Non era mai stata quel genere di
persona che davanti
all’armadio arrivava a impazzire e sbraitare, quindi non
comprendeva perché
quella sera avrebbe dovuto farlo. Con tutta la calma che possedeva,
Izzy aveva
impiegato esattamente cinque minuti per fare una doccia, poi aveva
preso i
primi vestiti che le erano capitati sotto tiro, come sempre
d’altronde. Pantaloni
larghi e tshirt neri, felpa verde scuro e le sue amate Converse nere.
Aveva una
strana abitudine, ovvero quella di asciugare i capelli dopo essersi
vestita,
infatti prima di indossare la felpa aveva sciolto la coda disordinata e
bagnata
e aveva cercato di asciugarli il più in fretta possibile,
impugnando il phon
con una mano e provando a leggere
un
libro con l’altra. Ovviamente non poteva mancare la musica,
che si disperdeva
indisturbata nell’ambiente della sua stanza dallo stereo
posto sulla mensola in
alto a destra. Lì dentro non mancava proprio niente, le
pareti erano state
dipinte di blu, i mobili erano bianchi come la scrivania, su cui
giacevano in
disordine pile di libri e fogli con appunti scarabocchiati
distrattamente con
il pennarello nero. Non mancavano bozze di disegni, astucci contenenti
cancelleria di ogni tipo, fermagli per capelli e ovviamente Izzy poteva
scommettere
che i suoi occhiali in realtà erano seppelliti sotto tutte
quelle
cianfrusaglie. Infatti, dopo essersi preparata, non avendo alcuna
voglia di
combattere contro le lenti a contatto, si impegnò nel
ritrovamento dei suoi
amati occhiali vecchio stile. Erano neri ed enormi, le piacevano
tantissimo e a
dire il vero li preferiva alle scomodissime lenti, alle quali aveva
già
dichiarato guerra.
Riuscì a essere pronta ben dieci minuti prima
dell’appuntamento, un risultato da record. Seduta sul divano
a gambe incrociate,
aveva continuato la lettura di quel volume che la teneva impegnata da
ormai una
settimana e riemerse dal suo mondo immaginario solo quando
sentì il campanello,
segno che Josh era arrivato.
I ragazzi si erano diretti all’auto ridendo e chiacchierando
com'era loro solito fare, senza badare agli sguardi curiosi dei
passanti, i
quali probabilmente sostenevano che erano troppo grandi per comportarsi
così.
Durante il tragitto verso Central Park, Josh aveva acceso la radio,
iniziando a
cantare a squarciagola ogni brano, inventando la maggior parte delle
parole e
stonando spesso, senza dimenticare tutte quelle volte che era andato
fuori
tempo. Izzy, in risposta, non aveva fatto altro che ridere, imitarlo e
ridere
ancora. Si stava divertendo come non succedeva da fin troppo tempo,
aveva la
mente libera da qualunque pensiero e la sua unica preoccupazione era di
riuscire a vedere più artisti possibili quella sera.
Sin da qualche isolato prima del parco le macchine
riempivano la strada, così dovettero fare il giro della zona
per più volte,
fino a trovare parcheggio in uno dei tanti vicoli laterali. Avevano
camminato
abbastanza ed erano finalmente arrivati nel centro della manifestazione.
Li avevano accolti un’infinità di stand e
bancarelle colmi
di qualunque tipo di oggetto, da cartoline e braccialetti di stoffa, a
dipinti
e utensili domestici. A ogni angolo c’era chi vendeva cibo,
hot dog e patatine,
hamburger e copie delle pizze italiane. Non mancavano ovviamente le
pizze vere,
provenienti dall’Italia, insieme all’originale
sushi giapponese e agli
innumerevoli piatti della cucina indiana adorati dagli americani. Lungo
le vie
secondarie del parco erano stati disposti tavoli e sedie, proiettori
che
riproducevano vecchi film in bianco e nero, impianti stereo con musica
di
diverso genere.
