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Autore: Maia Scott    06/05/2014    2 recensioni
Il suo nome era sinonimo di gossip, o di critiche. Ormai aveva imparato i trucchi del mestiere. Forte fuori, distrutta dentro. Sembrava funzionare, perché chi le stava intorno non dava segno di accorgersene. E a lei andava bene così. Nella ragnatela della sua vita era però rimasta intrappolata un’ unica cosa meravigliosa: la musica. L’aveva subito fatta prigioniera e l’aveva resa la sua sola ancora di salvezza…o almeno così credeva.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Discover me'
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Non era mai stata quel genere di persona che davanti all’armadio arrivava a impazzire e sbraitare, quindi non comprendeva perché quella sera avrebbe dovuto farlo. Con tutta la calma che possedeva, Izzy aveva impiegato esattamente cinque minuti per fare una doccia, poi aveva preso i primi vestiti che le erano capitati sotto tiro, come sempre d’altronde. Pantaloni larghi e tshirt neri, felpa verde scuro e le sue amate Converse nere. Aveva una strana abitudine, ovvero quella di asciugare i capelli dopo essersi vestita, infatti prima di indossare la felpa aveva sciolto la coda disordinata e bagnata e aveva cercato di asciugarli il più in fretta possibile, impugnando il phon con una mano e provando a  leggere un libro con l’altra. Ovviamente non poteva mancare la musica, che si disperdeva indisturbata nell’ambiente della sua stanza dallo stereo posto sulla mensola in alto a destra. Lì dentro non mancava proprio niente, le pareti erano state dipinte di blu, i mobili erano bianchi come la scrivania, su cui giacevano in disordine pile di libri e fogli con appunti scarabocchiati distrattamente con il pennarello nero. Non mancavano bozze di disegni, astucci contenenti cancelleria di ogni tipo, fermagli per capelli e ovviamente Izzy poteva scommettere che i suoi occhiali in realtà erano seppelliti sotto tutte quelle cianfrusaglie. Infatti, dopo essersi preparata, non avendo alcuna voglia di combattere contro le lenti a contatto, si impegnò nel ritrovamento dei suoi amati occhiali vecchio stile. Erano neri ed enormi, le piacevano tantissimo e a dire il vero li preferiva alle scomodissime lenti, alle quali aveva già dichiarato guerra.
Riuscì a essere pronta ben dieci minuti prima dell’appuntamento, un risultato da record. Seduta sul divano a gambe incrociate, aveva continuato la lettura di quel volume che la teneva impegnata da ormai una settimana e riemerse dal suo mondo immaginario solo quando sentì il campanello, segno che Josh era arrivato.

 
I ragazzi si erano diretti all’auto ridendo e chiacchierando com'era loro solito fare, senza badare agli sguardi curiosi dei passanti, i quali probabilmente sostenevano che erano troppo grandi per comportarsi così. Durante il tragitto verso Central Park, Josh aveva acceso la radio, iniziando a cantare a squarciagola ogni brano, inventando la maggior parte delle parole e stonando spesso, senza dimenticare tutte quelle volte che era andato fuori tempo. Izzy, in risposta, non aveva fatto altro che ridere, imitarlo e ridere ancora. Si stava divertendo come non succedeva da fin troppo tempo, aveva la mente libera da qualunque pensiero e la sua unica preoccupazione era di riuscire a vedere più artisti possibili quella sera.
Sin da qualche isolato prima del parco le macchine riempivano la strada, così dovettero fare il giro della zona per più volte, fino a trovare parcheggio in uno dei tanti vicoli laterali. Avevano camminato abbastanza ed erano finalmente arrivati nel centro della manifestazione.
Li avevano accolti un’infinità di stand e bancarelle colmi di qualunque tipo di oggetto, da cartoline e braccialetti di stoffa, a dipinti e utensili domestici. A ogni angolo c’era chi vendeva cibo, hot dog e patatine, hamburger e copie delle pizze italiane. Non mancavano ovviamente le pizze vere, provenienti dall’Italia, insieme all’originale sushi giapponese e agli innumerevoli piatti della cucina indiana adorati dagli americani. Lungo le vie secondarie del parco erano stati disposti tavoli e sedie, proiettori che riproducevano vecchi film in bianco e nero, impianti stereo con musica di diverso genere.

