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Autore: Iris214    13/05/2014    3 recensioni
Seguito di "Between Blood and Love".
Dopo una divertente vacanza con Stefan, Liza torna in città intenta a voltare finalmente pagina. Ma le cose a Mystic Falls sembrano aver preso una piega inaspettata. Kol è apparentemente svanito nel nulla, mentre Klaus, seppur presente, sembra intenzionato a costruirsi un futuro con Caroline. Una nuova minaccia, nel frattempo, incombe sui protagonisti...
- Dal primo capitolo -
I capelli le ricadevano liberi sulle spalle, mossi appena dal vento che soffiava su Mystic Falls. Liza respirò quell'aria, immaginando fosse la stessa che, in quel momento e da qualche altra parte, stava accarezzando il viso e il corpo del ragazzo che amava. Ma dov'era Kol? Non riusciva a smettere di chiederselo, nonostante la consapevolezza che fosse sbagliato...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Kol Mikaelson, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dark Paradise'
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Bloody night

 

L'uomo muore sempre prima
di essere completamente nato.
Erich Fromm



Damon non chiuse occhio per tutta la notte. Aveva continuato a rigirarsi tra le mani l'invito che Joel gli aveva fatto recapitare dando, di tanto in tanto, un'occhiata perplessa e inquieta alla mappa che indicava il punto esatto in cui doveva trovarsi sua sorella ma che, in apparenza, corrispondeva al nulla. Ciò che stava capitando sembrava non avere una spiegazione logica e questo bastava a renderlo nervoso come mai prima di allora. E spaventato.
La stessa inquietudine la stava provando Kol, steso sul letto che, fino a poco tempo prima, aveva condiviso con Liza, con gli occhi aperti sul soffitto e la sensazione di essere completamente in balìa degli eventi. Il fatto di non avere il pieno controllo della situazione gli riempiva il cuore di rabbia e, al tempo stesso, di paura. Dov'era Liza in quel momento? Stava bene? Cosa sarebbe accaduto una volta al cospetto dell'uomo che, per più di mille anni, aveva covato in sé rancore e desiderio di vendetta nei suoi confronti? Non riusciva a darsi alcuna risposta, se non che, di lì a poco, si sarebbe ritrovato all'inferno.
Anche Stefan, dal canto suo, temeva il peggio. L'ultima volta che aveva visto sua sorella, lei gli aveva aperto il suo cuore e lo stesso aveva fatto lui, sentendola vicina proprio come quando erano bambini e cercavano vicendevolmente di farsi forza nei momenti più bui. Il vampiro aveva ancora impresso nella mente il sorriso della ragazza e quella determinazione che, anche di fronte alla più ostile difficoltà, non l'aveva abbandonata mai. Stefan sapeva che, ovunque si trovasse Liza in quel momento, stava lottando con tutte le sue forze per sopravvivere. Ed era certo che stesse pensando a lui, a Damon e Kol e a quel bambino a cui aveva donato gran parte dell'amore che si portava dentro. Questo, però, non bastò a rendere meno intenso il senso di oppressione che quasi gli impediva di respirare.
Le ore che precedettero la fatidica cena, i tre vampiri le passarono a organizzarsi – per quel che potevano – e a fingere di essere tranquilli solo per non gravare l'uno sul pessimo umore dell'altro.
«Allora siamo d'accordo: io resterò a casa con Sammy e voi andrete a quella cena. D'altra parte, l'invito parla chiaro.» Stefan scrollò le spalle sotto lo sguardo accigliato di suo fratello che, senza smettere di guardarlo, mandò giù d'un solo sorso l'ennesimo drink della giornata.
«Già. Gli unici invitati, a quanto pare, siamo io e lui...» disse, indicando Kol con un cenno del capo. «In altre circostanze mi sarei sentito perfino lusingato.» Aggiunse, liberandosi del bicchiere e recuperando il giubbotto dalla poltrona. Anche se mancava ancora un'ora all'appuntamento, la tensione accumulata dalla sera prima non gli aveva concesso un minuto di tregua. E lo stesso valeva per Kol.
«Che ne dici di andare?»
Damon rivolse all'originario una breve occhiata, poi semplicemente annuì.

