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Autore: Briseide    27/07/2008    3 recensioni
Sembrava che i suoi occhi gli chiedessero ti ho davvero fatto così male?, e lui in quel momento era così stanco e ubriaco, e stanco di essere ubriaco, che avrebbe solo risposto di sì.
[Mark/Addison][spoiler fino alla III stagione]
Genere: Malinconico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Addison Montgomery Sheperd, Mark Sloan
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Put down your hands

L'amore ha la virtù di denudare non i due amanti l'uno di fronte all'altro,

ma ciascuno dei due davanti a sé.

[Cesare Pavese, “Il mestiere di vivere”]

Era una sera come tante, dopotutto, aveva pensato mentre Joe gli lanciava un’occhiata preoccupata mettendogli davanti il terzo bicchiere di scotch. Di proposito lo aveva riempito meno degli altri, non tanto perché non volesse gente ubriaca nel suo locale, erano sempre tutti ubriachi lì e al momento di chiudere lo era anche lui, quanto più perché ne aveva abbastanza di vedere Mark Sloane ubriaco, dalla sera in cui Addison aveva preso un volo per Los Angeles, senza guardare in faccia nessuno, perché sarebbe stato troppo difficile per una come lei salutare faccia dopo faccia ogni persona conosciuta.

Era passata da lui, Joe, e gli aveva chiesto un acqua tonica, poi tutto il saluto che gli aveva concesso era stato un sorriso, che Joe sapeva perfettamente non lasciava ad intendere che si sarebbero rivisti tanto presto.

“Stasera niente Jenna, Claire, Kitty, Carol?” gli aveva domandato poggiando i gomiti sul bancone. Mark non aveva alzato neanche lo sguardo dal bicchiere che aveva davanti, troppo preso in altro per prendere atto che intorno a lui ci fosse un mondo fatto di persone vive. Quella sera tutto quello che riusciva a vedere era Addison sul fondo di quel bicchiere. Era un’immagine tanto intensa da dargli l’impressione che fosse realmente lì e lo guardasse in quel modo tutto suo, un po’ languido e un po’ ironico, e per un attimo non desiderò altro che poterla avere lì, davanti a sé, anche lontana, non avrebbe avuto importanza. Non poteva essere più lontana di quanto già non fosse da lui, e più vicina di quanto già non fosse al suo cuore e ai suoi pensieri. Anche quella sera era ubriaco di lei e della sua assenza.

Sembrava che i suoi occhi gli chiedessero ti ho davvero fatto così male?, e lui in quel momento era così stanco e ubriaco, e stanco di essere ubriaco, che avrebbe solo risposto di sì. E poi avrebbe fatto l’amore con lei, perché c’erano solo due momenti in cui riusciva a liberarsi di tutto quel dolore, uno quando era troppo ubriaco persino per imprecare sbattendo la testa contro il lavandino, e uno quando era con Addison e l’aveva tutta per sé. Quando poteva stringerla tra le braccia e respirare il suo odore perdendosi nella speranza di ritrovarvi anche un po’ del proprio. Fare l’amore con Addison voleva dire spogliarsi di ogni oggetto e pensiero ingombranti che non fossero l’assoluto e incontestabile desiderio di lei. Voleva dire cercare il suo sguardo e poi evitarlo perché di improvviso troppo intenso. Gli sembrava di non avere mai abbastanza con lei, di non essere sufficiente per lei, di non averne le qualifiche.

Mark era stato per Addison l’altro uomo, tanto quanto adesso continuava ad essere il diversivo per tutte le altre. Tuttavia tra i due ruoli solo uno lo spingeva ad affogare se stesso in un bicchiere di scotch.

Seattle poi non gli era mai piaciuta, aveva un che di spettrale, mai un sorriso dalla gente, mai un raggio di sole gratuito la mattina. La casa a cui tornare dopo una giornata di lavoro era il fondo del bicchiere, di gran lunga più caloroso e confortevole dei muri spogli nella sua stanza d’albergo. Quando era arrivato a Seattle non si era preoccupato di cercare un appartamento, non voleva distrazioni da quello che era il progetto più ambizioso della sua vita: portare Addison a casa. In una casa vera. Dove avrebbero parlato per silenzi, fatto sesso su ogni superficie e l’amore nel loro letto. Una casa con una serratura che si sarebbe aperta solo con le loro chiavi, che avrebbe custodito la loro intimità; con un divano su cui dormire la volta che avrebbero discusso per qualcosa e una cucina intonsa, con un tavolo in marmo su cui avrebbero poggiato la cena take-away comprata lungo la strada di casa. Aveva così tanto da condividere con Addison, a partire da se stesso.