 
Continuando la passeggiata, Izzy e Josh si addentrarono in quello che doveva sicuramente essere il cuore della festa. Al termine della strada c’era un enorme palco su cui erano già posizionati degli strumenti e sul lungo spazio antistante c’erano ragazzi con chitarre e tamburi, altri battevano le mani seguendo il ritmo e altri ancora improvvisavano dei testi da cantare. La maggior parte era raccolta in cerchi sparsi disordinatamente, ma facevano eccezione quelli che stavano provando separatamente per la serata. I due ragazzi, sempre continuando a sorridere, si fecero spazio tra la folla e arrivarono davanti ad un gruppo che si stava esibendo in alcuni passi di street dance che incantarono Izzy. Rimasero a guardare a lungo, poi si spostarono per andare a vedere come dei ragazzi stavano realizzando dei graffiti su una tavola di compensato. Lo sfondo giallo contribuiva a dare colore alla frase che lentamente prendeva forma grazie all’uso attento ed esperto delle bombolette variopinte, un’infinità di colori si espandeva su tutto il piano, complicati disegni facevano da contorno attirando così i complimenti degli spettatori.
Quando i ragazzi ebbero terminato il lavoro, Josh seguì Izzy lungo la strada e lei si fermò dopo poco, attratta da una giovane cinese che, con indosso abiti tipici del suo paese, suonava il violino. Le sue mani correvano veloci e precise sul piccolo strumento, producendo un suono piacevole e meraviglioso. La ragazza stava a occhi chiusi, si agitava sul posto e i suoi lunghi capelli neri volavano da una parte all’altra del suo viso spinti dal vento. Quando la musica si interruppe, l’artista posò nella custodia lo strumento trattandolo con attenzione maniacale, poi sorrise timidamente alla piccola folla di spettatori che aveva attirato e disse qualche parola in cinese, che ad Izzy apparve come un “grazie”. Dopo quello, la ragazza iniziò infatti a parlare in un inglese perfetto, spiegando che quel brano era una sua composizione e che anche lei sarebbe salita sull’imponente palco quella sera. Involontariamente, il pensiero di Izzy si rivolse a Chris, non avevano parlato molto della sua famiglia, ma poteva immaginare la sua provenienza. Non sapeva se aveva ereditato gli occhi dalla madre o dal padre, se era mai stato in Cina o se parlava quella lingua meravigliosa e intrigante, non sapeva quasi nulla di lui eppure era bastato incontrare una ragazza che nemmeno gli assomigliava e subito la sua mente l’aveva ricordato. Si rimproverò, non poteva di certo fare certe considerazioni mentre era fuori con Josh, anche se come amici, sarebbe stato inopportuno e inoltre non si sarebbe divertita se avesse avuto un chiodo fisso in testa.
Si impegnò al massimo e fece decadere l’argomento “Chris” nelle profondità della sua mente.

