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Autore: DarkArtemis    05/05/2014    1 recensioni
Blaine era sempre stato sfortunato in amore, ed era rassegnato al fatto che non avrebbe mai trovato la sua anima gemella. Mai e poi mai si sarebbe aspettato di vederla riflessa in uno specchio...
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 - Lo Specchio

Blaine aveva sempre amato il luna park. Da bambino la mamma ce lo portava sempre, ogni volta che il parco tornava dalle parti del loro paese, ovvero una volta al mese. Aveva sempre amato i piccoli chioschi dove si potevano comprare i popcorn, caldi e burrosi, lo zucchero filato, colorato e delizioso, le mele candite, che la mamma gli prendeva sempre, caramelle di ogni forma e colore, e mille altre leccornie, dolci e salate. Aveva sempre amato le decine di attrazioni che divertivano adulti e bambini, come la ruota panoramica, da dove era sempre riuscito a scorgere la sua casa, le montagne russe, che lo avevano sempre entusiasmato, la bancarella del tiro a segno, dove qualche volta era riuscito a vincere qualche premio, gli spettacoli del circo, con i contorsionisti, gli sputa fuoco, gli animali feroci, i funamboli. Ma del luna park c'era una cosa che gli piaceva e gli era sempre piaciuta più di tutte le altre, e che lo aveva sempre tremendamente affascinato: la tenda della Veggente, la vecchia Sibilla. Ed era proprio questa l'attrazione che, anche dopo essersi trasferito in città per lavorare come giornalista, lo spingeva a tornare a fare un giro al parco quelle poche volte che passava a trovare la madre al paese. Ed era pure questa l'attrazione che, dopo che sua madre era morta due anni prima, lo faceva ritornare a vedere il luna park un paio di volte all'anno. 
Quel giorno, dopo aver macinato con il suo fuoristrada le centinaia di miglia che separavano la città dal paese e dopo aver portato la sua piccola valigia al motel dove era solito alloggiare, Blaine si ritrovò a passeggiare tra le bancarelle e i chioschi che tanto amava. Era una bellissima giornata e intorno a lui vedeva famiglie divertirsi, bambini che correvano da ogni parte o intenti a mangiare mille leccornie diverse, ovunque udiva schiamazzi, risate. Quel luogo lo metteva sempre di buon umore e gli richiamava alla mente i ricordi più belli della sua infanzia, e sì, anche della mamma. Perciò, quando vide le mele candite, non poté fare a meno di comprarne una. Blaine continuò a passeggiare lentamente, assaporando il suo dolce preferito, lasciandosi cullare dai suoni e dai profumi, finché non giunse davanti alla tenda di Sibilla. Finita la mela, si avvicinò all'ingresso della tenda per entrare. Ricordava benissimo la prima volta in cui vi era entrato: dopo mille sue insistenze, la mamma gli aveva concesso di entrarci, in sua compagnia, certamente. Ricordava come lo aveva subito colpito l'atmosfera di quel posto: la luce delle candele che illuminava a malapena l'ambiente, il profumo intenso dell'incenso, gli scaffali e i tavolini coperti di panni rossi, viola, blu, su cui erano sistemati centinaia di oggetti, come sfere di cristallo, specchietti che gettavano mille riflessi, talismani, amuleti, barattoli pieni di oggetti o sostanze di chissà quale origine, e ossa, sì, ossa. Forse la mamma aveva timore che queste cose potessero impaurirlo, ma tutt'altro, lo avevano affascinato fin dal primo istante. Ricordava poi che Sibilla aveva subito chiesto se desiderassero una predizione: la mamma aveva concesso a Blaine solo di farsi leggere la mano. 
Anche dopo tutti quegli anni, Sibilla non aveva mai cambiato l'allestimento della piccola tenda: vi era sempre la stessa luce fioca, lo stesso forte profumo, le stesse cianfrusaglie, ma a Blaine piaceva proprio così com'era. Quando lo vide entrare Sibilla si affrettò a correre ad abbracciarlo: del resto, dopo tutti quegli anni che si conoscevano, lo considerava come un nipote. Sibilla era un'anziana ma affascinante signora dalla pelle olivastra, alta, magra. Come al solito, indossava una tunica, un turbante, una decina di gioielli tra anelli ed orecchini. E come tutte le volte in cui Blaine passava lì, i due si accomodarono al tavolino su cui era appoggiata la grande sfera di cristallo e bevvero una tisana calda. Quella volta chiccherarono a lungo: lui le raccontò di come procedeva la stesura dell'ultimo articolo a cui stava lavorando, lei gli raccontò delle sue recenti peregrinazioni, dei suoi strani incontri e perfino dei suoi ultimi acquisti, che le aveva venduto un uomo misterioso, conosciuto come lo Stregone. Blaine volle subito che glieli mostrasse. Sibilla allora aprì un cassetto e ne trasse fuori due sacchetti di velluto rosso. Uno conteneva uno stiletto d'argento lungo come la mano di Blaine, che, a detta del venditore, in mano ad un puro di cuore, aveva il potere di fendere qualsiasi tessuto o materiale, mentre l'altro conteneva un anello d'oro con un piccolo zaffiro incastonato, che pareva avesse il potere di proteggere da qualunque incantesimo o anatema: Blaine era abbastanza scettico riguardo a queste cose, ma ne era lo stesso ammaliato. 
Sibilla aveva un ultimo artefatto in serbo per lui.  La donna si alzò, si girò, afferrò il telo che, dietro di lei, pendeva dal soffitto e toccava a terra, e lo scostò svelando uno specchio. All'apparenza era uno specchio normalissimo, alto circa un metro e largo mezzo, con una semplice cornice in legno. 
"Questo, mio caro ragazzo, è uno degli oggetti più rari ed inusuali di cui io sia mai entrata in possesso. È conosciuto come Specchio dell'Anima."
"Di cosa si tratta?" chiese Blaine, sempre più curioso. 
"Questo oggetto è dotato di un potere incredibilmente immenso e formidabile. Mi è costato molto tempo convincere lo Stregone a vendermelo. Si racconta che a pochi fortunati questo specchio non mostri il loro riflesso, ma che mostri loro l'altra metà della loro anima, o come si è soliti chiamarla, l'anima gemella." 
Blaine rimase a lungo a fissare lo specchio. La storia dietro quell'oggetto lo intrigava davvero molto, e l'oggetto stesso lo attirava. La Veggente doveva averlo notato, perché, dopo un lungo silenzio, gli disse con un sorriso: "Blaine, tu sei l'unica persona a cui tenga davvero a questo mondo. Nonostante mi sia costato tanto impossessarmi di questo specchio, dal momento che ti alletta tanto, te lo regalo con piacere." 
Dopo aver ringraziato tanto Sibilla e dopo aver incartato con cura lo specchio, Blaine salutò la donna e uscì dal parco che era già sera. Tornò al motel a riposare: il giorno seguente lo aspettava un lungo viaggio. 

