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Autore: Hi Fis    11/05/2014    0 recensioni
Epilogo delle avventure del Comandante Hayat Shepard, dieci anni dopo gli avvenimenti di Mass Effect 3, e protagonista dei miei precedenti racconti relativi a Mass Effect. Non è necessario aver letto le mie fiction precedenti, perché il prologo conterrà una breve descrizione della protagonista.
Multipli comprimari, un nuovo personaggio, varie scene. A tratti AU.
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Liara T'Soni, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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"Il Comandante Shepard ha sfondato quella porta.
 La diceria che i Collettori abbiano affondato la nave del comandante Shepard con lei a bordo è un falso, messo in giro dal comandante stessa per attirare più Collettori su di lei.
Il Comandante Shepard può tagliare un coltello con un Turian.
Il Comandante Shepard non è morta: sta solo stabilendo il nuovo record per l'agguato più lungo."
Storielle dell'Alleanza - Jane&Jimmy&Joker. Estratti dal Volume VII.
 
 
"Pace! Ovunque mi volti vedo pace: pace infine, dopo tutti i gloriosi conflitti del passato. Niente più nemici, ma solo alleati, amici e fratelli..."
Salto FTL completato. 1680 km dall'obbiettivo. Attivazione sistema di occultamento termo-ottico confermato.
Rilevata nave ostile in orbita alta: protocollo di hacking lanciato.
"...E mi DISGUSTA! E mi dà la nausea! E mi annoia. Noi non siamo fatti per la pace: ma per la battaglia. Per il fuoco e per il metallo! No, le nostre mani non sono fatte per la pace, ma per afferrare fucili e pistole e cannoni! Per strangolare le nostre vittime. Per depredare le loro colonie e poi dare fuoco a ciò che resta!"
Rete interna nemica acquisita. Rimodulazione campo di contenimento del nucleo di curvatura in corso.
Massa critica raggiunta. Implosione in 3,2,1...
"...La battaglia non ha bisogno di ragioni: la battaglia è la sua ragione. Noi non ci chiediamo perché il fuoco bruci o il sangue scorra..."
Protocollo di dispiegamento rapido attivato. Siluri da 1 a 5 lanciati.
Attendere prego.
"...E la pace a cui danno un così alto valore non è altro che un'illusione! Poniamo fine a queste loro spente vite spese in nome di una bugia! Prendiamo quello che non ci appartiene! Facciamo loro rimpiangere il giorno in cui hanno abbandonato le armi! Noi siamo pirati sanguinosi e mercenari! Questa è la vita che cercano di toglierci!"
Ingresso nell'atmosfera confermato.
20 secondi all'impatto.
"...Avanti allora! Fatemi sentire le grida di questa colonia! Fatemi sentire mentre si dibatte e muore! Fatemi vedere mentre la luce abbandona i loro occhi!"
Bral Raik abbracciò con lo sguardo le sue truppe, la sua vera famiglia, i suoi veri fratelli: trenta guerrieri gli restituiscono lo sguardo dietro i loro caschi, stringendo le armi. Tutti i loro occhi sono pieni della sua stessa sete di sangue e di follia, così come dovrebbe essere: vivere per combattere, combattere per vivere, nessuno di loro è più in grado di fare una simile distinzione. Loro sono come bestie affamate, lupi rabbiosi, senza più un posto nella pacifica Galassia, perché conoscono solamente la guerra. Raik e i suoi krannt non si preoccupano delle vite che stanno per spegnere, delle famiglie che stanno per distruggere: sanno solo che Trategos è una sfera di ghiaccio, tormentata da un gelo perenne che ne congela anche i mari e loro, loro sono i pirati che daranno fuoco ad una colonia di quasi un milione di persone e distruggeranno ogni edificio fino a quando non rimarrà più pietra su pietra.
A nulla sono servite le difese della misera milizia coloniale: l'artiglieria di Bral Raik e dei suoi ha già demolito le posizioni perimetrali ed è solo una questione di minuti prima che lo scudo protettivo della colonia ceda. Per allora, Bral e i suoi saranno già all'interno del perimetro, impegnati a squartare chiunque si trovi sul loro cammino, per rivendicare nulla di più alto del semplice bottino e della furia del massacro.
E quando Bral Raik alzò un braccio per annunciare la carica col suo urlo di guerra...
 
THUMP! THUMP! THUMP!
Ciò che Bral e i suoi sentirono dopo il triplice impatto, oltre al terreno che gli tremava sotto i piedi, fu un suono strano: come un cupo ronzio. Quando il muro di neve che gli aveva oscurato la vista si posò nuovamente, era ormai già tutto finito.