 
Josh fu davvero gentile quel giorno. Dopo l’esibizione della violinista avevano ripreso la camminata e avevano visto tantissimi ragazzi cimentarsi in diverse arti, ognuno aveva il suo stile e il suo abbigliamento, la sua storia e le sue idee. Quasi al ridosso dell’orario d’inizio, Izzy aveva proposto di vedere il grande spettacolo finale, quindi avevano corso in mezzo alla gente per cercare un posto vantaggioso, e alla fine si erano ritrovati sotto il palco. Il tempo era volato, avevano applaudito continuamente, avevano riso delle battute di qualcuno e avevano urlato sulle note di pezzi famosi.
Quando, due anni prima, Izzy aveva deciso di volersi trasferire a New York piuttosto che a Cambridge, di gran lunga più vicina a Londra, uno dei motivi che l’aveva fortemente convinta era stato proprio quello, a New York ognuno poteva essere se stesso. A molti poteva sembrare che anche in Inghilterra i ragazzi erano piuttosto liberi, ma Izzy non riusciva a sopportare quegli inglesi anziani e tradizionalisti che non avevano mai accettato di buon grado la popolazione giovanile. Gli americani, invece, sembravano molto più aperti a questo genere di confronto.
Era passata la mezzanotte da ben due ore quando il concerto giunse al termine. Il pubblico era diminuito e ormai c’erano solo spettatori al di sotto dei trent’anni. Josh e Izzy uscirono dal parco spensierati e si diressero nuovamente all’auto. Mentre percorrevano le strade bloccate dal traffico nonostante l’orario, avevano parlato del più e del meno, conoscendosi ancora un po’.
Una volta giunti sotto casa di Izzy, la ragazza aveva abbracciato l’amico e l’aveva ringraziato. «Sono stata davvero bene stasera, era tutto fantastico» gli confessò, poi aggiunse «Buonanotte, ci vediamo nei prossimi giorni». Josh aveva sorriso e aveva risposto alla ragazza allegramente, poi mentre lei apriva il portone e si allontanava verso le scale, sentì un «’notte anche a te, Izzy» che la fece voltare. Agitò la mano in segno di saluto, poi si diresse verso le scale.

 

Erano passate tre settimane da quella sera, ormai anche la prima metà di novembre era trascorsa e si avvicinava sempre di più il Natale. Alcuni negozi esponevano già nelle vetrine colorate decorazioni e abeti, il freddo iniziava a farsi strada e la gente si lasciava trasportare nella magia tipica del periodo natalizio. In libreria erano arrivati nuovi volumi e le case editrici spedivano anche gadget a tema da appendere, Will era arrivato la settimana prima con uno scatolone contenente degli addobbi e qualche vecchio cd con le canzoni tradizionali, non si parlava di altro se non di regali e vacanze. Jenny sarebbe tornata dalla sua famiglia, Will aveva prenotato il primo volo disponibile per l’Italia per andare a trovare un suo amico di vecchia data, Chris invece sarebbe rimasto a New York, come Izzy d’altronde, che aveva preferito mettere da parte i soldi e tornare a casa per l’estate piuttosto che sprecarli per un week-end a dicembre.
Jenny, sorridendo in modo fin troppo malvagio aveva esposto la sua idea a Chris.
«Potreste fare qualcosa insieme, tu e Izzy, così non state soli» mentre parlava aveva guardato entrambi in un modo strano.
«Si, potremmo..» era stata la risposta per niente convinta del ragazzo, che non sembrava affatto felice all’idea di dover rinunciare alla sua adorata solitudine. A Izzy non sarebbe dispiaciuto avere qualcuno con cui trascorrere il tempo, ma non voleva rovinare i piani del ragazzo, che magari si era già organizzato in altri modi.
Jenny li aveva guardati lasciando trasparire un accenno di delusione, poi aveva stretto le spalle e si era messa al lavoro.

