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Autore: Vic 394    14/05/2014    7 recensioni
Al suo risveglio, Hiccup non ricordava che particolari sconnessi: aveva sognato di vedersi cadere, un attimo dopo era ricoperto di sangue e giaceva fra le braccia di Stoick. Per qualche ragione la sua gamba sinistra era quasi completamente staccata dal corpo, ma non aveva sentito dolore quando l’aveva vista.
Si chiese se un sogno del genere dovesse significare qualcosa.
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Astrid, Hiccup Horrendous Haddock III, Sdentato, Stoick
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando Hiccup aprì gli occhi la prima cosa che vide fu una massa nera che lo circondava. Pochi secondi dopo realizzò che si trattava di Sdentato, il quale lo aveva protetto dalla caduta facendogli scudo col suo corpo squamoso.
Il ragazzo gli diede qualche colpetto amichevole sulle zampe, per fargli capire che stava bene e che ora avrebbe potuto lasciarlo andare.
Detto fatto, presto Hiccup fu in piedi a spazzolarsi via la polvere dai vestiti, circondato da una fitta nebbia frutto dell’esplosione di poco prima. Si trovavano sull’Isola dei draghi, ma stranamente sembrava non esserci nessuno eccetto il giovane vichingo e il suo amico. L’unica altra presenza era costituita dalla sagoma di Morte Rossa, immobile in lontananza.
Dopo essersi assicurato di non avere ferite troppo gravi, Hiccup guardò l’amico, sorpreso.
«Sdentato, non credevo che avessi squame così resistenti, non ho nemmeno un graffio!» esclamò. La Furia Buia gongolò fiera mentre il ragazzo si guardava intorno.
«Meglio andare a cercare gli altri… Con tutta questa nebbia potrebbero averci dati per dispersi.» ragionò Hiccup.
Salì in groppa al drago e partirono alla volta di Berk.

Al villaggio l’atmosfera non era delle più allegre. Nonostante le strade fossero gremite di draghi e le voci dei vichinghi briose, si capiva che la gioia era solo superficiale.
Nell’aria c’era una tensione che Hiccup non riusciva a comprendere. Percepiva che non fosse un problema tra guerrieri e draghi, ma pensò comunque di doverne sapere di più.
Quando passò davanti a casa di Astrid vide Tempestosa venirgli incontro.
«Ehi, ciao piccola.» la salutò e cercò di accarezzarla, mentre il drago si scansava puntualmente, gracchiando verso casa della sua nuova padrona.
Astrid si affacciò dalla finestra, con un’espressione stanca. Aveva i capelli un po’ spettinati, con qualche ciocca arruffata che le sfuggiva dalla treccia. Sotto i suoi occhi azzurri spiccavano dei cerchi scuri.
«Astrid, ti andrebbe di scendere un momento? Credo che dovremmo parlare.» propose Hiccup, mentre l’Uncinato Mortale continuava ad agitarsi alle sue spalle.
«Scusa, non ho voglia di giocare.» rispose laconica la bionda.
«Non ho intenzione di giocare, ho detto parlare.» replicò il ragazzo, perplesso «Credo che sia successo qualcosa di grave mentre non c’ero…» spiegò, ma Astrid si era già allontanata dal davanzale, sparendo alla vista.
«Ma che le prende?» si chiese il vichingo, mentre Sdentato gli rivolgeva uno sguardo interrogativo.
«Coraggio bello, torniamo a casa.» decise Hiccup, leggermente offeso.

Una volta arrivato non trovò nessuno ad attenderlo. Sedette su uno sgabello vicino, con le braccia incrociate e l’espressione concentrata, chiedendosi quale fosse la ragione del singolare comportamento della sua amica.
Comportamento adottato dall’intero villaggio, per essere onesti; Hiccup aveva sconfitto Morte Rossa, sventando così la principale minaccia che incombeva su Berk. Per Odino, aveva rischiato di non uscirne intero.
E non solo era stato lasciato sull’Isola da solo, privo di sensi per chissà quanto, ora che era tornato nessuno lo aveva neppure salutato. A malapena lo avevano guardato, a dirla tutta.
Era talmente distratto dal flusso dei suoi pensieri che quasi non notò la porta aprirsi. Scattò in piedi, contento.
«Ciao, papà!» esclamò. Stoick l’Immenso attraversò la sala a grandi passi e gli diede le spalle. Hiccup aveva avuto il tempo di guardarlo in viso solo per un paio di secondi, ma aveva notato quanto fosse pallido, stanco e arrabbiato.
«Tre giorni.» mormorò Stoick. Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
«Tre giorni? Tre giorni cosa?»
«Sei sparito da tre giorni, Hic. Ti sembrano scherzi da fare?»
«Non credevo fosse passato tanto tempo.» si difese Hiccup, stordito «Ero svenuto, non avevo idea…» il padre non lo lasciò finire.
«Hai deciso di lasciare da sola la tua gente, ora che ha bisogno di te come non mai?» il capo villaggio era fuori di sé dalla collera. Il giovane si irrigidì, sperando che non iniziasse a spaccare qualche sedia. Stoick continuava a dare di matto, senza permettere al figlio di replicare.
«Ho già perso tua madre, ora anche tu hai deciso di abbandonarmi?»
«Ora sono qui!» sbottò Hiccup «Ma ti prego, ignorami almeno finché non ti sarà passata la voglia di urlarmi contro senza motivo.» marciò spedito verso le scale, poi si voltò.
«Invece di mollarmi da solo su un’isola deserta avresti potuto riportarmi qui con te. Li avrei passati a letto senza muovermi, i tuoi tre giorni.»
Ma Stoick si era lasciato cadere su una sedia, coprendosi il viso con una mano e senza dare segno di ascoltarlo.

