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Autore: ShadowOnTheWall_    02/05/2014    1 recensioni
[Spoiler. OC. Tematiche delicate]
Dal prologo
« Non posso spiegarti, mia signora. Qualcosa di tuo cugino è sopravvissuto. Rischieresti la tua vita per una promessa?» le domandò sfiorandole il volto con una tenerezza che poco lo contraddistingueva. Alysanne percepì le lacrime che strenuamente aveva trattenuto per tutta la durata del ricevimento scendere sulle sue gote e Jon le rivolse un sorriso appena accennato, comprensivo. Sapeva chi immaginava mentre scrutava i suoi occhi. La Regina aveva sempre affermato che Rhaegar e lei avevano le stesse iridi.
Qualcosa di tuo cugino è sopravvissuto. Rischieresti la tua vita per una promessa?
« Tutto per Rhaegar.»
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Rhaegar Targaryen, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo
(The Butterfly Effect)

 
Approdo del Re era una città oltremodo animata, pregna di movimenti, di risate indisponenti, di strepiti contro i ladruncoli che tentavano di racimolare qualcosa da mangiare, di passioni consumate all’ombra delle numerose case del piacere, di gelida cortesia sulle più imponente delle tre colline che la delimitavano. Era un caldo antro di vicoli stretti, di strade sconnesse che spesso facevano inciampare gli ignari visitatori della città che si perdevano nel labirinto di palazzi che quasi si toccavano tra loro. Era il pacifico canto del Gran Tempio di Baelor, il simbolo del culto dei Sette Dei, una struttura magnifica che sorgeva sulla collina di Visenya per mostrare la pietà dei Draghi. Era la desolazione di un luogo privo di vita, su cui l’edera cresceva rigogliosa avviluppando colonne che prima erano state marmoree e candide come la neve.
Alysanne l’aveva sovente scrutata dall’alto dei suoi appartamenti da quando era giunta nella capitale per divenire la Regina di Westeros. Nelle splendide stanze destinate agli ospiti più illustri. Una prigione da cui aveva tentato di evadere senza riuscirci.
La capitale l’aveva accolta freddamente quel giorno di Inverno, con il vento che spirava vigoroso e le nubi cariche di pioggia che coprivano il Sole adombrando il cielo plumbeo, memore dei crimini che avevano macchiato le mani dei soldati di suo padre soltanto poche settimane prima. Il suo sposo non era stato meno gelido e i suoi occhi cristallini si erano immersi in quelli viola di lei con disprezzo, riconoscendo che erano identici a quelli dell’uomo che aveva rubato l’amore della sua vita.
Dopo che suo padre le aveva ordinato di sposare Lord Robert Baratheon, alla vigilia della sua incoronazione,  quando la fanciulla era appena scesa dalla sua carrozza pronta a porgere i suoi rispetti per i familiari che aveva perduto, Alysanne era scoppiata in lacrime, stretta colonna del baldacchino, la mancina a coprirle le labbra per non emettere dei singhiozzi che sicuramente avrebbero attirato l’udito di sua sorella, colma di astio nei suoi riguardi, che riposava nella stanza contigua.
Tywin Lannister, il Lord della Rocca, era un uomo inflessibile, uno stratega e un asettico calcolatore, eppure Alysanne aveva davvero creduto per un attimo che avrebbe messo da parte gli interessi per il bene dell’unica figlia non avuta da Joanna. Era stato flebile come la speranza dell’Estate scorta nell’anno della Falsa Primavera.
Sua madre era stata la gioiosa principessa Myrhae Targaryen, una donna di carattere e dalla lingua biforcuta, morta pochi mesi prima che la guerra scoppiasse annientando la famiglia che tanto aveva amato. La seconda moglie del Leone di Lannister, la donna che non aveva mai amato, che aveva sposato soltanto per ordine dell’ultimo re Targaryen, avrebbe saputo come reagire contro quel matrimonio forzato, ma Alysanne non era sua madre ed era ben consapevole che nulla avrebbe potuto smuovere il cuore dorato dello Scudo di Lannisport.