 
Il giorno dopo, Izzy tornò a casa dalla libreria con una strana idea, quindi aprì l’armadio ed estrasse un piccolo borsone, indossò il costume da bagno e prese tutto l’occorrente per andare in piscina. Recentemente aveva cercato su internet e aveva telefonato per chiedere informazioni. Durante quella settimana le era stato dato il permesso di andare una sera a sua scelta e prendere una corsia riservata, dove avrebbe potuto nuotare tranquillamente.
Dopo venti minuti di viaggio in metro e cinque di camminata, raggiunse la struttura e si mise in fila per raggiungere la reception. Fece tutte le procedure, poi finalmente riuscì ad entrare nello spogliatoio.
Appena varcata la soglia della piscina vera e propria, un piacevole tepore la avvolse, insieme all’odore di cloro che le riempì le narici. Le era sempre piaciuto nuotare, il contatto con l’acqua la faceva stare bene, riusciva a rilassarsi completamente.
Lasciò l’asciugamano sull’apposito gancio, poi indossò la cuffia e gli occhialini. Salì sul trampolino e, dopo aver preso accuratamente posizione, si lanciò nella vasca. Quando il suo corpo fu finalmente immerso, Izzy riprovò quelle sensazioni che le mancavano da mesi. Sembra strano, ma adorava perfino l’acqua fredda in cui era difficile rimanere a lungo e il dolore che si espandeva dalle braccia e dalle gambe, che non allenava da troppo tempo.Percorse la vasca innumerevoli volte, alternando stili e velocità differenti, fino a quando non giunse l’orario di fine.
Facendo pressione sulle braccia era risalita sul bordo della piscina e si era poggiata l’asciugamano arancione sulle spalle. Quando tolse la cuffia e liberò i capelli, sentì ricadere altre gocce fredde sulle spalle e apprezzò sempre di più quella serata. Il getto fresco della doccia la fece risvegliare definitivamente dallo stato di trance in cui si trovava e la riportò alla realtà.
Si preparò con calma e uscì dalla struttura diretta verso la metro, per tornare finalmente a casa.

 
Mentre aspettava che i toast fossero pronti, il cellulare si illuminò e catturò la sua attenzione, avvisandola dell’arrivo di un messaggio. Si alzò controvoglia dal tavolo della cucina e prese l’apparecchio, inserì la password e cliccò sull’icona della chat con Jennyfer.

“Domani sera un mio amico suona in un locale vicino casa mia. Chris ha (stranamente) accettato. Che fai, vieni? Chiamami.<3”
Non le sarebbe dispiaciuta una serata diversa dal solito, inoltre sarebbe stata un’occasione per conoscere meglio i suoi amici e non aveva nessuna intenzione di lasciarsela scappare. Fece come le era stato chiesto e compose il numero di Jenny, bloccando il cellulare sulla spalla per poter prendere la sua cena. Dopo qualche squillo, la voce della ragazza riempì le orecchie di Izzy, che aveva fatto appena in tempo a posare i toast nel piatto.
«Dolcezza!» la salutò allegramente. Sapeva perfettamente che Izzy odiava quel soprannome, ma forse era proprio quello il motivo che la spingeva a chiamarla così.
«Hola Jen» rispose lei, mentre addentava il panino.
«Allora, vieni?» chiese impaziente dall’altro capo del telefono, sperando in una risposta affermativa. Sapeva di quella serata da circa un mese, ma conoscendo i ragazzi aveva deciso di avvisarli la sera prima, in modo che non si sarebbero potuti tirare indietro.
Izzy ci pensò un attimo, valutando le opzioni; andare con Jenny e passare una serata diversa, oppure chiudersi come al solito in casa e guardare qualche documentario noioso.
«Se insisti…» aveva risposto lei, decisa a non perdere più nessuna occasione.
«Perfetto!» si sentì un piccolo applauso, simbolo dell’entusiasmo di Jen. «Finalmente vi ho convinti!» era davvero un traguardo per la bionda, che aveva progettato con tanta cura il programma del giorno seguente e si era posta come obiettivo quello di avvicinare il più possibile i suoi colleghi. Era convinta che a quei due servissero solo le giuste situazioni, poi sarebbero sicuramente diventati almeno amici, anche se tifava per qualcosa di più.
«Allora, ti spiego il programma» continuò. «Prepara tutto ciò che ti serve per il locale e per la notte, Dormite da me. Non accetto nessuna scusa, ho abbastanza stanze per tutti. Alle sei, quando chiudiamo il negozio, vieni da me con Chris e ci prepariamo. Al ritorno rimanete da me. Ok?»
Buttò fuori tutto d’un fiato, per paura di essere interrotta. Izzy ci mise un po’ a comprendere tutto, ma appena ebbe compreso si convinse che non sarebbe stata una brutta esperienza. «Ok» rispose, lasciando sconvolta Jennyfer, che già prevedeva ore di litigate per convincerla.
Dopo aver parlato per qualche altro minuto si salutarono, dandosi appuntamento per il giorno seguente, poi Izzy finì di cenare e corse in camera a preparare l’occorrente per quel programma strambo dell’amica.