Lei però non aveva voluto credere che fosse vero. Era stato molto più comodo per lei barricarsi dietro alla sofferenza di una storia finita, di un bambino perso, piuttosto che raccoglierne i pezzi, metterli da parte e cominciare da capo una storia che aveva una parte già scritta. Sembrava che per lei fosse inconcepibile concedersi una seconda possibilità, molto più difficile che concederla a Mark stesso forse. Addison aveva tirato dritta per la sua strada, troppo presa a fuggire dalla propria infelicità per rendersi conto che in quella furia di orgoglio e rimpianto stava travolgendo anche la soluzione a quella sua sofferenza.

Inspiegabilmente Mark ci era caduto di nuovo. Era arrivato fino a Seattle per lei, ma Addison non lo aveva lasciato parlare, non aveva voluto ascoltare ed erano di nuovo finiti a letto insieme quasi senza rendersene conto, in un letto che per l’ennesima volta non era il loro. Non era quello che Mark avrebbe voluto per sé e per Addison, sapeva che avrebbe dovuto fermare quella che sarebbe stata la propria inevitabile disfatta. Mentre imprimeva il segno delle proprie dita sulla pelle chiara delle spalle di Addison e sentiva il suo respiro confondersi col proprio, avrebbe dovuto sentirsi offeso, inascoltato, rifiutato per l’ennesima volta. Averlo per una notte, agli occhi di Addison, era stato più importante – più urgente – che averlo forse per tutta la vita.

Aveva sussurrato il suo nome stringendola a sé, nella sua voce risuonava una consapevolezza tenera e struggente. Avrebbe dovuto pretendere molto di più da lei, ma era un uomo, lei era bella come sempre e gli mancava il colore dei suoi capelli, il suono della sua voce, il suo odore sulla pelle, il peso del suo corpo contro il proprio, il respirare piano e appena affannato dopo aver fatto l’amore, perché aveva un soffio al cuore diagnosticatole da bambina.

Aveva così tanto rancore nei confronti di Addison e tuttavia non riusciva ad esprimerlo. Ogni volta lei era semplicemente troppo, era oltre qualsiasi altra sensazione, prendeva il sopravvento su di lui e sulle sue ragioni, perché l’amore era così, aveva scoperto, acceca e stordisce, e sentiva di non aver mai amato niente e nessuno nella sua vita tanto quanto aveva amato Addison. E non era stato perché non poteva averla, perché scopare con la moglie del suo migliore amico in casa sua era qualcosa di dannatamente eccitante. Sì, all’inizio forse lo aveva pensato, ma poi era venuto tutto il resto, come il timore di essere scoperti perché avevano iniziato a comprendere quanto tutto quello fosse a conti fatti un tradimento, perché perpetrato con sentimento. Non trovava minimamente piacevole fare l’amore con lei in casa di Derek perché si sentiva di nuovo un ospite, aveva l’impressione di rubare qualcosa che mai avrebbe potuto avere per sé perché non aveva prezzo.

Addison non aveva prezzo.

Non che non ci avesse pensato. L’amicizia con Derek era una delle poche cose di valore che avesse conservato nella propria vita, ma non lo faceva sentire allo stesso modo in cui si sentiva quando Addison posava gli occhi su di lui, o gli rivolgeva la parola o faceva di tutto per non guardarlo, credendo che lui non se ne accorgesse.

Addison lo faceva sentire vivo e desiderato per qualcosa che esulava il mero contatto fisico e la qualità delle sue prestazioni. E lui non era andato a letto con Addison solo perché era una bella donna, anche se aveva cercato di limitarsi a quello credendolo persino possibile. Sembrava che tolto lo sfizio ogni cosa potesse tornare al proprio posto, ma poi quell’errore si era ripetuto più volte, fino a che era parso evidente a tutti e due che non si trattava affatto di uno sfizio, quanto più di una necessità.

