White swan

 

Poche umide lacrime le bagnano il volto.
È la prima volta che la vedi così fragile. Lei che è forte, più forte di quanto pensa. Lei che dona speranza, che è la speranza. Non vuoi che pianga per te, non meriti le sue lacrime e ti odi per averle fatte sgorgare. Ti odi perché le stai facendo del male e avevi promesso a te stesso che mai lo avresti fatto, non dopo il bacio, non dopo l'Isola Che Non C'è. Sei un uomo d’onore, e come tale mantieni sempre le tue promesse, ma questa si sta rivelando ardua da mantenere. Persino il bruciante dolore della ferita è nulla in confronto a quello provocato dalla disperazione che leggi nei suoi occhi. E sei tu la causa di essa.
“Mi dispiace” provi a sussurrare accarezzandole la chioma bionda. Lei ti zittisce, farfugliando parole che non riesci a capire. Il respiro viene meno, il sangue continua a sgorgare copiosamente, macchiando di rosso le sue, le vostre mani. Hai quasi voglia di ridere per l’ilarità della situazione: dopo aver affrontato l’impossibile, lasci che quella maledetta strega verde prima ti maledica e poi ti lasci in fin di vita.
Vorresti andare verso il buio che incombe su di te. Lei te lo impedisce, vuole salvarti, lei, la tua luce. Vorresti rubarle un sorriso, farla ridere, ma non ne hai le forze. Non c’è nessuno oltre voi due, due spiriti affini che si separeranno per sempre, almeno è quello che credi mentre lei stringe il tuo pallido volto e punta i suoi verdi e tristi occhi nei tuoi.
«Cantate per me … Swan»
Pronunci con fatica ogni parola, potrebbe essere l’ultima e ne sei cosciente. Però desideri sentirla cantare ancora. Per un attimo la rivedi lì, seduta al porto a guardare le stelle, che intona a mezza voce una ninna nanna, stringendo tra le mani la sciarpa di Henry. Ti odi anche per questo: avresti dovuto salvare il ragazzino, non avresti dovuto permettere che la strega lo rapisse. Con un battito di ciglia ritorni alla realtà, al tuo corpo morente sdraiato sul terriccio freddo e a lei che esita di fronte alla tua insolita richiesta. Allora le stringi piano la mano, implorandola con lo sguardo di cantare, di cantare per te.
È una nenia lenta, malinconica, che ti ricorda tanto quella cantata da tuo padre nelle notti quando tutto era buio. “C’è calma” pensi vagando in alto con lo sguardo. Niente più imbrogli e bugie, segreti, solo tu e lei. Una nota diversa nel suo canto ti spinge a cercare i suoi occhi, ma un manto nero te lo impedisce.
«Killian … No, guardami!»
Le note si ripetono nella tua testa, non capisci ciò che dice. Perché si guarda intorno confusa? Tu l’ascolti cantare come quella notte e non capisci. Nessun rumore arriva alle tue orecchie, solo il canto melodioso del tuo cigno bianco. Il respiro va affievolendosi, il battito rallenta. Chiudi gli occhi, il nome di Emma a fior di labbra.



 

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