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Autore: Abbykat    05/05/2014    0 recensioni
Un interludio nella confusione delle ore oscure dopo Virmire: Kaidan, Shepard e il senso di colpa dei sopravvissuti.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Kaidan Alenko
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Mass Effect e i suoi personaggi sono proprietà Electronic Arts e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro. Nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

EASY AS LIFE
scritta da Abbykat, tradotta da Alessia Heartilly

Is this how the gods reward the faithful through the ages?

Forcing us to prove that the hardest things we've done

Are easy

*~*~*~*~*

Non avrebbe davvero dovuto sorprendersi.

Dopo circa un'ora dal turno di guardia di mezzo, tutti gli altri erano o ai loro posti o nei loro sacchi a pelo, ma anche con la fatica che assorbiva tutte le sue energie, riducendo tutte le ferite a un dolore opaco e onnipresente, Kaidan non poteva affrontare il pensiero di cercare di dormire. Aveva vagato nella mensa fino a quando aveva finito qualsiasi altra cosa con cui distrarsi, solo per trovarci già il Comandante Shepard. Da sola a un tavolo nella luce fiocamente ambrata nella stanza altrimenti vuota, sedeva con i gomiti contro il tavolo e la testa china tra le braccia, con le dita allacciate dietro al collo, in una posizione di profonda stanchezza.

Solo alcuni giorni prima, avrebbe osato coprire la distanza tra loro e metterle una mano sulla spalla, per permettere a quel semplice contatto di ricordare a entrambi che non erano soli. Voleva toccarla. Di tutti gli ufficiali comandanti che aveva avuto durante la sua carriera di marine, Shepard era una dei migliori, forse la migliore. Kaidan l'aveva ammirata sin dall'inizio, osservando la forza e la competenza con cui comandava; non si dimenticava mai che lei era un ufficiale, ma anche se non lo fosse stata, la gente l'avrebbe seguita comunque, attirata dalla sua sicurezza tranquilla e solida. Quando diceva che avrebbe fatto una cosa, non importava quanto impossibile, si credeva che sarebbe successo.

Quello sarebbe stato abbastanza per Kaidan. Era arrivata come una sorpresa la consapevolezza che, mentre lei li guidava nella galassia per seguire Saren, più che ammirare e rispettare Shepard, lei gli piaceva. La sua forza, la compassione che aveva per tutti, i lampi di intelligenza tagliente che venivano a galla ogni tanto... gli piaceva stare insieme a lei, era arrivato a tenere al legame che si era formato in qualche modo tra loro, a prescindere da quanto complicasse le cose.

Questo era prima di Virmire. Ora Ashley - la dura, incrollabile, sfacciata Ash, che era sempre stata veloce con un una battuta di spirito e anche più veloce nel buttarsi a fianco di un compagno nella furia della battaglia - era morta. Perché Shepard aveva scelto lui.

E ora tutto quello che poteva fare era stare lì e guardare Shepard seduta nella fioca luce ambrata della mensa, con la testa piegata per la sua stessa stanchezza.

"Non dovresti riposare?" La voce di Shepard era dolce e senza inflessioni, ma Kaidan sobbalzò comunque, chiedendosi, un po' in colpa, da quanto lei sapeva della sua presenza.

"Non dovresti farlo tu?"

"Probabilmente," ammise lei senza alzare la testa. "Ma odio lasciare le cose a metà... devo ancora registrare qualcosa da mandare alla sua famiglia." Kaidan fece una smorfia interiore per la comprensione. Non aveva mai dovuto prendersi la responsabilità di contattare la famiglia di un soldato morto, e poteva solo immaginare quanto doveva essere dura. "Ho continuato a rimandare. Non so perché abbiamo inventato la video-posta," disse. "Una volta si poteva semplicemente scrivere una lettera."

Non c'era nulla che Kaidan potesse pensare di dirle. Se ci fosse stato un modo per lui di sollevarle un po' di peso dalle spalle, lo avrebbe fatto, ma il facile cameratismo che aveva sentito tra loro prima sembrava molto lontano.

