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Autore: kiku_san    27/07/2008    2 recensioni
E se Murtagh non fosse fuggito dal palazzo di Galbatorix, ma fosse cresciuto alla sua corte tra intrighi e giochi di potere, fino a diventare Cavaliere e a giurargli fedeltà di sua spontanea volontà..E se Brom e Ajihad non fossero morti ...E se L'Imperatore considerasse Nasuada una pedina essenziale per la vittoria contro i Varden...Un NasuadaxMurtagh che inizia con un inganno e si sviluppa tra odio e violenza, in un gioco crudele e perverso nel quale i ruoli di vittima e carnefice non sono così scontati.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Murtagh, Nasuada
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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LA CATTURA

1.Erano passati forse tre giorni da che si trovava in quella cella, non sapeva nulla dell’esito della battaglia. Non aveva visto nessuno, se non una guardia che gli aveva portato ad intervalli regolari cibo e acqua, senza proferire parola.
Aveva cercato di fare ricorso alla magia, ma non c’era riuscito, qualcosa gli impediva di prendere contatto con quella parte della sua mente dove erano riposte tutte le formule magiche, qualcosa gli rendeva impossibile usare anche i più semplici “trucchi”. Sicuramente era stato drogato.
Si sentiva inerme senza le sue facoltà, in balia degli eventi, che non poteva neppure riuscire a decifrare o tentare di interpretare.
Poteva dedurre che l’Imperatore avesse perso, altrimenti non si sarebbe trovato prigioniero, ma era un pensiero assurdo.
Forse l’Imperatore si era ritirato e stava meditando una nuova strategia, non poteva neppure pensare che fosse stato definitivamente sconfitto.
Le torce gettavano bagliori nel corridoio e arrivavano ad illuminare debolmente parte della cella. Murtagh seduto sulla panca che gli serviva anche da letto, era immobile, la schiena appoggiata al muro che trasudava umidità. Nella sua mente c’era il vuoto, così come nel suo cuore.
Un rumore impercettibile attirò la sua attenzione. Seguì il silenzio e poi dei passi cauti nel corridoio. Ad un tratto apparve di là dell’inferriata, una figura piccola e minuta coperta da un mantello scuro che si confondeva con il buio del sotterraneo.
La sua voce era un sussurro, ma ancora prima che parlasse, ancora prima che gli comparisse davanti, Murtagh seppe che era Nasuada. Lo seppe dal battito del suo cuore che ad un tratto accellerò e dal suo corpo che contro la sua volontà, si alzò di scatto e si avvicinò alle sbarre. Con uno sforzo si ritrasse, placò il cuore e cercò di ricreare quel freddo dentro di se, che gli era così familiare.
Nasuada si aggrappò con le mani alle sbarre. Il suo viso era segnato dalla stanchezza, occhiaie scure e profonde si disegnavano sotto i suoi occhi.
“Murtagh” la sua voce era un sussurro, “Solo ora sono riuscita a trovare il modo per vederti, mio padre mi fa sorvegliare”
Murtagh sogghignò suo malgrado.
“Sei passata da una prigione all’altra” la beffeggiò.
Lei sembrò non accorgersi del suo tono di scherno.
“Domani sarai giustiziato, io non so come impedirlo, le guardie che mio padre ha messo a vigilarti sono fidate ed incorruttibili”
“Non sei stata tu a mettermi in questa situazione, non sei stata tu a ingannarmi?” sbuffò Murtagh.
Nasuada lo guardò con uno sguardo addolorato.
“Hai ragione, ti ho ingannato, ho dovuto scegliere tra te e tutto il resto: mio padre, la mia terra il mio popolo, la libertà per la quale combatto da tutta la vita.”
“Certo, non devi giustificarti, sono abituato agli inganni ed ora cosa vorresti fare?”
“Vorrei liberarti, come tu hai fatto con me”
“Se questo ti può far sentire meglio, non mi devi niente, non l’ho fatto per poi avere un tornaconto”
“Lo so” rispose timidamente Nasuada.
“Tu non sai niente” la voce di Murtagh era sferzante, “Perché pensi che lo abbia fatto?”