Arrivarono al lago circa venti minuti dopo e si ritrovarono davanti agli occhi la stessa scena del giorno prima: alberi, cespugli, zanzare e niente che potesse anche solo vagamente somigliare a una casa o a un rifugio. Damon sbuffò e diede un calcio a una pietra, questa finì dritta nel lago e l'unico suono che udirono fu il tonfo che fece al contatto con l'acqua. Entrambi si guardarono negli occhi, perplessi.
«Continuo a pensare a quanto tutto questo sia dannatamente assurdo.» Disse Damon, sollevando la testa e facendo vagare lo sguardo tra le chiome degli alberi.
Kol, benché la pensasse allo stesso modo, si limitò ad annuire e sbuffare, prima di scacciare malamente dal suo viso uno degli insetti che infestavano il posto.
Poi, d'un tratto, entrambi udirono il rumore di alcuni passi, lenti e decisi, alle loro spalle. I due ragazzi si voltarono all'unisono e i loro occhi incontrarono quelli di una donna dal volto bianco come porcellana. Indossava un lungo mantello scuro che la copriva per intero ed era incappucciata. L'unica parte visibile era, per l'appunto, il suo viso.
«Benvenuti.» Disse con voce ferma e incolore.
Damon inarcò un sopracciglio e mosse un passo verso di lei. «Dov'è mia sorella? Dove l'avete portata?» Le domandò, visibilmente agitato.
La donna non si scompose, ma sulle sue labbra comparve un flebile sorriso. «E' proprio lì, davanti a te.»
Kol si voltò verso il lago, seguendo il cenno fatto con il mento dalla donna incappucciata. Damon, invece, restò a guardarla con gli occhi pieni di rabbia.
«Non c'è niente qui, solo acqua e...»
Kol afferrò il braccio del vampiro invitandolo a voltarsi e Damon quasi gli ringhiò contro. Poi, quando anch'egli si fu voltato, i suoi occhi azzurri si spalancarono increduli.
Dove prima c'era solo una distesa d'acqua torbida, si ergeva un maestoso castello dalle pareti bianche contornate d'edera e il tetto rosso a tratti spiovente. Damon non potè credere a ciò che vedeva.
«Prego, seguitemi.»
La donna incappucciata avanzò verso il ponte - sospeso sull'acqua e comparso anch'esso dal nulla - che li avrebbe condotti fin dentro il castello. Kol cercò lo sguardo di Damon e lo trovò. Poi, insieme, si incamminarono verso la sinistra meta.