Continuando la passeggiata, Izzy e Josh si addentrarono in
quello che doveva sicuramente essere il cuore della festa. Al termine
della
strada c’era un enorme palco su cui erano già
posizionati degli strumenti e sul
lungo spazio antistante c’erano ragazzi con chitarre e
tamburi, altri battevano
le mani seguendo il ritmo e altri ancora improvvisavano dei testi da
cantare.
La maggior parte era raccolta in cerchi sparsi disordinatamente, ma
facevano
eccezione quelli che stavano provando separatamente per la serata. I
due
ragazzi, sempre continuando a sorridere, si fecero spazio tra la folla
e
arrivarono davanti ad un gruppo che si stava esibendo in alcuni passi
di street
dance che incantarono Izzy. Rimasero a guardare a lungo, poi si
spostarono per
andare a vedere come dei ragazzi stavano realizzando dei graffiti su
una tavola
di compensato. Lo sfondo giallo contribuiva a dare colore alla frase
che
lentamente prendeva forma grazie all’uso attento ed esperto
delle bombolette
variopinte, un’infinità di colori si espandeva su
tutto il piano, complicati
disegni facevano da contorno attirando così i complimenti
degli spettatori.
Quando i ragazzi ebbero terminato il lavoro, Josh seguì Izzy
lungo la strada e lei si fermò dopo poco, attratta da una
giovane cinese che,
con indosso abiti tipici del suo paese, suonava il violino. Le sue mani
correvano veloci e precise sul piccolo strumento, producendo un suono
piacevole
e meraviglioso. La ragazza stava a occhi chiusi, si agitava sul posto e
i suoi
lunghi capelli neri volavano da una parte all’altra del suo
viso spinti dal
vento. Quando la musica si interruppe, l’artista
posò nella custodia lo
strumento trattandolo con attenzione maniacale, poi sorrise timidamente
alla
piccola folla di spettatori che aveva attirato e disse qualche parola
in
cinese, che ad Izzy apparve come un “grazie”. Dopo
quello, la ragazza iniziò
infatti a parlare in un inglese perfetto, spiegando che quel brano era
una sua
composizione e che anche lei sarebbe salita sull’imponente
palco quella sera.
Involontariamente, il pensiero di Izzy si rivolse a Chris, non avevano
parlato
molto della sua famiglia, ma poteva immaginare la sua provenienza. Non
sapeva
se aveva ereditato gli occhi dalla madre o dal padre, se era mai stato
in Cina
o se parlava quella lingua meravigliosa e intrigante, non sapeva quasi
nulla di
lui eppure era bastato incontrare una ragazza che nemmeno gli
assomigliava e
subito la sua mente l’aveva ricordato. Si
rimproverò, non poteva di certo fare
certe considerazioni mentre era fuori con Josh, anche se come amici,
sarebbe
stato inopportuno e inoltre non si sarebbe divertita se avesse avuto un
chiodo
fisso in testa.
Si impegnò al massimo e fece decadere l’argomento
“Chris”
nelle profondità della sua mente.
Josh fu davvero gentile quel giorno. Dopo l’esibizione della
violinista avevano ripreso la camminata e avevano visto tantissimi
ragazzi
cimentarsi in diverse arti, ognuno aveva il suo stile e il suo
abbigliamento,
la sua storia e le sue idee. Quasi al ridosso dell’orario
d’inizio, Izzy aveva
proposto di vedere il grande spettacolo finale, quindi avevano corso in
mezzo
alla gente per cercare un posto vantaggioso, e alla fine si erano
ritrovati
sotto il palco. Il tempo era volato, avevano applaudito continuamente,
avevano
riso delle battute di qualcuno e avevano urlato sulle note di pezzi
famosi.
Quando, due anni prima, Izzy aveva deciso di volersi
trasferire a New York piuttosto che a Cambridge, di gran lunga
più vicina a
Londra, uno dei motivi che l’aveva fortemente convinta era
stato proprio
quello, a New York ognuno poteva essere se stesso. A molti poteva
sembrare che
anche in Inghilterra i ragazzi erano piuttosto liberi, ma Izzy non
riusciva a
sopportare quegli inglesi anziani e tradizionalisti che non avevano mai
accettato di buon grado la popolazione giovanile. Gli americani,
invece,
sembravano molto più aperti a questo genere di confronto.