“Dimmelo tu” le parole di Nasuada erano titubanti e timorose.
“E’ stato per il mio desiderio di possesso. E’ sempre stato così: ciò che è mio è mio, non amo condividerlo con nessun altro, non potevo tollerare che qualcosa di mia proprietà passasse nelle mani di quello scherzo della natura di Durza, sarebbe stato inaccettabile”
“Mi hai liberato solo per questo?”
“Per cosa altrimenti?” la schernì.
“Non è vero tu menti, se fosse così perché non mi hai mai fatto del male? Perché non mi hai mai toccata?”
“Te l’ho già spiegato, non mi eccitano le donne come te, mi divertiva di più vederti addormentata accanto a me, con la paura che da un momento all’altro ti avrei assalita. Quello era l’unico eccitamento che sapevi darmi”
Nasuada lo guardò furente.
“E quel bacio?”insistette.
“Il bacio….” Murtagh sembrava non ricordare, poi s’illuminò, “ baci bene. Ed ora scusa ma questa conversazione mi sta annoiando. Non perderti lo spettacolo domani” e con queste parole si girò dandole le spalle, “penso che potremo concludere qui”
“Cosa ti ha fatto Galbatorix?” insistette lei.
Lui si girò lentamente, gli occhi chiari luccicavano nella penombra. Ridacchiava.
“Mi pare di avertelo già detto, a volte le punizioni dell’Imperatore mi risultano più gradite delle ricompense”
Nasuada lo guardò sbalordita.
“Perché fai così?”
“Non dimenticarti con chi stai parlando Nasuada: io sono Murtagh il figlio di Morzan, Cavaliere dell’Imperatore”
Si girò di nuovo e Nasuada seppe che la conversazione era finita.
Si rialzò il cappuccio del mantello, trattenendo a stento le lacrime. Voleva aggiungere qualcosa, voleva poterlo toccare, se fosse venuto vicino forse avrebbe letto la verità nei suoi occhi, ma lui era in fondo alla cella e ciò che lei poteva osservare era solo la sua schiena.
Si era sbagliata?
Il suo cuore aveva preso un abbaglio?
Il sentimento che stava nascendo per lui era solo un’assurdità? Pensare che lui fosse diverso era stata una stupidaggine?
Il suo cuore le diceva di no, assolutamente ed inequivocabilmente, ma la reazione di Murtagh non lasciava dubbi, era quello che aveva conosciuto i primi giorni della sua prigionia: freddo, crudele, senza emozioni ne sentimenti.
Si voltò e se ne andò.
Appena i passi di Nasuada si spensero nei corridoi, da un anfratto in ombra uscì una figura.
Anch’egli si avvicinò alle sbarre della cella.
Senza alzare lo sguardo Murtagh mormorò: “Che ci fai qui Brom?” e il suo tono era glaciale.
“Ho seguito Nasuada e ho ascoltato il vostro discorso”
“Non ho avvertito la tua presenza”
“Lo so, la tua magia è tenuta sotto controllo da una droga”
“Me ne sono accorto, che è successo all’esercito dell’Imperatore?”
“Abbiamo ottenuto una vittoria schiacciante. Galbatorix è fuggito, nessuno sa dove per ora, però non potrà sfuggirmi per sempre. Come vedi il tuo signore ti ha abbandonato al tuo destino. Sei stato sfortunato, il maestro che hai avuto è stato un cattivo maestro”
Murtagh sorrise malignamente.
« Ho avuto il maestro che meritavo »
“Spesso i nostri meriti non c’entrano, entra in gioco la fortuna”
“E allora diciamo che non sono stato fortunato, non ho potuto scegliermi ne il padre ne il maestro, ma non rinnego ciò che ho fatto”
“Dovresti, se ti rimanesse un po’ di umanità”
“Sono quello che sono” rispose bruscamente Murtagh, con un gesto di fastidio, “cosa sei venuto a fare, non mi pentirò della mia vita, non chiederò pietà ne perdono”
“Non sono venuto per questo”
“E allora che vuoi?”
“Volevo sapere cosa c’era tra te e Nasuada”
La risata di Murtagh avrebbe voluto essere sprezzante, ma si ruppe debolmente.
