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Autore: GabrielLightwood    09/05/2014    6 recensioni
Siamo abituati ad un mondo in cui i Nephilim sono imbattibili e i Demoni perdono sempre.
E se per una volta fosse il contrario, cosa accadrebbe?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gabriel Lightwood, Gideon Lightwood, Theresa Gray, Un po' tutti, William Herondale
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Buio.  L’oscurità mi circondava.
Non vedevo ne sentivo niente. I miei sensi di Nephilim sembravano essersi completamente disattivati.
Non percepivo assolutamente nulla.
Iniziai a camminare lentamente, puntando le mani in avanti per controllare di non andare a sbattere contro qualche muro invisibile ai miei occhi. Abbassai le palpebre e tesi le orecchie alla ricerca di un minimo rumore.
Un leggero spostamento d’aria mi mise in allerta. La mia mano corse alla spada angelica fissata alla mia cintura. L’elsa, fredda, mi diede un forza in più. Cercai la strega luce che portavo sempre nelle tasche, ma non la trovai. Ricordai di averla prestata a Cecily. Sforzai gli occhi per controllare quale fosse la fonte dello spostamento d’aria sentito poco prima. Niente.
L’oscurità ancora non mi permetteva di capire dive fossi e se ci fosse qualcuno. Riiniziai a camminare più in allerta di prima. Avevo deciso di camminare con gli occhi chiusi, così da poter sfruttare meglio gli altri sensi, dato che la vista in quel frangente era inutile.
Una luce tenue iniziò a schiarire le mie palpebre, così aprii gli occhi per vedere da dove provenisse quel bagliore. Cominciai a correre incontro a quel fascio. Mi sembrava di essere in un tunnel infinito, con quella luce che mi indicava l’uscita.
Correvo già da qualche minuto, ma l’uscita sembrava sempre alla stessa distanza.
Pensavo di correre ormai da ore quando finalmente il sole colpì i miei occhi. Troppa luce.
Chiusi gli occhi che si erano abituati all’oscurità e me li sfregai con forza prima di riaprirli e cercare di capire dove mi trovavo.
Intorno a me vedevo i familiari prati verdi, i boschetti impenetrabili e le svariate dimore (enormi ville) sparse in tutto quel verde.
Idris. Sorrisi felice di essere nella terra dei cacciatori e mi incamminai verso nord, per raggiungere Alicante. La città di vetro, splendida e arricchita dalle torri anti demoni che si ergevano tutto intorno, come a proteggere quel piccolo pezzo di paradiso.
Del fumo nero attirò la mia attenzione, distogliendomi dai miei pensieri. Proveniva proprio da dove in teoria si trovava Alicante. Dovevo superare ancora due o tre colline, prima che i miei occhi si deliziassero della spettacolare città di vetro. La curiosità era troppa così iniziai a correre.
Ad Alicante si era soliti fare un falò nella piazza per annunciare l’arrivo della primavera. Inoltre si teneva un banchetto a cui adoravo partecipare.
Quando arrivai in cima all’ultima collina mi bloccai di botto.
Lo spettacolo a cui stavo assistendo era raccapricciante.
Alicante era in fiamme e si udivano urla di terrore, non di gioia come mi aspettavo.
Tra tutte le voci ne riconobbi una che mi fece gelare il sangue nelle vene. Gideon. Lo sentivo urlare il nome di Sophie e della piccola Barbara, e ogni tanto invocava il mio nome in cerca di aiuto.
I miei muscoli reagirono da soli alle urla e mi lanciai in una corsa a perdi fiato lungo il pendio della collina. I miei piedi inciampavano in tutto ciò che trovavano, ma riuscii sempre a reggermi in piedi.
Poco dopo ero già per le strade di Alicante con la spada angelica sguainata. Mi facevo guidare dalle urla.
Sentii Will che urlava il nome di Tessa seguito da delle parole in gallese, mentre le urla della donna chiamavano Jem.
Udii Charlotte chiamare Henry urlandogli di fare attenzione, mentre la voce di Gideon era quella che sentivo più di frequente.