Era passata la mezzanotte da ben due ore quando il concerto
giunse al termine. Il pubblico era diminuito e ormai c’erano
solo spettatori al
di sotto dei trent’anni. Josh e Izzy uscirono dal parco
spensierati e si
diressero nuovamente all’auto. Mentre percorrevano le strade
bloccate dal
traffico nonostante l’orario, avevano parlato del
più e del meno, conoscendosi
ancora un po’.
Una volta giunti sotto casa di Izzy, la ragazza aveva
abbracciato l’amico e l’aveva ringraziato. «Sono stata davvero bene stasera, era
tutto fantastico» gli confessò, poi
aggiunse «Buonanotte, ci vediamo nei prossimi
giorni». Josh aveva sorriso e aveva
risposto alla ragazza allegramente, poi mentre lei apriva il portone e
si
allontanava verso le scale, sentì un
«’notte anche a te, Izzy» che la fece
voltare. Agitò la mano in segno di saluto, poi si diresse
verso le scale.
Erano
passate tre
settimane da quella sera, ormai anche la prima metà di
novembre era trascorsa e
si avvicinava sempre di più il Natale. Alcuni negozi
esponevano già nelle
vetrine colorate decorazioni e abeti, il freddo iniziava a farsi strada
e la
gente si lasciava trasportare nella magia tipica del periodo natalizio.
In
libreria erano arrivati nuovi volumi e le case editrici spedivano anche
gadget
a tema da appendere, Will era arrivato la settimana prima con uno
scatolone
contenente degli addobbi e qualche vecchio cd con le canzoni
tradizionali, non
si parlava di altro se non di regali e vacanze. Jenny sarebbe tornata
dalla sua
famiglia, Will aveva prenotato il primo volo disponibile per
l’Italia per
andare a trovare un suo amico di vecchia data, Chris invece sarebbe
rimasto a
New York, come Izzy d’altronde, che aveva preferito mettere
da parte i soldi e
tornare a casa per l’estate piuttosto che sprecarli per un
week-end a dicembre.
Jenny, sorridendo in
modo fin troppo malvagio aveva esposto la sua idea a Chris.
«Potreste fare qualcosa
insieme, tu e Izzy, così non state soli» mentre
parlava aveva guardato entrambi
in un modo strano.
«Si, potremmo..» era
stata la risposta per niente convinta del ragazzo, che non sembrava
affatto
felice all’idea di dover rinunciare alla sua adorata
solitudine. A Izzy non
sarebbe dispiaciuto avere qualcuno con cui trascorrere il tempo, ma non
voleva
rovinare i piani del ragazzo, che magari si era già
organizzato in altri modi.
Jenny li aveva
guardati lasciando trasparire un accenno di delusione, poi aveva
stretto le
spalle e si era messa al lavoro.
Il giorno dopo, Izzy
tornò a casa dalla libreria con una strana idea, quindi
aprì l’armadio ed
estrasse un piccolo borsone, indossò il costume da bagno e
prese tutto
l’occorrente per andare in piscina. Recentemente aveva
cercato su internet e
aveva telefonato per chiedere informazioni. Durante quella settimana le
era
stato dato il permesso di andare una sera a sua scelta e prendere una
corsia
riservata, dove avrebbe potuto nuotare tranquillamente.
Dopo venti minuti di
viaggio in metro e cinque di camminata, raggiunse la struttura e si
mise in
fila per raggiungere la reception. Fece tutte le procedure, poi
finalmente
riuscì ad entrare nello spogliatoio.
Appena varcata la
soglia della piscina vera e propria, un piacevole tepore la avvolse,
insieme
all’odore di cloro che le riempì le narici. Le era
sempre piaciuto nuotare, il
contatto con l’acqua la faceva stare bene, riusciva a
rilassarsi completamente.
Lasciò l’asciugamano
sull’apposito gancio, poi indossò la cuffia e gli
occhialini. Salì sul
trampolino e, dopo aver preso accuratamente posizione, si
lanciò nella vasca.