“Puoi scrutare i miei pensieri”
“Sì, ma non lo farò se tu non vuoi”
“Non voglio”
“Non ne ho bisogno comunque, mio giovane cavaliere, hai ingannato lei ma non me”
“Che vuoi dire?” Murtagh era sulla difensiva.
“E’ stato facile per me percepire cosa provi in realtà per lei”
“Non sai nulla vecchio. Tu non mi conosci”
“E’ vero, per questo ho seguito Nasuada. Mi sono accorto che lei prova qualcosa per te ma non riuscivo a concepire come fosse potuto accadere. Volevo capire meglio. Non riuscivo a concepire come LEI potesse provare qualcosa per un essere come te. Sono stato stupido, sono caduto nell’errore più madornale, il primo che tentiamo di estirpare dalla mente dei nostri allievi: nessuna realtà è mai tutta bianca o tutta nera. Ognuno di noi è un impasto che dà origine a milioni di sfumature. Nasuada ha scorto in te, ciò che tu stesso non sai di avere”
“Basta sciocchezze” sbuffò Murtagh “lasciami morire in pace e vattene. Non dimenticare con chi stai parlando”
“Me ne vado, ma la tua sceneggiata di poco fa, è la prova che l’Universo ti ha voluto fare un grande regalo: conoscere l’amore prima di morire. Ho percepito chiaramente che le tue parole erano false, dettate unicamente dal desiderio che lei ti giudicasse un essere abietto e non soffrisse vedendoti morire e ti dimenticasse in fretta. Ho percepito chiaramente, nascosto sotto il tuo atteggiamento sprezzante, il tentativo di proteggerla dal dolore e il desiderio di abbracciarla e di tenerla stretta. Questo mi ha fatto capire che anche in un individuo corrotto come te, ci può essere un soffio d’amore”
Murtagh si avvicinò alle sbarre e le strattonò con rabbia.
“Un regalo dell’Universo dici? Ti sbagli, questa è stata una punizione”
“L’amore non è mai una punizione”
“Invece sì. L’odio ti rende forte, l’amoralità ti permette di osare ogni cosa, la crudeltà soddisfa ogni tuo desiderio senza coinvolgimenti. L’amore rende deboli. Odio sentirmi così, a causa dell’amore ho tradito il mio imperatore ed ora temo il domani per lei, temo il suo dolore, mi è insostenibile pensare che possa soffrire. Ero inattaccabile, ora sono debole e spaventato”
“ Ti sbagli Cavaliere, prima eri una marionetta legata a dei fili, ora sei un uomo libero.Una scintilla piccolissima brilla in te, dovresti morire contento”
Brom fece il gesto di andarsene, poi si girò : “ Avresti potuto essere un bravo Cavaliere”
“Io sono un Cavaliere, non scordartelo”
“Tu sei stato solo una pedina nelle mani di Galbatorix. Ti ha solo usato. Quando non gli saresti più servito ti avrebbe gettato via”
Murtagh girò il viso di scatto. Brom aveva ragione, ma in fondo non era così che funzionava la vita? Non era tutto un utilizzarsi a vicenda, pronti a sacrificare ciò che un momento prima era necessario, se mutavano le condizioni?
Lui aveva sempre agito così, tutti coloro che conosceva avevano sempre agito così. C’era forse un modo diverso di vivere?
Ripensò a Nasuada: con lei quella regola non aveva funzionato, non era riuscito a metterla in atto, perché?
Era questo ciò che chiamavano amore?
Non l’avrebbe mai saputo: l’indomani tutto sarebbe finito.
Non rimpiangeva nulla della sua vita, non era pentito, era ancora convinto che il mondo fosse un posto oscuro dove bisognava addentrarsi guardinghi e attenti ma senza paura, prendendo tutto il possibile e dando il meno che si poteva.
Solo quando pensava a Nasuada la sua fede incrollabile sul senso della vita, vacillava e le sue certezze diventavano dubbi. Solo con lei si era sentito insicuro e nello stesso tempo tranquillo, come non lo era mai stato.
