qualche altra parte, ma dove?
Lui si massaggiò la spalla con una mano e poi portò l’attenzione su di lei. –Penso che non ci sia nessuna assicurazione che copra l’essere investito da una donna, vero?- Commentò.
-Mi dispiace tanto. - Si scusò sincera Dianne.- E’ il primo giorno, sono in ritardo e non riesco a trovare la mia classe…- Si zittì di colpo. Perché raccontare quelle cose ad uno sconosciuto? Sembrava patetica e lagnosa, ma quello era il suo stato d’animo in quel momento. Già l’idea di ritrovarsi da sola in una classe dove non conosceva nessuno, la metteva a disagio, quindi poteva anche evitare di mostrarsi come una bambina persa e pronta a piangere cercando la mamma.
-Mi dispiace ancora. - Disse infine.
Lui sollevò la mano come per dirle che non era importante e poi si fermò ad osservarla alcuni istanti. –Ci conosciamo?-
Dianne scosse prontamente la testa, spostando nervosamente lo sguardo in direzione dell’orologio. Non voleva sembrare antipatica o asociale, però era terribilmente in ritardo e in quel momento non poteva permettersi di fare conoscenze.
-Sicura? Hai un viso familiare. -
Lei lo osservò, ricordando di aver pensato la stessa cosa pochi istanti prima, per poi scuotere nuovamente la testa. –Non credo, sono arrivata qui solo ieri. - Fece una pausa, riportando gli occhi sulla cartina. –Ascolta, mi dispiace tanto di averti travolto ma ora devo scappare. -
-Che classe stai cercando?- Le chiese lui facendo scivolare entrambe le mani all’interno delle tasche dei jeans.
-Il corso di scrittura creativa. - Mormorò dando un fugace sguardo al suo orario.
-Secondo piano, gira a destra, terza classe. Buona fortuna. - Le rivolse un sorriso gentile e si voltò.
Dianne lo ringraziò mentalmente e senza aspettare oltre si precipitò per le scale, seguendo le indicazioni del ragazzo e aprì velocemente la porta. Aveva un quarto d’ora di ritardo ma sembrava che il professore non fosse ancora arrivato, sorrise pensando che esistesse qualcuno più ritardatario di lei.
L’aula sembrava l’interno di un anfiteatro, i banchi erano disposti a semicerchio, e nell’estremità più bassa c’era la cattedra vuota con alle spalle due enormi lavagne nere.
Scivolò in silenzio lungo i gradini, tentando di passare inosservata, e cercò un banco dove sedersi. La scelta non era così ampia, però riuscì a trovare un posto nel centro.
Aveva il respiro affannato per via della corsa, le mani sudate e le gambe molli, così si lasciò ricadere di peso sulla sedia, chiudendo per alcuni istanti gli occhi, rilassandosi.
Un pensiero le arrivò alla mente: Austin. Spalancò gli occhi ricordandosi di aver del tutto dimenticato di chiamarlo, come era possibile. Non aveva mai dimenticato un dettaglio del genere prima d’ora.
I suoi pensieri furono interrotti dal tonfo di una borsa che ricadeva sulla cattedra.
-Buongiorno a tutti!- una voce alta e ben impostata attirò l’attenzione degli studenti. –Diamo un benvenuto alle matricole e un bentornato ai nostri veterani. – Mosse alcuni passi portandosi davanti alla cattedra e poggiandosi contro di essa. –Io sono il Professor Ordaway. Per voi non ho un nome. Solo Ordaway.- Fece una pausa studiando con lo sguardo la classe. – In quest’anno scolastico tenteremo di tirar fuori qualcosa dall’aridità dei vostri animi. –
Carino, pensò Dianne con una smorfia, mentre stringeva tra le dita una penna. Il Professor Ordaway non dimostrava più di trentacinque anni, il suo fisico era magro e sottile, i capelli biondi tagliati ordinatamente e degli occhi scuri s’intravedevano attraverso le lenti dei suoi occhiali.
Il Professore se li sistemò sulla punta del naso e intraprese un intenso discorso sul come il voto nella sua materia avrebbe contato sul punteggio finale, su quanto molti sbagliavano a prenderla sotto gamba e specificando che erano ancora in tempo ad andarsene.