I tre pezzi d'artiglieria che Bral e i suoi avevano posizionato, e il loro vecchio M29, col suo cannone da 155 mm, sono scomparsi: solo polvere di ferro nera e braci ardenti testimoniano il luogo dove si trovava il loro mezzo corazzato. Degli shuttle con cui sono scesi sul pianeta, rimane solo lamiera deformata: il metallo squarciato cola come caramello rovente nella neve.
La cosa strana, e che nessuno di loro è morto: per ora, almeno. Difficilmente si tratta di un caso.
"Bei giocattoli." disse Bral, segnalando con un cenno ai suoi uomini di abbassare le armi.
Attorno a loro, tre mech da combattimento li sorvegliano ad armi spianate: Bral è grosso, perfino tra i Krogan, eppure le tre macchine li sovrastano completamente, nere come la notte ed ugualmente enigmatiche. Ma non è a loro che il Krogan si è rivolto: no, Bral Raik sta parlando alla figura appollaiata sulla spalla di uno dei tre esoscheletri.
Lui o lei, anche se per Bral non fa nessuna differenza, veste una strana corazza, simile all'armatura di un antico cavaliere e anche'essa nera come le macchine al suo comando. Sul petto, un drago d'oro rampante è l'unica insegna che la contraddistingua: non ci sono altri indizi che aiutino ad identificare la specie del nuovo avversario, perché l'elmo che porta è stranamente deforme, volto a nascondere dietro curve aerodinamiche la sua identità.
Il guerriero non salta, piuttosto levita dalla spalla del mech, posandosi con grazia sulla neve fresca del pianeta: attaccato al suo polso destro, c'è il lungo fodero di un'arma, che fa apparire la figura ancora più asimmetrica, poiché la fine del fodero è ben oltre la sua testa, l'impugnatura verso terra.
Bral ha già visto un'arma simile durante la Guerra: la chiamano spada, o così gli sembra di ricordare. Un'arma strana, per quegli strani soldati appartenenti alla razza umana.
"PTX-40a, basati sul progetto dei mech ATLAS." disse il guerriero indicando il piccolo gigante dietro di lei.
Un sintetizzatore vocale, realizzò Bral: progettato per rendere la voce irriconoscibile ed irrintracciabile.
"Sono in vendita?"
"Un proiettile alla volta."
"Eh! Finalmente uno spirito affine... " sospirò compiaciuto Bral: rimanevano troppi pochi guerrieri nella galassia per i suoi gusti. "...Ma perché esiti ora? Avresti potuto spazzarci via nel momento in cui sei arrivato." disse, indicando a sua volta la macchia di ruggine alle sue spalle con un tozzo pollice.
"Il nucleo di curvatura della vostra astronave d'appoggio è imploso. Le vostre capacità di volo sono inesistenti."
"Aaah... strategicamente sensato, ma non fa nessuna differenza per noi. Sono sicuro che la colonia alle tue spalle ha tutte le navi di cui abbiamo bisogno."
"...Arrendetevi, morite. O entrambe."
"Mi piace, capo: mi piace sul serio." disse un Batarian staccandosi dalle file degli uomini di Bral.
"Anche a me Tarque." annuì il Krogan: "... anche a me. Ma tu... tu mi prometti la morte. Non fare promesse che non puoi mantenere..." disse il Krogan, facendo un passo verso il suo interlocutore.
"...Tu non sai quanto io desideri la morte: io e questi miei krannt... La vita si è attaccata a noi come una sgradevole malattia. Noi sappiamo solo combattere e la pace che c'è in questi anni... non la comprendo io, e non la comprendono i miei uomini."
Il signore della guerra scosse la testa tristemente, per sottolineare le sue parole:
"Io sono vecchio, perfino tra quelli della mia specie: per tutti i miei anni, non ho fatto altro che combattere cercando qualcuno che potesse finalmente finirmi: nemmeno i Razziatori ci sono riusciti e non perché non ci abbiano provato."
La distanza fra loro si stava riducendo a mano a mano che il Krogan avanzava: Bral lo supera in altezza di almeno un metro.
"...Ma se tu pensi di potermi uccidere, ed è l'unico modo in cui ci fermerai piccolo soldato, allora provaci. Almeno mi divertirai un poco."
Il suo braccio si allungò di scatto. Bral Raik era forte: aveva ucciso Rachni a mani nude. Ma quando fece per afferrare la gola del guerriero, si accorse che il suo braccio terminava appena prima del gomito: un taglio netto.
Quando aveva estratto?
"Patetico."
Raik si inchinò di fronte al suo avversario, ma non per scelta: gli erano state tagliate entrambe le gambe. Per scelta, il Krogan si accasciò malamente sul moncherino: la mano superstite gli era ancora utile.