"Una madre e tre sorelle," mormorò, più a se stessa che a lui. "Me ne ha parlato. Quella più giovane ha appena finito il liceo."

"Non peggiorerà le cose se aspetti fino a domani," disse. Persino alle sue stesse orecchie, la sua voce era imbarazzata e poco convincente. Come poteva dirle di provare a dormire un po', quando lui stava prendendo qualsiasi scusa per evitare di doversi coricare in un sacco a pelo e pensare ad Ash?

"Non le renderà nemmeno più facili," disse pesantemente lei. "È solo che i marine non dovrebbero avere famiglie."

L'inusuale cinismo di quelle parole gli strinse la gola. Non era da lei. "Non lo pensi davvero."

Le sfuggì un respiro, con un piccolo intoppo che parve quasi una risata, e alzò un po' la testa per guardarlo, con il viso pallido e tirato. "No? Quand'è stata l'ultima volta che hai visto la tua?" Lui fece una smorfia, perché aveva ragione - era passato troppo tempo, era sempre passato troppo tempo, e non c'era mai un congedo abbastanza lungo. Ci si accontentava di posta e telefonate; era quella la vita nell'esercito. "L'unica cosa dell'essere un'orfana," disse Shepard. "Almeno, quando toccherà a me andarmene, non ci sarà nessuno a cui dare la notizia."

Kaidan poteva a malapena respirare per la stretta al petto. Si sbagliava, doveva sbagliarsi. Non esisteva che una donna come lei potesse essere sconfitta senza togliere qualcosa con la sua perdita a tutti quelli che aveva mai conosciuto. "Comandante-" iniziò, solo per fermarsi.

Lei sospirò, una lunga esalazione che sembrò svuotarla, lasciandola infossata nella sedia. "Se c'è qualcosa che vuoi dire," disse lei," vorrei che tu la dicessi e basta."

Ma le parole non venivano. Più Kaidan cercava di dire a parole cosa stava provando, meno riusciva a dare un senso a tutto; c'era troppo, troppo attorcigliato e in conflitto, troppe cose che poteva dire che l'avrebbero solo ferita di più, e niente che poteva dire per rimettere tutto a posto. Solo poco tempo prima aveva sentito di poterle parlare di tutto, ma ora tutto ciò che riusciva a fare era aprire la bocca e richiuderla, incapace di dar voce all'unica domanda che pendeva su tutto, perché sapeva già che non voleva sentire la sua risposta: perché?

"Non fa niente." La voce di Shepard era pesante per la rassegnazione, e scosse la testa. "Posso indovinare." Mise entrambe le mani sul tavolo e si spinse per alzarsi in piedi.

"Sei grato di essere vivo," disse, voltandosi a guardarlo e fissandolo con quegli occhi simili a laser, arrossati ma chiari, e con un'espressione molto seria in viso. "Ma ti sembra sbagliato, come se essere contento di essere vivo significasse essere contento che lei è morta."

Kaidan non poteva distogliere lo sguardo dai suoi occhi. Aveva già visto quell'espressione sul suo viso, l'aveva già sentita parlare con quella voce bassa e controllata, ma non era mia stata diretta a lui. Una parte di lui non poteva evitare di chiedersi se era questo che Fist aveva sentito quando lei lo aveva fissato dall'alto al basso al di sopra della sua pistole, e aveva preteso che lui le dicesse tutto quello che sapeva - come si era sentito Ethan Jeong, a Feros, in quegli ultimi momenti prima che lei gli sparasse tranquillamente in faccia.

"Così continui a riviverlo nella tua mente," continuò lei, "perché ci deve essere qualcosa che avresti potuto fare diversamente." Fece un passo verso di lui - solo uno, ma lui dovette respingere l'improvviso istinto di ritrarsi. "Se fossi stato solo un po' più veloce... o un po' più intelligente... se solo fossi stato in grado di resistere ancora un po', avremmo potuto tirarla fuori."

Faceva male perché lei aveva ragione. E faceva ancora più male rendersi conto che lei sapeva perché c'era lei stessa, a riviverlo - come l'aveva vissuto prima, dopo Akuze, dopo Mindoir, dopo chi sapeva quante altre volte.