Tornato a casa, Blaine si ritrovò ben presto a tentare di piantare un chiodo nella parete della camera da letto, per appendere lo specchio. Non sapeva più bene che cosa lo attirasse a quel punto di quell'oggetto: forse era il fatto che sperava davvero che in qualche modo gli facesse incontrare l'anima gemella. In effetti non era mai stato fortunato in amore, e, nonostante avesse avuto molte relazioni, non aveva mai trovato il ragazzo che facesse per lui. E questo lo rattristava molto. Ma ecco che, dopo tanti chiodi piegati e buchi inutilizzabili fatti nel muro, era riuscito a piantare un chiodo come si deve. Scartò lo specchio, lo sollevò e lo appese. Era perfetto: era appeso all'altezza giusta e copriva completamente lo scempio che aveva fatto al muro. Guardò la superficie dell'oggetto. Nulla di strano e anormale. Come in tutti gli specchi, Blaine vedeva solo i soliti capelli neri e ricciuti, sempre un po' arruffati, i soliti occhi color nocciola, il solito naso, la solita bocca, il solito viso, insomma. Da persona molto matura Blaine iniziò a fare espressioni buffe, tanto per vedere se accadeva qualcosa di diverso, ma nulla. Continuava a vedere sempre e solo il proprio riflesso, il solito Blaine. "Peccato" pensò, un pochino deluso, e dopo aver lanciato un'ultima occhiata allo specchio, andò in salotto a rilassarsi sul divano. Aveva viaggiato molto e il giorno dopo sarebbe dovuto tornare al lavoro. 
La sera, però, prima di andare a letto, Blaine si fermò ancora a lungo a fissare il suo riflesso. Non sapeva perché, ma sentiva che quello non era uno specchio qualunque. Nonostante questo, non succedeva niente. Blaine restò per molti altri minuti in contemplazione, ma invano. Sconfitto, Blaine si mise a letto. Stava per spegnere la luce, quando notò qualcosa di strano: sulla superficie dello specchio si era formata una macchia scura. Blaine si alzò di colpo e si avvicinò. Si stropicciò gli occhi, ma la macchia non andava via, non era la sua immaginazione a fargli brutti scherzi; anzi, l'alone scuro cresceva, cresceva sempre di più, fino a riempire tutta la superficie dell'oggetto. Lo specchio non rifletteva più nulla. Poi, all'improvviso, Blaine notò un'altra stranezza: in quell'oscurità cominciò a delinearsi una figura, un umano, un uomo, un ragazzo poco più giovane di lui. Lo stupore e lo shock di Blaine lo paralizzarono. Nello specchio,  il ragazzo, vedendolo, fu, se possibile, ancora più stupefatto di Blaine. Entrambi rimasero a lungo paralizzati, a fissarsi nel silenzio più totale. Ad un certo punto, il nuovo arrivato cominciò a muovere le labbra per parlare, ma dalla bocca non usciva alcun suono. Dopo tanta fatica, riuscì ad articolare queste parole: "Ti ho trovato, alla fine".
  
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