Mark sapeva di dare ad Addison qualcosa che in Derek non trovava più o forse – così lui sperava – non aveva mai trovato. Al tempo stesso stare con Addison era una sensazione del tutto nuova, ogni volta era come tornare ad un mondo a colori dopo il grigiore della vita quotidiana. Lui era abituato a volere il meglio per sé, voleva una vita in technicolor, voleva dividerla con Addison.

Il sentimento per lei era diventato talmente intenso che delle volte quando nel bel mezzo della giornata si soffermava sul pensiero di lei, quasi dimenticava che non fosse una donna qualunque, ma la moglie di Derek.

La situazione era sfuggita loro di mano e avevano indugiato un attimo di troppo prima di cercare di riafferrarla, ormai tutto era andato perso. I castelli di carta che avevano costruito intorno al loro rapporto erano stati spazzati via in una sera quando Derek era tornato a casa prima del previsto.

Solo allora Mark aveva preso atto di quanto in là si fossero spinti lui ed Addison, di quanto compromettente era stato tutto quello, e nonostante Derek lo stesse guardando con un’aria di incredulità dolore e disgusto, Mark non aveva potuto fare a meno di sentirsi un uomo orribile sì, dispiaciuto ma forse per il motivo sbagliato. Dispiaciuto per non aver potuto fare a meno che accadesse, dispiaciuto per il suo bisogno di avere a fianco Addison.

Lei aveva cercato di dire qualcosa ma in fin dei conti non c’era niente da dire, e niente che Derek avrebbe voluto ascoltare.

L’aveva sentita piangere e in quel momento aveva capito che qualcosa si stava spezzando. Che il matrimonio tra Derek ed Addison era finito e che al tempo stesso con quello era finita anche la loro storia.

···

Le cose con Addison non erano mai state facili. Lei non era una persona facile, chiusa in quella sua diffidenza, sempre pronta a mettere le mani avanti, a sacrificare quello che il cuore le avrebbe detto in nome di quello che le sembrava più giusto, o meno sbagliato.

Quando il suo matrimonio con Derek era inevitabilmente naufragato non aveva voluto sentire ragioni, certa che il vero obiettivo fosse cercare un modo per rimettere a posto le cose e non prendere atto che qualcosa del loro rapporto si era perso lungo la strada.

Mark del resto non era mai stato tanto intransigente con se stesso e i propri desideri. Consapevole di non aver mai guardato Addison con gli occhi dell’innocenza e del disinteresse, aveva capito che avrebbe dovuto allontanarsi da Derek per un po’, per non dover più avere a che fare con Addison, dare loro tempo e modo di riprendere in mano le redini del loro matrimonio e recuperare la situazione o lasciarsi in pace, con la consapevolezza di due adulti e non la stizza di due bambini.

Invece non aveva fatto niente di tutto questo, perché Addison era semplicemente troppo bella e brillante, gli piaceva parlare con lei, cercare nel fondo del suo sguardo il sentimento della giornata, dividere con lei un bicchiere di vino in attesa che Derek staccasse dal turno e li raggiungesse per cena. Era facile scherzare con lei, la sua ironia era a completa disposizione dell’altro, parlava di sé come dell’essere più imperfetto della terra e si prendeva in giro con un’abilità invidiabile per uno come Mark, che non faceva altro che mentire a se stesso e a chi aveva a che fare con lui.

Parlavano spesso delle conquiste di Mark, dei piccoli trofei rimasti in giro per casa con una noncuranza quasi comica, dei rossetti o altri oggetti personali che le donne che si portava a letto si ostinavano a fingere di dimenticare lì, nella speranza di essere chiamate di nuovo o di poter tornare a casa sua. Di come quelle speranze venissero irrimediabilmente infrante con puntualità. Mark ne aveva riso fino a quando si era reso conto che non fosse poi così divertente. Nell’ironia di Addison era come nascosta una verità più profonda. Che non era tutta lì l’essenza della vita. Che c’era molto altro da cercare, che l’uomo per natura ha bisogno di condividere qualcosa con gli altri e che frequentare volti sconosciuti ogni sera non faceva altro che aprire quella voragine che lui sentiva all’altezza del petto da sempre. Era come se tutto quel fare sesso non lo arricchisse minimamente a dispetto del tempo passato con Addison.