Ma l’urlo che sentii per ultimo, fece più male di una pugnalata al cuore.
Cecily.
Le mie gambe si mossero fulminee.
Le grida provenivano dalla piazzetta con la statua di Raziel.
Non mi mancava molto ad arrivare, quando d’un tratto le urla cessarono e su Alicante calò un silenzio spettrale.
Appena arrivai sul luogo, mi fermai. Le mie ginocchia cedettero e mi ritrovai a fissare quel terrificante scenario in ginocchio. Le lacrime iniziarono a scendere copiose rigandomi le guance arrossate per la corsa.
Cercai di riprendermi e mi trascinai verso i corpi più vicini.
Charlotte e Henry. A terra. Lei che abbracciava Lui da dietro e una lancia che trafiggeva entrambi i loro corpi. Cercai di rimuovere la lancia, ma sembrava essersi pietrificata dentro i loro corpi.
Indietreggiai confuso e la mia mano sfiorò qualcosa di umido. Mi voltai lentamente e mi trattenni dallo svenire seduta stante. Spostai i riccioli che le erano ricaduti sul suo angelico viso.
Barbara. Aveva la fronte completamente insanguinata e delle gocce di sangue le erano colate su tutto il viso creandole una maschera.
Toccai il suo collo, alla ricerca del battito, ma purtroppo non c’era più nulla da fare. Le chiusi gli occhi, rimasti aperti post morte.
Spostai lo sguardo e poco più in là c’erano Gideon e Sophie.
Erano sdraiati a faccia in giù, con le mani tese verso la loro bambina. Una pozza di sangue bagnava i loro corpi. I capelli intrisi e sporchi, si erano appiccicati al viso e la smorfia sul loro viso era un grido muto.
Mi sedetti accanto a loro e strinsi le ginocchia al petto, dondolando leggermente. Guardavo fisso nel vuoto, incapace di fare niente se non piangere e singhiozzare.
Dall’altro lato della piazzetta, c’era il corpo di Jem, riversato sui gradini. I suoi capelli bianchi erano inconfondibili, anche se ormai di quel colore argenteo era rimasto ben poco.
Affianco alla scalinata vidi tre corpi ammassati. Mi sollevai a fatica e li raggiunsi.
Appena capii chi erano, mi voltai e vomitai l’anima.
Con le lacrime che ancora scendevano copiose, spostai dolcemente Will, che sovrastava i corpi di due donne.
Tessa e Cecily.
Tutti e tre avevano dei profondi solchi lungo la schiena, come se degli artigli li avessero presi tutti insieme.
Presi la mano di Tessa e feci intrecciare le sue dita a quelle di Will. Anche se tra me e il Parabatai di Jem non erano mai corse buone acque, mi sembrava il minimo.
Mi avvicinai a carponi al corpo di Cecily, lo voltai e la sollevai leggermente, stringendola a me. La riempii di baci tra i singhiozzi.
Tutti. Erano morti tutti.
Un urlo uscì dalla mia gola, ma fu bloccato da un dolore lancinante al petto.
Abbassai lo sguardo e vidi la punta di una freccia uscire da poco sotto il mio cuore. Sentii il sapore del sangue in bocca e un rivolo iniziò a colare.
Guardai Cecily e sussurrai.
“Amore mio, non ti lascerò sola lassù. Aspettami che stò arrivando.”
Dissi con le labbra vicine al suo orecchio. 
Le baciai dolcemente le labbra e la guardai, beandomi della sua bellezza per l’ultima volta.
Gli occhi che mi avevano fatto innamorare  erano chiusi, ma io potevo vedere il loro color azzurro oceano.
Quelle labbra, dolci e al sapore di ciliegia, ora leggermente aperte e sporche del mio sangue.
Quei capelli, neri come la notte. Quante volte li avevo accarezzati coccolandola.
Sorrisi e mi stesi affianco a lei.
Girai la testa in modo che lei fosse l’ultima immagine prima di morire.
Appena prima che anche il mio cuore cessasse di battere sussurrai.
“Ti amo Cariad, e ti amerò per sempre.”
  
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