Quando il suo corpo fu finalmente immerso, Izzy riprovò
quelle sensazioni che
le mancavano da mesi. Sembra strano, ma adorava perfino
l’acqua fredda in cui
era difficile rimanere a lungo e il dolore che si espandeva dalle
braccia e
dalle gambe, che non allenava da troppo tempo.Percorse la vasca
innumerevoli
volte, alternando stili e velocità differenti, fino a quando
non giunse
l’orario di fine.
Facendo pressione
sulle braccia era risalita sul bordo della piscina e si era poggiata
l’asciugamano arancione sulle spalle. Quando tolse la cuffia
e liberò i
capelli, sentì ricadere altre gocce fredde sulle spalle e
apprezzò sempre di
più quella serata. Il getto fresco della doccia la fece
risvegliare
definitivamente dallo stato di trance in cui si trovava e la
riportò alla
realtà.
Si preparò con calma
e uscì dalla struttura diretta verso la metro, per tornare
finalmente a casa.
Mentre aspettava che
i toast fossero pronti, il cellulare si illuminò e
catturò la sua attenzione,
avvisandola dell’arrivo di un messaggio. Si alzò
controvoglia dal tavolo della
cucina e prese l’apparecchio, inserì la password e
cliccò sull’icona della chat
con Jennyfer.
“Domani
sera un mio amico suona in un locale
vicino casa mia. Chris ha (stranamente) accettato. Che fai, vieni?
Chiamami.<3”
Non le sarebbe
dispiaciuta una serata diversa dal solito, inoltre sarebbe stata
un’occasione
per conoscere meglio i suoi amici e non aveva nessuna intenzione di
lasciarsela
scappare. Fece come le era stato chiesto e compose il numero di Jenny,
bloccando il cellulare sulla spalla per poter prendere la sua cena.
Dopo
qualche squillo, la voce della ragazza riempì le orecchie di
Izzy, che aveva fatto
appena in tempo a posare i toast nel piatto.
«Dolcezza!» la
salutò allegramente. Sapeva perfettamente che Izzy odiava
quel soprannome, ma
forse era proprio quello il motivo che la spingeva a chiamarla
così.
«Hola Jen» rispose
lei, mentre addentava il panino.
«Allora, vieni?»
chiese impaziente dall’altro capo del telefono, sperando in
una risposta
affermativa. Sapeva di quella serata da circa un mese, ma conoscendo i
ragazzi
aveva deciso di avvisarli la sera prima, in modo che non si sarebbero
potuti
tirare indietro.
Izzy ci pensò un
attimo, valutando le opzioni; andare con Jenny e passare una serata
diversa,
oppure chiudersi come al solito in casa e guardare qualche documentario
noioso.
«Se insisti…» aveva
risposto lei, decisa a non perdere più nessuna occasione.
«Perfetto!» si sentì
un piccolo applauso, simbolo dell’entusiasmo di Jen.
«Finalmente vi ho
convinti!» era davvero un traguardo per la bionda, che aveva
progettato con
tanta cura il programma del giorno seguente e si era posta come
obiettivo
quello di avvicinare il più possibile i suoi colleghi. Era
convinta che a quei
due servissero solo le giuste situazioni, poi sarebbero sicuramente
diventati
almeno amici, anche se tifava per qualcosa di più.
«Allora, ti spiego
il programma» continuò. «Prepara tutto
ciò che ti serve per il locale e per la
notte, Dormite da me. Non accetto nessuna scusa, ho abbastanza stanze
per
tutti. Alle sei, quando chiudiamo il negozio, vieni da me con Chris e
ci
prepariamo. Al ritorno rimanete da me. Ok?»
Buttò fuori tutto
d’un fiato, per paura di essere interrotta. Izzy ci mise un
po’ a comprendere
tutto, ma appena ebbe compreso si convinse che non sarebbe stata una
brutta
esperienza. «Ok» rispose, lasciando sconvolta
Jennyfer, che già prevedeva ore
di litigate per convincerla.