Ma ad un tratto s’interruppe bruscamente. Sollevò il suo sguardo infastidito verso la porta e fissò qualcuno che era appena entrato. Quasi tutti gli studenti seguirono il suo sguardo.
Dianne girò appena il volto e i suoi occhi si posarono su un paio così azzurri che probabilmente nessun artista ne avrebbe potuto catturare il reale colore. Aveva i capelli scuri, un colore difficile decifrare, tra il nero e il castano, che gli ricadevano in ciocche lisce sulla fronte. Il naso, troppo delicato per un viso maschile, era perfettamente proporzionato alla forma del suo volto, sul quale risalvano zigomi alti. Camminava con sicurezza, come se stesse facendo una passeggiata nel parco e non attraversando un’aula che aveva tutti gli occhi puntati su di lui.
-Grazie per averci graziato della sua presenza almeno il primo giorno, Signor Carter. - Commentò la voce di Ordaway, ridestando Dianne e costringendola distogliere lo sguardo dal viso del ragazzo.
-Dovere, Professor Z.- Rispose lui, la sua voce era roca e bassa.
- Prendi posto. - Disse severo non mostrando fastidito per il modo di chiamarlo del ragazzo e rivolgendogli un ultimo sguardo prima di tornare al suo monologo.
Dianne girò furtivamente il volto, non ne sapeva il motivo ma gli occhi di quel ragazzo attiravano i suoi come una calamita, e quasi gettò un gridolino quando se lo vide affianco, intento a sistemarsi nel posto vicino al suo.
Girò di scatto la testa per non farsi cogliere in flagrante e si costrinse a distogliere lo sguardo, portando nuovamente l’attenzione sulle parole del professore.
Fu inutile, per quanto tentasse i suoi occhi finivano sempre per posarsi sul ragazzo seduto al suo fianco. Aveva le spalle larghe ricoperte da un giubbotto di pelle e le gambe erano fasciati da jeans scuri che entravano in contrasto con il colore chiaro della sua maglietta.
Nemmeno lui sembrava prestare molta attenzione alla lezione, aveva la testa china e passava il suo tempo a giocherellare con una matita o a far scivolare le dita sullo schermo del telefono.
Probabilmente era il ragazzo più bello che avesse visto, ma non era quello ad attirare la sua attenzione. Nei suoi occhi e nei suoi atteggiamenti, c’era qualcosa che la incuriosiva. Il suo sguardo delle volte sembrava perso, mentre altre vuoto, come se tentasse di reprimere un pensiero.
Quando suonò la campanella che segnava la fine di quella lunga ora, Dianne sobbalzò, se qualcuno le avesse chiesto cosa aveva appreso dalla prima lezione al prestigioso college di Princeton, lei avrebbe risposto “Niente, ho passato tutto il tempo a fissare un tizio seduto al mio fianco, come una pazza maniaca.”
-Sì?- una voce catturò la sua attenzione, non capì se qualcuno ce l’avesse con lei, fin quando non girò nuovamente il viso e si trovò gli occhi azzurri di lui puntati su di lei.
Sbattè velocemente le palpebre, presa in contropiede. –Cosa?- la sua voce suonò così acuta che simulò un colpo di tosse.
Il ragazzo sollevò l’angolo delle labbra in un sorriso. –Mi stai fissando da un’ora, desideri qualcosa?- Gli chiese a voce bassa.
Dianne si sentì avvampare, aveva la discrezione di un elefante. – Ti sbagli, non ti stavo fissando. - Ribatté tentando un’uscita dignitosa.
Lui rise, era una risata roca. –Cosa c’era di così interessante alle mie spalle?- disse ironico.
Lei aggrottò la fronte. –Pecchi di presunzione in questo modo. – Gli rivolse un sorriso ironico quanto il suo e si alzò, sistemandosi la tracolla sulle spalle.
Non si voltò nemmeno per un istante mentre scendeva le scalinate della classe, però la tentazione era troppo forte e la sua resistenza era pari a quello di Ciccio, il nipote di Nonna Papera. Arrivata in prossimità della porta si voltò solo un istante, un istante che bastò per vedere il ragazzo seguirla con lo sguardo e un ghigno divertito sulle sue labbra.