«Bene, bene, bene. Alla fine hai accettato il mio invito.»
Joel comparve dentro un elegante smoking nero in cima a una grande scalinata, poi prese a scendere lentamente i gradini, fermandosi di colpo quando fu circa a metà strada. I suoi occhi sottili erano saldamente ancorati a Kol. L'originario ricambiò lo sguardo gelido dell'uomo, prima di avanzare verso di lui e sfoderare un sorriso obliquo.
«Ne dubitavi?»
Joel ridacchiò sonoramente, poi, facendo scivolare le dita sulla balaustra dorata, scese anche gli ultimi gradini per ritrovarsi finalmente a pochi passi dal suo nemico.
«Se quel che so di te corrisponde alla realtà, tieni un po' troppo alla tua fredda pelle per correre certi... rischi.» Replicò l'uomo, sfiorando alcuni bottoni della sua giacca per poi rivolgere una fugace occhiata a Damon.
Kol si voltò verso il maggiore dei Salvatore mostrando un'aria seccata e al contempo tesa. La presenza di Joel, nonché i suoi modi di fare tanto simili a quelli di suo fratello Klaus, non potevano che avere un effetto deleterio sul suo umore già piuttosto compromesso.
Damon prese un respiro e cercò ancora lo sguardo dell'uomo davanti a sé, senza però trovarlo. Il vampiro era evidentemente molto più interessato alla presenza di Kol che alla sua, ma questo non cambiava le cose. Se Liza era ancora viva, lui doveva assolutamente vederla.
«Senti un po'... forse ciò che desideri è vendicarti e nessuno ti impedirà di farlo, dopotutto l'oggetto del tuo desiderio è proprio di fronte a te...» disse, riferito a Kol, con un velo di ironia nella voce che l'originario non sembrò gradire. «Io, però, sono qui per mia sorella. Dov'è? Le hai fatto del male?»
A quel punto, Joel tornò a guardare Damon, prima di scuotere la testa e ridacchiare.
«Tempo al tempo, ragazzo. Ora seguitemi, la cena sarà servita a breve.» Joel rivolse a entrambi uno sguardo tagliente, poi si incamminò deciso attraverso il corridoio illuminato solo dalla luce di alcune candele poste lungo le pareti.
Entrò in una grande sala con al centro un altrettanto grande tavolo di legno scuro, dalla forma ovale e con al di sopra un ripiano in prezioso granito bianco su cui facevano bella mostra di sé piatti di porcellana, argenteria e bottiglie di vino rosso e costoso. Infine fece cenno ai suoi due ospiti di accomodarsi e i due ragazzi, sebbene con poca voglia, presero posto l'uno di fronte all'altro.
Kol osservò ciò che lo circondava e notò che, in quella stanza - come anche nell'atrio del castello - mancavano le finestre. La luce arrivava tutta dai candelabri sparsi ovunque. Gli sembrò uno scenario da film horror e pensò che, purtroppo, si trattava solo dell'inizio. Qualcosa di molto più spaventoso e cruento sarebbe accaduto, lo percepiva dall'alone sinistro che aleggiava in quel posto e, soprattutto, dall'aria insana che Joel aveva in viso.
L'uomo, ancora in piedi, prese tra le mani una delle bottiglie di vino presenti sul tavolo per poi riempire sia il bicchiere di Damon che quello di Kol. Alla fine, versò un po' di liquido rosso anche nel suo e solo allora si mise a sedere.
«Prima di cominciare, desiderei sapere da voi cosa ne pensate di questo vino. E' uno dei migliori.» Abbozzò un sorriso.
Damon gli lanciò un'occhiataccia. «Siamo qui per questo? Per assaggiare vini? Oh, per favore!» Il vampiro si alzò in piedi, ma qualcuno - che fino ad allora era rimasto nascosto nell'ombra – lo afferrò prontamente per le spalle inducendolo a rimettersi a sedere. Si trattava di un altro individuo incappucciato, stavolta di sesso maschile. A poco a poco, dall'ombra presero forma altre figure, tutte vestite di nero come la precedente, che si posizionarono intorno al tavolo imbandito e ai tre commensali. Joel notò lo smarrimento negli occhi dei due vampiri che erano con lui e scoppiò in una fragorosa risata.
«Qualsiasi cosa vi salti in mente di fare, ve la sconsiglio. Queste persone sanno usare la magia come poche altre al mondo. Potrebbero anche ammazzarvi, per intenderci, e senza muovere un solo dito!»
Le sue parole arrivarono alle orecchie di Kol e Damon come una minaccia, più che un avvertimento. Quell'uomo li aveva in pugno e loro, purtroppo, ne avevano sottovalutato la potenza.
«Adesso, signori, prendete i calici tra le dita e... bevete!» Joel pose l'accento sull'ultima parola, al fine di farla arrivare forte e chiara all'indirizzo dei due ragazzi.
Kol afferrò rabbioso il bicchiere e Damon, un attimo dopo, fece lo stesso. Dall'interno non proveniva odore di verbena, ma questo non bastava a far temere loro il peggio.
Joel sollevò il suo calice e lo portò alle labbra, ma non bevve. Il primo a farlo fu Damon. Buttò giù l'intero contenuto in un solo sorso e, per un istante, si meravigliò di essere ancora lì seduto, di sentirsi bene. Il vampiro vide Kol accingersi a fare lo stesso, ma quando i suoi occhi si appoggiarono su Joel, che teneva ancora il bicchiere pieno tra le dita, avvertì le palpebre farsi pesanti come macigni. E non vide più nulla.