 
 Quella mattina si alzò con una strana sensazione, mai provata prima di allora. Era divisa tra due pensieri, aveva paura per quella serata, ma allo stesso tempo era felicissima. Si preparò in fretta, indossando le prime cose che aveva trovato, poi prese il piccolo borsone e si chiuse la porta di casa alle spalle.
Quando arrivò in libreria c’erano sia Chris che Jenny, intenti a chiacchierare tranquillamente. La sua entrata era stata accompagnata dal suono delle campanelle appese alla porta, che attirarono l’attenzione dei ragazzi. «’Giorno!» esclamò l’amica, seguita subito dal moro. Isabelle rispose allegramente e si recò nella stanza sul retro per lasciare la giacca e il bagaglio.
Tutta la mattina era trascorsa tranquillamente e all’ora di pranzo il fattorino del ristorante cinese che si trovava in fondo alla strada portò loro il pranzo. Mangiarono gli spaghetti di soia in fretta, ridendo a crepapelle, mentre Will raccontava aneddoti della sua adolescenza. Quell’uomo era un’esplosione di simpatia e stare con lui era sempre un piacere.
Alle sei, come da programma, Chris eseguì le procedure della chiusura della cassa, Jenny spazzò il pavimento e Izzy ripose i libri lasciati sui tavoli dai clienti.
Girarono il cartello sulla porta da “aperto” a “chiuso” e si diressero verso casa di Jen.

 
Le ragazze arrivarono a bordo dell’auto della bionda, mentre Chris parcheggiò accanto a loro la moto, portando in spalla uno zaino nero in cui probabilmente era contenuto il necessario per la permanenza. La padrona di casa mostrò le stanze agli ospiti e insieme si accordarono per l’utilizzo dei bagni.
Izzy aprì la porta della camera che le era stata assegnata e rimase piacevolmente sorpresa nel notare la sua luminosità. Era un ambiente ampio, dipinto di un bel color crema, il mobilio era bianco e le coperte del letto erano rosse. Alle pareti erano appese delle fotografie in bianco e nero raffiguranti enormi spiagge, barche in un porto, falò che ardevano sulla sabbia. Era arredata con gusto e accogliente, proprio come piaceva a lei.
Lasciò il borsone sulla scrivania, lo aprì e cominciò a estrarre gli abiti per quella sera. Aveva deciso di divertirsi, di non pensare a nulla, quindi aveva ascoltato i consigli di Jen. Posò sul letto un paio di calze nere, un top e una gonna dello stesso colore. Il top le ricopriva le spalle di decorazioni in pizzo, mentre la gonna era corta sul davanti, ma lunghissima dietro. Non amava particolarmente questo tipo di abbigliamento, però per quella sera avrebbe fatto un’eccezione. Prese dalla busta di plastica gli anfibi neri e li appoggiò sul pavimento coperto dal parquet, poi si munì di asciugamano e bagnoschiuma e si diresse verso il bagno del piano di sopra. Nel frattempo, avevano precedentemente deciso che Chris avrebbe usato quello del piano inferiore, mentre Jenny avrebbe cercato qualche vestito per la serata.