Brom lo scrutava, lui gli voltò le spalle scocciato. Non avrebbe tollerato che potesse leggere sul suo viso o nella sua mente, quello che sentiva in quel momento.
“ Se solo avessi avuto un maestro diverso, avresti visto la vita con occhi diversi”
“E’ inutile stare a parlare di cose che non si possono cambiare, io sono quello che sono, se potessi uscire di qui e sfidarti, ti ucciderei senza neppure pensarci un attimo”
“Non lo metto in dubbio” sospirò Brom.
“E tu vuoi dare la caccia a Galbatorix ed ucciderlo?”
“Sì, lo scoverò e lo ucciderò”
“Sei troppo sicuro di te, Galbatorix è il miglior cavaliere di tutta Alagaesia, nessuno può rivaleggiare con lui”
“E’ vero, ma giungerà il momento in cui Galbatorix pagherà per tutto il male che ha fatto”
Murtagh sbuffò sogghignando: “ Belle parole, raccontale a Eragon, forse lui ci crederà, ma non dirle a me. Sappiamo entrambi che lui è fuggito per farsi inseguire da te. Ti affronterà sul suo terreno, quando vorrà e nel modo che riterrà vincente e tu morirai”
“Hai molto da imparare giovane Cavaliere, peccato che tu non ne abbia il tempo” scosse la testa, sembrava realmente rattristato.
“Un’ ultima cosa” la voce di Murtagh si velò di dolore.
“Dimmi”
“Che ne è di Castigo?”
“I nostri guaritori stanno cercando di curagli la ferita, ma quando tu morirai per lui sarà la fine. Noi umani riusciamo a sopravivere alla morte del nostro drago, sebbene la ferita della loro perdita non si rimargini mai, ma loro muoiono senza di noi”
Murtagh strinse i denti.
Brom lo guardò e nei suoi occhi brillò per un attimo della pietà, sapeva bene come doveva sentirsi il giovane in quel momento, poi se ne andò.
“Spero che tu trovi Galbatorix .Ti ucciderà e vincerà ancora lui” gli gridò Murtagh dalle sbarre e nel suo grido c’era rabbia e dolore.


2.Era una bella mattina per morire, il cielo dopo giorni di pioggia e di intemperie era tornato sereno. Il Surda era un paese magnifico, ma quello non era il momento adatto per ammirare il paesaggio. Murtagh con i ceppi alle mani camminava lentamente, circondato dalle guardie scelte di Aijhad. Intorno a lui una folla scalmanata sbraitava e urlava insulti. Le guardie faticavano a tenere a bada la gente che avrebbe voluto arrivare a lui, per potersi fare giustizia da sola.
Il sole, l’aria calda, il cielo azzurro, i profumi portati dal vento, le urla e gli insulti della folla, il peso delle catene ai polsi, tutto questo non toccava, se non marginalmente, Murtagh.
Non aveva paura, aveva sfidato la morte troppe volte per averla, oggi che il giorno era giunto era quasi una liberazione. La sua forza risiedeva nel fatto che per lui, a diversità di quasi tutti gli esseri umani, la morte non era un evento temibile: era solo uno dei moltissimi avvenimenti che potevano capitare e che bisognava mettere in conto.
Guardò con uno sguardo di disprezzo quella folla puzzolente che si accalcava accanto: non c’era nessuna emozione nel suo cuore. Il pensiero di Nasuada l’aveva racchiuso nel più profondo del suo animo e lo aveva scacciato dalla sua mente, così come il dolore per Castigo. Si accostava al patibolo come si sarebbe accostato ad un banchetto.
Gli fecero salire alcuni scalini di legno. Il ceppo dove avrebbe appoggiato la testa era al centro del palco. Il boia con la spada sguainata era pronto.Gli seccava dover morire in ginocchio, ma in fondo non aveva molta importanza. La sua testa tra qualche minuto sarebbe stata impalata in cima al una lancia e si sarebbe seccata lentamente al sole.
Davanti al palco, sopra le prime mura del castello, vide Aijhad circondato dai suoi fedeli. Quando si accorse della presenza di Nasuada, distolse gli occhi, ma la sua mente percepì un’ondata di dolore provenire da lei, che quasi lo fece barcollare.