«Dove siete finiti tutti? Non mi va di giocare a nascondino!»
Kol appoggiò la schiena alla parete dietro di sé, sbuffando e guardandosi intorno con fare circospetto. Tutto era accaduto troppo in fretta. Aveva visto Damon mandare giù il vino che Joel gli aveva offerto e poi, quando anche lui stava per fare lo stesso, aveva avvertito un susseguirsi senza sosta di lancinanti fitte alla testa. Era stato trascinato fuori dalla stanza quasi privo di sensi, con il sangue che usciva copioso dal suo naso e dalla sua bocca, fino a quando la sua faccia non aveva incontrato il pavimento freddo e ruvido del posto in cui si trovava adesso. Era rimasto steso a terra per un po', il tempo di riacquistare le forze, con la mente sempre rivolta al motivo per cui era lì, dentro quel castello stregato: ritrovare Liza e salvarla da quell'incubo.
Il vampiro abbassò lo sguardo sulla sua camicia. Era completamente macchiata e logora, così come lo era la giacca che indossava. Intorno a lui, invece, non c'era niente. A prima vista, quel luogo buio e tetro gli era sembrata una cella, forse per via dei ganci attaccati al muro che aveva di fronte e da cui pendevano alcune spesse catene arrugginite. E, forse, era realmente così. Forse quella era una prigione, la sua, o lo sarebbe diventata di lì a poco.
«Avanti, Joel... dove diavolo ti sei cacciato?»
Urlò, ma l'unica cosa che percepì in risposta fu l'eco della sua stessa voce. Si scostò, quindi, dal muro e si mosse lentamente nell'oscurità, in cerca di una via di uscita che, ancora una volta, non c'era. Poi, d'un tratto, avvertì un fruscio sinistro alle sue spalle e, un secondo dopo, alcuni passi e un profumo famigliare. Si voltò di scatto e Liza lo raggiunse correndo, tuffandosi letteralmente tra le sue braccia.
La ragazza strinse forte a sé il vampiro, poi sollevò lo sguardo per incontrare quello di lui. Nonostante la poca luce che li circondava, riusciva a scorgere perfettamente quei lineamenti che tanto amava e che tanto aveva desiderato rivedere.
«Ehi...» Kol sfiorò il naso di Liza con il suo, sorridendo appena. «Come stai? Cosa ti hanno fatto?» Le domandò, accorgendosi che aveva pianto.
«Sto bene.» Rispose lei con un filo di voce. «Ma ho avuto tanta paura, Kol. Credevo che non ti avrei più rivisto e...»
«Invece sono qui. Non avrei mai potuto lasciarti sola con quel bastardo!»
«Joel mi ha concesso di venire qui, da te, e lo ha fatto per una ragione ben precisa. Non so cosa abbia in mente, ma non credo ci permetterà di lasciare questo posto, Kol, ormai siamo in trappola!»
Kol scosse la testa. «Non dirlo, okay? Piuttosto... Damon è qui, da qualche parte...»
«Cosa?» Liza strabuzzò i grandi occhi castani e Kol la sentì tremare tra le sue braccia. «Mio fratello è qui? Dove? Io... devo trovarlo!»
«Joel deve averlo rinchiuso in una delle sue stanze stregate, proprio come ha fatto con me. Potremmo andare a cercarlo insieme se solo...» il vampiro si guardò intorno, ancora una volta. «Ci fosse un buco da cui passare! Come hai fatto ad entrare qui dentro?»
Liza sospirò. «Joel mi ha condotto qui facendo comparire una porta che, adesso, non c'è più.» Disse, scrollando le spalle e cercando di nuovo gli occhi scuri di Kol. Lui restò a fissarla in silenzio, con la fronte corrugata e l'aria pensierosa. Liza aveva ragione: erano in trappola. Ma mai come in quell'occasione era necessario, per lui, mostrarsi forte. Liza glielo stava chiedendo attraverso un semplice sguardo. La ragazza che amava aveva bisogno di essere rassicurata e lui lo avrebbe fatto, nonostante sentisse crescere in sé il terrore.
«Liza, ti chiedo perdono. Perdono per come ti ho trattata a casa mia, per non averti protetta come meritavi e per tutto ciò che sei costretta a sopportare ora.» Le disse, senza smettere di tenerla stretta.
Lei sorrise appena, poi avvicinò una mano alla guancia del vampiro e l'accarezzo dolcemente.
«Ti amo, Kol. Non dubitarne mai più.» Rispose tra le labbra del ragazzo. Lui chiuse gli occhi e la baciò, prima piano poi con più trasporto, fino a quando non avvertì una forte stretta alla gola. A quel punto si staccò bruscamente da lei e cominciò a tossire senza sosta.
«Che succede?»
Liza lo vide cadere in ginocchio con entrambe le mani intorno al collo.
«Non... respiro...» le disse, con la voce spezzata dalla tosse. Lei, spaventata, lo raggiunse.
«Cosa... cosa posso fare?»
«Niente... si tratta di polvere di quercia bianca... è nell'aria...»
Liza trasalì. Kol sollevò gli occhi e li piantò in quelli di lei. «Urla con tutta la forza che hai... chiedi a Joel ti farti uscire di qui e trova tuo fratello!»
«Non andrò via senza di te, Kol!»
«Fallo!» Le urlò, prima di sentire il suo respiro mancare definitivamente. Liza lo vide perdere i sensi, senza che potesse fare nulla per aiutarlo. Terrorizzata si rimise in piedi, cacciò indietro le lacrime e raggiunse la parete da cui era entrata, cominciando a battere con forza i pugni contro il muro freddo.
«Joel! Figlio di puttana, fammi uscire di qui!» Gridò con tutto il dolore e la disperazione che aveva dentro fino a quando, senza rendersene nemmeno conto, si ritrovò fuori dalla cella, con alle spalle il solito muro scrostato. Sola.