Hiccup si gettò sul letto, sconsolato. Forse lo shock per la battaglia aveva fatto uscire tutti di senno. Oppure, altrettanto probabile, l’unico pazzo era proprio il giovane vichingo.
«Sdentato, che cosa sta succedendo?» la Furia Buia uggiolò in risposta e gli poggiò il muso in grembo, scrutandolo con occhi tristi. Si lasciò accarezzare il muso finché entrambi non si addormentarono.
Al suo risveglio, Hiccup non ricordava che particolari sconnessi: aveva sognato di vedersi cadere, un attimo dopo era ricoperto di sangue e giaceva fra le braccia di Stoick. Per qualche ragione la sua gamba sinistra era quasi completamente staccata dal corpo, ma non aveva sentito dolore quando l’aveva vista.
Si chiese se un sogno del genere dovesse significare qualcosa.
«Credo di essere ancora un po’ sconvolto.» si disse. Era normale, pensò, in fondo quell’ultima battaglia era stata traumatica specialmente per lui.
Poco dopo sentì le voci che provenivano dal pianterreno.

«Se n’è andato, non so se riuscirò a sopportarlo.» stava dicendo Stoick, parlando con voce rotta. Hiccup si chiese se potesse esistere una versione più melodrammatica per descrivere la sua fuga-in-camera-dopo-conversazione-a-senso-unico, visto che sembrava fosse la decisione peggiore che avesse potuto prendere in vita sua.
«Le cose si sistemeranno, vedrai.» ea stata Astrid a parlare, stavolta. Forse era passata a scusarsi per come lo aveva trattato prima, oppure Stoick le aveva chiesto di intermediare tra lui e il figlio. Chissà da quanto tempo era lì… Perlomeno aveva detto una cosa sensata.
«Ma mi mancherà moltissimo.» aggiunse Astrid. Hiccup sussultò e tese l’orecchio. La ragazza stava… Piangendo?
Si affacciò sulle scale, pensando ormai che la conversazione che stava avendo luogo non c’entrasse nulla con lui.
«Già. Era un figlio perfetto, sarebbe diventato un capo straordinario. Vorrei solo avergli detto prima quanto mi ha reso orgoglioso.» confessò Stoick.
Stranito, Hiccup scese le scale con calma, per paura di inciampare, seguito da Sdentato. Questi discorsi cominciavano a fargli uno strano effetto.
«Papà, io sono qui.» affermò. Se anche Stoick lo avesse sentito non lo diede a vedere.
«Astrid, diglielo tu che è una stupidaggine.» rise nervosamente il ragazzo. La bionda si stava fissando insistentemente gli stivali.
«Astrid, stai bene?» le chiese Hiccup. lei si concentrò direttamente su Stoick.
«Sono certa che lo avesse capito, è sempre stato un tipo sveglio. E ti voleva davvero bene.»
L’ombra di un sorriso, forse finto, si affacciò sul viso di Stoick.
«Grazie, Astrid. Ora però dovresti andare.»
Hiccup nel frattempo aveva cominciato a preoccuparsi sul serio.
«Sentite, questo scherzo non è divertente, smettetela subito.» ordinò. Astrid si alzò e si diresse verso la porta.
«Posso tornare anche domani?» chiese. Stoick annuì.
«Dicono che parlarne faccia bene, potrebbe aiutare.» replicò. Quando padre e figlio rimasero soli, il silenzio regnò sovrano per qualche altro minuto.