La voce di Aijhad si alzò sopra il tumulto.
“Murtagh figlio di Morzan, per i tuoi crimini contro il popolo di Alagaesia noi ti condanniamo a morte per decapitazione.Quello che oggi è la tua sorte, ben presto sarà anche quella del tiranno Galbatorix, che vigliaccamente è fuggito. Che questo ti possa far comprendere quale codardo hai servito finora. La battaglia è stata vinta. Alagaesia è tornata ad essere un paese libero, però prima dobbiamo far pulizia degli obbrobri di una era che vogliamo dimenticare. Tu sei il primo, ma non certo l’ultimo che pagherà. Galbatorix morirà come te, senza onore”
Murtagh rise divertito: “Non lo hai ancora preso e ti illudi di aver già vinto, sei un povero sciocco. L’Imperatore è invincibile. Prevedo che il tuo regno avrà vita breve ” la sua voce vibrava di disprezzo.
Poi abbassando lo sguardo sulla folla, sputò con disgusto. Questo gesto scatenò maggiormente la rabbia del popolo.
“Mio figlio viveva a Furnost con la sua famiglia, sono stati tutti uccisi e bruciati” urlò una donna cercando di farsi avanti. Molti si scansarono per lasciarle libero il passaggio.
“Aijhad tu sai le atrocità che questo demonio ha compiuto. La tua giustizia è troppo dolce, riceverà una morta rapida a differenza delle sue vittime, non è giusto, dallo a noi” e così dicendo con la voce che era diventata stridula, cercò di avvicinarsi ancora di più al palco.
Le guardie serrarono le fila. La folla cominciò a rumoreggiare.
“Ho fatto quello che dovevo, siete solo animali” urlò di rimando Murtagh, conservando anche in quella situazione una freddezza che rendeva surreale tutta la situazione.
Queste parole nuovamente di spregio, furono come l’innesco di una miccia. Voci di uomini e donne si unirono alla prima.
“Dallo a noi!”
“Mostro devi soffrire ciò che hai fatto subire agli altri”
“Vogliamo Murtagh”
“Vogliamo giustizia”
Aijhad urlò anch’egli per farsi sentire.
“Non siamo come lui, non possiamo agire come avrebbe fatto Galbatorix, altrimenti cosa ci contraddistingue da loro?”
“Ricorda Furnost”
“Mia figlia è stata rapita”
“I miei campi distrutti”
“ Il nostro villaggio bruciato”
“Non ha mai avuto pietà e ora non la merita”
La folla ora era inferocita, le guardie non riuscivano a bloccare la fiumana umana che spingeva per arrivare al palco.
Murtagh in piedi, non batteva ciglio. Sembrava indifferente a quello che stava succedendo a pochi metri da lui. Le guardie furono sbaragliate. Uomini infuriati salirono sul palco e lo agguantarono.
Nasuada guardava terrorizzata.
“Fermatevi, vi prego” si trovò ad urlare inutilmente, “padre, Brom, vi prego intervenite!”
“In che modo? Devo ordinare alle guardie di uccidere degli innocenti, per salvare un colpevole che comunque dovrà morire?”
“ Ma non così!”
“ Ha fatto troppo male, non posso dar loro torto” rispose Aijhad a bassa voce e poi alzandone il tono, “ “ Popolo di Alagaesia, il prigioniero è vostro, mi inchino alla vostra richiesta, nessuno meglio di voi potrà fare giustizia”
A quelle parole le guardie si allontanarono.
Murtagh non si vedeva, schiacciato da una moltitudine di individui in preda ad un furore cieco e omicida.
Nasuada chiuse gli occhi, una mano le toccò gentilmente la spalla, si voltò e vide Eragon.
“Vieni entriamo, non sarà un bello spettacolo” le disse lui.
Lei si lasciò condurre come una sonnambula nel castello.


3. “Come puoi permettere che gli facciano questo?” Nasuada urlava tra le lacrime.
Eragon le era vicino e le teneva una mano posata leggermente sul braccio. Aijhad le era di fronte, scuro in volto. Fuori si udivano le urla della folla che stava linciando Murtagh.
