Non potevo non partecipare pure io alla sfida di scrivere qualcosa per la"Pannolini!challenge"
QUESTIONE DI FIDUCIA
Le migliori qualità di Ryo erano l’impegno e la testardaggine. Queste caratteristiche l’avevano aiutato a migliorarsi nel calcio fino a diventare un giocatore della Nazionale Nipponica e lui ne andava estremamente orgoglioso.
Purtroppo era anche estremamente ingenuo. Aveva un’infinita fiducia nel prossimo, soprattutto nel suo capitano Tsubasa, e questo spesso era una fonte di guai.
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Quella mattina Yukari lo aveva praticamente buttato giù dal letto per andare a fare delle commissioni. Il suo primo istinto era stato quello di sbuffare e ribattere ma un’occhiata di fuoco da parte della sua dolce metà lo aveva fatto scattare sull’attenti e in meno di cinque minuti era fuori di casa, diretto al supermercato.
Sulla via del ritorno aveva incontrato Tsubasa, a spasso
con sua figlia. Mentre camminavano si erano scambiati un po’ di aneddoti sulle
rispettive esperienze paterne. Il suo amico, nonché capitano, si era vantato di
saper badare senza problemi alla piccola, assicurando che era tutto estremamente
facile.
"Tu le cambi anche il pannolino?" domandò Ryo, a metà
tra lo stupito e l’incredulo.
"Ma certo" gli aveva assicurato l’attaccante
tranquillamente.
Tornato a casa quelle parole continuarono a frullargli nella mente. Lui non voleva essere da meno del suo capitano.
Era andato da sua moglie dichiarando, con espressione solenne, che avrebbe
cambiato lui il pannolino al figlio e le riferì il discorso del suo amico.
Yukari era rimasta perplessa mentre lo ascoltava: Sanae si era lamentata,
qualche giorno prima, proprio per l’incapacità di Ozora in quel campo.
Si sforzò di trattenere una risata e, perfidamente, decise di non dire nulla
e godersi lo spettacolo.
"Sei sicuro?" gli aveva risposto.
"Ma certo" l’aveva rassicurata Ryo. Aveva visto la moglie farlo mille volte,
cosa poteva mai esserci di così difficile? Senza contare che si fidava della
parola di Tsubasa.
Portò il suo erede, nonché futura promessa del calcio nipponico, in bagno e
lo stese sul fasciatoio. Aprì i due adesivi che tenevano chiuso il pannolino con
noncuranza.
Non essendo preparato a quella tremenda puzza, strabuzzò gli occhi e fece un
passo indietro per allontanarsi, rischiando che suo figlio rotolasse giù,
finendo a terra.
Lo riagguantò appena in tempo.
Doveva rimanere calmo e sbrigarsi. Cercò di visualizzare i gesti che aveva
visto fare a sua moglie.
Buttare il pannolino contaminato. Fatto.
Salviettine salvavita (la sua). Fatto.
Crema protettiva da spalmare in quantità industriale. Fatto.
Mancava solo il pannolino pulito.
Si voltò per prenderne uno e, con orrore, si rese conto che la confezione si
trovava fuori dalla sua portata. Tenendo il bimbo con una mano si allungò il più
possibile, due dita sfioravano il suo "passaporto per la salvezza" senza
riuscire ad acchiapparlo.
Cominciò a sbraitare una serie di maledizioni sperando che, magicamente, il
suo braccio si allungasse di un centimetro.
Un solo, semplicissimo, infinitesimale centimetro.
Stringendo i denti si tese al massimo, rifiutando testardamente di darsi per
vinto, e riuscì ad afferrare l’agognato pannolino.
Quando finalmente quella tortura finì si passò un braccio sulla fronte per
asciugare il sudore.
Mai più giurò a se stesso.
Mai più!
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Le migliori qualità di Ryo erano l’impegno e la testardaggine. Queste caratteristiche l’avevano aiutato a migliorarsi nel calcio fino a diventare un giocatore della Nazionale Nipponica e lui ne andava estremamente orgoglioso.
Ma aveva smesso di essere ingenuo. L’infinita fiducia nel prossimo, soprattutto nel suo capitano Tsubasa, era solo un lontano ricordo ormai.