"Eh! È passato troppo tempo dall'ultima volta che ho avuto una simile battaglia! Questo è glorioso!"
Il suo fucile si dispiegò mentre lo afferrava nel pugno: quel brivido... da troppo tempo Bral Raik non sentiva più quel brivido e quella gioia. Ma la sua arma gli sfuggì: quel suo primo amico e compagno di tante battaglie cadde nella neve assieme alla sua mano superstite, tranciata all'altezza del polso.
Attraverso la schiena, il guerriero pugnalò uno dei cuori di Bral, spaccò il secondo e lo calciò via nella neve: il sangue arancione del Krogan scorreva ormai a fiumi dal suo vecchio corpo.
Eppure, Bral non riusciva a smettere di sorridere: non vedeva più un simile abbandono nel combattere da troppo tempo, ed era la primissima volta nella sua lunga vita che trovava qualcuno così tanto più forte di lui. Il suo unico rimpianto in quel momento, fu nel non aver riconosciuto subito il valore del suo avversario: era la prima volta che Bral Raik veniva costretto a confrontarsi con la sua debolezza.
Davvero un peccato: altrimenti, Bral Raik avrebbe potuto godere di quel furore più a lungo.
Anche quando gli prese la vista, a Bral non importò più di tanto: ne era valsa la pena, venire sconfitti così da un simile Guerriero, lo ripagava di tutti i suoi giorni spesi in agonizzante attesa di quel momento.
"Ho qualcosa per te, Krogan." disse la voce, nel buio che stringeva il Krogan da ogni parte.
"E io che non ti ho preso niente... Eh! Mi hai preso gli occhi: non vedrò arrivare la mia morte. Non potrò averne paura come si conviene: è bella almeno?"
"Come una stella."
Se avesse avuto ancora gli occhi per vedere, Bral Raik avrebbe forse ammirato la sfera rossa sopra di lui: un piccolo sole, grande quanto il suo pugno e percorso da lampi elettrici. Una stella, così simile a quella del suo pianeta natale, fatta solo per lui.
"Allora dalla a me."
Bral Raik non sentì nulla: di lui non restò altro che una macchia sulla neve.
"...Se davvero cercavi la morte, avresti dovuto farlo da solo. Intollerabile."
Poi il Guerriero osservò gli uomini di Raik: erano rimasti attoniti, troppo impietriti per riuscire ad intervenire. Nessuno di loro aveva mai pensato che sarebbe venuto il giorno in cui finalmente Bral Raik, il loro personale signore della guerra, avrebbe incontrato la sua fine. Tutti i krannt che erano rimasti al suo fianco fino a quel giorno, si erano convinti che il loro capo avrebbe seppellito tutti loro: perché Bral Raik era invincibile, o così si erano sempre ripetuti.
Ma quando il Guerriero li guardò da dietro il suo elmo deforme, tutti loro seppero che anche disarmato e senza i suoi poteri biotici, anche senza quegli esoscheletri alle sue spalle, anche se fossero stati dieci volte il loro numero... loro non avrebbero mai potuto vincere.
Tarque, il Batarian, si fece avanti per la seconda volta, canalizzando la volontà di tutto il gruppo:
"Credo che ci arrendiamo." disse, lasciando cadere le armi.
La spada ritornò nel fodero.
 
"Navetta 1 ai coloni di Trategos: i vostri attaccanti sono stati neutralizzati. Richiediamo il permesso di atterrare."
 
***
 
Lei era bellissima: davvero bellissima ed elegante. La sala conferenze della colonia sembrava quasi risplendere della sua presenza: fra gli anonimi camici da laboratorio e i completi ormai fuori moda dei direttori, la sua grazia era quasi abbacinante.
Questo, la dottoressa Elea Megara poteva accettarlo; ma le vecchie matriarche sfiatate che balbettavano come fanciulle appena scappate di casa per inseguire il loro primo amore, erano davvero sconvenienti. Farsi catturare così dall'aspetto di qualcuno... ma nonostante tutto Elea, non poteva incolpare il loro ospite: anche dalle ultime file in cui era seduta, riusciva a vederla molto bene mentre rispondeva a tutte le domande che le erano poste con grazia. Era palese che non avesse bisogno di affascinarli, ma, proprio per questo, la sua bellezza li colpiva due volte di più: seduta in mezzo al palco della sala conferenza, l'Asari brillava della luce della sua prima giovinezza. Doveva essere una matrona molto giovane, se non addirittura una giovane adulta: vestiva con eleganza un semplice vestito dorato, con un fiore dello stesso colore ad adornarle il capo. A sua volta, quel giallo faceva risaltare l'azzurro naturale della sua pelle e dei suoi occhi: a parte un bracciale ed un anello alla mano destra, uniti assieme da un catena d'argento nel classico vincolo di matrimonio fra gli Asari, non portava niente di più appariscente del suo omnitool acceso sul braccio.