Derek non aveva mai voglia di tornare a casa e spesso si tratteneva in corsia, ad alimentare le speranze di qualche infermiera e i sogni di qualche collega su quella fede che aveva al dito e che sembrava pesare così tanto sulla sua mano. Durante quel tempo Mark non aveva avuto altrettanti problemi a rimpiazzare la sua assenza, fino a quando le cose non erano degenerate.

La prima volta che avevano fatto l’amore era stato quasi per sbaglio o così loro avevano voluto raccontare a se stessi. Fuori pioveva a dirotto, Derek aveva lasciato un messaggio in segreteria, troppo distratto o preso a scappare da sua moglie perché potesse avere voglia e coraggio di sentire la sua voce per telefono. Addison era tornata a casa e aveva preso atto di essere quasi al capolinea. Tutto sommato neanche lei voleva sentire la voce di Derek, ultimamente di lui non riconosceva più neanche quella, e per quanto avesse un carattere forte a quanto dicevano gli altri di lei, quell’improvviso non riconoscersi le faceva male.

Mark quella sera era passato a casa loro, in cerca di Derek e invece aveva trovato lei, confusa, arrabbiata, delusa e pericolosamente triste. Lui aveva sulle spalle il peso della solita routine, era passato a casa per farsi una doccia e togliersi di dosso il profumo alla cannella dell’infermiera di pediatria e la solita sensazione di grigiore con cui concludeva la giornata. Aveva voglia di bere qualcosa e non pensare, tanto per cambiare, pensando che Derek fosse più o meno nelle stesse condizioni.

Ma poi aveva visto Addison e capito subito che per sua parte ormai ogni cosa era compromessa. Lo aveva capito nell’attimo in cui aveva smesso di pensare a lei come la moglie del suo migliore amico, vedendola invece come la donna meravigliosa che era, persa nel suo involucro di imperfezione e insoddisfazioni che sapeva avrebbe potuto dividere con lui.

“Derek sta flirtando con il cervello di qualche paziente” gli aveva detto scostandosi dalla porta per lasciarlo entrare e solo dopo gli aveva posto l’invito a farlo. Quando Mark si era già chiuso la porta alle spalle e stava commentando sulle pessime abitudini del suo amico, con un’ironia che stavolta suonava falsa e vuota e non raggiungeva i suoi occhi.

“Vino?” aveva chiesto Addison, ignorando di nuovo la risposta e versandone un pò in un bicchiere. Mark non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, sapeva che avrebbe dovuto, che tutto quello non era affatto conveniente, ma aveva presto scoperto che con Addison le cose non potevano andare che così. Magnetiche e incontrollate.

Dal canto suo Addison stava facendo di tutto per non soffermarsi su di lui. Versare del vino, sistemare qualche oggetto perfettamente al suo posto in cucina, nel tentativo di non pensare a quanto fosse familiare vederlo seduto lì al tavolo, naturale averlo intorno, piacevole sentire la sua voce per le stanze di quella casa, a quanto tutte quelle sere passate con lui in attesa di Derek avessero preso l’aspetto di un appuntamento. Ché con il tempo si era resa conto di aspettare il suono del campanello alle otto meno venti, e anche quella sera si era chiesta se Mark sarebbe passato di lì.

“Così Derek trova una sinapsi più sexy di te, mh?” aveva detto con il solito sorriso obliquo prendendo il bicchiere che lei gli porgeva. Addison lo aveva fulminato con lo sguardo e avvertito una sorta di corto circuito al cuore quando le era sembrato che Mark fosse molto più a suo agio di suo marito in quella cucina con lei.

Entrambi avevano avuto bisogno di molti diversivi per smettere di guardare con quella intensità tanto compromettente negli occhi dell’altro, così i bicchieri di vino si erano susseguiti ottenendo probabilmente il risultato opposto. Addison era ancora più bella e a quel tempo non esprimeva mai giudizi su di lui. Era stato facile chinarsi verso di lei e baciarla, ad un certo punto.