“Cosa ci distingue daGalbatorix?” urlò di nuovo Nasuada piena di rabbia.
“Sai che non volevo che si arrivasse a questo. Certo quando tu eri sua prigioniera avrei voluto averlo tra le mani per farlo morire goccia a goccia, ma poi quando è stato catturato ho capito che la vendetta non mi avrebbe soddisfatto e che l’unica strada era la giustizia. Ma poi, hai visto anche tu, il popolo non la pensa come me e in tutta onestà non so dare loro torto”
“Non parlare così, lui mi ha salvata”
Il viso di Aijhad si contrasse in una smorfia di rabbia.
“Ti ha salvata………...Cosa stai dicendo? Da quando sei fuggita non sei più la stessa, mi chiedo se quel bastardo non ti abbia fatto un incantesimo” gettò uno sguardo a Brom che ascoltava poco lontano e che scosse il capo.
“Non sono fuggita, lui mi ha fatto fuggire”
“Oh sì certo! Dopo averti tenuta prigioniera e prima ancora ingannata con un trucco mentale, dopo averti fatto subire chissà cosa”
Nasuada stava per interromperlo, ma il tono di voce del padre divenne più alto: “Tu lo hai detto: ti tenuta prigioniera, hai dovuto subire la sua presenza giorno e notte o non è così?” il suo sguardo era furente.
Nasuada si controllò come meglio poteva: “ Sì, all’inizio è stato così, ma poi è cambiato non mi ha mai fatto veramente del male: avrebbe potuto ma non lo ha fatto e alla fine mi ha fatto fuggire, se non fosse stato per lui chissà dove sarei ora”
“Non conosco le ragioni che lo hanno portato a comportarsi così con te, ma sicuramente facevano parte di un piano”
“Quale piano?”
“ Non lo so, sicuramente qualcosa che non aveva nulla a che fare con la pietà o il rimorso o il senso di colpa!”
“Come puoi dirlo?”
“Ti senti? Sai di chi stai parlando? Murtagh figlio di Morzan; vuoi parlare con i sopravissuti di Furnost, con i genitori delle fanciulle rapite, violentate, torturate per il piacere di quel pervertito? La pietà è fuori luogo con uno come lui. In fondo ha la fine che si merita. Morire in battaglia per un verme come lui, sarebbe stato un onore immeritato e la decapitazione una fine pietosa, sprecata per chi non ha mai conosciuto la pietà”
Si alzò e uscì dalla stanza. Brom lo seguì.
Nasuada rimase sola con Eragon. Il silenzio calò su di loro, come silenziose erano le lacrime della ragazza, che scorrevano sul suo volto. Eragon si allontanò imbarazzato, si affacciò alla finestra e se ne ritrasse disgustato. Lo spettacolo lì fuori non era piacevole. Finalmente parlò, cercando di dare alle sue parole una pacatezza esteriore, per nascondere le sua agitazione interna.
“Nessuno di noi avrebbe voluto che finisse così, ma tuo padre ha ragione, se le guardie si fossero opposte sarebbero successi dei tumulti e qualcuno avrebbe potuto morire, qualcuno innocente, qualcuno del popolo per cui abbiamo combattuto”
Nasuada sembrava non ascoltarlo, le lacrime le si erano asciugate, il respiro poco per volta ridiventava calmo e regolare.
“ Stai dicendo che in fondo era assurdo rischiare un tumulto, per evitare il linciaggio di un condannato a morte?”
“Sì proprio così” rispose Eragon con impazienza “Soprattutto se il condannato è Murtagh, sembra che tu non ti renda conto di chi stiamo parlando”
“E tu lo conosci bene, per poterlo giudicare?”
“Non mi interessa conoscerlo, di lui parlano la sua crudeltà, i suoi stermini, la sua ferocia, il suo sadismo”
Nasuada si lasciò cadere su una sedia, nascondendosi il viso tra le mani, sembrava in preda ad un’ansia incontenibile. Quando parlò la sua voce era un sussurro, tanto che Eragon dovette avvicinarsi, per poter sentire meglio.