Dopo aver parlato
per qualche altro minuto si salutarono, dandosi appuntamento per il
giorno
seguente, poi Izzy finì di cenare e corse in camera a
preparare l’occorrente
per quel programma strambo dell’amica.
Quella mattina si
alzò con una strana
sensazione, mai provata prima di allora. Era divisa tra due pensieri,
aveva
paura per quella serata, ma allo stesso tempo era felicissima. Si
preparò in
fretta, indossando le prime cose che aveva trovato, poi prese il
piccolo
borsone e si chiuse la porta di casa alle spalle.
Quando arrivò in
libreria c’erano sia Chris che Jenny, intenti a chiacchierare
tranquillamente.
La sua entrata era stata accompagnata dal suono delle campanelle appese
alla
porta, che attirarono l’attenzione dei ragazzi.
«’Giorno!» esclamò
l’amica,
seguita subito dal moro. Isabelle rispose allegramente e si
recò nella stanza
sul retro per lasciare la giacca e il bagaglio.
Tutta la mattina era
trascorsa tranquillamente e all’ora di pranzo il fattorino
del ristorante
cinese che si trovava in fondo alla strada portò loro il
pranzo. Mangiarono gli
spaghetti di soia in fretta, ridendo a crepapelle, mentre Will
raccontava
aneddoti della sua adolescenza. Quell’uomo era
un’esplosione di simpatia e
stare con lui era sempre un piacere.
Alle sei, come da
programma, Chris eseguì le procedure della chiusura della
cassa, Jenny spazzò
il pavimento e Izzy ripose i libri lasciati sui tavoli dai clienti.
Girarono il cartello
sulla porta da “aperto” a
“chiuso” e si diressero verso casa di Jen.
Le ragazze
arrivarono a bordo dell’auto della bionda, mentre Chris
parcheggiò accanto a
loro la moto, portando in spalla uno zaino nero in cui probabilmente
era
contenuto il necessario per la permanenza. La padrona di casa
mostrò le stanze
agli ospiti e insieme si accordarono per l’utilizzo dei
bagni.
Izzy aprì la porta
della camera che le era stata assegnata e rimase piacevolmente sorpresa
nel
notare la sua luminosità. Era un ambiente ampio, dipinto di
un bel color crema,
il mobilio era bianco e le coperte del letto erano rosse. Alle pareti
erano
appese delle fotografie in bianco e nero raffiguranti enormi spiagge,
barche in
un porto, falò che ardevano sulla sabbia. Era arredata con
gusto e accogliente,
proprio come piaceva a lei.
Lasciò il borsone
sulla scrivania, lo aprì e cominciò a estrarre
gli abiti per quella sera. Aveva
deciso di divertirsi, di non pensare a nulla, quindi aveva ascoltato i
consigli
di Jen. Posò sul letto un paio di calze nere, un top e una
gonna dello stesso
colore. Il top le ricopriva le spalle di decorazioni in pizzo, mentre
la gonna
era corta sul davanti, ma lunghissima dietro. Non amava particolarmente
questo
tipo di abbigliamento, però per quella sera avrebbe fatto
un’eccezione. Prese
dalla busta di plastica gli anfibi neri e li appoggiò sul
pavimento coperto dal
parquet, poi si munì di asciugamano e bagnoschiuma e si
diresse verso il bagno
del piano di sopra. Nel frattempo, avevano precedentemente deciso che
Chris
avrebbe usato quello del piano inferiore, mentre Jenny avrebbe cercato
qualche
vestito per la serata.
Uscì dalla doccia e
si avvolse l’asciugamano intorno al corpo, legò i
capelli bagnati e si annotò
mentalmente che avrebbe dovuto ripassare la tinta, si iniziavano a
vedere
infatti i capelli neri.
Chiuse a chiave la
porta della camera e si liberò del telo, indossando con
calma gli abiti.
Quando fu pronta, si
diresse verso il mobile del corridoio su cui l’amica le aveva
lasciato il phon,
lo portò nella stanza e si mise con pazienza ad asciugare i
capelli. Aveva
quasi terminato, quando qualcuno bussò alla porta e lei
riuscì a stento a
sentirlo. Dall’ingresso sbucò la testa di Chris,
già sistemato. Indossava dei
jeans neri e una camicia bianca, il tutto accompagnato da una giacca
nera e da
un paio di Vans dello stesso colore. I capelli ricadevano sulle spalle
e gli
davano un’aria ribelle.
