Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Lily Liddell    13/05/2014    0 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2x02 L’incendio
 
Il denso fumo nero continua ad avvolgerci; prima di fare qualsiasi altra cosa cerco di capire da dove provengano le fiamme, ma ormai è praticamente impossibile farlo, sono quasi ovunque.
Prima che possano raggiungere le scale, afferro sgraziatamente per un braccio Anita e Alex e li spingo avanti a me, costringendoli a camminare.
Loro due sono sotto shock, Lavinia piange terrorizzata. Quando arriviamo al piano di sotto il caldo è insopportabile, gli occhi lacrimano per il troppo fumo e a stento riesco a respirare.
La puzza di bruciato è asfissiante. Volto velocemente la testa verso sinistra, la cucina e il salotto sono completamente avvolti dalle fiamme, ma la porta d’ingresso è ancora intatta.
Continuando a spingerli davanti a me, cerco di evitare di bruciarmi con la tendina accanto alla finestra e apro velocemente la porta di casa.
Non appena la porta è aperta, dietro di me sento ruggire le fiamme che si espandono ancora più velocemente.
Spingo fuori i ragazzi e inspiro profondamente; cerco di liberare i polmoni prendendo una boccata d’aria e provo a schiarire i pensieri.
Sollevo la testa per guardarmi intorno, le luci delle case sono tutte spente, non so che cosa fare. Le gambe mi fanno male per l’adrenalina che scorre nelle vene, sento il cuore battermi in gola e quasi non riesco a parlare quando ci provo.
Deglutisco dolorosamente e mi volto verso la casa in fiamme, improvvisamente un pensiero orribile mi sfiora la mente e lo stomaco si chiude in una morsa.
Afferro per le spalle Alex. “Va a chiamare aiuto.” Il suono della mia stessa voce arriva estraneo alle mie orecchie, più rauco e basso, probabilmente per tutto il fumo che ho inalato.
Alex però non si muove, mi fissa catatonico e allora gli scrollo vigorosamente le spalle. “Va a chiamare aiuto, capito? Io devo tornare dentro.”
A quel punto Alex sembra riprendersi, annuisce e senza dire una parola corre via, diretto verso la casa di Katniss e Peeta.
Anita mette giù Lavinia che mi allaccia le braccia attorno alla vita, strofinando il volto contro il mio stomaco. “No, resta qui.” Dice fra un singhiozzo e un altro.
La faccio allontanare spostandola delicatamente e mi assicuro che sia di nuovo fra le braccia di Anita. “Non posso lasciare Pumpkin lì dentro.” Spiego alle due bambine, poi le incito ad allontanarsi e ad andare anche loro verso la casa di Peeta. “Non restate qui, è pericoloso.”
Aspetto che si siano allontanate di qualche passo prima di voltarmi e tornare dentro, immediatamente il fumo mi circonda di nuovo.
Le fiamme hanno divorato la maggior parte del salotto, i mobiletti della cucina sono accartocciati su loro stessi; non appena le fiamme raggiungeranno anche il forno a gas ci sarà un’enorme esplosione e non voglio essere presente quando succederà.
Continuando a tossire mi dirigo velocemente verso le scale, l’ultima volta che l’ho visto stava scappando in camera mia, probabilmente terrorizzato dal fuoco. Spero solo non si sia mosso.
Appena metto piede sul primo scalino, questo quasi cede.
Sudore e cenere si stanno cominciando a mischiare sulla mia fronte, vorrei scappare, vorrei raggiungere i ragazzi, ma so che non me lo perdonerei mai, devo almeno provare.
Quel gatto è parte della mia famiglia, non è sopravvissuto ad una guerra per morire bruciato vivo in un incendio, e nemmeno io.
Riesco a raggiungere il secondo piano, ma ormai le fiamme sono anche qui.
La mia camera è ancora intatta, ma il fumo è già presente e si sta condensando, diventando sempre più denso.
Faccio fatica a respirare, lacrime e fumo impediscono ai miei occhi di vedere quello che mi circonda e finisco per sbattere contro il bordo del letto e rovino con il viso per terra.
L’impatto è duro, i riflessi sono compromessi e sento l’inconfondibile sapore metallico del sangue che m’invade la bocca.
Tossisco ancora, questa volta senza riuscire a reprimere un conato di vomito.
Quando provo a sollevare la testa non ci riesco, comincio a credere che invece è proprio così che finirà.
Chiudo gli occhi e cerco di restare concentrata, ma i miei polmoni hanno bisogno di ossigeno e qui non ne è rimasta traccia.
Haymitch mi odierà a morte quando scoprirà che sono morta per salvare la vita ad un gatto…