“E’ vero hai ragione, so chi è, l’ho potuto vedere con i miei occhi torturare prigionieri inermi, ragazze innocenti, l’ho visto uccidere divertendosi, ho sentito le sue parole terribili senza il barlume della pietà o della compassione, senza un minimo di senso di colpa. Ho sperimentato su me stessa il suo sadismo e la sua sete di violenza. So che tutti voi avete ragione: lui merita questa fine e tutta quella gente è solo esasperata per aver dovuto sopportare per anni terrore e paura. Tu non sai quante volte mi sono ripetuta nella testa queste parole, ho richiamato alla mente immagini che vorrei dimenticare, ho cercato di rivivere le mie paure nell’essere in balia della sua follia. Ma è tutto inutile” disse alzando la voce e guardando negli occhi il ragazzo.
“Cosa vuoi dire?”
“ Io ne sono innamorata” mormorò.
“Cosa?” Eragon pensò di non aver sentito bene.
“”Hai capito bene”
“Stai scherzando?” Nasuada lo guardò dritto negli occhi e il ragazzo si sentì stupido. Come avrebbe potuto scherzare in quel momento.
“Non sai quello che dici…”
“Può darsi ma è così”
“ No tu stai male, ti hanno fatto qualcosa”
“Eragon ti prego, almeno tu” disse stancamente Nasuada e gli tese la mano.
Eragon le si avvicinò, gliela prese delicatamente.
“Sono spaventata anch’io” riprese Nasuada, “ma è successo, non so neppure come, ma è successo appena l’ho visto qui a palazzo, quando è venuto come messaggero. Allora naturalmente non lo sapevo, provavo disgusto per lui, odio, ribrezzo, ma nascosto sotto tutto questo io ero attratta da lui e più ne ero attratta più cercavo di odiarlo con tutta me stessa. Quando mi sono trovata in sua balia a Uru’baen e ho potuto vedere con i miei occhi e sentire sulla mia pelle la sua crudeltà e le sue nefandezze, la paura e l’orrore sono stati così forti da seppellire completamente quel sentimento di attrazione. Lo temevo e lo odiavo. Lo odiavo soprattutto perché mi aveva costretta a temerlo, io che pensavo di non aver paura di nulla; la sua presenza invece mi rendeva fragile e timorosa come una qualsiasi ragazza. Per questo più di tutto l’odiavo, perché mi aveva fatto conoscere una parte di me che non volevo ammettere che esistesse. Ho avuto paura, di lui e di ciò che poteva farmi. Ma scavando tra la paura e il timore c’era qualcosa che mi sfuggiva, non capivo di cosa si trattasse, era qualcosa di così impalpabile da non essere neppure del tutto cosciente, qualcosa che quando lo guardavo mi dava un colpo al cuore e che non era paura: solo alla fine ho capito, era pietà, compassione per lui, per com’era, per come era cresciuto. La compassione è poi diventata tenerezza, forse per certe sue ingenuità o piccoli gesti che rivelavano che dietro a Murtagh figlio di Morzan, forse c’era un altro Murtagh di cui lui stesso non era consapevole, che voleva uscire allo scoperto, che voleva vivere. Di quel Murtagh mi sono innamorata, di un uomo che non ha chiesto di nascere da un padre simile, che non ha chiesto o scelto di avere un maestro simile, ma che ha seguito una strada già tracciata per lui, senza la possibilità di sapere che ne esistevano altre”
“Questo può assolverlo da tutte le crudeltà commesse? Lo assolve dal piacere sadico nel fare soffrire?”
“No, ma lui non è solo questo”
“Ma è anche questo e se tu lo ami devi accettare anche questa parte di lui”
“Se avesse potuto avere una possibilità forse avrebbe rinnegato quella parte”
“Non ha rinnegato Galbatorix”
“Non poteva, gli ha giurato fedeltà nell’antica lingua”
“Lo ha fatto di sua spontanea volontà, nessuno lo ha obbligato”
“Era cresciuto allevato da lui, credeva in lui, era il suo maestro, come per te lo è Brom”
Il silenzio calò tra loro. Solo dopo alcuni minuti Nasuada parlò e la sua voce era ferma.
“Eragon devi aiutarmi”
Il giovane Cavaliere seppe immediatamente che ciò che Nasuada gli avrebbe chiesto sarebbe andato contro tutti i suoi principi.


