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Autore: scandros    24/07/2008    4 recensioni
Siamo nell’Inghilterra di fine ‘800 nel periodo in cui la colonizzazione delle Indie continua ad accrescere il regno Britannico di ricchezze e lustri. Alla corte della regina, intrighi e amori giovanili sembravano prendere il sopravvento sulla scena politica internazionale. Il conte Gatsby dovrà vedersela con le proposte di matrimonio che inaspettate giungeranno alle figlie Patricia, da parte del conte Benjamin Priceton e a Jennifer da parte dell’arcigno e arrivista barone Rumsfield. Se la prima sogna di vivere il suo grande amore travolta dalla passione e dal sentimento vissuto nel suo più profondo significato, la seconda desidererebbe solo potersi rifugiare nel più sincero e corrisposto sentimento che nutre nei confronti di Philip Callaghan, decaduto marchese di Halfshire. Il ritorno in città di Julian Gatsby farà battere il cuore a Amily Sullivan, la cui madre invece vorrebbe maritarla al timido e solitario duca Huttinton, segretamente invaghito della indomabile Patricia, sorella del suo migliore amico Julian. Mentre ville e castelli si decorano di dame e cavalieri nelle loro mise sfavillanti al suono di melodiose danze, inaspettato un cavaliere di nome Piuma Scarlatta si aggira nelle segrete e negli abbaini in cerca della verità.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly, Yayoi Aoba/Amy, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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ORCHIDEA SELVAGGIA

ORCHIDEA SELVAGGIA

 

 

 

Il Salone delle Feste

 

Capitolo 14

 

 

Arthur Gatsby si guardò intorno disegnando con minuzia il salone degli affreschi. Le recenti ristrutturazioni che aveva fatto apportare, avevano donato all’ampia sala un’immagine perfetta che ricordava i magnifici soffitti, le cappelle, i murali e le pale propriamente pennellati nelle dimore private e pubbliche dell’Italia artistica.

Lunghe braccia di cristallo si inarcavano tra i lampadari impreziosite da gocce di preziosi vetri di svariate forme e grandezze. Luci e colori riverberavano ovunque e il Conte Gatsby sorrise compiaciuto di quei bagliori dagli effetti prismatici.

La scalinata di marmo che conduceva al piano superiore era stata tirata a lustro e sui corrimani laterali si allungavano veli di organza e dispersi qua e là petali di rosa profumati.

Gli orchestrali erano già sistemati sul pianerottolo della scalinata e melodie di violini echeggiavano ovunque presagendo ad una serata dai toni raffinati.

Entro poco, la sala si sarebbe riempita di coppie danzanti, di colori sfavillanti che si sarebbero rincorsi in danze e movimenti artistici.

Il tintinnio di flutes di cristallo e l’argento dei vassoi avrebbe lasciato la scia tra gli invitati sorridenti, i cui volti sarebbero stati celati dalle maschere più classiche o da quelle più estrose.

Sarebbe stata una festa perfetta per annunciare il fidanzamento di Patricia e di Benjamin Priceton.

-         Mi sembri teso, preoccupato! – esclamò Lady Eleanor giungendo alle spalle del marito.

-         Perdonami cara, non ti ho sentita giungere. -. Lei sorrise amabilmente e lui seppe che qualsiasi cosa fosse accaduta, in lei avrebbe trovato rifugio per dubbi e incertezze.

La rimirò nell’abito azzurro che sembrava esser stato creato per essere indossato da lei.  Nastri di velluto cobalto ricadevano dal bustier sapientemente stringato e dai capelli raccolti in un’elaborata acconciatura.

-         Sei bellissima. Nessuna sarà più pregevole della mia adorata moglie. – sussurrò lievemente imbarazzato per il complimento volto alla consorte.

-         Arthur, sei sempre molto delicato nonostante il tuo aspetto possa trarre in inganno. – rispose cercando di allentare la tensione del momento.