-Oh, chi si rivede!-
Dianne per poco non tirò un urlo quando le si piombò davanti il tipo con cui si era scontrata l’ora prima.
-Ti ricordi di me vero? Mi hai investito come un tram stamattina. - Precisò lui.
Lei annuì lentamente portandosi una mano al petto. –Come dimenticarlo. - Disse facendo una smorfia.
-Già, penso di dover fare un salto dallo psicologo, è un trauma difficile da superare. - Scherzò lui.
Dianne distese le labbra in un sorriso, soffermandosi successivamente sul viso del ragazzo. Aveva un’aria così familiare, era del Vermont? Stava per chiederglielo quando un flash arrivò nella sua mente. Ecco dove l’aveva visto. –Ma tu sei il tipo del bagno!- Disse ad alta voce, indicandolo.
-Quale bagno?- Le chiese lui perplesso.
-Il bagno dell’autogrill! Eri lì a … - Si bloccò di colpo notando lo sguardo confuso dei lui, aveva forse sbagliato persona?
Lui la scrutò per alcuni istanti e poi si portò una mano dei capelli. –Ecco dove ti avevo vista. - sembrava sinceramente imbarazzato. –E io che m’immaginavo cose più carine. -
Dianne non riuscì a trattenere una risata e poi allungò una mano verso di lui. –Mi chiama Dianne, comunque. -
-Theobald.- Disse lui orgoglioso. –Ma chiamami Theo.-
Theobald? Pensò lei mentre gli stringeva la mano. Ma che razza di nome era? –Carino. -
Theo sollevò lo sguardo verso la classe, impaziente. –E’ sempre l’ultimo, Cristo. - borbottò intercettando poi lo sguardo confuso di Dianne. – Parlo di un mio amico, è sempre l’ultimo ad arrivare e l’ultimo ad uscire. - Sbuffò.
Lei gli sorrise, stringendosi al petto i libri. –Io ora devo andare, è stato un piacere conoscerti Theo.-
Lui annuì appena. –Ci si vede in giro.-