Voci confuse mi ronzano nelle orecchie, non capisco che cosa stanno dicendo. Sono lontane, lontanissime.
Gli occhi si aprono piano, automaticamente. Qualcuno torreggia sopra di me, guardandomi con quella che credo sia apprensione.
Non ho idea di chi sia.
Le sue labbra si muovono ma alle orecchie non arriva nulla. Credo stia pronunciando il mio nome…
Sollevo una mano e la porto alla bocca ma non riesco a toccarmi le labbra, sono protette da qualcosa. Faccio scorrere le dita sull’oggetto che mi hanno poggiato in faccia e scopro che mi copre bocca e naso.
Cerco di tirarmi su e l’uomo che mi parlava ora mi aiuta a sedermi, ho un cerchio alla testa ma ora riesco a capire meglio le voci che mi circondano.
È un vociare frenetico e confuso. Ho una fitta allo stomaco e digrigno i denti.
Dove mi trovo?
Sbatto le palpebre più volte e poi mi guardo intorno, sono per strada. Le mani cadono lungo il corpo e cerco di alzarmi.
Sono sollevata da terra, abbasso lo sguardo e mi rendo conto di essere stata stesa su un lettino. Perché?
È notte ma non è buio. Tutte le luci delle case sono accese, mi gira la testa a passare lo sguardo su ognuna e la vista si sdoppia per un istante.
Che cosa è successo?
Sono ancora confusa e disorientata, non riesco a focalizzare l’attenzione su nulla. Chiudo gli occhi e inspiro profondamente, le mie narici captano qualcosa, un odore acre e penetrante che impregna l’aria, poi qualcosa mi distrae. Lo starnazzare inconfondibile delle oche di Haymitch. Quelle bestiacce devono essersi terrorizzate a causa dell’incendio. In un attimo un lampo mi trapassa il cervello. L’incendio.
Finalmente i miei occhi si poggiano sulla casa in fiamme. Come ho fatto a non notarla prima? È casa mia.
Poco alla volta i ricordi riaffiorano alla mente, l’immagine di Alex che viene a svegliarmi, Lavina che grida e Anita che la prende in braccio.
Per un attimo il mio cuore sembra fermarsi, mi guardo intorno e li trovo subito. Anita e Alex sono a due metri da me, stanno bene. Hanno delle mascherine sul volto.
Automaticamente risollevo di nuovo la mia mano e le dita riprendono a toccare il mio viso, per rendermi conto che l’oggetto che avevo sentito prima non è nient’altro che una mascherina per l’ossigeno.
I miei occhi tornano alla casa, il fuoco non è ancora stato spento ma molti stanno facendo del loro meglio per occuparsene.
Le fiamme sono molto più basse di quanto ricordassi, credo si siano quasi estinte; riconosco Peeta, è sul mio portico e assieme ad altri uomini di cui non ricordo il nome sta tirando secchiate su secchiate d’acqua all’interno della casa.
Dalla porta principale esce qualcuno, se possono entrare e uscire allora vuol dire che avevo ragione: sono quasi riusciti a spegnere l’incendio.
Con quel pensiero in mente mi metto in piedi e mi tolgo la mascherina, l’uomo che è stato sempre al mio fianco cerca di farmela rimettere, ma io scuoto la testa. “Sto bene.” Ancora una volta la voce è roca, ma almeno adesso è riconoscibile.
Faccio qualche passo per cercare di capire se riesco a stare in piedi e le gambe non mi abbandonano, quindi continuo ad avanzare.
Mi rendo conto che ci sono almeno tre grossi furgoni blindati con il sigillo della Capitale. Tutti hanno delle sirene lampeggianti e silenziose sul tettuccio.
Da uno di questi esce una donna vestita di bianco che si avvicina ad Alex e prende a pulirgli il viso dalla cenere incrostata.
Senza indugiare ulteriormente, mi avvicino anche io a loro. Sembrano ancora sconvolti, sono avvolti da coperte arancioni e hanno gli occhi arrossati.
“Abbiamo dato dei calmanti alla piccola, ora sta riposando sul furgone.” Mi dice la donna e registro a malapena l’informazione. Annuisco senza distogliere lo sguardo da Anita, le sposto appena i capelli dalla fronte e mi sporgo ad abbracciarla.
Lei ricambia subito l’abbraccio. “Pensavamo fossi morta.”
Mi sforzo di sorriderle e coinvolgo anche Alex nell’abbraccio appena la donna finisce di pulirgli il viso. Cerco di rassicurarli per un po’, poi voglio andare a vedere come sta Lavinia, anche solo per controllare che il suo sonno sia sereno.
Mi indirizzano ad un furgone e lo raggiungo lentamente, ho ancora un forte mal di testa ma mi sento molto meglio.
Aprono sotto i miei occhi il portellone sul retro e all’interno, oltre ai moltissimi kit di pronto soccorso, c’è anche un sacco a pelo dove Lavinia è rannicchiata in posizione fetale, sembra che stia bene. Il viso è pulito e rilassato, l’unica cosa che stona è la mascherina per l’ossigeno troppo grande per il suo piccolo viso.
“In un paio di giorni starà bene, ha respirato molto fumo.” Mi spiega un uomo in uniforme bianca, riconosco il suo viso, so di averlo già visto probabilmente in piazza, ma non ricordo il suo nome; poi si volta verso un gruppo di persone e allunga il braccio per indicare. “Se non fosse stato per Haymitch e Thom probabilmente saresti rimasta lì dentro.” Con questo si assicura prima che io stia bene, poi si scusa e si allontana, dicendo di dover tornare a dare una mano.
Riprendo a guardare il gruppo di persone che aveva indicato prima, alcuni si sono allontanati e ora sono rimasti solo in quattro, due uomini di cui non ricordo il nome, un ragazzo che riconosco come Thom e Haymitch. Si sta premendo con forza un fazzoletto sporco di sangue contro il collo.
Prima che possa avvicinarmi a loro, Peeta spunta al mio fianco con una grossa scatola fra le braccia, facendomi trasalire.
“Scusa.” Si affretta a dire. “Non volevo spaventarti. Stai bene?” Quando mi limito ad annuire Peeta appoggia la scatola sul retro del furgone e si passa una mano sulla fronte sudata. “Dentro c’è il tuo gatto.”
A quelle parole è come se avessi ricevuto un pugno in pieno stomaco. “È-?”
“Sedato.” Risponde immediatamente Peeta, sgranando gli occhi, cogliendo la mia paura e immediatamente mi sento più sollevata. Poi comincia a spiegare. “Ha fatto tantissime storie, era terrorizzato. Haymitch si è preso un paio di zampate quando lo ha tirato fuori da sotto il tuo letto.”
“Haymitch ha quasi perso un orecchio per evitare che quel sacco di pulci finisse arrostito.” La sua voce mi arriva alle spalle e quando mi volto noto subito la preoccupazione nei suoi occhi, nonostante il tono di voce sia duro.
Senza pensarci due volte e senza badare alla presenza di Peeta, gli allaccio le braccia al collo stringendolo in un abbraccio, che viene ricambiato quasi subito. “Mi dispiace.”
Devo combattere contro le lacrime per non farle uscire, continuo a ripetermi che non c’è motivo di piangere, stiamo tutti bene.
“Ti assicuro che se anche solo uno dei graffi dovesse fare infezione, gli tiro il collo personalmente.” Dice, senza smettere di abbracciarmi, tentando di suonare minaccioso, ma il tono di voce lo tradisce di nuovo.
“Grazie…”