E si era ritrovata ad indossare una corona d’oro e di diamanti, perfetta nella sua eleganza. Oro contro oro. I suoi lunghi riccioli chiari come il grano maturo, eredità donatele dal padre, erano un suolo degno per quel diadema finemente cesellato nella più importante fucina di Lannisport. Suo padre aveva desiderato donarle qualcosa che non fosse mai appartenuto ad alcuna regina poiché una nuova dinastia si era insediata sul Trono di Spade. Una dinastia di leoni e cervi, uniti sotto un unico vessillo.
Alysanne avrebbe voluto ridere dinanzi a quella proposta, a quell’ennesima crudeltà che stava compiendo contro la memoria dei suoi cari, avrebbe voluto rinfacciare a suo padre chi aveva assassinato quando le porte di Approdo del Re si erano pacificamente aperte per accogliere quella che Aerys riteneva fosse la salvezza del suo trono.
Non aveva potuto. Non si era opposta a nulla e a capo chino aveva accettato tutto ciò che suo padre aveva deciso per lei. Non avrebbe potuto riportare in vita Rhaegar, il suo caro cugino, il taciturno e magnifico uomo che da bambina aveva tanto tentato di comprendere fallendo, né i suoi piccoli figli, trucidati a sangue freddo da uomini crudeli sotto l’ordine perentorio di suo padre. Le parole di scherno non avrebbero potuto salvare nessuno e allora era rimasta in silenzio, tentando di relegare nel più recondito angolo della sua mente ciò che era avvenuto.
Quando aveva incontrato suo marito, tra le statue della Madre e del Padre, nel Gran Tempio di Baelor, tutto era riaffiorato in superficie e s’era stretta al braccio di suo padre pregandolo in un sussurro disperato di far divenire Cersei regina e non lei. Suo padre non aveva ribattuto, aveva ignorato le unghie affilate che stavano rovinando la manica del suo farsetto e aveva continuato imperituro a farla avanzare verso il nuovo re.
La corona di Robert era intarsiata in un gioco di ferro che rappresentava le corna di un cervo glorioso. Il Drago a tre teste era scomparso.. I Draghi erano lontani da Westeros, gli ultimi due membri, due bambini il cui Destino era segnato dalla minaccia dello Straniero che aleggiava sui loro capi come la spada di un boia, erano riusciti a fuggire dall’antica sede di Casa Targaryen per il buon cuore di un vecchio Lord.
Rammentava di essersi scostata quando il Septon aveva intrecciato il filo che avrebbe significato la loro unione, un gesto involontario dettato dal contatto con la mano che aveva assassinato suo cugino. Robert l’aveva guardata per un attimo, la mascella serrata e gli occhi dardeggianti, ma il Septon aveva continuato la sua cerimonia e si erano costretti a pronunciare le promesse nuziali.
Il ricevimento era stato un tentativo estenuante di non sfiorare nemmeno con l’orlo dell’abito principesco il farsetto di suo marito che, noncurante della festa che si era accesa dinanzi ai loro troni, svuotava coppe di vino quasi senza riprendere fiato. Era chiaramente ubriaco, gli zigomi alti imporporati e gli occhi offuscati, la barba nera e curata intrisa di gocce rosate di Arbor. Alysanne vedeva le sue mani scattare verso le giovani coppiere che solerti riempivano i suoi calici.
Incrociò per un attimo lo sguardo gelido di suo padre, l’unico ad osservarla davvero in quel caleidoscopio d’invitati che si godevano l’avvento dell’Usurpatore. Si morse il labbro inferiore per frenare il grido che le stava artigliando la gola. L’aveva condannata alla più profonda infelicità. L’aveva condannata a sposare l’uomo dei suoi incubi.