Il cellulare cominciò a vibrare all'interno del suo giubbotto di pelle e Damon si destò dal sonno profondo in cui era caduto. Con i sensi ancora intorpiditi, il vampiro sfilò piano il telefono da una delle tasche e lesse un nome sul display: Stefan. Sorpreso, inarcò un sopracciglio. Si trovava in un posto che – in realtà - non esisteva, eppure suo fratello era riuscito a fare quella telefonata. A quanto sembrava, le cose stavano prendendo una piega sempre più inquietante.
«Che succede?»
«Hai trovato Liza? Come sta?»
Damon mise a fuoco la vista, guardandosi intorno e accorgendosi di essere completamente solo.
«No. Non so cosa mi abbia fatto quel tizio, ma all'improvviso ho perso i sensi e adesso mi trovo in una stanza vuota, seduto sul pavimento e... lei non c'è.»
Così dicendo, si rimise in piedi e raggiunse l'unica apertura presente in quella stanza. La solita porta di legno e acciaio senza maniglia. Damon alzò gli occhi al cielo e sbuffò. «Credo di essere in trappola.»
Dall'altro capo del telefono, Stefan sospirò. «Devi trovare nostra sorella, Damon, e in fretta. Purtroppo i problemi non sono finiti.»
Damon aggrottò la fronte. «Che vuoi dire?»
«Sammy è scomparso. Sono uscito a cercarlo, ma sembra non esserci più traccia di lui.»
Damon fu tentato di fare a suo fratello una ramanzina, dato che la responsabilità del bambino era sua. Alla fine, però, scelse di tacere. Tutt'al più ne avrebbero riparlato una volta a casa. Se ci fosse tornato.
«Beh... se dovessi trovarlo, avvisami. A presto, Stef.» Disse, chiudendo la chiamata e riponendo in fretta il telefono nel giubbotto.
Non ricordava come fosse finito in quella stanza. L'ultima cosa che avevo visto prima di svenire, era stato il viso di Joel e il ghigno che aveva sulle labbra. Sperò che almeno Kol fosse riuscito a raggiungere Liza, ma aveva un brutto presentimento: qualcosa gli diceva che non ci sarebbe stato alcun lieto fine per loro, non quella volta.
Appoggiò entrambe le mani al legno freddo della porta, poi cominciò a batterci contro i palmi sempre più forte, fino a quando non avvertì dei rumori dall'altra parte, dei passi svelti e, subito dopo, la porta che si apriva.
«Liza... finalmente!»
Sua sorella era di fronte a lui, con gli occhi lucidi e il terrore stampato sul viso. Damon la prese tra le sue braccia e Liza affondò il viso nel suo petto. Lui le accarezzò i capelli, sorridendo appena.
«Ti porterò via da qui, te lo prometto.»
La ragazza sollevò lo sguardo e incontrò quello del vampiro. «Kol... sta male... dobbiamo prima trovare lui, Damon. Non posso lasciarlo qui.»
Una lacrima le rigò la guancia destra e Damon sospirò, poi scosse il capo.
«Joel vuole vendicarsi. Vuole Kol, Liza, e noi non possiamo fare niente per impedirlo. Ho promesso a Stefan che ti avrei riportata a casa sana e salva ed è quello che farò. Dobbiamo andarcene da questo posto, adesso!»
Damon afferrò la mano di sua sorella e oltrepassò l'uscio che, stranamente, era ancora aperto e, a differenza delle volte precedenti, non era svanito nel nulla. Liza, però, gli impedì di proseguire.
«Non lascerò l'uomo che amo in balìa di quel mostro!»
«Liza, per favore...»
«No! Tu puoi tornare a casa, se vuoi, ma io non me ne andrò da qui senza Kol!»
Ancora una volta, Damon si trovò a fare i conti con la determinazione di sua sorella. Insistere non sarebbe servito a nulla, lo sapeva bene, e, di certo, era fuori discussione condurla fuori da quel posto contro la sua volontà. Le sarebbe rimasto accanto, come sempre.