 
Uscì dalla doccia e si avvolse l’asciugamano intorno al corpo, legò i capelli bagnati e si annotò mentalmente che avrebbe dovuto ripassare la tinta, si iniziavano a vedere infatti i capelli neri.
Chiuse a chiave la porta della camera e si liberò del telo, indossando con calma gli abiti.
Quando fu pronta, si diresse verso il mobile del corridoio su cui l’amica le aveva lasciato il phon, lo portò nella stanza e si mise con pazienza ad asciugare i capelli. Aveva quasi terminato, quando qualcuno bussò alla porta e lei riuscì a stento a sentirlo. Dall’ingresso sbucò la testa di Chris, già sistemato. Indossava dei jeans neri e una camicia bianca, il tutto accompagnato da una giacca nera e da un paio di Vans dello stesso colore. I capelli ricadevano sulle spalle e gli davano un’aria ribelle.
«Posso?» domandò timoroso, aprendosi in un sorriso quando Izzy aveva annuito. Si sedette sul letto, mentre la ragazza gli dava le spalle e terminava di sistemare i capelli. La guardò a lungo, chiedendosi dove avesse nascosto fino a quel momento quel suo lato maledettamente provocante.
Anni prima si era ripromesso di non fidarsi più di una ragazza, ma rimaneva il fatto che Izzy fosse oggettivamente bella. Raccolse tutto il coraggio di cui era padrone e lo disse «Stai bene così».
Lei, in risposta, poggiò un po’ troppo bruscamente il phon sulla scrivania e si girò di scatto, senza alcuna idea riguardo qualcosa da dirgli. «Grazie, anche tu» fu tutto ciò che riuscì a sussurrare, dandosi della stupida subito dopo. Non era affatto in imbarazzo, capiva perfettamente che era normale ricevere certe osservazioni, semplicemente non era abituata, e doveva imparare a rispondere senza sembrare impacciata.
Spostò la sua attenzione sul borsellino che giaceva sul letto e si avvicinò a Chris per poterlo prendere. Il ragazzo la studiò attentamente, non con l’attegiamento di superiorità di molti uomini, ma con un’attenzione quasi maniacale. I suoi occhi percorsero la curva della sua spalla, si posarono sul braccio scoperto e sulla mano che si richiudeva intorno alla bustina.
La guardò mentre estraeva l’eyeliner e rimase incantato quando lei si morse il labbro concentrandosi davanti al piccolo specchio posto su una parete. Si sentiva davvero stupido.
Izzy terminò di prepararsi e legò la bandana nera al polso, al posto di inutili bracciali.
Jenny era ancora sotto la doccia, quindi i due erano soli, e la ragazza si impegnò al massimo per non fare una brutta figura. Non riusciva a spiegarsi perché il giudizio di Chris la mettesse così in ansia.

 
Spostò il borsone e si sedette accanto a lui sul letto, stabilendo subito un contatto visivo. Voleva essere egoista, pretendeva di rivedere quel Chris che aveva visto nel vicolo del negozio, quello timido e simpatico, quello che l’aveva capita. Non riusciva più ad accontentarsi di quel ragazzo scontroso che rispondeva con monosillabi. In quel momento si rese conto di avere davanti esattamente quello che voleva, e ne fu terribilmente felice.
«Non so quasi nulla di te, raccontami qualcosa» aveva rotto il silenzio proprio lui, contrariamente al solito, quando bisognava tirargli le parole con la forza.
Izzy ci pensò un attimo, non sapendo da dove iniziare, poi decise che per quella volta non gli avrebbe raccontato la sua storia, era troppo presto.
«Sono venuta qui da Londra anche per studiare, però sono indecisa» iniziò, capendo subito di aver scelto un argomento futile. Chris però non lo diede a vedere, si dimostrò interessato e subito prese parola. «Tra cosa? » le domandò. «Archeologia e Lingue orientali. Non ne ho proprio idea.» Lui sorrise, ridacchiando, poi le disse: «Ammetto di essere di parte, ma Lingue orientali è bellissima»
Izzy si rese conto solo dopo un po’ della motivazione per la quale il ragazzo aveva trovato divertente la sua proposta, quindi si unì a lui sorridendo.
«Quali sceglieresti? Di lingue, intendo» le chiese ancora. Questa domanda aveva trovato risposta già da tantissimo tempo, quindi rispose subito a Chris. «Arabo, giapponese e cinese» sorrise ancora, mentre lui riprese a parlare.
«Non conosco né l’arabo, né il giapponese, ma li ho sentiti parlare e mi sono piaciuti tantissimo. Il cinese invece è stato la prima lingua che ho parlato, e ti posso assicurare che non te ne pentiresti affatto. E poi, se dovessi avere qualche problema, potrei aiutarti io.» Izzy apprezzò tantissimo la proposta dell’amico, ringraziandolo sinceramente. Da quella conversazione però trovò uno spiraglio per scoprire qualcosa di più su di lui, quindi ne approfittò.
«E così vieni dalla Cina?» gli chiese, sperando di non toccare argomenti negativi.
«Più o meno. Mio padre è cinese, ma mia madre è californiana. Però sono nato a Shanghai e ci ho vissuto fino a quando avevo cinque anni. In America, invece, ho continuato a studiare la lingua» mentre parlava sorrideva, però Izzy aveva notato il suo sguardo incupirsi quando aveva nominato i suoi genitori. Sperò vivamente che non fosse successo loro qualcosa di spiacevole.
Stava per parlare, ma Chris fu più veloce e ricominciò il suo racconto. Capì che aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno e lo lasciò fare, felice che avesse scelto lei. Allo stesso tempo, però, si era sentita terribilmente in colpa, non aveva voluto raccontare la sua storia, ma aveva fatto in modo che lui le raccontasse la sua.