Sì, era davvero molto bella, così come molto incinta: ed era questo il motivo per cui si rivolgeva a loro rimanendo seduta in mezzo al palco.
"... come ho avuto già modo di dirvi, è a mister... Gunn che dovete rivolgere i vostri ringraziamenti per il tempestivo intervento." ripeté amabilmente per l'ennesima volta.
Quando la sua nave era atterrata, l'Asari si era presentata a loro semplicemente come miss Gunn, delegata della S&T, una consociata della Lawson Incorporated: la S&T che rappresentava, di cui miss Gunn era apparentemente vicepresidente e responsabile delle pubbliche relazioni allo stesso tempo, si occupava da anni della progettazione di sistemi di difesa coloniale. Trovandosi nelle vicinanze del pianeta, la S&T aveva liberamente offerto il suo aiuto contro i pirati, neutralizzando la minaccia prima che ci fosse una sola vittima. La successiva conferenza organizzata dalle matriarche di Trategos per ringraziare adeguatamente i loro salvatori si era rapidamente trasformata in una riunione d'affari, dato che miss Gunn stava ora trattando per cercare di assicurarsi un contratto di fornitura: tutto lasciava supporre che le sarebbe costato poca fatica, dato il successo del piccolo gruppo d'assalto della S&T nel difendere la colonia.
Per la dottoressa Megara, quella riunione era uno spreco di tempo: era l'unica sulla colonia a saper usare extranet? Le sembrava palese chi la S&T fosse davvero: un mercante di armi ripulito, che si era reinventato dopo la Guerra. Presentarsi come una consociata della famigerata Lawson Incorporated diceva già tutto quello che c'era da sapere su di loro: nuovo astro nascente del panorama industriale dell'Alleanza, si diceva che l'amministratore delegato e fondatore della Lawson Inc. avesse addirittura passati legami con Cerberus.
Se fosse stato per Elea, avrebbe cacciato la S&T da Trategos, subito dopo averli ringraziati ovviamente: invece, le matriarche avevano deciso di includere all'incontro tutte le figure di spicco della colonia, per farli assistere mentre si scioglievano come burro di fronte a quella Asari molto incinta.
"... Ma non essendo Mister Gunn a questo nostro incontro presente, rivolgeremo i nostri ringraziamenti a lei, Miss Gunn. Invero, spero che questa assenza non sia dovuta a ferite o danno subiti durante il suo tempestivo salvataggio della nostra piccola colonia."
La Matriarca Seognide: quasi mille anni di età ed amava ricordarlo a tutti ogni volta che prendeva parola. Perfino il suo dialetto era antico: nemmeno su Thessia si usava più la vecchia parlata di Serrice.
"Non c'è ragione di preoccuparsi nobile Matriarca: mister... Gunn sta semplicemente riposando. Tuttavia, potete essere certi che riferirò i vostri ringraziamenti e sono sicura che mister... Gunn ne sarà deliziato."
Il gorgoglio delle Matriarche interruppe la discussione per un momento: nobile matriarca? Nemmeno Elea usava più un simile e pittoresco modo di esprimersi. Quella giovane Asari era un ingannevole predatore: delicata come il fiore che portava forse, ma dalla mente dotata di lunghi artigli.
Non che importasse molto alla fine: Elea non aveva nessun problema ad assistere allo scialacquare delle Matriarche, fino a quando i crediti per i prodotti della S&T non provenivano dal suo fondo di ricerca oceanica.
Bastò un semplice colpo di tosse di miss Gunn per riacquistare l'attenzione dei presenti: li aveva completamente alla sua mercé.
"...Per tornare al precedente argomento, come vi ho mostrato i PTX-40a sono un'innovazione notevole rispetto agli Atlas su cui sono basati: sono dotati di equipaggiamento modulare che permette loro di adattarsi ad ogni situazione. In accordo al clima di Trategos, possiamo dotare i vostri PTX di pattini, ovviamente senza costi aggiuntivi: combinandoli col loro sistema di propulsione dorsale, scivolerebbero sulla neve come slitte a razzo."
"A quale velocità massima?" chiese un Turian dalle prime file: il loro responsabile della milizia coloniale, di cui Elea faceva il possibile per dimenticare il nome.
"Circa un centinaio di chilometri all'ora su una distesa pianeggiante, ma non più della metà su terreno accidentato. Con una autonomia di almeno dieci ore anche in situazioni di combattimento."
"Comunque meglio di quanto possediamo attualmente."
"Kss- Io sono più interessato alle funzioni autonome dei vostri mezzi -kss. È vero che possono agire senza un pilota al loro interno?"