"E non puoi smettere di pensare," disse piano, "che è morta per colpa tua." Un altro passo la portò molto più vicina. "Per colpa nostra." Un altro, gli occhi ancora fissi nei suoi, che gli impedivano di distogliere lo sguardo. "Perché abbiamo superato un confine."

Una parte di Kaidan voleva fermarla prima che lei andasse ancora oltre, protestare che non era giusto, che non c'era scopo nel fare questo a lui e a se stessa. Ma era vero. Giusto o no, doloroso o no, era tutto vero, e non c'era niente che potesse dire per negarlo.

Lei continuò, con un'espressione feroce e quasi sconsiderata sul viso, abbastanza vicino da toccarsi, adesso, se lui avesse osato provare a farlo. "E adesso ti stai chiedendo se puoi ancora seguirmi," disse, "sapendo che posso lasciare indietro qualcuno, a morire-"

"No." Bruscamente trovò la voce e la interruppe. "Su questo ti sbagli. Forse hai ragione su tutto il resto, ma su questo ti sbagli. Io c'ero, Shepard. Lo so cosa stavate affrontando. Se fossi stato io - sarò onesto, non so se sarei stato in grado di fare quella chiamata. Avrei potuto bloccarlo. E se l'avessi fatto, saremmo stati ancora là quando è esplosa la testata atomica, e saremmo morti tutti. O il geth ci avrebbe ucciso e avrebbe fermato la detonazione, e Saren avrebbe ancora il suo esercito di krogan, e non ci sarebbe più nessuno che sa che cosa intendeva fare."

Shepard non disse nulla. Lei continuò semplicemente a guardarlo, con l'espressione feroce del suo viso che svaniva in qualcosa che lui non seppe leggere, e ora che aveva iniziato Kaidan scoprì di non potersi fermare. "Siamo marine," disse. "Andiamo là fuori ogni volta sapendo che potremmo non tornare indietro. Non fingo di capire tutto quello che ti sta passando per la testa, ma so che non c'è nessuno su questa nave che dubita che tu abbia fatto quello che dovevi fare."

"...Va bene," disse lei infine, interrompendo il contatto visivo e guardando a terra. "Sono stata un po' fuori luogo. Solo che io..." Quando rialzò la testa, era tornata l'espressione esausta. "L'ho promesso a me stessa," disse lei. "Dopo Akuze, ho giurato che se si fosse mai arrivati a morire o lasciare indietro qualcuno, sarei rimasta a combattere invece che lasciare qualcuno a morire per salvarmi." Le mani si erano strette a pugno lungo i fianchi, fino ad avere le nocche bianche. "Ma non era solo la mia vita, questa volta. Era tutta la squadra, e la squadra di Kirrahe, e tutti gli altri a bordo della Normandy, e forse il resto di tutta la dannata galassia, e ho dovuto scegliere."

L'improvvisa ondata di emozione sembrò estinguersi; si fermò, alzò una mano per grattarsi gli occhi, ed emise un respiro irregolare. Quando alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi di nuovo, aveva il viso stretto dal dolore, la voce arrochita. "Dio sa che vorrei poterti dire che era una pura tattica, e non una reazione emotiva. Potrei darti un'intera lista di ragioni, ma la verità è che semplicemente non c'era il tempo di pensarci su."

"Non c'è nessuna buona scelta in una situazione come quella," le disse lui con calma, ma le parole sembrarono facili e poco convincenti e orribilmente inadeguate.

"Questo lo so," rispose lei con un po' di frustrazione che saliva nella voce, e poi si fermò, lisciando i capelli con entrambe le mani. "Lo so," ripeté, con più calma. "Ma questo non mi scagiona." All'improvvisò sembrò incapace di stare ferma e si voltò del tutto, facendo alcuni passi e poi voltandosi di nuovo. "Pensavo che sarei stata in grado di evitare che i miei sentimenti interferissero con il mio dovere. Le regole esistono per una ragione; l'ho sempre saputo e ho scelto di ignorarlo. Pensavo che non avesse importanza."

