Anime & Manga > Captain Tsubasa
Ricorda la storia  |       
Autore: reggina    09/05/2014    3 recensioni
Per ogni successo c'è un prezzo da pagare. Per ogni sorriso, conquistato faticosamente, c'è una difficoltà a fare da contraltare. Il mondo dei contrari dà e toglie. Ma, fino a che punto, il destino sarà infido e spietato con Julian?
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jun Misugi/Julian Ross, Yayoi Aoba/Amy
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La prima cosa a dargli il buongiorno, appena il sole del mattino filtrava dalle veneziane in legno semiabbassate, era lo stencil di un calciatore lanciatosi in area in una rotazione all'indietro con il pallone incollato al piede. Una rovesciata perfetta, un gesto tecnico da applausi che gli era diventato tanto caro fin da quando aveva imparato i primi rudimenti del mondo pallonaro.

In una monotona sequenza luminosa si dispiegavano i contorni della sedia Louis Ghost, la bacheca a muro con tutti gli impegni delle prossime settimane, lo spazio con i vinili e con i cimeli da collezione e, soprattutto, un personalissimo angolo sport: ritagli di giornale, da sembrare scritti da un cantastorie per narrare il suo exploit e metà della sua vita, coppe e medaglie conquistate sul campo di gioco.

Tutto formava una sagoma severa che le veneziane semiabbassate rendevano un po' meno inquietante.

Poi un vuoto aggressivo aveva invaso il bozzolo della sua camera da letto.


Julian si era tirato a sedere corrucciato dai postumi del malumore della sera prima. Le briciole della cena spartana che si era ostinato a consumare nella solitudine del suo spazio e, soprattutto la copertina di una nota rivista medica trimestrale stracciata di netto in due, erano i resti di quella scontentezza debordata.

Non c'era stato alcun pentimento nel buttare nel cestino dell'immondizia quella carta straccia su cui torreggiava il viso tondo e fiero da conquistatore, ricco di rughe scavate, dell'esimio dottor Gregory Ross.

Chi è troppo amato, amore non dà.

Era stato il teorema formulato dall'astio di Julian.


Dal piano di sotto lo aveva accolto una voce non bellissima ma comunicativa, che incantava mentre mescolava realtà e fantasia.

Diwata, con il suo grembiule annodato in vita, sembrava una di quelle donne filippine della casta superiore affascinanti nei loro saya barot' di epoca precoloniale.

Da un anno a questa parte, quei testi in tagalog che parlavano di pace, ammaliavano Julian. Se chiudeva gli occhi poteva immaginarsi su un tradizionale e folkloristico jeepny, nelle miriadi di isolette dall'odore di mango e patate dolci, dinnanzi alla statua di Magellano o nel caos di Manila.

Quella mattina, appena lo scorse, la collaboratrice domestica allargò il suo sorriso interrompendo le canzoni e puntandolo con una paletta forata.

"Presto, vieni, vieni signorino! Accendiamo subito la televisione: tra poco ci sarà la signora che parla!"

Gesticolando, nel suo giapponese buffo, aveva preso la mano del ragazzo e lo aveva condotto a sedere: Julian non correggeva quasi mai gli errori di pronuncia della donna a meno che non era lei a chiedergli di farlo. Adorava la sua semplicità e soprattutto che, per un vizio di forma, non ricorresse a quel pronome di riguardo che lo faceva sentire così inadeguato.

Tuttavia non condivideva lo stesso entusiasmo di Diwata.

Ed eccola l'avvocatessa Andy Flatcher, donna di ferro inespugnabile. Una donna di potere finita candidata per l'elezione del nuovo governatore locale quasi per caso. Carismatica da star così stretta al comando da essersi dovuta costruire una corazza impermeabile.

Dopo pochi minuti Julian pigiò sul telecomando e sua madre svanì come una figura d'acqua diafana.

"Lasciamo perdere questi specchietti per le allodole, Diwata! Piuttosto, perché non parliamo un po' di te?"

Gli zigomi alti della donna si erano imporporati in un pudico sorriso egli occhi piccoli si erano illuminati perché da tanto nessuno si preoccupava di lei.

"Io non sono così importante..."

Aveva cercato di glissare.

"E chi lo dice? Sai che il tuo nome significa dea?"

La contraddisse prontamente il ragazzo, sorseggiando tranquillamente la sua spremuta.


Allora lei gli aveva parlato come un libro aperto: della Kamalig, quel tipo di palafitta indigena in cui aveva abitato, del quartiere povero dove restavano spesso al buio a causa dell'elevato costo dell'elettricità e di come un ingegnere americano avesse proposto di usare una bottiglia di plastica piena di acqua e candeggina per filtrare i raggi del sole dai tetti delle baracche di Manila.

Poi dalla tasca aveva tirato fuori una fotografia e l'aveva porta al suo interlocutore, continuando la storia.

"Ho deciso di partire per loro, per dargli un futuro migliore. Si fa tutto per i figli!"

Julian osservava con tenerezza quel pezzo nascosto di Diwata: due bambini di strada, un maschio e una femmina, accanto al loro papà con i lucciconi agli occhi che sembrava nutrirsi dei loro sorrisi.

Diwata aveva lasciato tutto, reciso i fili più importanti della sua vita in un estremo atto d'amore.

Anche sua madre aveva rinunciato a lui. Per un atto di puro egoismo.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: reggina