L’ennesima risata ubriaca di suo marito mentre posava una ragazza dai capelli neri e gli occhi chiari, che non poteva avere più di quindici anni, sulle sue ginocchia, la destra che incominciava a percorrere il suo petto per slacciare la veste all’altezza dei seni, gli occhi di lei che la osservano quasi divertiti, con lo scherno che tutti avevano nei riguardi del drago spezzato e umiliato.
« Mio signore, potrei?» domandò con un tono che rasentava lo sdegno per quel comportamento. Essere indisponente non le avrebbe giovato, ma Robert non l’ascoltava e Alysanne cominciava a credere che mai l’avrebbe fatto. Calde lacrime premevano agli angoli degli occhi viola. Erano stille di orrore e disprezzo. I pugni le si erano serrati all’altezza della vita fasciata morbidamente da quell’abito che la stava soffocando.
Ricevette un grugnito in risposta, le labbra di suo marito, del suo re, che percorrevano il collo della fanciulla che ridacchiava deliziata per quelle attenzioni. Stomacata si issò in piedi, rivolse un breve sguardo verso suo padre e notò che Cersei, splendidamente accomodata al fianco di suo padre, non nutriva più quel rancore nei suoi confronti. Doveva aver intuito che il suo Destino non sarebbe stato quello di una regina delle ballate.
Jaime chinò il capo in segno di rispetto quando la vide passare dinanzi a sé e la sua mano scattò per afferrare quella della sua giovane sorella nel tentativo di confortarla. Alysanne non glielo permise, sgusciò abilmente fuori dalla sua presa gentile e continuò ad avanzare verso la balconata che si affacciava sulla scogliera. Non aveva nulla contro suo fratello. Jaime e Tyrion erano stati gli unici a mostrarle del vero affetto nella loro famiglia, l’avevano protetta. Non era adirata con lui per aver assassinato Aerys. Era un folle che avrebbe fatto morire milioni di persone nel sogno di rinascere come drago e annientare i suoi nemici. Aveva soltanto bisogno di essere sola.
Poteva scorgere dinanzi a sé, quasi ad un soffio, il viso splendido e cesellato di Rhaegar, le sue labbra sottili e rosee che raramente si piegavano in un sorriso, i suoi occhi violache conoscevano una verità che nessun mortale avrebbe potuto sopportare, le mani gentili dalle dita lunghe e delicate che sapevano suonare l’arpa talmente bene da velare gli occhi delle dame e far tremare il cuore degli uomini.
Sospirò posando i gomiti sulla balaustra di marmo, il vento che le sferzava i lunghi capelli sciogliendoli dall’elaborata acconciatura in cui erano stati costretti per il ricevimento reale.
Tutto era perduto.
Rhaegar era stato sconfitto, la sua corona gettata nel fango, la profezia che aveva segnato la sua esistenza dimenticata e maledetta. La triste verità era che Rhaegar aveva perduto più di un reame, più della speranza dei draghi e più della sua stessa vita. Il suo amato cugino non aveva potuto immaginare che i suoi piccoli figli, la sua dolce Rhaenys ed Aegon, il suo Principe, la sua promessa, sarebbero morti per mano di suo padre. Rhaegar aveva abbandonato una buona moglie per un’altra dama, eppure il loro Destino non era stato più roseo.
Si sentì afferrare per la vita da braccia virili e impossibili da ricacciare. Un grido terrorizzato le salì in gola, ma fu subito soffocato dalla mancina dell’uomo che premeva sulle labbra impedendole quasi di respirare. La mano destra era sul suo ventre e frenava i suoi deboli tentativi di fuga. La barba le graffiava la gota e gli occhi erano colmi di lacrime trattenute a stento.
« Non gridare. Giurami che non urlerai se ti lascerò andare. Non ho alcuna intenzione di farti del male,» sussurrò una voce perentoria e baritonale, austera e glaciale. Per un attimo immaginò appartenesse a suo padre, ma vi era una nota ben diversa. Era più giovane e un tono soffuso di dolcezza permeava quella richiesta che di gentile non aveva nulla. Le era familiare. Aveva udito spesso le parole di quell’uomo. Non doveva aver timore. Alysanne annuì e l’uomo sciolse la presa sulla sua vita, scostando la mancina dal suo viso e permettendole di volgersi verso di lui. Poteva percepire il suo respiro sulle palpebre e fu costretta ad alzare lo sguardo per incontrare i suoi occhi grigi.