"Non è stata solo la tua chiamata." Kaidan si sentì costretto a puntualizzarlo, anche se la direzione che stava prendendo il discorso gli dava una sensazione di affondamento da cui non poteva scappare. "Avrei potuto dire no quando volevo." Se l'avesse fatto, non poté evitare di chiedersi, Ash sarebbe stata viva adesso?

"Sì," concordò lei pacatamente. "Avresti potuto. Ma sono il Comandante." I suoi occhi erano di nuovo fissi su di lui, con la stessa terrificante concentrazione di prima. "E se io fossi brava la metà di quanto dice la gente, metterei fine a questa cosa proprio adesso."

Sembrò che il pavimento si aprisse sotto di lui. Poteva quasi sentirsi cadere.

"Non intendo farlo," disse lei piano, distogliendo lo sguardo per un momento. "È egoista ed è sbagliato, ma non intendo farlo. Ma ho bisogno di sapere che capisci... qualsiasi cosa succeda tra me e te, la missione dovrà sempre avere la priorità."

Intellettualmente, lui capiva che cosa gli stava chiedendo, e perché. Saperlo non aiutava il suo tumulto emotivo, una tempesta di sorpresa e sollievo e vergogna e preoccupazione e dolore. "Ho mai chiesto qualcosa di diverso?" chiese, non del tutto in grado di tenere il dolore lontano dalla voce. "Ho mai fatto qualcosa per compromettere la tua autorità?"

"No." La sua risposta fu calma e ferma. "Non l'hai fatto. È l'unica ragione per cui posso correre questo rischio. Ma tutti su questa nave devono potersi fidare del mio giudizio. Devono credere che quando faccio una chiamata, si basa sulla ragione, e non sui miei sentimenti per te. Ci vuole solo un po' di dubbio, e tutto questo equipaggio può andare in pezzi, e c'è troppo in gioco per lasciare che accada."

"Credimi," disse lui, il più sinceramente che poteva, "lo so."

"E questo significa, nel caso peggiore, che potrei dover sacrificare te per la missione." Era un po' scioccante sentirglielo dire così schiettamente. Anche peggio era il dolore crudo sul suo viso, la durezza che portava alla sua voce calma. "Significa che al primo segnale che l'equipaggio dubita della mia obiettività, è finita, unilateralmente. Se avremo una qualche possibilità di farlo funzionare, devo sapere che potrai sopportarlo."

Sarebbe stato facile dare una risposta immediata - sì o no - ma Kaidan represse l'impulso. Non avrebbe fatto alcun favore a nessuno dei due. Invece si prese il tempo di rifletterci, cercando con tutte le forze di capire abbastanza i suoi sentimenti da dare una risposta onesta. Gli ci volle un lungo intervallo silenzioso, in cui Shepard rimase a guardarlo, aspettando pazientemente.

Alla fine lui emise un lungo respiro lento. "Se fossi intelligente," ammise, "farei un passo indietro adesso. Questa nave, questo equipaggio... è una di quelle cose che capitano una volta nella vita. Ma anche tu lo sei." Guardò da vicino il suo viso, ma il bagliore della reazione su di lei fu troppo veloce e troppo sottile perché lui lo interpretasse. "Prenderò tutto quello che posso da te, Shepard. Se devi tenerti una via d'uscita... non posso biasimarti per questo."

Lentamente, un inizio di sorriso apparve sul viso di lei, stanco e storto, ma caldo di affetto. "Non penso che la maggior parte degli uomini saprebbe vivere con quel tipo di ultimatum," disse.

"Non posso dire che non faccia un po' male," ammise lui. "Ma è così che deve essere. Lo capisco. E d'altra parte," lo costrinse ad aggiungere l'onestà, "se tu non dessi la priorità all'equipaggio e alla missione, non ti ammirerei come faccio."

"Ti sto chiedendo molto," disse lei, con una traccia di scusa nella voce. "Solo, sopportami per un po'. Qualcosa deve cedere, presto."

Ora, finalmente, Kaidan osò allungare la mano, chiudendo lo spazio tra loro per posarla gentilmente sulla sua spalla. "Se hai bisogno di qualcosa," le disse, "tutto quello che devi fare è chiedere."