«Posso?» domandò
timoroso, aprendosi in un sorriso quando Izzy aveva annuito. Si sedette
sul
letto, mentre la ragazza gli dava le spalle e terminava di sistemare i
capelli.
La guardò a lungo, chiedendosi dove avesse nascosto fino a
quel momento quel
suo lato maledettamente provocante.
Anni prima si era
ripromesso di non fidarsi più di una ragazza, ma rimaneva il
fatto che Izzy
fosse oggettivamente bella. Raccolse tutto il coraggio di cui era
padrone e lo
disse «Stai bene così».
Lei, in risposta,
poggiò un po’ troppo bruscamente il phon sulla
scrivania e si girò di scatto,
senza alcuna idea riguardo qualcosa da dirgli. «Grazie, anche
tu» fu tutto ciò
che riuscì a sussurrare, dandosi della stupida subito dopo.
Non era affatto in
imbarazzo, capiva perfettamente che era normale ricevere certe
osservazioni,
semplicemente non era abituata, e doveva imparare a rispondere senza
sembrare
impacciata.
Spostò la sua
attenzione sul borsellino che giaceva sul letto e si
avvicinò a Chris per
poterlo prendere. Il ragazzo la studiò attentamente, non con
l’attegiamento di
superiorità di molti uomini, ma con un’attenzione
quasi maniacale. I suoi occhi
percorsero la curva della sua spalla, si posarono sul braccio scoperto
e sulla
mano che si richiudeva intorno alla bustina.
La guardò mentre
estraeva l’eyeliner e rimase incantato quando lei si morse il
labbro
concentrandosi davanti al piccolo specchio posto su una parete. Si
sentiva
davvero stupido.
Izzy terminò di
prepararsi e legò la bandana nera al polso, al posto di
inutili bracciali.
Jenny era ancora
sotto la doccia, quindi i due erano soli, e la ragazza si
impegnò al massimo
per non fare una brutta figura. Non riusciva a spiegarsi
perché il giudizio di
Chris la mettesse così in ansia.
Spostò il borsone e
si sedette accanto a lui sul letto, stabilendo subito un contatto
visivo.
Voleva essere egoista, pretendeva di rivedere quel Chris che aveva
visto nel
vicolo del negozio, quello timido e simpatico, quello che
l’aveva capita. Non
riusciva più ad accontentarsi di quel ragazzo scontroso che
rispondeva con
monosillabi. In quel momento si rese conto di avere davanti esattamente
quello
che voleva, e ne fu terribilmente felice.
«Non so quasi nulla
di te, raccontami qualcosa» aveva rotto il silenzio proprio
lui, contrariamente
al solito, quando bisognava tirargli le parole con la forza.
Izzy ci pensò un
attimo, non sapendo da dove iniziare, poi decise che per quella volta
non gli
avrebbe raccontato la sua storia, era troppo presto.
«Sono venuta qui da
Londra anche per studiare, però sono indecisa»
iniziò, capendo subito di aver
scelto un argomento futile. Chris però non lo diede a
vedere, si dimostrò
interessato e subito prese parola. «Tra cosa? » le
domandò. «Archeologia e
Lingue orientali. Non ne ho proprio idea.» Lui sorrise,
ridacchiando, poi le
disse: «Ammetto di essere di parte, ma Lingue orientali
è bellissima»
Izzy si rese conto
solo dopo un po’ della motivazione per la quale il ragazzo
aveva trovato
divertente la sua proposta, quindi si unì a lui sorridendo.
«Quali sceglieresti?
Di lingue, intendo» le chiese ancora. Questa domanda aveva
trovato risposta già
da tantissimo tempo, quindi rispose subito a Chris. «Arabo,
giapponese e
cinese» sorrise ancora, mentre lui riprese a parlare.
