Mexican
Aleida sussulta quando avverte la porta a vetri della sua camera sbattere, non fa in tempo a voltarsi che una mano le copre gli occhi, ma lei riconoscerebbe quelle dita, quell’odore, ovunque. Sono due settimane che non si parlano, che non si stuzzicano, quasi neanche si guardano, due settimane da quella maledetta notte a Berlino in cui Giacomo è stato picchiato. «Cosa ci fai qui?» domanda la ragazza. Giacomo gli sussurra di fare silenzio, poi affonda il volto nel suo collo e la bacia dolcemente, appena sotto l’orecchio, solleticandole la pelle con il naso. Con un gesto secco e fulmineo fa cadere i colori a pastello ed il disegno del teschio messicano dalla scrivania, causa un fracasso assurdo ed il caos sul pavimento. Aleida stringe le mani al bordo della scrivania e geme quando la mano, gelida, di Giacomo sfiora la pelle del suo ventre, coperto solo da una fine t-shirt azzurra. «Ho un letto, potremmo usare quello …» afferma Aleida, ma è troppo tardi, Giacomo è troppo preso dall’eccitazione per ascoltarla.