-         E’ tutto pronto. Tra pochi istanti cominceranno ad alternarsi le carrozze e le porte si apriranno agli invitati più in vista della corte. –

-         Già. Sembra di essere in uno dei saloni reali. E’ tutto meraviglioso. – esclamò guardandosi intorno ed osservando con minuzia le composizioni floreali e le ghirlande a festone tra gli archi delle navate laterali, le statue marmoree che sembravano intinte nell’avorio più puro, le luci soffuse alternate a quelle ben più abbaglianti, le candele profumate sospese in ampolle di cristallo, i tappeti e la musica. L’atmosfera era magica e degna dei ricevimenti più belli e sofisticati mai organizzati prima di allora.

-         Mi chiedo, Eleanor, se stiamo facendo la cosa giusta. –

-         Caro, il Signore soltanto può giudicare. Tutto ha una ragione per esistere e se stiamo compiendo questo passo, per il bene di nostra figlia, lo stiamo facendo nella coscienza che sia per garantirle un futuro dignitoso. Se il destino avrà qualcosa in contrario, ne avremo segnali certi e potremo porvi rimedio. –

-         La tua saggezza mi impressiona come sempre. Se non avessi te…- sospirò prendendole una mano e baciandola lievemente. Lei gli sorrise ancora e a lui parve che le labbra gli avessero sfiorato il cuore.

-         Andiamo adesso. I nostri figli hanno bisogno di noi. – gli disse intrecciando le dita a quelle del marito e salendo su per la scalinata che conduceva al piano superiore.

-         Il giovane Priceton non smentisce la sua fama. E’ in ritardo anche oggi, in un’occasione che lo dovrebbe vedere finalmente nel ruolo che gli  è consono e in un comportamento non libertino e scellerato.-

-         Sono giovani e intemperanti. – rispose Eleanor sorridente.

-         Ho una strana sensazione Eleanor. Spero sinceramente che la leggerezza di Benjamin non comporti guai seri. - 

-         Qualsiasi cosa accada, vedrai caro, che si sistemerà. Qualsiasi fiume, anche quello in piena e più selvaggio, alla fine trova il letto in cui adagiarsi e divenire cheto. –

-         Lo spero vivamente. Forse è meglio che chieda notizie a Lord Priceton, visto che almeno lui è già arrivato.- ribatté poi.

 

 

 

Che Villa Gatsby fosse una delle dimore inglesi più belle, era dato certo. Per gli aristocratici del Regno, non poteva che essere fonte d’entusiasmo e piacere prender parte ad un ricevimento organizzato in tale sontuoso edificio. Dai viali antistanti, si scorgevano le luminarie che rifulgevano sui cristalli delle imponenti vetrate come stelle incastonate nel cobalto più denso della volta.

L’effetto era strabiliante e nel loro lento incedere verso la sala, gli invitati parevano inebriarsi dai profumi delle candele che disperdevano gli aromi esotici e dalle fragranze dei fiori. Festoni floreali si alternavano a nastri d’organza e seta tra i vari archi, richiamando le tinte che risalivano lungo i corrimani.

File di tavolini dai tovagliati in broccato si allungavano tra le navate con le loro balze soffici che ricordavano gli abiti delle cortigiane che in pochi istanti avrebbero danzato tra cotale sfarzo.

Il mormorio dei primi invitati si udiva dall’ingresso del salone, laddove due maggiordomi in livrea attendevano i nobili per accoglierli e raccogliere i mantelli e i cappelli.

Le imponenti porte del salone erano spalancate e un cerimoniere ingaggiato appositamente per la ricorrenza, iniziò, poco alla volta, a nominare con tono altisonante, le coppie di invitati che porgevano l’invito.

Arthur ed Eleanor erano al centro del salone, in attesa dei loro ospiti, con fremito e preoccupazione.