Lei non aveva detto niente, e aveva avvicinato il suo viso per baciarlo ancora, con una foga troppo disperata per potergli dare la certezza che lo volesse davvero. Ma sul momento aveva deciso che poteva non pensarci, aveva continuato a baciarla, rendendosi conto che non aveva desiderato altro dal primo giorno che la aveva vista forse. Era la prima volta che sentiva se stesso realizzarsi in qualcosa senza dover rinunciare ad alcuna parte di sé. Non doveva fingere una galanteria divertente ma che alla lunga si sarebbe rivelata stancante; non doveva promettere niente che non potesse poi dare realmente perché niente se non se stesso era tutto quello che Addison gli stava chiedendo.

Dopo quella sera ce ne erano state altre, molte altre, e lui aveva iniziato a sentire di avere un posto, una parte in tutta quella vicenda, e non solo nel matrimonio del suo migliore amico, ma anche nel cuore di sua moglie.

Poi Derek aveva scoperto tutto, Addison aveva scoperto di essere incinta e aveva abortito concedendo alla loro relazione solo due mesi di fiducia, salvo poi partire alla volta di Seattle per riprendersi suo marito.

E a Mark non era rimasto altro che un pugno di cenere tra le mani, ricordo del fuoco che c’era stato prima e che si era spento di improvviso, quando Addison non aveva scelto lui.

La parte più difficile del tutto era stato dover accettare l’idea che Addison aveva di lui. Aveva condiviso con lei un letto, bicchieri di vino e conversazioni ironiche e sincere, che solo in un secondo momento si erano fatte diversamente maliziose; le aveva concesso parti di sé che neanche era certo di avere, ma lo aveva fatto senza remore e senza chiedere altro in cambio, in primo luogo perché era successo senza che potesse accorgersene, e poi perché Addison lo ricambiava con la sua presenza ed era tutto quello che lui potesse chiedere. Non aveva messo in conto un coinvolgimento tanto profondo e radicato, ma quando era successo aveva accettato il fatto come naturale evoluzione di un sentimento sincero e spontaneo ed era ben disposto a farci i conti. Non era una frase fatta, non era una bugia dovuta ad un senso di colpa latente e non era una convinzione vana sull’onda dell’emozione del momento. Anche adesso poteva dire a ragione di aver amato Addison, davvero, di un sentimento sincero e irreprensibile e per questo non poteva essere sbagliato. Forse aveva sbagliato i modi, ma non aveva mentito, né a se stesso né a lei e tanto meno a Derek.

Non poteva fare a meno di sentirsi tradito, ferito nell’orgoglio ma ancora più nel sentimento come un bambino, da parte di Addison. Ma soprattutto non riusciva a sopportare il bruciore scottante di quella ferita che lei gli aveva inferto senza neanche guardarlo negli occhi, quando aveva deciso di volere un figlio solo da Derek e di non volerlo da lui.

Avrebbe potuto dire molte cose in risposta che non avevano trovato il suono della parola, perché allora a stento era riuscito a rimanere in piedi dopo il colpo ricevuto.

Come poteva volere un figlio da Derek? Da Derek che non la amava più, che era stanco e distratto nei suoi confronti, che la notte rimaneva in corsia e non aveva voglia di sentirla al telefono; come poteva volere un figlio da un rapporto che era ormai logoro, non che la colpa fosse di qualcuno, ma di fatto lo era, non avevano più niente da darsi, niente da dirsi o raccontarsi che non fosse già stato detto o tentato. La terapia di coppia, il fine settimana al lago lontano dallo stress della vita quotidiana, neanche quelli erano serviti a qualcosa, se non a far diventare matto Mark al pensiero di saperla lontano da lui con suo marito. Con suo marito, che altro non era se non il suo migliore amico. Aveva taciuto quel pensiero perché sapeva che fosse giusto così, provare ogni rimedio prima di lasciare che anni di matrimonio finissero buttati al cesso. Eppure non aveva funzionato lo stesso, perché l’amore di un tempo era svanito. Perché Derek non era più disposto a mettersi in gioco in quel rapporto ed Addison neanche, non avevano altro da dare l’uno all’altra se non il ricordo dei tempi di una volta.