 
«Sono figlio unico, ma non lo sa quasi nessuno, infatti a volte uso la scusa di mio fratello per spiegare i miei ritardi, se l’ho fatto qualche volta ti chiedo scusa, ma preferisco non dire a tutti ciò che faccio» Izzy si ricordò della sera del compleanno di Will, quando Chris era arrivato sulla sua moto e si era giustificato dicendo di aver riaccompagnato il fratello a casa. In quel momento aveva pensato che almeno quella volta aveva una scusa buona, che non era stata colpa sua, ma adesso sapeva che si sarebbe dovuta sentire delusa. Eppure questo non accadde, lei continuava a capirlo e comprese ogni motivo per il quale aveva mentito.
«Non vedo i miei genitori da quattro anni, da quando sono scappato di casa» riprese il racconto
«Non credo di poterli definire genitori, nella mia vita una sola persona si è comportata da madre, ma non è stata quella che doveva esserlo. Era quella che i signori Lyn definivano “governante”, la signora Jane. Era splendida e credo di averla sempre vista come mia madre» Izzy si rese conto di quanto fosse inquietante il fatto che lui avesse chiamato i suoi genitori biologici per cognome, in realtà non aveva mai sentito il cognome di Chris, ma le bastò mettere insieme i pezzi per capire.
«Mi viene da ridere se penso al progetto che quelli avevano di me. Dovevo essere l’erede degli alberghi Lyn, una copia di mio padre. Che schifo. Non l’ho mai sopportato, per lui ero solo una fonte di guadagno. Quando sono nato, a Shanghai tutti conoscevano mio nonno e mio padre, avevano da poco aperto il terzo albergo fuori dalla Cina e la stampa invase il cortile dell’ospedale.
Mia nonna me l’ha raccontato di recente, quando mi portarono a casa per la prima volta organizzarono un servizio fotografico. Tutti mi conoscevano. Se mai dovessi tornare lì, spero solo che nessuno si ricordi di me.» fece una pausa, rivolgendo ad Izzy un sorriso, come per farle capire che non gli faceva nessun effetto parlare della sua famiglia, eppure lei vide i suoi occhi spenti, vide le immagini del suo passato riflesse in quel mare castano e non seppe fare altro se non poggiare la testa sulla sua spalla, per ricordargli che lei era lì e che non se ne sarebbe andata.
Avevano ancora un po’ di tempo prima dell’orario stabilito da Jenny, che se ne stava in salotto ad aspettarli. Era passata nel corridoio e li aveva visti, quindi aveva deciso di non disturbarli, alla fine il suo intento era proprio quello e avevano due ore di tempo.