Era solo il primo giorno e già aveva voglia di prendersi un anno sabatico, si sentiva a pezzi e la voglia di dormire era alle stelle.
Lasciò ricadere le chiavi all’interno del portacenere posto sull’ingresso e attraversò pigramente il corridoio, dirigendosi in cucina.
Aveva una gran fame, quasi troppa, e anche se il suo stomaco brontolasse non se la sentiva di riempirlo. Perché nonostante la fame e il bisogno fisico, non sopportava l’idea di quello che avrebbe fatto dopo, del disgusto che provava per se stessa ogni volta.
Il rumore di alcuni singhiozzi attirò la sua attenzione, qualcuno stava piangendo.
Dianne si guardò intorno confusa e mosse qualche passo avvicinandosi alla camera di Gwen. Silenzio totale.
Poi a quella di Nives. Altri singhiozzi.
Alla prima pensò di andare via, infondo non erano affari suoi, non voleva sembrare invadente o impicciona, ma quando sentì i singhiozzi farsi più frequenti, prese un lungo respiro e busso alla porta della camera della coinquilina.
Avvertì il rumore di alcuni passi e poi si aprì un leggero spiffero, dal quale era possibile intravedere solo una ciocca di capelli di Nives.
-Io…- Mormorò tentando di formulare un discorso. –Stai bene?- fu tutto quello che le chiese alla fine, non le interessava cosa fosse successo ma solo sapere se lei stesse bene.
La sentì emettere un lungo sospiro ma Nives non rispose, scosse solo la testa, facendo sfregare i capelli contro il legno della porta.
Dianne deglutì a vuoto. –Vuoi un bicchiere d’acqua o ti preparo una bella tazza di thè? Mia madre mi diceva sempre che niente coccola gli animi tristi come una bevanda calda. – Si sforzò di sorriderle.
Nives a quel punto aprì la porta.
Gli occhi scuri erano del tutto arrossati, così come la pelle del suo viso. Le guance erano rigate di lacrime, le labbra piene e il naso rosso.
Dianne non aspettò una risposta. –Aspettami qui, tornerò in un lampo.- Le sorrise dolcemente e lei annuì, ritornando nella sua stanza.
Dopo aver scaldato l’acqua e sistemato le bustine all’interno di due tazze fumanti, Dianne si diresse nuovamente da Nives che intanto sembrava essersi calmata.
Le porse una delle tazze e si sedette sulla sedia della scrivania, di fronte alla ragazza. –Ti va di parlarne?- Le chiese in un sussurro.
Nives prese un generoso sorso di thè per poi sollevare lo sguardo su di lei. –Ho litigato con la mia ragazza. –sussurrò. –continuiamo ad avere problemi e la distanza non ci aiuta.-
-Mi dispiace.- Mormorò Dianne, sincera.
-E che lei non capisce!- Esclamò Nives. –Non le sta bene niente di me, allora io mi chiedo, perché non mi molla? Non posso cambiare, io ho bisogno di qualcuno che mi ami per quello che sono e non che stia lì a farmi l’elenco di tutte le cose sbagliate che ci sono in me.- Tirò su il naso frustrata restando in silenzio. – Inizio a pensare che abbia ragione.- disse infine.
-Ehi, no.- Sussurrò Dianne. –Non dire così.- aggiunse poi alzandosi in piedi e portandosi di fronte alla ragazza. –Tu sei perfetta così come sei, non è giusto che tu ti senta in questo modo, meriteresti una persona che ti faccia sentire amata per quello che sei e non per quello che lei voglia che tu sia.- Le disse con dolcezza. Ma quelle parole sembravano essere indirizzate anche a se stessa, come avrebbe voluto qualcuno a dirle quelle cose quando Austin la faceva sentire uno straccio. Quando lui le rifilava una delle sue battute cattive.
Scosse la testa cercando di non pensarci.
Nives le sorrise con dolcezza. –Grazie Dianne, davvero.-
-Che fate?- Chiese Gwen entrando nella camera di Nives e nel vedere il viso della ragazza e lo sguardo di Dianne, le fissò confusa.
- Nives ha appena scoperto che lo smalto viola non le sta bene.- Annuì Dianne convinta.
- Ti prego, è ancora una ferita fresca per il mio animo sensibile.- Rispose drammaticamente l’altra.
Gwen sorrise e tirò fuori dalla tasca un volantino. –So io come curare queste ferite dell’animo.- porse felice il volantino alle ragazze davanti a lei. – Le matricole sono come il tallone di Achille dei veterani, e visto che la qui presente vuole un po’ di carne fresca. –Fece una pausa alzando uno sguardo malizioso. –Quale posto migliore di una bella festicciola di inizio anno?-