«Non conosco né
l’arabo, né il giapponese, ma li ho sentiti
parlare e mi sono piaciuti
tantissimo. Il cinese invece è stato la prima lingua che ho
parlato, e ti posso
assicurare che non te ne pentiresti affatto. E poi, se dovessi avere
qualche
problema, potrei aiutarti io.» Izzy apprezzò
tantissimo la proposta dell’amico,
ringraziandolo sinceramente. Da quella conversazione però
trovò uno spiraglio
per scoprire qualcosa di più su di lui, quindi ne
approfittò.
«E così vieni dalla
Cina?» gli chiese, sperando di non toccare argomenti negativi.
«Più o meno. Mio
padre è cinese, ma mia madre è californiana.
Però sono nato a Shanghai e ci ho
vissuto fino a quando avevo cinque anni. In America, invece, ho
continuato a
studiare la lingua» mentre parlava sorrideva, però
Izzy aveva notato il suo
sguardo incupirsi quando aveva nominato i suoi genitori.
Sperò vivamente che
non fosse successo loro qualcosa di spiacevole.
Stava per parlare,
ma Chris fu più veloce e ricominciò il suo
racconto. Capì che aveva bisogno di
sfogarsi con qualcuno e lo lasciò fare, felice che avesse
scelto lei. Allo
stesso tempo, però, si era sentita terribilmente in colpa,
non aveva voluto
raccontare la sua storia, ma aveva fatto in modo che lui le raccontasse
la sua.
«Sono figlio unico,
ma non lo sa quasi nessuno, infatti a volte uso la scusa di mio
fratello per
spiegare i miei ritardi, se l’ho fatto qualche volta ti
chiedo scusa, ma
preferisco non dire a tutti ciò che faccio» Izzy
si ricordò della sera del
compleanno di Will, quando Chris era arrivato sulla sua moto e si era
giustificato dicendo di aver riaccompagnato il fratello a casa. In quel
momento
aveva pensato che almeno quella volta aveva una scusa buona, che non
era stata
colpa sua, ma adesso sapeva che si sarebbe dovuta sentire delusa.
Eppure questo
non accadde, lei continuava a capirlo e comprese ogni motivo per il
quale aveva
mentito.
«Non vedo i miei
genitori da quattro anni, da quando sono scappato di casa»
riprese il racconto
«Non credo di
poterli definire genitori, nella mia vita una sola persona si
è comportata da
madre, ma non è stata quella che doveva esserlo. Era quella
che i signori Lyn
definivano “governante”, la signora Jane. Era
splendida e credo di averla
sempre vista come mia madre» Izzy si rese conto di quanto
fosse inquietante il
fatto che lui avesse chiamato i suoi genitori biologici per cognome, in
realtà
non aveva mai sentito il cognome di Chris, ma le bastò
mettere insieme i pezzi
per capire.
«Mi viene da ridere
se penso al progetto che quelli avevano di me. Dovevo essere
l’erede degli
alberghi Lyn, una copia di mio padre. Che schifo. Non l’ho
mai sopportato, per
lui ero solo una fonte di guadagno. Quando sono nato, a Shanghai tutti
conoscevano mio nonno e mio padre, avevano da poco aperto il terzo
albergo
fuori dalla Cina e la stampa invase il cortile dell’ospedale.
Mia nonna me l’ha
raccontato di recente, quando mi portarono a casa per la prima volta
organizzarono un servizio fotografico. Tutti mi conoscevano. Se mai
dovessi
tornare lì, spero solo che nessuno si ricordi di
me.» fece una pausa,
rivolgendo ad Izzy un sorriso, come per farle capire che non gli faceva
nessun
effetto parlare della sua famiglia, eppure lei vide i suoi occhi
spenti, vide
le immagini del suo passato riflesse in quel mare castano e non seppe
fare
altro se non poggiare la testa sulla sua spalla, per ricordargli che
lei era lì
e che non se ne sarebbe andata.
Avevano ancora un
po’ di tempo prima dell’orario stabilito da Jenny,
che se ne stava in salotto
ad aspettarli. Era passata nel corridoio e li aveva visti, quindi aveva
deciso
di non disturbarli, alla fine il suo intento era proprio quello e
avevano due
ore di tempo.
