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Autore: psycocath    12/05/2014    2 recensioni
Vivo solo il tempo di sentirmi dire che mi ama e, mi dico, ho vissuto un'altra vita.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristina Calfucci, Ezio Auditore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: questa è la mia prima One-Shot, nonché la prima volta che pubblico qualcosa. Amando alla follia Ezio e Cristina, non potevo non scrivere qualcosa su loro due. In ogni caso, non mi piace e non piacerà. Ma tentar non nuoce.
(1498 è l'anno di morte di Cristina)



Mi sono sempre chiesta a cosa avrei pensato se fossi stata in punto di morire. Finivo sempre col dirmi che avrei dovuto smetterla di fare pensieri tanto negativi, che avevo una vita davanti, che Ezio era al mio fianco e che non sarei mai morta sul serio se fosse stato sempre così. Poi Ezio andò via. Il giorno del mio matrimonio mi dissi che non avrei pensato a nessuno se non a Manfredo, alla sua bocca, alle sue mani, a come mi avesse fatto scordare di quel ragazzo con l’intelligenza di pochi e il fascino di nessuno. Manfredo non è Ezio. Manfredo è… una cosa a parte. Una parte della mia vita che ho sempre cercato di sovrapporre ad un’altra, un cerotto, un ripiego. Quando siamo venuti qui a Venezia ho pensato che in punto di morte avrei pensato a quanti bei viaggi ho fatto nella mia vita e a come Manfredo mi avesse resa tanto felice facendomi visitare tanti bei posti. E poi è successo. E’ successo che i fanatici mi hanno rincorsa, mi hanno raggiunta. Una bella pugnalata sul fianco destro, una dietro la spalla sinistra. E poi alla fine non penso a Venezia. Penso a degli occhi, ad una voce che mi fa sentire sul punto di nascere ancora, che sembra sanarmi ogni ferita. Però sto andando via. Penso ad Ezio. Quando è partito mi sono detta che non l’avrei mai perdonato. Io, che sarei stata capace di dargli tanto amore se solo avesse scelto me. Non ho mai concepito la sua guerra, il suo assurdo desiderio di vendicare i suoi parenti. O forse avrei fatto lo stesso, io? Ezio non è più tornato. Mi hanno detto che è felice, che lo temono tutti, che ne ha uccisi un bel po’. Mi dicono che indossa una veste bianca ed ha sempre il cappuccio. Mi sarebbe piaciuto vederlo. Adesso penso che in realtà Ezio l’ho perdonato nello stesso momento in cui avevo deciso di non farlo. Mi sono sempre arresa a lui. Adesso penso che Manfredo non mi ha mai fatto scordare quel ragazzo un po’ pazzo. Dimenticare qualcuno è smettere di pensarlo, di sussultare se si respira un odore simile al suo, smettere di cercare il suo viso tra la folla e sperare in qualcuno che assomigli anche in una sola cosa a lui. La cicatrice che porta vicino alle labbra, forse.
Io non ho mai smesso di sperare che tornasse. Mai arresa. Solo adesso capisco che è stato inutile. Inutile convincersi del fatto che non mi abbia lasciata sola. Una me di ventidue anni fa avrebbe detto che in punto di morte non avrei pensato a nulla perché Ezio mi avrebbe stretto la mano e baciato le labbra, e altro che pensare, poi.
Adesso nessuno mi stringe la mano. Sono senza forze, sfinita e allo stesso tempo leggera. Mi sento leggera.
Poi sussulto: sento dei passi. Passi misti al suono di oggetti di ferro, forse armi, che si toccano. Un passo, un rumore. Un passo, un rumore. Non ho la forza di alzare lo sguardo. Se fosse un altro fanatico di quei figli di puttana dei Savonarola spero mi uccida. Sì, maiale, falla finita, tagliami la gola, pugnalami in petto. Sono già morta anni fa.
“Cristina…”, la versione rauca ed invecchiata di una voce fin troppo familiare mi raggiunge. Spariscono i dolori, i ricordi, i pensieri si rincorrono, inciampano fra di loro e finiscono in una parte della mia mente che non riesco a raggiungere, lo stomaco si annoda.
Mani calde stringono le mie, poi mi sfiorano le labbra. Riconoscerei quel tocco tra mille mani simili. Mani esperte, mani che conoscono parti del mio corpo di cui non sono neppure a conoscenza. Mani che per anni mi sono mancate, mani che per notti ho cercato nel letto, sul cuscino, su di me. Non le ho mai trovate, adesso sono qui, toccano me.
Trovo la forza di alzare lo sguardo e quando incrocio il suo mi dico che allora la morte non dev’essere così, che questa è la nascita, questo è il principio di ogni cosa. Lui di nuovo con me.
“Chiamerò un medico”, farfuglia. “Andrà tutto bene, amore…”.
Amore. Il mio, precisamente.
Scuoto la testa. Raduno le ultime forze, il respiro che manca e a me non importa. Ne prendo uno grande, riempio i polmoni d’aria e prego basti.
“Avvicinati…”, la voce ridotta ad un soffio. Ezio lo fa di scatto. Sento il suo respiro sulle mie labbra socchiuse, inspiro. Potessi avercelo dentro di me.
E poi bacia la mia bocca già socchiusa. Questo bacio sa della consapevolezza che questa è la fine anche se non sembra, sa di parole soppresse, sento le sue lacrime nella sua bocca e le forze che scivolano via. Ho perso troppo sangue, le ferite bruciano. Continuo a pensare che abbia sentito più dolore in tutti questi anni.
Voglio parlare, non ci riesco. Strano che riesca  ancora a pensare. Vorrei vivere, vorrei viverlo.
Vorrei che avessimo avuto più tempo.
“In tutti questi anni”, ansimo. Ogni parola è intervallata da una manciata di secondi. E’ che proprio non ce la faccio. Mentre prendo altra aria Ezio mi stringe tra le sue braccia, preme il suo petto contro il mio, mi bacia il collo, si aggrappa spasmodicamente al corpetto come un bambino che non vuole lasciare andare la madre.
Il cappuccio gli è caduto, i capelli sono tutti in disordine. Vorrei toccarglieli, affondare le mani in quell’ammasso di fili castani, morbidi, che hanno perso tutto l’odore del sapone. Profumo che ricordo ancora e necessito. La vista si appanna ed io non voglio lasciarlo.
Poi ricordo di dover finire la frase. Glielo devo. Me lo devo.
“Vorrei che avessimo avuto una seconda occasione insieme”.
Vivo solo il tempo di sentire un suo singhiozzo e le sue braccia che mi stringono, i suoi vestiti che si impregnano del mio sangue, le sue guance rosse e calde dalla rabbia premute sul mio seno. Vivo solo il tempo di sentirmi dire che mi ama e, mi dico, ho vissuto un’altra vita. 
   
 
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