Dianne lisciò con le mani il tessuto del vestitino che aveva indossato. Era un abito smanicato, del suo colore preferito, blu, aveva la vita alta e la gonna corta le ricadeva sulle gambe lasciando intravedere dei balzi di tulle, dello stesso colore del vestito. Lungo lo scollo a barca c'erano ricamati con filo argentato dei ghirigori, che arrivavano fino poco più sopra del seno. Per quanto amasse i tacchi, quella volta decise di indossare le sue amate ballerine nere.
Uscì dalla stanza, ritrovandosi Nives e Gwen a bisticciare per chi dovesse usare lo specchio, per poi spiaccicarsi a guancia a guancia, tentando di truccarsi velocemente.
Ne approfittò del momento per chiamare Austin.
Aveva quasi paura a comporre il suo numero, non lo aveva chiamato e in realtà più dalla voglia di sentirlo era mossa dal dovere.
Così strinse il telefono tra le mani e compose il numero.
-Dianne! Finalmente. – Esclamò la voce dall’altro lato.
- Scusami se non ti ho chiamato prima.- Sussurrò prendendo a giocare con il tessuto del suo vestitino. – Tra le cose da sistemare e il primo giorno di lezioni, non ho avuto un minuto.-
-Tranquilla. – Le rispose lui dall’altro lato, la sua voce era immersa nel silenzio. –Domani anch’io parto per Providence.-
Era domani? Dianne lo aveva completamente dimenticato. –Sì ricordo.- gettò lì mentre sollevava lo sguardo in direzione del bagno, vedendo che le due lo avevano liberato. –Senti Austin io dev…-
-Dianne.- La interruppe lui. –Mi manchi.- le disse dolcemente.
Un sorriso le si formò sulle labbra. –Anche tu.-
-Sarà dura ma ce la faremo, siamo fatti per stare insieme, lo sai.- le sussurrò.
Lei si morse nervosamente il labbro inferiore annuendo appena, ma poi capì che lui non poteva vederla. –Già.- Rispose soltanto.
-Bene, ora vai.- E Dianne immaginò che stesse sorridendo. –Ti amo.- aggiunse.
-Anche io.- Mormorò lei. –Buonanotte.-
E staccò.
Ebbe bisogno di alcuni istanti per riprendersi da quella telefonata, un secondo prima temeva di non provare più gli stessi sentimenti per lui e l’attimo poco ne sentiva la mancanza. Per quale assurdo motivo tra loro doveva essere sempre così? Perché doveva essergli così legata?
Si alzò dal divano entrando nel campo di viso di Gwen e Nives.
-Non ti sei ancora truccata?!- Esclamò la seconda.
- Sei sempre la solita ritardataria! – La rimproverò l’altra.
Dianne le fulminò con lo sguardo. –Toglietevi, prima che la mia ira si abbatta su di voi.- scosse la testa, accennando un sorriso e entrò in bagno, sentendo le risate delle altre due attraverso la porta.
Dopo una decina di minuti, per quanto avesse tentato di fare in fretta, aveva finito.
Gli occhi marrone dorati erano risaltati dall'ombretto color argento che sfumava e s’incontrava con varie tonalità di nero, le ciglia sembrano incredibilmente lunghe e folte e una linea nera di eyeliner definiva l'occhio. Le guance comparivano leggermente arrosate e la sua pelle sembrava perfetta.  Ah, i miracoli del fondotinta, pensò.
-Andiamo donzelle?- Disse uscendo dal bagno e raccogliendo dall’appendiabiti una giacca.
-Okay, se ve lo chiedono, mi chiamo Ginevra.- Disse Gwen convinta.
- Va bene e io sono… mhhh, fammi pensare.- Nives si portò due dita sotto il mento. - .Kym!- Esclamò battendo le mani.
- Tu?- Le chiesero all’unisono.
-Dianne?- Azzardò lei.
Gwen sollevò gli occhi al cielo. – Ti serve un nome falso, non vorrai che un maniaco prendesse a perseguitarti.-
-Come sei drammatica- Commentò Dianne mentre sistemava i bottoni della giacca. –Mh, Jane? –
-Andata.- Gwen le fece l’occhiolino entusiasta.