Una chioma rossastra gli copriva il capo e le gote, un tormento nelle iridi, il tremore leggere dello sue labbra piene, le lacrime che gli velavano gli occhi, la mano che tentava di stringerla ancora  contro di sé.
« Jon?» esclamò sorpresa, gli occhi spalancati nel riscontrare che quell’uomo che aveva dinanzi a sé era stato uno dei più cari amici del suo Rhaegar. Era stato lo scudiero di suo cugino. Erano cresciuti insieme. Il Lord di Posatoio del Grifone, il Lord che aveva quasi assassinato Robert e posto fine alla guerra. Il giovane ed impavido cavaliere con cui aveva giocato anch’ella da bambina, nei solai protettivi della Fortezza, mentre Rhaegar era impegnato a guardare suo padre cadere sempre più in profondità nella follia.
Jon Connington era cambiato. La patina di dolore nel suo sguardo era talmente forte da investirla nella sua irruenza, ma la mano che la stringeva era gentile come quella del bambino che l’aveva aiutata ad attraversare il pontile nelle rovine di Summerhall.
« Sei ancora la cugina di Rhaegar? Sei ancora una Targaryen?» le domandò con urgenza, gli occhi grigi che osservavano febbrili la zona per scrutarne i pericoli.  Le labbra di Alysanne si schiusero come per esprimere il turbamento che quella domanda aveva generato nel suo cuore. La musica era alta e le risate degli ospiti erano ancora più fragorose. Erano soli nei giardini ottenebrati da una Luna crescente che impietosa brillava su Westeros.
« Sempre,» giurò senza nemmeno pensare alle conseguenze che quella confessione avrebbe potuto avere se orecchie indiscrete fossero state nascoste. Non avrebbe celato il suo amore per sua madre e per la sua famiglia. Non avrebbe rinnegato suo cugino, il suo malinconico e affascinate Rhaegar. Non più. Neanche per quella corona che era stata posata a tradimento sul suo capo, « Jon, tu dovresti essere in esilio. Se Robert dovesse scoprire… sei qui per assassinarlo?» Il dubbio che Jon, il temerario cavaliere che avrebbe fatto l’impossibile per Rhaegar, potesse essere in grado di macchiarsi del crimine di regicidio non era poi molto infondato.
« È troppo protetto e non è il mio obiettivo,» mormorò irritato, gli occhi che per un attimo vagarono verso la sala principale dove si stava consumando il banchetto, « Non posso spiegarti, mia signora. Qualcosa di tuo cugino è sopravvissuto. Rischieresti la tua vita per una promessa?» le domandò sfiorandole il volto con una tenerezza che poco lo contraddistingueva. Alysanne percepì le lacrime che strenuamente aveva trattenuto per tutta la durata del ricevimento scendere sulle sue gote e Jon le rivolse un sorriso appena accennato, comprensivo. Sapeva chi immaginava mentre scrutava i suoi occhi. La Regina aveva sempre affermato che Rhaegar e lei avevano le stesse iridi.
Qualcosa di tuo cugino è sopravvissuto. Rischieresti la tua vita per una promessa?
« Tutto per Rhaegar.»



Note dell’autrice: Benvenuti in questo piccolo esperimento. Se siete arrivati sin qui vuol dire che la storia vi ha in qualche modo incuriositi e spero che lascerete un piccolo commento. Come avrete inteso questa sarà una long prevalentemente incentrata sulla famiglia Targaryen, soprattutto su Rhaegar, Aegon e Alysanne, personaggio da me inventato. Non mancheranno altre scene perché il mondo creato da Martin è sin troppo vasto per concentrarsi unicamente su un aspetto. Credo di aver detto tutto. Al prossimo capitolo. 
  
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