"Corretto... mister Ubrec Ele, è esatto?" un rotondo e grasso Volus in prima fila assentì contento. "...Per quanto i nostri PTX funzionino al meglio quando vengono pilotati, le IV di bordo sono capaci, fino ad un certo livello, di agire autonomamente e condurre una manovra d'assalto coordinandosi fra loro e con le altre forze di terra."
Con un gesto elegante dell'Asari sul palco, il video che gli strumenti della colonia avevano catturato sui loro assalitori, e di come erano stati neutralizzati, venne nuovamente riprodotto:
"...Potete osservare come le nostre quattro unità abbiano agito in concerto con mister... Gunn, assicurando una copertura totale dei suoi movimenti: qui vedete il gruppo di attacco delle tre unità dispiegato assieme, riprese dalla quarta, rimasta a distanza per dare supporto."
"E tutto questo solo grazie alle IV di bordo?"
"I PTX di cui disponiamo personalmente sono in servizio da un certo tempo. Grazie alla tecnologia di cui siamo proprietari, le nostre IV sono in grado di apprendere e hanno imparato a sincronizzarsi con mister... Gunn al meglio: più i PTX sono usati, meglio combattono, in poche parole."
"E lei sostiene che queste vostre macchine sarebbero meglio di un sistema di artiglieria orbitale?" chiese di nuovo il capo della milizia coloniale.
"Assolutamente e per diverse ragioni: i cannoni di cui lei parla sono indubbiamente capaci di respingere una nave in orbita. Ma sono superstrutture estremamente costose, lunghe da costruire e facili da eludere: basta muoversi al di fuori dell'angolo di tiro per renderle obsolete. I PTX possono essere invece adattati per far fronte ad un numero quasi illimitato di situazioni: la Lawson Incorporated li impiega perfino per esplorazioni in ambienti ostili e per la ricerca scientifica, uno dei primi interessi di questa colonia, se non vado errata. Infine, quattro PTX costano la metà di quanto spendereste per un sistema di artiglieria orbitale."
"...La decisione finale non spetta a me, miss Gunn, ma ammetto che lei ha la mia completa attenzione."
Tipici Turian, pensò Elea: militaristi fino all'ultima cellula del loro corpo.
"E spero di continuare ad averla: non sono ancora arrivata al culmine della nostra offerta." disse l'Asari con un sorriso: "...come ho già detto, esistono diversi equipaggiamenti modulari per i nostri PTX, oltre al sistema di barriere cinetiche integrato. I tre che abbiamo usato durante il nostro intervento su Trategos sono l'MSu, l'LT e un modulo Omnishield. Questi rappresentano probabilmente i tre moduli di livello più alto che la Lawson Incorporated produce attualmente."
Il video sopra di lei venne sostituito da una schematica generata al computer, una di quelle rappresentazioni virtuali piene di numeri e specifiche spartane che annoiavano terribilmente Elea: il modello al computer mostrò un PTX impegnato a proteggere con un'enorme scudo arancione generato dal suo braccio l'avanzata di piccole figurine stilizzate, assorbendo al loro posto degli immaginari colpi nemici.
"L'Omnishield è un sistema di difesa di mischia basato sulla tecnologia degli omnitool, adattato però ad un esoscheletro da combattimento. il PTX diventa così in grado di fornire una copertura alle forze di fanteria che sta assistendo, difendendole fisicamente dal fuoco di armi di medio e piccolo calibro, o da pochi colpi d'artiglieria, come è avvenuto durante il nostro intervento. Il PTX può muoversi liberamente durante il dispiegamento dell'omnishield, diventando così l'avanguardia di ogni assalto."
Il video si interruppe, passando ad un'immagine fissa di un'arma bulbosa e molto lunga: ad Elea ricordavano certe lunghe beute che usava in laboratorio.
"L'LT è l'arma che è stata utilizzata dalla nostra unità di supporto per neutralizzare gli shuttle nemici: con una gittata massima di una trentina di chilometri, è un cannone fluido-magnetico. Riscalda un getto di ferrofluido ad alta densità fino alla transizione allo stato di plasma, e quindi lo espelle a velocità relativistiche. L'energia cinetica e la temperatura del proiettile sciolgono il bersaglio, penetrando attraverso di esso per diversi metri: come potete osservare, un unico colpo del nostro LT è bastato a neutralizzare i tre shuttle pirati."
La foto seguente mostrava i tre shuttle liquefatti e sagomati in tre sculture d'arte moderna: i marcatori termografici a fianco all'immagine riportavano temperature superiori ai 3000 °C.