Lei inclinò un poco la testa, come cenno di riconoscenza. "Lo farò," disse. "Ma adesso voglio che tu dorma un po'. L'ultima cosa di cui ho bisogno è che tu domani sia steso da un'emicrania."

Lui fece una piccola smorfia alla prospettiva. Non era ancora del tutto sicuro che sarebbe stato capace di dormire, ma lei aveva ragione; la fatica e lo stress rendevano i mal di testa molto più probabili, e lui non poteva permettersi di essere fuori forma. "Ah ah," disse, e poi esitò. "Non per scavalcarti," aggiunse lentamente, "ma anche tu dovresti davvero riposare."

"Lo farò," disse lei, pronunciando le parole in un sospiro. "Devo solo registrare quel messaggio video, prima."

Il tatto lottò brevemente con la preoccupazione; la preoccupazione vinse. "Sembri piuttosto stanca," le disse dolcemente, e il respiro le uscì in ciò che era quasi una risata.

"Tanto meglio," disse con una desolata specie di umorismo. "Li aiuterà a sapere che mi importa."

Non c'era nulla che Kaidan potesse pensare di dire. Non poteva smettere di pensare ad Ashley - Ash, che non lo avrebbe mai più stuzzicato perché fissava il culo di Shepard, non si sarebbe mai più lagnata della politica, non si sarebbe mai più messa in mezzo per assorbire il fuoco nemico della furia di un conflitto a fuoco o per trattenere lontano il nemico con lo sparo profondo e ritmico del suo fucile. Il silenzio si allungò, diventando con regolarità sempre più imbarazzante, fino a quando alla fine, disperatamente, lui lasciò cadere la mano dalla spalla di Shepard.

"Come fai ad andare avanti?"

Per un momento, Shepard sembrò spaventata. Poi sorrise, un piccolo sorriso stanco e infinitamente esausto. "Non è difficile," disse con calma. "La galassia non si ferma. Semplicemente, si..." Esitò brevemente; sembrava che cercasse le parole, e alla fine scrollò le spalle. "...continua a respirare."

"Così semplice, eh?" mormorò, sapendo molto bene che a volte non c'era nulla di più difficile. "Solo un passo dopo l'altro."

"Sì." Lei abbassò lo sguardo sul pavimento, e lui pensò ancora ad Akuze, e a tutta la distanza che si stendeva tra l'allora e il punto in cui si trovavano adesso. Quanti passi, per arrivare lì? Quanti respiri ci sarebbero voluto prima che lui riuscisse a guardarla senza pensare ad Ash e sentirsi in colpa?

Cercare di guardare avanti a quel modo sarebbe stato insopportabile. Continua a respirare e basta.

Prima che potesse dire altro, lei si raddrizzò inspirando rumorosamente. "Giusto," disse con fermezza. "Non ha senso rimandare ancora. Va' a riposarti, Kaidan." Questa volta, la sua voce conteneva una nota inequivocabile di comando. "Non c'è modo di dire cosa succederà domani."

"...Giusto." Era difficile fare un passo indietro, sapendo che lei non sarebbe andata a riposare fino a quando non avrebbe finito il difficile compito di capire come dire alla famiglia di Ashley che lei non sarebbe tornata a casa... Ma aveva ragione, quindi Kaidan annuì soltanto, e la guardò voltarsi.

Guardandola lasciare la mensa, diretta alla sua tenda e al duro lavoro che la aspettava, si sentì come se dovesse dirle qualcosa, ma non c'era nulla che potesse pensare di dire.

*****
Nota della traduttrice: come sempre, ogni commento sarà tradotto e inviato all'autrice, così come ogni sua eventuale risposta sarà riportata come risposta alla recensione (nei siti che lo permettono) o comunque sul mio blog.
Per chi volesse tenersi aggiornato sulle mie traduzioni (in questo e altri fandom), lascio il link alla mia pagina facebook (dove segnalo sempre quando aggiorno) e alla mailing list. Alla prossima! Alessia Heartilly

   
 
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