Nonostante tutto questo, Addison voleva Derek.

E l’errore più grande che Mark potesse mettere in cassa lo aveva fatto lasciandola partire per Seattle senza dirle niente di tutto quello.

···

Quando l’aveva rivista di nuovo a Seattle non aveva minimamente idea di cosa avrebbe detto o fatto in seguito. Addison lo aveva guardato con uno sguardo pieno di sorpresa e quasi commozione nel saperlo lì per lei, tuttavia non aveva voluto concedersi il beneficio del dubbio, preferendo cancellare subito quell’ipotesi tanto assurda che qualcuno potesse desiderarla tanto intensamente da seguirla fino a lì.

Mark la conosceva bene, sapeva che sarebbe successo. Che avrebbe eretto mura invalicabili intorno al suo cuore, che non avrebbe permesso a nessuno di lasciarvi traccia come avevano fatto quei due uomini un tempo.

Derek non aveva voluto parlargli, chiuso in una comprensibile ostilità e Mark aveva dovuto fare i conti anche con quello. Tutto ciò che aveva perso era di nuovo davanti a lui, in uno sguardo acuminato del migliore amico e nel bagliore degli occhi dell’unica donna che avesse mai amato.

Aveva iniziato il suo lavoro lì, assistendo alla definitiva conclusione della storia tra Derek ed Addison quasi in silenzio. Lottando ogni giorno contro l’impulso di afferrare il polso sottile di Addison nel bel mezzo di un corridoio dell’ospedale e trascinarla nella più vicina saletta medica, aveva finito con il trascinarci più di una donna, come sostituta di Addison, che di tornare con lui non voleva saperne.

Mark era consapevole di non averle dato molte rassicurazioni in merito, fin da quando la loro storia era finita prima di Seattle. Ma quello era il suo modo di risolvere i problemi, tornare alle origini, dal momento che il tentativo di essere un uomo nuovo e migliore con lei era fallito. Era tornato a fare sesso con una diversa ogni sera, l’importante era che non avesse i capelli rossi, che non si chiamasse Addison, che non sapesse accarezzarlo come lei sapeva fare, che non gli ricordasse niente di lei.

Aveva miseramente fallito anche in quello, solo che Addison non poteva saperlo.

Ché ogni donna che si era portato in quella saletta aveva come unica particolarità il non essere Addison, e glielo sbatteva in faccia senza alcuna pietà o comprensione. Più faceva sesso con loro più sapeva di non poter fare l’amore con Addison. Poteva lanciare le più svariate occhiate a chiunque nel corridoio dell’ospedale, e chi più reticente chi meno sapeva lo avrebbero seguito. Tutte ma non lei. Perché Derek era ancora tra loro, perché era ferita e spaventata, perché non si fidava di lui, perché aveva abortito quello che avrebbe potuto essere loro figlio, perché aveva perso un marito e fiducia in se stessa. Perché aveva perso lui e la verità era che spesso ne sentiva la mancanza.

Che si domandava come sarebbe stato e per quanto le sembrasse assurdo, la curiosità persisteva, resistendo a qualsiasi opposizione la sua logica le proponesse.

Mark non sarebbe stato un buon padre, in realtà non aveva mai voluto esserlo, era solo un modo per rimproverare la sua decisione di seguire Derek e non rimanere con lui. Sarebbe stato pessimo, distratto e oltremodo diseducativo, troppo narcisista per potersi prendere cura di qualcuno che non fosse se stesso, distraendosi allo specchio. Presto si sarebbe sentito soffocare da quel ruolo e avrebbe trovato un modo per fuggire alle proprie responsabilità. Lei sarebbe rimasta sola allora, con un figlio e il rimpianto di amare di nuovo un uomo che non poteva amarla tanto a lungo da creare una famiglia con lei. Non voleva passarci di nuovo.

Mark le mancava, ma non voleva passarci di nuovo.