-Ricordatevi, io sono Ginevra.- Ripete Gwen per l’ennesima volta mentre attraversavano il cancelletto della casa dove si teneva la festa. Il giardino era pieno di persone impegnate a strusciarsi tra loro, in un lato c’era la console del Dj e all’altra estremità un barman che sembrava servisse qualsiasi tipo di alcool ci fosse in circolazione.
-Adoro questa canzone!- Esclamò Nives prendendo a muovere la testa a ritmo di musica.
-Vi va di bere qualcosa?- Chiese Dianne a voce alta alle altre due.
-Io mi affido alla tua fantasia. – rispose Nives mentre Gwen scuoteva la testa energicamente.
-Lo sai, sono astemia, quindi se proprio vuoi una Sprite bella fresca.- le disse poi.
-Va bene.- Urlò Dianne. –Torno subito.- mimò con le labbra e si voltò.
-Dianne!- Esclamò un ragazzo finendole quasi addosso. –Oggi ci s’incontra sempre così.-
-E addio nome in codice per Jane.- Borbottò Gwen alle sue spalle.
-Theo!- Rispose lei. –Anche tu qua?-
-Io qua ci vivo.- disse lui, accennando una risata.
Dianne si voltò verso le amiche, indicando con una mano il ragazzo. -Ragazze lui è…-
-Theobald.- La interruppe lui. –Ma se proprio volete chiamatemi Theo.-
- Ma che razza di nome è?- Commentò senza pensarci Gwen.
-Gwen!- La rimproverò Nives.
-Volevi dire Ginevra.- Mormorò lei a denti stretti.
-Già….Pft, che Gwen, Ginevra, lei è la mia cara amica Ginevra. E io sono Kym.-
Sia Dianne che Theo alzarono un sopracciglio.
Theo scosse la testa per poi stringere tra le mani il bicchiere di carta. -Bene, vado a fare un giro tra gli ospiti, ci si rivede in giro ragazze.- Rivolse alle tre un sorriso e si allontanò.
-Siete due idiote.- Commentò Dianne non riuscendo a trattenere una risata.
-Tutta colpa di Kym che non ricorda nemmeno il nome della sua coinquilina!- Sbruffò l’altra.
-Dianne, prendimi da bere, ti prego, sto per morire.- Disse drammaticamente Nives.
-I soliti alcolizzati piagnucolosi.- Ribatté Gwen.
Dianne rise, per poi allontanarsi dalle due, dirigendosi verso il bancone dall’altro lato del giardino.
-Cosa posso servirti?- Le chiese il barman.
Dianne inclinò il collo leggendo le scritte sui vari liquori. Stava morendo di fame, questo era un punto a sfavore per l’alcool, a stomaco vuoto le sarebbe subito andato in testa. Però l’alcool l’aiutava a controllare quello stimolo. –un Chupito rum e pera e altri due solo rum.- disse pensierosa al barman.
Lui la servì velocemente, posando i quattro bicchierini sul bancone.
Dianne prese tra le mani uno dei tre shottini assoluti e lo bevve velocemente, assaporando la sensazione di bruciore che le si formò lungo la gola. Aprì e chiuse gli occhi velocemente, sentendoli leggermente lucidi e prese tra le dita gli altri bicchieri, voltandosi nella direzione di Nives e Gwen.
Le due stavano ballando seguendo il ritmo martellante di una canzone che lei più volte aveva sentito in radio. –Ecco a te, Kym!- Esclamò passando sia il bicchierino di succo che quello di rum a Nives.
-Tu ti sei dato all’assoluto?- Chiese Gwen vedendo solo il bicchiere di Rum tra le dita di Dianne. –E ti sei dimenticata la mia Sprite.- Sbuffò.
Lei le sorrise senza risponderle e tracannò anche il contenuto dell’altro.
-Oh, riecco le mie ragazze!- Esclamò Theo arrivando alle spalle di Gwen e Nives, circondandole con le braccia.
-Oddio, ma questo è già tornato.- Borbottò Gwen infastidita.
- Lo so che ti sono simpatico, principessa.- Disse lui euforico.
-Ma è ubriaco?- Chiese Dianne.
-Non qui la domanda è un’altra, ma questo ha tutti i neuroni al suo posto?- Ribatté Gwen.
-Tu per caso ti ricordi come si chiama?- Chiese Nives, tentando di incrociare lo sguardo di Gwen, nonostante ci fosse tra loro il corpo di Theo.
-Si chiama Theobald e da ubriaco tenta ad essere un po’ molesto.- Commentò una voce roca alle spalle di Dianne.
Lei strinse gli occhi, l’aveva riconosciuto eccome, aveva quel tipo di voce che anche solo leggere la lista della spesa diventava una poesia.
Prese un respiro e si voltò nella sua direzione, ritrovandosi subito ad osservare i suoi occhi azzurri, tra le labbra stringeva una sigaretta, che gettò a terra, calpestandola con i piedi.
-Sì, non trovate che Theobald, sia un nome fantasticoso?- Disse Theo tutto allegro.
-Dai amico, andiamo a farci due passi.- Disse il ragazzo superando Dianne e prendendo Theo per le spalle.
Lei non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, si sentiva profondamente idiota ma quel ragazzo attirava il suo sguardo come una calamita.
-Ah beh, quel tipo è proprio tosto.- Commentò Nives.
-Tosto?- Chiese Dianne.
-Figo, non è un modo di dire che usate?-
-Sì, ma pensavo che tu fossi…-
-Lesbica? Lo sono, ma i miei occhi funzionano perfettamente e fidati, in questo momento stanno funzionando. -






 

 


 

 


NdA :
Ed ecco il secondo capitolo, spero vi sia piaciuto. 
Lo so che non ci sono ancora eventi sfavillanti, ma sto cercando piano piano di presentare prima tutti i personaggi! Spero che vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate, sono molto contenta di sapere il vostro parere! 
Ringrazio chiunque abbia recensito lo scorso e primo capitolo, un bacio <3
Ho rifatto anche il banner, vi piace? asdfg <3.
-Farawayx



P.s. Per questo capitolo non ho potuto contare sulla mia beta, quindi, nel caso ci siano degli errori, non fate problemi a farmeli notare. :)
   
 
Leggi le 13 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Farawayx