Quella sera Haymitch ci ospita a casa sua, finché non troveremo un posto migliore, perché Peeta dice che Katniss è troppo scossa ed è meglio che la casa resti silenziosa.
La vista del fuoco ha riportato a galla terribili ricordi riguardanti la guerra e sua sorella Prim.
Peeta mi racconta come Alex è corso verso casa sua chiamando aiuto e di come nel giro di pochi minuti lui aveva mobilitato anche Haymitch e altri abitanti del Villaggio.
Mi racconta anche di come – anche se non lo ammetterà – Haymitch si sia fiondato nella casa in fiamme, costringendo Thom a seguirlo, non appena gli avevano detto che io ero ancora dentro perché volevo recuperare il mio gatto.
I giorni che seguono sono confusi e caotici, gli incubi di Alex tornano all’attacco e si sveglia più volte durante la notte, urlando. A nulla servono le pillole che hanno provato a prescrivergli. Non vuole più uscire di casa, è sempre nervoso e agitato.
Anita e Lavinia dopo le prime notti sono riuscite a recuperare un sonno decente, non peggiore di quello che avevano precedentemente all’incendio, comunque.
Hanno detto che probabilmente l’incendio è stato causato da un malfunzionamento in cucina. Non era mai successo prima, ma le case hanno quasi ottant’anni e con tutto quello che è successo dicono che non c’è troppo da meravigliarsi.
Peeta continua ad essere scettico al riguardo, ripetendo più volte che la casa era in perfette condizioni quando ci abitava lui, ma Haymitch lo ha convinto a non arrovellarsi troppo il cervello, che la cosa importante ora è che abbiamo un tetto sopra la testa.
Io dovrei sentirmi più in difficoltà, dovrei sentirmi obbligata nei suoi confronti perché ci ha preso in casa sua senza nemmeno lamentarsi – anche se questo posto è tutto fuorché adatto a dei bambini – e invece l’unica cosa che riesco a pensare a riguardo è che adesso non potrà più evitare di parlarmi.


A/N: Salve! Questa volta ce l’ho fatta ad aggiornare prima! :)
Scusatemi innanzitutto per il titolo pessimo di questo capitolo, ma se c’è qualcosa in cui faccio veramente schifo e dare i nomi ai capitoli…
Spero di non essere sforata troppo nell’OOC, perché sto trovando veramente tanta difficoltà nel trattare una Effie post-Mockingjay…
Giusto perché mi sembra doveroso, quando scrivo di Pumpkin lo immagino sempre come l'ho descritto in una precedente OS => cliccate qui, la foto si aprirà in un'altra pagina.

In verità non ho molto altro da aggiungere, quindi mi limito a ringraziarvi tutti per aver letto e se volete fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con un commento. :D
Spero di riuscire ad aggiornare in fretta, a presto
 

x Lily
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Lily Liddell