4. Murtagh, scosso da un dolore che si diffondeva dai polsi e dai piedi e gli percorreva le braccia e le gambe, aprì gli occhi ed emise un grido.
Le sue braccia erano spalancate e inchiodate alle sbarre di legno di un cancello. Il sangue gocciolava dalle ferite, le punte di ferro dei chiodi gli sgretolavano le ossa dei polsi. Tentò di raddrizzare le gambe per alleviare la tensione delle braccia bloccate, ma una sofferenza lancinante gli esplose in tutto il corpo e lo fece urlare di nuovo. Anche i piedi erano stati inchiodati al cancello. Il sole metteva a nudo in modo drammatico le sue condizioni, gli feriva gli occhi e gli faceva scoppiare la testa per il caldo. Era stato agguantato da mani artigliate, picchiato, urtato, spintonato, fatto cadere a terra, preso a pugni e calci. Non si era difeso, con le mani legate e i poteri magici offuscati dalla droga, non avrebbe potuto fare granché. Ricordava la puzza di quella marmaglia: sudore e odio, così intensa da confondergli i sensi.
C’era stato dolore, ma soprattutto l’umiliazione di essere malmenato da zotici animali: lui un Cavaliere.
Questo era difficile da sopportare, per questo non si era difeso, non aveva neppure alzato le braccia per proteggersi il viso dagli sputi e dalle percosse. Era caduto e la folla sopra di lui era stata l’ultima cosa che aveva visto.
Ed ora si trovava lì inchiodato ad una palizzata. Dovevano essere passate alcune ore, la folla si era dispersa, le guardie facevano la ronda, alcuni individui poco lontani lo osservavano. Sentiva il loro odio sommergerlo, gli giungevano attutite, risa di scherno. Il dolore arrivava ad ondate, raggiungeva il picco quando cercava di muoversi. Era così violento che doveva mordersi le labbra per non urlare, ma si era imposto di non farlo a qualunque costo, di non dare a nessuno questa soddisfazione. Chiuse stancamente gli occhi, la morte sarebbe giunta lentamente, forse durante la notte. Aveva crocefisso molte persone, sapeva cosa lo aspettava. Era pronto, non aveva rimpianti se non uno: avrebbe voluto avere Nasuada, ma non come aveva avuto tutte le altre donne. Avrebbe voluto possederla in modo diverso, anche se non sapeva come. Si leccò le labbra sanguinanti, gonfie e si illuse di sentire il sapore delle labbra di Nasuada. Le voci di scherno, le risa si smorzarono, rimase solo il calore che lo prosciugava e il dolore che a tratti si affievoliva, per poi aumentare fino a diventare insopportabile.
Era notte fonda..
Murtagh era ormai quasi del tutto incosciente. A tratti si risvegliava e percepiva la sua bocca secca, il sangue rappreso sul viso e tra i capelli, il dolore sordo alle mani e ai piedi che si trasformava in una scarica acuta ogni volta che tentava di muoversi e il peso al torace, che ad ogni respiro sembrava schiacciarlo, dovuto sicuramente a delle lesioni interne e a delle costole rotte.
“Vieni morte, vieni veloce” cercò di formulare nella testa questo pensiero con molta fatica. Un vento caldo gli bruciava la carne viva.
Stava ripiombando nell’incoscienza quando sentì dei rumori affievoliti. Cercò di aprire gli occhi gonfi. Si profilarono tra le ombre due figure scure, che cautamente gli si avvicinarono. Forse avrebbero messo fine alle sue sofferenze.
Una figura era molto alta, l’altra più bassa.
Quest’ultima si avvicinò e con una tenaglia gli tolse i chiodi.
Murtagh voleva urlare per il dolore, ma dalla gola secca uscì solo un rantolo smorzato. Sarebbe caduto nella polvere, se la figura più grande non lo avesse sorretto e poi preso tra le braccia come un bambino. Gli sembrò che le costole rotte gli bucassero i polmoni, boccheggiò senza successo per cercare l’aria che non veniva, poi perse definitivamente i sensi.
  
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