L'animazione seguente, che si accese a fianco della foto precedente e la sostituì in dissolvenza, mostrava una fila di proiettili stipati uno di fronte all'altro e di come avvenisse l'accensione sequenziale di ognuno di essi: a fianco dello schema, campeggiava a chiare lettere la frase Proiettili Immagazzinati ad Attivazione Elettronica (EISP)
"L'MSu è il fiore all'occhiello della S&T: un lanciagranate basato sulla tecnologia EISP, spara granate esplosive a ricerca da 2 grammi a velocità doppia rispetto a quelle del suono. Gittata massima affidabile: cinque chilometri. La tecnologia EISP necessita di attrezzature specializzate per il precaricamento delle munizioni e la manutenzione, rendendola una scelta impopolare in quest'epoca dei più semplici ed economici acceleratori di massa."
Miss Gunn fece una pausa ad effetto prima di continuare:
"...Tuttavia, il fatto che l'MSu possa essere configurato con qualunque frequenza di tiro tra i trentamila e il milione di colpi al minuto, rende la tecnologia EISP una scelta estremamente impopolare tra tutte le bande mercenarie e di pirati della Via Lattea."
Il video seguente era una ripresa in alta definizione girata da una delle tre unità della S&T che avevano combattuto direttamente i pirati, opportunamente rallentata: Elea osservò il pigro torrente di metallo fuoriuscire dall'arma del robot, cancellando i pezzi di artiglieria dei pirati senza lasciarne nemmeno della limatura. Prima ancora di cominciare ad esplodere, le munizione si accumulavano sul bersaglio in un numero troppo grande per essere compreso: per Elea, che non aveva mai preso un'arma in mano in vita sua, l'effetto era quasi comico.
"L'MSu non uccide: annichila." concluse l'Asari dal palco.
L'espressione sul volto del capo della milizia coloniale era interessante: se Elea avesse dovuto tirare ad indovinare in quel momento, avrebbe scommesso che il Turian avesse appena avuto un orgasmo.
 
BLEEP! BLEEP! BLEEP!
Tutti gli occhi della sala conferenze furono su di lei in un solo istante.
Eppure Elea era più che certa di aver spento il suo comunicatore personale: una simile mancanza di tatto non era da lei e tuttavia, del tutto indifferente ai suoi desideri, il suo comunicatore strillava a pieno volume per avere attenzione, senza che la dottoressa potesse spegnerlo. La fuga fu la sua unica opzione: in totale imbarazzo, si catapultò fuori dalla sala conferenze in tutta fretta, benedicendo la Dea che le aveva riservato la penultima fila di poltrone.
Ovviamente, non appena le porte si chiusero alle sue spalle, il suo comunicatore decise di aver fatto abbastanza danni e smise di strillare.
"Malnato aggeggio..." sospirò Elea: non c'era nessun codice identificativo di chiamata. Sembrava che il suo comunicatore avesse semplicemente deciso di impazzire nel bel mezzo della sala conferenze.
"Dottoressa Megara?"
Se non si fosse sforzata così tanto nel corso degli anni per disabituarsi, in quel momento probabilmente Elea avrebbe imprecato per lo spavento: il suo comunicatore le sfuggì comunque di mano.
Il Geth che l'aveva sorpresa alle spalle si mosse troppo velocemente perché Elea potesse seguirlo con lo sguardo: per un solo momento fu una macchia color cobalto che si tuffò verso il basso e verso di lei.
Quando si rialzò, aveva in mano il suo comunicatore e glielo stava porgendo, indifferente al fatto che Elea si fosse illuminata della corona azzurra dei suoi poteri biotici: la sua forma era così aliena, con l'innaturale testa a forma di torcia e cavi serpeggianti dove avrebbe dovuto esserci un volto.
"..."
"..."
"...Grazie." si sforzò infine di dire, prendendo il comunicatore che le veniva porto, cercando di non toccare il Geth.
Per quanto ormai parte della galassia e del Patto, Elea aveva ancora paura di tutti i sintetici. Il Geth non rispose: si limitò ad alzare la testa per osservarla meglio.
Elea si sentì subito a disagio: sapeva di essere alta. Conosceva bene il fatto di sovrastare ogni altro colono di Trategos e il 99% della restante popolazione Asari nella Galassia: come avrebbe potuto essere altrimenti? Ma almeno su Trategos il suo metro e novantasei centimetri di altezza, che arrotondava sempre a soli 190 centimetri, e il colore della sua pelle rosa salmone, passavano per una semplice bizzarria genetica. C'era un motivo se Elea aveva scelto Trategos per i suoi studi oceanografici e si teneva lontana da ogni mondo cosmopolita Asari: era così stufa del cosiddetto "ambiente accademico", da bastarle per due vite.
"Lei è la dottoressa Elea Megara." affermò il Geth con sicurezza: la sua voce era metallica, ma non priva di sfumature. Sembrava... compiaciuto, di averla trovata.