Una fitta lancinante tra il cuore e la spalla sinistra indusse Kol ad aprire gli occhi. Sentiva ancora la gola bruciare e aveva la vista annebbiata. Si portò una mano dove avvertiva il dolore e toccò quella che, attraverso il tatto, sembrò essere una lunga freccia.
Portò indietro la testa e gemette debolmente, mentre le palpebre faticavano a restare aperte. La polvere di quercia bianca respirata in precedenza lo aveva reso molto debole e ora doveva fare i conti con quella freccia che aveva nella spalla, anch'essa fatta dello stesso legno.
E' la fine. Pensò, mentre un nuovo dardo finiva dritto nel suo stomaco. Kol urlò con tutta la forza che ancora gli rimaneva, poi cercò di riportare su le palpebre. In quello stesso istante, una mano gli accarezzò piano il viso, scivolando fino ad impugnare quell'ultima freccia scoccata per poi rigirarla nelle viscere che aveva trafitto.
«Non puoi neanche immaginare quanto sia felice di rivederti...»
Due labbra rosso acceso sfiorarono appena le sue e Kol si obbligò a mettere completamente a fuoco quell'immagine. Una ragazza dentro un'aderente tuta di pelle in stile motociclista, i capelli castani raccolti in una coda e due occhi azzurri e allungati si trovava di fronte a lui. Nella mano sinistra impugnava un grosso arco e nella destra un'altra freccia pronta da scoccare. Il vampiro trasalì.
«Diantha? Non è possibile... ti ho uccisa.»
La ragazza scoppiò in una fragorosa risata. «No. Non l'hai fatto... e adesso sono qui, in carne e ossa!» Esclamò, prima di ridere ancora e prepararsi per colpire nuovamente Kol.
Lui le rivolse un'occhiata sofferente, poi cercò di respirare ma finì per tossire e avvertire in bocca il sapore del sangue.
«E' stato lui...» disse, sputando il fluido denso e rosso su ciò che restava della sua camicia. «E' stato tuo padre a trasformarti! Avrei dovuto staccargli la testa dal collo, invece di renderlo immortale!» Ringhiò.
Lo sguardo di Diantha divenne cupo e le sua labbra si strinsero come a volersi trattenere dal vomitare addosso al vampiro tutto il suo rancore. Prese la mira, stavolta puntando al cuore dell'originario, e lasciò andare la freccia. Questa finì nello sterno del ragazzo, a un soffio dal punto vitale. Kol emise un forte grido di dolore e sulle labbra della ragazza ricomparve il sorriso.
«Ti ammazzerò Kol, non hai scampo!»
«E allora fallo! Mira al cuore senza girarci intorno!»
Kol avvertì l'eco delle sue parole mentre le pronunciava. Diantha non scherzava, lo avrebbe ucciso. Gliel'avrebbe fatta pagare per tutto il male che aveva portato tra le fragili mura della capanna che divideva con suo padre, nel villaggio in cui abitavano, felici, prima che una famiglia di mostri assetati di sangue arrivasse a distruggere tutto. E uno di quei mostri era proprio lui e ora...
Kol non voleva morire. Il pensiero di ritrovarsi nell'oblio da un giorno all'altro lo terrorizzava come forse nient'altro al mondo. Ma c'era un motivo in più che, adesso, lo spingeva ad aggrapparsi alla vita con tutte le sue forze: Liza e l'amore che provava per lei. Un solo giorno senza poterla avere accanto, sarebbe stato anche più atroce della morte stessa.
No, lui non voleva morire, ma allo stesso tempo non poteva fare nulla per evitarlo.
Tenne lo sguardo fisso su Diantha per tutto il tempo. La vide sfilare un'altra freccia dalla sacca che teneva dietro le spalle, posizionarla sull'arco, tenderla all'indietro e mirare, stavolta con l'intenzione di centrare perfettamente il bersaglio. Vide perfino la freccia partire per la sua ultima corsa. Solo allora chiuse gli occhi.
Liza era con lui, tra le sue braccia. Gli teneva la mano e gli sorrideva.
Mentre le fiamme avvolgevano il suo corpo, si ritrovò anche lui a sorridere. Il fuoco non faceva male, era semplicemente il calore di un abbraccio, l'ultimo intenso abbraccio di Liza.


 



 

Mi scuso per l'immenso ritardo con cui posto il nuovo capitolo, ma sono stata davvero impegnata ultimamente.
Ad ogni modo, il prossimo sarà anche l'ultimo. Eh, sì... anche questa avventura sta volgendo al termine.
Per il momento, però, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate del capitolo appena postato. Fatevi sentire!!! A presto <3
   
 
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