Accanto a loro, il figlio Julian in un abito amaranto che ne risaltava i lineamenti delicati.

Le giovani dame in cerca di marito anelavano ad un partito come Julian Gatsby, ma il cuore di costui era già promesso alla bella Amily Sullivan, la cui madre, diversamente, ambiva ad un matrimonio con Oliver Huttinton.

Julian sussultò quando i Sullivan fecero il loro ingresso e intravide la sagoma delicata di Amily.

Eleanor guardò il figlio con la coda dell’occhio e vide nuovamente, la stessa espressione innamorata che aveva scorto in precedenza.

Sorrise compiaciuta al sentimento che evidentemente legava i due giovani e in cuor suo sperò che almeno per il figlio, il matrimonio non dovesse essere di pura convenienza.

Amily incedette a pochi passi dai genitori, balzando nel suo abito verde dai riflessi dorati e che metteva straordinariamente in risalto la carnagione serica e il ramato della chioma.

I Sullivan salutarono i Conti Gatsby e poco dopo, Julian si inchinò a baciare la mano a Lady Muriel e della giovane Amily.

Quando sollevò e sfiorò la sua mano, coperta da un guanto profumato, Julian si sentì mancare il fiato e il verbo. Alzò lo sguardo leggermente per incrociare quello timido dell’amata scorgendo in lei, il barlume del sentimento che nutrivano vicendevolmente.

-         E’ un piacere per me avervi ospiti nella nostra dimora. Lord Sullivan, permettete che chieda a vostra figlia di concedermi l’onore del primo ballo? – chiese Julian ergendosi nella sua figura dai perfetti tratti mascolini.

-         Sarà un onore. – rispose sorridente e guardando la figlia, il cui bon ton imponeva di non contraddire la figura paterna.

Julian sorrise all’accettazione della richiesta e Amily rispose con un lieve cenno del capo, allontanandosi con i genitori verso il tavolo a loro riservato.

Il cuore di Julian palpitava così forte che temette potessero sentirlo tutti gli invitati sebbene l’aulica melodia ad inneggiare nel salone.

Le delicate e affusolate dita delle arpiste parevano scandire i nomi degli invitati unitamente alla voce del cerimoniere.

Le contessine Gatsby furono annunciate e Julian si apprestò a raggiungerle a metà scalinata per accompagnarle al centro del salone.

Gli invitati presenti, sollecitati dalla voce del cerimoniere, volsero lo sguardo verso il fondo della sala laddove i gradini si elevavano fino al piano superiore.

Lentamente, in perfetta sintonia, Jennifer e Patricia scendevano a passo cadenzato, i gradini che le dividevano dalla festa.

Tutti gli occhi erano puntati su di loro ed entrambe avvertirono un forte imbarazzo.

Con un sorriso di complicità e di affetto fraterno, Julian le raggiunse e le guardò estasiate.

-         Siete bellissime, dei fiori di inestimabile splendore. – disse loro con volto ridente.

-         Ho paura Julian! – esclamò Jennifer.

-         Jenny, devi esser tranquilla. Andrà tutto bene, vedrai! – ribatté il fratello prendendola sottobraccio.

-         Il mio promesso sposo non è arrivato? – chiese Patricia sarcastica e con tono tediato. Julian avvertì lo stato d’animo convulso e piccato della sorella minore e le tese il braccio come aveva fatto pochi istanti prima per Jennifer.

-         Non ancora Patricia. Non averne a male con i nostri genitori. Anche se non condividiamo le loro scelte, sono certo che lo stanno facendo unicamente per il bene della famiglia e di ciascuno di noi. –

-         Meno che per il mio. Sposare un prodigo arrogante, vanitoso e tracotante, non lo definirei proprio un bene per la mia persona. – rispose fingendo un sorriso di convenienza da mostrare agli ospiti.

-         Ne riparliamo in un altro momento. Non adesso. – la ammonì Julian cercando di non incalzare lo stato disanimato della sorella.