"Esatto... e chi, se posso chiedere, sarebbe lei?"
"Noi siamo Geth." fu l'asettica risposta.
"...Mi creda, questo è piuttosto evidente. Vorrei sapere il suo nome, se possibile."
"Noi non abbiamo nome..." scandì lentamente il Geth. "...Noi possediamo un codice identificativo, una designazione e molte funzioni. Siamo qui per accompagnarla."
Tutto quello che la sua mente educata nelle migliori scuole di Thessia riuscì a produrre in risposta alla frase del Geth, fu un eloquente:
"...Uh?"
Il Geth indicò il soffitto con una delle sue mani metalliche:
"Mister Gunn desidera incontrarla."
"...E se preferissi rimanere invece?" chiese Elea indicando la sala conferenze, nella quale miss Gunn si stava certamente assicurando un contratto a dieci zeri con le matriarche.
"Non comprendiamo perché dovrebbe: mister Gunn ha specificatamente cambiato rotta per salvare questa colonia, dottoressa Megara. E quindi anche lei."
Era la seconda volta che quel Geth riusciva a lasciarla di sasso in pochi secondi:
"Inoltre, i segni vitali trasmessi attraverso il suo comunicatore indicavano uno stato di profonda noia durante l'esposizione di miss Gunn."
Lo sguardo della dottoressa Elea passò al comunicatore che aveva ancora in mano.
"Hai hackerato la mia rete personale...." realizzò Elea in quel momento: era sicura di aver spento il suo comunicatore prima di entrare nella sala conferenze e ora ne aveva la prova: "... Questo non è affatto cortese."
"Mister Gunn desidera incontrarla." ripeté il Geth laconico: "Non ha ragione di indugiare: la preservazione dei suoi parametri vitali è da ora una delle nostre direttive primarie."
"...Riferisca a mister Gunn che ha terribili maniere. E che se ha un tale desiderio di incontrarmi, può trovarmi nel mio alloggio."
"Non desidera conoscere il motivo per cui mister Gunn vuole incontrarla?" le chiese il Geth, mentre Elea si separava da lui con la ferma intenzione di dirigersi ai suoi laboratori per lanciare una diagnostica di sicurezza del sistema informatico.
"Perché dovrei?"
"Perché riguarda sua madre."
Suo malgrado, Elea si voltò per squadrare nuovamente il Geth: ora avrebbe davvero imprecato di gusto.
"...Estremamente poco cortese." sussurrò invece.
"Da questa parte." indicò il Geth, facendole strada verso il porto della colonia.
 
***
 
"...Piuttosto grande, come vascello."
Normalmente Elea non avrebbe scambiato convenevoli con un Geth, ma non le era mai piaciuto viaggiare nello spazio: per lei, la distesa nera fra le stelle era sempre stata una morte orribile dentro spazi troppo angusti. Parlare con qualcuno l'aiutava a superare la paura, ma il Geth non avrebbe mai cominciato una conversazione per primo:
"Sì. Prova interesse alle navi spaziali, dottoressa Megara?"
"Solo se devo salirci a bordo... che cosa puoi dirmi su di essa?" chiese più bruscamente del solito, artigliando i braccioli della sua poltrona.
"Non ci è permesso dire molto al momento. Rientra nella categoria degli incrociatori per massa: la corazzatura esterna e i sistemi di barriere cinetiche sono tecnologia Geth all'80%."
Ma questo era più che evidente, dato che la loro meta sembrava l'incrocio fra una vespa senza'ali ed un gigantesco gambero di cromo: un design unico, che non poteva essere confuso con nessun'altro nella Galassia.
"...Ha un nome almeno?" Elea si stava sforzando di prolungare il più possibile la conversazione con quel laconico manichino di metallo.
Il Geth lasciò andare la cloche dello shuttle, collegando la sua mano ad un ingresso dati: in risposta, una ripresa ingrandita della paratia esterna dell'incrociatore venne materializzata in un angolo del quadro comandi. Elea osservò per un momento le scritte nere sul metallo, per lei incomprensibili, prima che fossero tradotte in un angolo dell'immagine a suo beneficio: A-51, lesse la dottoressa.
"Questa è una sigla, non un nome." commentò acida.
"Sì." concesse il Geth con un sibilo elettronico: "Mister Gunn ha usato questa sigla identificativa della paratia per dare un nome al suo vascello."
Erano ormai così vicini all'incrociatore, che la ripresa ingrandita della paratia non serviva più: Elea poteva vedere chiaramente le grandi lettere nere. Un cerchio blu intermittente si accese appena prima della scritta, segnalando il punto di l'attracco: una O di colore azzurro.