Chris, spiazzato dal
gesto di Izzy, aprì il braccio per accoglierla meglio e lei
non se lo fece ripetere
due volte. Entrambi avevano a lungo cercato quel tipo di rapporto e,
sin dalla
chiacchierata nel vicolo, avevano capito di avere davanti la persona
giusta.
Dovevano solo
lasciare da parte il passato e pensare al presente.
Chris decise che
Izzy avrebbe dovuto sapere tutto di lui, quindi riprese il racconto
della sua
storia, parlando a voce più bassa, per non disturbarla se
non avesse voluto
ascoltarlo.
«Sai, con i miei
nonni ci parlo ancora. Loro non sono come il figlio, sanno cosa vuol
dire
essere persone umili. Se adesso mio padre si crogiola nel denaro
è merito del
duro lavoro di mio nonno. Non suo, assolutamente. Lui si è
limitato ad
ereditare e ad istruirmi affinchè potessi succedergli.
Il padre di mia
nonna era un falegname, quello di mio nonno un contadino. Quando si
sposarono,
riuscirono a trovare una casa semplice, con solo due stanze, che aveva
un
piccolo orto sul retro. Spesso mi raccontavano che le loro giornate
erano
scandite dal lavoro nel campo e in casa, non facevano altro, era
l’unico modo
per guadagnare qualcosa. Fino a quando mio padre era l’unico
figlio riuscirono
a vivere lì e cercarono di dargli la possibilità
di studiare, non gli hanno mai
chiesto di aiutarli.» Izzy lo osservava, la sua espressione
era dura, parlava
del padre con un tono sprezzante che la ragazza non avrebbe mai
immaginato di
sentire riferito ad un genitore.
«Il problema arrivò
quando mia nonna rimase incinta per la quarta volta. Non
c’era più spazio e il
campo non bastava più a soddisfare i bisogni di tutti. Mio
nonno decise di
vendere la casa e con quel poco che aveva guadagnato e alcuni risparmi
comprò
una casa con quattro stanze abbastanza lontana dalla città.
La famiglia usava
tre camere, la quarta iniziarono ad affittarla agli studenti. Mia nonna
preparava loro ogni giorno il pranzo e la cena. Andarono avanti per
tantissimo
tempo, poi pian piano mio nonno ha iniziato a comprare e affittare
altre case
nei dintorni e così via, fino a quando, quindici anni dopo,
aprì la prima
locanda. Ogni volta che raccontano questa storia, i loro occhi
brillano.» In
quel momento il ragazzo sorrise e Izzy riuscì a rivedere
quel Chris che stava
cercando, quel Chris che in qualche modo le era rimasto impresso nella
mente, quello
che ovunque si trovasse compariva prepotentemente tra i suoi pensieri.
Finalmente
ebbe davanti quella meravigliosa persona che in realtà Chris
era. Lui, invece,
si sentì per la prima volta esattamente nel posto giusto,
dopo Juliet non aveva
più avvicinato nessuna ragazza, ma in quel momento ebbe la
certezza che per
Izzy avrebbe potuto fare un’eccezione, che quella volta non
si sarebbe
bruciato.
CIAOOO
Come al solito, per prima cosa vi chiedo scusa. Ancora una volta non sono riuscita a completare il capitolo in tempo e vi confesso che queste 7 pagine di Word dovevano essere di più, ma ho deciso di pubblicare il resto prossimamente insieme al capitolo 6.
Bene, dopo questo, voglio ringraziare tutte le persone che sono passate, tutte quelle che hanno lasciato un commento e anche chi è rimasto disgustato dalla storia. Avete dedicato del tempo alla mia storia e mi avete spinta a continuare. Spesso mi chiedo se abbia senso pubblicare altri capitoli, penso di sospenderla per un po’ fino all’estate, ma poi mi rendo conto che non riuscirei a stare senza voi, Chris e Izzy a lungo.
Scappo o non farò in tempo a pubblicare nemmeno questo.
Alla prossima e grazie ancora. <3
Maïa