Arthur ed Eleanor osservarono le figlie che come due gemme preziose, avrebbero brillato di luce intensa tra tutti.

Il color malva dell’abito di Jennifer parve quasi impalpabile tra gli sfavillii della sala e le impunture, i bordi e i nastri bordeaux parevano adagiati sofficemente quasi come su una nuvola. Un’ametista dal perfetto taglio quadrato, riluceva preziosissima su un nastro di velluto bordeaux a cingerle l’esile collo. Due pietre gemelle pendevano dai lobi a rilucere tra i capelli scuri raccolti in una elaborata acconciatura.

Patricia sembrava altera e intoccabile in un abito di seta color champagne, impreziosito da merletti amaranti e fili d’oro. Tra i capelli bruni, un’orchidea dai toni crema screziata di porpora e maculata di oro.

Gli invitati rimiravano estasiati le giovani contesse, elegantissime nel lento ed aristocratico incedere, ma sapevano tutti, che Patricia era promessa in moglie e che per Jennifer era stata avanzata una proposta di matrimonio.

Ma nonostante gli impegni per ambedue, ciascuno dei giovani scapoli presenti in sala, non poté non dissentire dalla sorte che non aveva fatto incrociare loro il cammino con una delle sorelle Gatsby.

Entrambe indossarono le mascherine di velluto e seta coordinate con gli abiti, idonee a celare gli sguardi e a volgerne altri chissà dove.

Patricia voltò i suoi occhi ovunque alla ricerca dell’avvenente Oliver Huttinton e del baldanzoso cugino.

Il Conte Gatsby guardò il direttore d’orchestra che comprese di poter dare inizio alle musiche che avrebbero aperto le danze.

Anche senza Benjamin Priceton e Oliver Huttinton, il ricevimento avrebbe avuto inizio. Il salone era gremito e non potevano attendere oltre lasciando i commensali alla noia e ad un mormorio fatto di pettegolezzi.

 

Un fremito la percorse e uno stato d’ansia improvvisamente si impossessò di lei. 

Avvolto in un completo bianco dagli orli d’argento, un cappello a tesa ampia ed una larga maschera argentata a celarne il volto, Benjamin Priceton fece il suo ingresso destando la curiosità dei tanti presenti.

Patricia lo guardò gelida da dietro la sua maschera, quasi a cercare di contenere il moto di rabbia che stava nascendo dentro lei.

La sua insolenza era tale ed evidente, che avrebbe voluto andargli incontro e schiaffeggiarlo anche solo per rimproverargli il ritardo nel giorno in cui sarebbe stato annunciato il loro fidanzamento. La sua tracotanza sembrava sposarsi perfettamente con irriverenza.

Senza esitare oltre, Benjamin incedette nel corridoio lasciato libero dagli invitati, proseguendo a passo scandito verso Patricia.

-         Patricia, siete il più bel fiore nascosto dietro il manto di una cascata fresca, e vorrei potervi porre al riparo delle brutture di questo mondo, lì, nella caverna che si cela dietro la caduta d’acqua!. – le disse chinandosi a baciare la mano alla futura moglie.

Patricia ascoltò quelle parole attonita ringraziando di avere la maschera a celarle il volto.

Il cuore le palpitava così forte in petto che temette, per un attimo, che qualcuno potesse scorgerlo dall’ampia scollatura dell’abito.

Per un istante avvertì un fremito percorrerla tutta e le gambe quasi venirle meno.

Lei che aveva da sempre sognato di vivere come un’eroina dei romanzi d’amore, adesso era oggetto di una frase tanto galante quanto dichiaratamente d’amore.

Il verbo le mancava.

Cosa avrebbe potuto rispondere a quella voce così suadente e che le era entrata nel cuore come un dardo infiammato?

La voce, così melodica, così dolce, così nota a lei.

 

 

 

 

 

 

  
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