«Possiamo piantarla con questa pagliacciata?» sbottò Hiccup. non ottenne risposta; il capo villaggio era come incantato a fissare un punto nel vuoto.
«Papà? Ti stai comportando in modo strano.» gli fece notare Hiccup, indietreggiando di un passo.
«Papà, guardami. Ti prego.» supplicò, col cuore che andava a mille.
«Cos’è, non mi senti?» urlò Hiccup. Sdentato gli si affiancò e ruggì in direzione dell’Immenso, che non batté ciglio.
Il ragazzo sentiva gli occhi bruciare e aveva il fiato corto. Stoick sospirò e si alzò, diretto al piano superiore, senza degnare si uno sguardo il figlio o il drago.
Tremando di rabbia e arrivato ormai alle lacrime, Hiccup gli corse dietro. Lo raggiunse a metà delle scale, esasperato.
«Papà, per favore!» fece per afferrargli un braccio, ma le sue mani vi passarono attraverso.
Per poco non cadde all’indietro, terrorizzato. Stoick invece entrò nella sua stanza chiudendosi la porta alle spalle, come se nulla fosse successo.
«No… Non è possibile.» ansimò Hiccup, preso dal panico. Si voltò verso Sdentato, che sembrava altrettanto spaventato.
«Non può essere vero.» rantolò il vichingo. Corse fuori a perdifiato, seguito dall’amico.
Cercarono entrambi di attirare l’attenzione degli abitanti del villaggio o dei draghi, ma non ottennero risultati.

Hiccup si fermò, ancora sconvolto. Ma appena ebbe il tempo di rifletterci, si accorse che ogni pezzo si incastrava perfettamente con l’altro.
Quando aveva parlato con Astrid, Tempestosa era dietro di lui ad agitarsi per chiedere alla padrona di giocare. Quindi la ragazza non aveva risposto a lui, ma al drago.
Quello di Stoick era stato uno sfogo ad alta voce. Non lo aveva lasciato replicare semplicemente perché non poteva sentirlo. E tutto quel parlare di lui al passato, quel sogno in cui si era visto coperto di sangue, con ferite inguaribili…
Nessuno riusciva ad avvertire la presenza sua o di Sdentato. E stava iniziando a rendersi conto del perché.
«Siamo morti.» bisbigliò.
La Furia Buia gli si avvicinò, preoccupata. Ora che Hiccup guardava meglio, si accorse che la sua coda era intatta. La sella non era collegata a nessun meccanismo che potesse azionare una protesi. Nella fretta di tornare a casa il vichingo non si era nemmeno accorto di star facendo delle manovre a vuoto.
Non era certo di quanto tempo gli ci sarebbe voluto per assimilare la faccenda. Non era neanche sicuro di cosa fosse. Un fantasma? Uno spirito? Avrebbe incontrato altri come lui? Non esisteva un Walhalla dove andare?

Quando passò dietro casa sua, come ulteriore prova dell’accaduto, vide due cumuli di terra ancora fresca; uno era grande abbastanza per contenere un drago adulto, l’altro più piccolo. Lì accanto spiccava una grossa roccia che Hiccup poté giurare di non avere mai visto.
Avvicinandosi al macigno vide che vi erano state incise delle rune.
«In ricordo dei caduti in battaglia Hiccup Horrendous Haddock III, eroe di Berk, e del suo compagno Sdentato.» lesse il ragazzo, con una stretta allo stomaco. Seguivano varie preghiere che Hiccup non perse tempo a guardare.
Sdentato fissò malinconicamente il terreno dove erano stati riposti i loro corpi materiali. Hiccup non ne era certo, ma sembrava che la Furia Buia stesse piangendo in silenzio.
«Andiamo bello, non abbiamo niente da fare qui.» gli disse, accarezzandogli dolcemente il muso per consolarlo, poi gli salì in groppa.
Si voltò verso casa, chiedendosi cosa stesse facendo suo padre in quel momento, se stesse ripetendo quel suo mantra “un capo non sente dolore”. Lui, futuro capo, il dolore lo sentiva eccome.
«Ne è valsa la pena. E Astrid aveva ragione: ti voglio bene, papà.» mormorò.
Spiccarono il volo, senza più voltarsi indietro.





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Angolo Vic
Sapete qual è la parte che preferisco di questa storia? Quella in cui vi dico che l'ho scritta come regalo di compleanno.
Volutamente angst, volutamente drammatica, volutamente deprimente. Sono una brutta persona. Ma mi piaccio così. E a quanto pare sto sviluppando una certa simpatia per i cadaveri di Hiccup e Sdentato, visto che ultimamente le fanfiction che mi vengono sono di questo tipo. Credo che ve le risparmierò.
Ciancio alle bande, mille auguri a CodaViola, goditi il tuo "allegro" regalo e grazie alle persone che mi hanno sopportata durante il mio periodo di semi-blocco dello scrittore: Narcisa, Chiara, Davide, Irene, Federica e a u t u m n. Probabilmente sto dimenticando qualcuno, ho rotto le scatole a tanta gente.
Spero in un vostro commento, anche se mi aspetto insulti a raffica, mi farò viva presto!!

Vic

 
   
 
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