 
Chris, spiazzato dal gesto di Izzy, aprì il braccio per accoglierla meglio e lei non se lo fece ripetere due volte. Entrambi avevano a lungo cercato quel tipo di rapporto e, sin dalla chiacchierata nel vicolo, avevano capito di avere davanti la persona giusta.
Dovevano solo lasciare da parte il passato e pensare al presente.
Chris decise che Izzy avrebbe dovuto sapere tutto di lui, quindi riprese il racconto della sua storia, parlando a voce più bassa, per non disturbarla se non avesse voluto ascoltarlo.
«Sai, con i miei nonni ci parlo ancora. Loro non sono come il figlio, sanno cosa vuol dire essere persone umili. Se adesso mio padre si crogiola nel denaro è merito del duro lavoro di mio nonno. Non suo, assolutamente. Lui si è limitato ad ereditare e ad istruirmi affinchè potessi succedergli.
Il padre di mia nonna era un falegname, quello di mio nonno un contadino. Quando si sposarono, riuscirono a trovare una casa semplice, con solo due stanze, che aveva un piccolo orto sul retro. Spesso mi raccontavano che le loro giornate erano scandite dal lavoro nel campo e in casa, non facevano altro, era l’unico modo per guadagnare qualcosa. Fino a quando mio padre era l’unico figlio riuscirono a vivere lì e cercarono di dargli la possibilità di studiare, non gli hanno mai chiesto di aiutarli.» Izzy lo osservava, la sua espressione era dura, parlava del padre con un tono sprezzante che la ragazza non avrebbe mai immaginato di sentire riferito ad un genitore.
«Il problema arrivò quando mia nonna rimase incinta per la quarta volta. Non c’era più spazio e il campo non bastava più a soddisfare i bisogni di tutti. Mio nonno decise di vendere la casa e con quel poco che aveva guadagnato e alcuni risparmi comprò una casa con quattro stanze abbastanza lontana dalla città. La famiglia usava tre camere, la quarta iniziarono ad affittarla agli studenti. Mia nonna preparava loro ogni giorno il pranzo e la cena. Andarono avanti per tantissimo tempo, poi pian piano mio nonno ha iniziato a comprare e affittare altre case nei dintorni e così via, fino a quando, quindici anni dopo, aprì la prima locanda. Ogni volta che raccontano questa storia, i loro occhi brillano.» In quel momento il ragazzo sorrise e Izzy riuscì a rivedere quel Chris che stava cercando, quel Chris che in qualche modo le era rimasto impresso nella mente, quello che ovunque si trovasse compariva prepotentemente tra i suoi pensieri. Finalmente ebbe davanti quella meravigliosa persona che in realtà Chris era. Lui, invece, si sentì per la prima volta esattamente nel posto giusto, dopo Juliet non aveva più avvicinato nessuna ragazza, ma in quel momento ebbe la certezza che per Izzy avrebbe potuto fare un’eccezione, che quella volta non si sarebbe bruciato.


CIAOOO

Come al solito, per prima cosa vi chiedo scusa. Ancora una volta non sono riuscita a completare il capitolo in tempo e vi confesso che queste 7 pagine di Word dovevano essere di più, ma ho deciso di pubblicare il resto prossimamente insieme al capitolo 6.

Bene, dopo questo, voglio ringraziare tutte le persone che sono passate, tutte quelle che hanno lasciato un commento e anche chi è rimasto disgustato dalla storia. Avete dedicato del tempo alla mia storia e mi avete spinta a continuare. Spesso mi chiedo se abbia senso pubblicare altri capitoli, penso di sospenderla per un po’ fino all’estate, ma poi mi rendo conto che non riuscirei a stare senza voi, Chris e Izzy a lungo.

Scappo o non farò in tempo a pubblicare nemmeno questo.

Alla prossima e grazie ancora. <3

Maïa

 

 

 

 

 

  
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