Magnus alzò lo sguardo al cielo stellato, annebbiato dal fumo del fuoco che in alte lingue lambiva le torri antidemone.

La vista andava e tornava, ma lo Stregone restava cosciente, il battito del cuore nelle orecchie ed il tumulto della città in rovina lontano. Tentò diverse volte di alzare un braccio, ma lo sentiva talmente pesante che gli risultò impossibile.

Fu così che si fermò a pensare. Alla sua vita, agli avvenimenti a cui aveva assistito. Ad Alec. 

D’improvviso il suo cuore stressato sobbalzò.

Per un momento Magnus credette di poter sentire la sua voce, i suoi capelli sotto le mani, vedere quegli occhi così belli e diffidenti.

Le lacrime gli offuscarono lo sguardo, al pensiero di come si erano lasciati.

Sotto la pioggia, con cattiveria.

Nonostante tutto Magnus lo amava ancora, non poteva smettere di pensare al suo Shadowhunter.

A quello che rappresentava, a ciò che era.

Vivere per 800 anni ti rende pronto a tutto, tranne che all’amore. 

In quel momento, sotto le ceneri di Alicante, Magnus Bane si rese conto di quanto fosse profondo il legame tra lui ed il giovane Lightwood.

E per quanto l’egoismo del ragazzo lo avesse portato a compiere un’azione tanto impulsiva, Magnus non poté fare a meno di pensare a quello che avevano passato insieme.

In un rapido flashback rivisse tutta la loro relazione. Era stato solo un capriccio? Affatto.

Ma Alec non poteva vedere in modo razionale tutto ciò. Facile essere obbiettivi avendo davanti l’eternità. Il cacciatore sentiva le lancette dell’orologio della sua vita ticchettare nel suo orecchio in modo pressante, creandogli una sensazione di urgenza sempre maggiore.

In un lampo di rabbia lo Stregone si chiese quanto fosse stato realmente necessario arrivare a parlare con Camille. 

Era disperato. Si rese conto, strabuzzando gli occhi. 

Solo questo poteva averlo portato a fare una cosa simile.

Del resto quante volte aveva visto l’angoscia sul viso dell’amato? Non solo quando pensava di non essere tenuto d’occhio, ma anche mentre dormiva.

Magnus si chiese se l’avrebbe mai perdonato, se non fosse stato in punto di morte, con il sangue sulle labbra.

Se non fosse stato preoccupato, terrorizzato, in fin di vita.

In fondo, cos’era a trattenerlo lì, sul quel prato? Solo il pensiero della sua dolce metà, a combattere per le persone a cui teneva.

Lui incluso.

Sapeva che Clary, Isabelle, Simon e Jace non mentivano quando dicevano quanto fosse depresso Alec senza di lui.

Probabilmente era in qualche zona della città a sfogare tutta la rabbia per se stesso, sperando di morire in modo doloroso, ma di darci finalmente un taglio.

Poteva davvero permetterglielo? Poteva davvero lasciare che l’uomo della sua esistenza facesse una cosa simile?

NO.

Eppure, nonostante volesse alzarsi con tutta la sua volontà… semplicemente non ne fu in grado.

E pianse, per questo.

Pianse, come mai aveva fatto in tutta la sua vita, sentendosi in colpa per tutto.

Imprecando, detestandosi per essersi lasciato colpire così facilmente, per aver abbassato la guardia.

In fondo, sapeva di voler morire. Perché senza Alec, la sua vita non aveva più davvero senso.