Eppure la sua determinazione la aveva fatta vacillare un momento. Aveva pensato che fosse orgoglio maschile, una questione di pareggiamento di conti tra lui e Derek, che volesse solo dimostrare a se stesso di poterla avere. Ma poi fuori dalla sala operatoria la volta che c’era stata quell’infezione con il paziente e lei era dovuta entrare nella camera iperbarica per aggiustare il tubo di respirazione, l’aveva afferrata con una tale fermezza da lasciarla senza fiato. Ti tengo le aveva detto più volte, e lei in quel momento gli aveva creduto, perché aveva sentito quanto fosse vero. La teneva stretta contro di sé anche quando il giramento di testa era passato e non ce ne sarebbe stato più bisogno. Aveva voluto credergli. Lui aveva fatto sesso con Callie più di una volta, ma lei aveva voluto credere che per una volta fosse sincero, proprio perché quelle non erano parole, quella stretta non poteva disperdersi fugacemente tanto presto.

Nel tentativo di tutelare se stessa gli aveva proposto quella stupida scommessa. Sessanta giorni senza fare sesso e gli avrebbe concesso una seconda opportunità, perché infondo era quello che voleva anche lei.

Avevano fallito anche in quello, tutti e due, così stupidamente insicuri e diffidenti. A loro modo rancorosi nei confronti dell’altro, di nuovo il gioco era stato quello del sferrare il colpo per primi, e la partita l’avevano persa in due.

Karev non aveva niente a che vedere con Addison, ma era stato un buon modo per tacitare questioni troppo dolorose per essere affrontate, le sembrava di non avere i mezzi, che ogni cosa le sfuggisse di mano, che dovesse ancora dimostrare qualcosa a se stessa e agli altri, e alla fine era successo.

Forse non era poi destino che lei e Mark stessero insieme. Lui aveva ammesso di essere altrettanto colpevole, di non aver rispettato i patti, e Addison aveva dovuto fare appello ad ogni sua forza per non lasciare ad intendere quanto quello l’avesse ferita, sebbene lei non fosse nella giusta posizione per poter parlare. Il pensiero di Mark a letto con qualcun'altra le era divenuto di nuovo insopportabile durante il tempo di quella scommessa, e sapeva che era successo perché aveva avuto la possibilità di pensare di averlo per sé, sempre, e di essere sua, sempre, un rapporto esclusivo come quello di cui aveva diffidato tempo prima, stupidamente. Addison non era brava a concedere seconde occasioni, non le concedeva mai neanche a se stessa, figurarsi se riuscisse a farlo con altri. Con Mark ci aveva provato perché davvero aveva sperato che questa volta funzionasse, ma poi era venuta fuori la verità, che erano entrambi troppo feriti e doloranti per poter essere onesti con se stessi e con gli altri. Troppo danneggiati per amare sinceramente senza altre implicazioni.

Avevano avuto il loro tempo, prima che Derek venisse a sapere del tradimento. Durante quel tempo si erano davvero amati, sinceramente, poi il loro tempo era finito. Mark era convinto fosse stata Addison a decidere che fosse così, ma non poteva dire di non averne approfittato a suo modo. Donne e alcool, quella era stata la via più facile per riparare lo strappo, e infatti, era stata la via del fallimento.

Di nuovo solo, con la propria menzogna e di nuovo ferito da Addison in un modo che lei di certo non poteva immaginare. Perché se lo avesse saputo, in nome di quei mesi passati a fare l’amore e ad amarsi di nascosto, avrebbe cercato un modo per evitarlo.

Tradito per l’ennesima volta dalla donna della sua vita. Mentire e inventare di aver fatto sesso a sua volta era stata la prima cosa che gli era venuta in mente di fare.

Non sapeva dire cosa lo facesse sentire più miserabile, se sapere che Addison aveva rotto la scommessa con quel Karev, o se essere costretto a mentirle.

O se vederla andare via per la seconda volta, di nuovo senza di lui.

Fine.

Piccole Note.

E' una lettura personale della loro storia, non ho la pretesa di essere stata oggettiva perchè li amo troppo XD
In compenso non ho citato Meredith così da non dover coniare difficili neologismi dovendola definire in qualche spiacevole modo.
Commenti sono sempre accettati volentieri =)

  
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