"O A-51" disse il Geth a voce alta. "Oasi: nel suo significato attuale, un luogo isolato dove la vegetazione prospera grazie ad una fonte naturale di acqua potabile. Nel suo significato ancestrale, un luogo in cui era possibile edificare una dimora stabile."
Il sussulto causato dalle pinze di attracco fu molto più lieve di quanto Elea si aspettasse: fu solo il sibilo della pressurizzazione esterna a confermarle che l'aggancio era avvenuto.
"Mister Gunn la sta aspettando" disse il Geth.
"Credevo mi avrebbe accompagnato." rispose Elea, quando vide che il suo pilota non si era mosso dal sedile.
La testa a forma di torcia si spostò lievemente per osservarla meglio:
"Dottoressa Megara, noi..."
Il portellone dello shuttle si aprì in quel momento, rivelando un secondo Geth dello stesso color cobalto del primo ad attenderla in piedi: "... la stiamo già accompagnando."
"Da questa parte." offrì il nuovo Geth, invitandola a seguirlo. Per l'ennesima volta, nel silenzio della sua mente, Elea maledisse sua madre e si chiese se, nonostante quello che le era stato detto, avrebbe mai rivisto Trategos.
Ma ormai era troppo tardi per i dubbi: la paratia si chiuse alle sue spalle, precludendole una fuga precipitosa verso lo shuttle che aveva appena lasciato: poteva solo andare avanti.
I corridoi all'interno dell'incrociatore erano spaziosi e ben illuminati: molto più di quanto Elea si aspettasse. Per quanto le navi e i viaggi spaziali la terrorizzassero, Elea si rese conto quella nave era stata progettata per offrire il massimo comfort possibile ai suoi ospiti. Gli ambienti erano lindi e luminosi, con toni chiari sulle paratie interne, e nell'aria c'era uno strano profumo, floreale, e non una di quelle fragranze chimiche da quattro soldi: un profumo di veri fiori freschi. Ma soprattutto, Elea osservò stupita i tappeti di vimini che coprivano il pavimento dei corridoi.
Il Geth che la precedeva la condusse oltre una brusca svolta alla sua sinistra e poi per un corto, ma spazioso corridoio, che terminava con una larga porta chiusa. Quando il Geth si trovò di fronte ad essa, la sua mano di tre dita bussò due volte contro il metallo:
"Abbiamo portato la dottoressa Elea Megara."
In risposta, la porta si spalancò sibilando di fronte a loro , dividendosi a croce in quattro segmenti e scomparendo fra le paratie della nave.
"Dopo di lei." disse il Geth, invitandola ad entrare: Elea dovette accumulare tutto il suo coraggio per superare la soglia.
La luce nella stanza era soffusa e rendeva difficile stimarne le dimensioni: l'ambiente aveva una forma triangolare, con due enormi vetrate su ogni lato, che permettevano di ammirare il pianeta sottostante e le stelle. Al centro della stanza, qualcuno la stava aspettando, seduto a gambe incrociate su un tappeto:
"Ben arrivata, dottoressa Megara. È un piacere incontrarla, finalmente: posso offrirle qualcosa? Idromele Asari? The? Una tisana? Ho anche un'effervescente tonico Salarian..."
 Elea realizzò tre cose: mister Gunn parlava la lingua Asari, anche se con un lieve accento esotico. Mister Gunn non era affatto un uomo. Ed Elea conosceva mister Gunn:
"Deicida..."




D'accordo lo ammetto: sono patologicamente incapace di trovare un titolo decente alle mie storie. E quindi  H Arm Dealers è un  pessimo gioco di parole in inglese.
"Arm Dealer" significa semplicemente venditori di armi. Harm invece significa anche danno, nel senso di danno fisico e dolore. Da solo, il verbo Deal significa anche distribuire...
Quindi il titolo può essere letto in vari modi: lo so, lo so è pessimo come gioco di parole, però si adatta ai membri della S&T che vendono armi e distribuiscono dolore, salvano le colonie... chissà chi saranno mai?
Passando ad altro, in ordine di apparizione:
- Ptx-40a, vi suona familiare? Forse perché avete giocato a Lost Planet una volta. Trategos è anch'esso un pianeta ghiacciato dopotutto, ma non ha bacherozzi giganti e affamati, per quanto ne sappiamo...
- La tecnologia EISP non è una mia invenzione, ma una seria innovazione tecnologica su cui probabilmente saranno basate alcune armi del futuro. Lascio a voi trarre le conclusioni su quanto strani siamo come specie: sputare metallo è più importante di andare nello spazio.
Recensite e lasciate un parere, per favore, o continuerò a fare pessimi giochi di parole senza controllo...  Alla prossima!

  
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