Fanfic su artisti musicali > Demi Lovato
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Autore: RedDisposition    14/05/2014    0 recensioni
- Hei, Demetria mi passeresti la mia penna?- mi girai e guardai Abbie, quasi mi ero dimenticata che era li -S-si- gli passai la penna, perchè ha voluto farmi sedere vicino a lei? non so, forse per prendermi in giro. è la prima persona nella mattinata che mi chiama con il mio nome e non con i stupidi soprannomi, cos'ha ? forse non sa che io sono nella zona degli "intoccabili" ? no è impossibile, del resto è l'ex capo delle chearleaders. La ammiro sin dal primo anno, non mi ha mai preso in giro ne altro, ma mi chiedo perchè sia cosi? - Hei, tu ci hai capito qualcosa di quello che sta dicendo?- mi risveglió dinuovo- Eh?- sembravo una stupida, ecco lo sapevo ora mi sputtana - hai capito qualcosa di quello che sta dicendo la prof?- mi lanció un lungo sorriso, non era come pensavo; una smorfiosa, vanitosa e prepotente. - Ehm... no- iniziò a ridere - neanche io- mi sorrise dinuovo.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demi Lovato
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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(Abbie’s POV)
-Hall mi sa dire il pensiero di Aristotele?- il signor Smith, il mio docente si filosofia mi svegliò dai miei pensieri, più che pensieri erano sogni, avevo immaginato diverse volte delle storie su qualcuno, ma ultimamente mi capitava spesso, non sentivo Demi da giorni ormai, mi aveva chiamato solo dopo aver fatto face con Sav cinque giorni fa, la sentivo distaccata, ma avevo fatto una promessa, l’avrei mantenuta a costo di prendere un aereo ed avvicinarmi a lei, pensavo a cosa stesse facendo in quel momento, se avesse lezione e quale avesse –Allora Hall?- il professore sembrò spazientito, stavo per parlare quando qualcuno mi fermò –La signorina Hall è cercata dal preside- una donna entrò nella classe, la segretaria del preside evidentemente, era una donna non troppo alta, un po’ grassa con i capelli corvini raccolti in una crocchia e degli occhiali a mezza luna, la sua voce era quasi uno squittio, quando la donna fu entrata guardai il professore che mi accennò un si con la testa, uscii dall’aula chiedendo cosa volesse il preside da me.
Arrivai nell’ufficio del preside, lo vidi intento a svolgere una conversazione con un ragazzo, alto, moro . Quando il preside mi vide fece cenno di entrare –Salve signorina Hall, lui è mio nipote, è arrivato da poco dalla Spagna, per un viaggio interculturale, mi chiedevo che dato che lei è ispanica potrebbe farlo ambientare meglio, non sa molte cose sull’America, avevo pensato anche che lei poteva magari ospitarlo, che dice?- era una richiesta assurda, ospitare un ragazzo spagnolo niente male in un appartamento con sole ragazze –signore mi scusi, ma non le sembra un po’ azzardato far dormire un ragazzo con due ragazze? Io e Brid siamo entrambe fidanzate, non vorrei litigare con il mio ragazzo- il preside mi sorrise –non devi preoccuparti su questo, in Spagna ha il ragazzo- spalancai la bocca –il..il r..ragazzo?- gli chiesi e in quel momento il ragazzo che non avevo mai sentito parlare si intromise nella nostra conversazione -no importa si hay problemas, puedo ir a casa- capii perfettamente quello che aveva detto “se ci sono problemi non importa, posso anche tornare a casa” , vidi che lo zio , cioè il preside, mi guardò con uno sguardo d’aiuto -No, no hay ningún problema, va a vivir conmigo y mi amiga Bridget- (=no, non ci sono problemi, verrai a vivere con me e la mia amica Bridget) gli sorrisi e lui ricambiò il sorriso. Non parlavo quasi mai in spagnolo, o per lo meno non lo usavo per imprecare, sclerare e cose del genere. Lo usavo solo se parlavo con mia nonna, non mi piaceva e basta, mi faceva sentire come un’emigrata. Quando tornai in classe il professore mi fece dire il pensiero di Aristotele, che fortunatamente sapevo. Nei corridoi incrociai qualche volta il ragazzo, non sapevo neanche il suo nome, sapevo solo fosse spagnolo e che era gay, se avevo capito bene, incontrai Brid alla lezione di letteratura e le dissi che dovevamo parlare, lei mi rispose con un sorriso.

Alla sesta ora appena svoltai l’angolo vidi il ragazzo spagnolo che veniva sbattuto contro un armadietto da un tipo –hei lascialo in pace!- gli urlai, ero arrivata da poco, ma non smentii il fatto di essere una stronza, era qualche mese che eravamo andate al college e io già ero la stronza della situazione, la cosa mi piaceva. Il ragazzo vedendomi si allontanò -¿Estás bien?- gli chiesi se andasse tutto bene –si, bene, non parlare sempre spagnolo con me, conosco la tua lingua, mio zio crede che in Europa siamo tutti ignoranti, ma non è così, ho studiato la tua lingua e la parlo bene- feci un sospiro di sollievo, almeno non avrei dovuto parlare per tutto il tempo in spagnolo. –allora vieni, andiamo a casa, devo presentarti una persona, ah come ti chiami?- gli sorrisi e mi prese sotto braccio –Juan Carlos, ma chiamami Carlos e basta- mi sorrise e ci avviammo a casa.

Mentre Carlos parlava con Brid io decisi di provare a chiamare per l’ennesima volta Demi. il telefono squillava e sembrava non finisse mai, all’improvviso però rispose –Pronto?- una voce a me non familiare rispose, non era Demi e neanche Sav –Ciao scusa cercavo Demi- sentii un attimo di silenzio –Devi essere Abbie? Comunque piacere sono Michele, una vecchia amica di Demi, lei sta a lezione di ballo e ieri ha dimenticato il cellulare da me, lo stavo giusto riportando a Sav, dato che lei non ci sarà per tutta la giornata, vuoi che le lasci qualche messaggio?- chi era adesso questa tipa –no vabbe, fa niente, allora ci vediamo è stato un piacere Michele- chiusi la telefonata e mi gettai sul divano, mille pensieri mi giravano per la testa, chi era quella ragazza? Se Demi avesse trovato nuove amiche me l’avrebbe detto no? Forse non sono abbastanza per come vuole lei? Dio devo smetterla, mi sto torturando –Andiamo a prendere qualcosa da Starbucks oggi?- un messaggio di Tresh mi fece tornare il sorriso –certo amore- gli risposi subito –allora ci vediamo alle 4.00 da te, un bacio piccola, ti amo- quando mi chiamava così mi scioglievo come ghiaccio al sole. Era ancora l’una quindi avevo tempo, decisi di fare un pisolino per passare un po’ di tempo senza pensare.

(Demi’s POV)
-perché non vuoi parlare con lei ?- Michele mi stava trapanando da quando aveva chiuso quella chiamata con Abbie –perché capirebbe come mi sento dal tono della mia voce, e le avevo promesso di essere forte!- Michele mi guardò –ma cos’è successo?- mi chiese preoccupata –Niente, non ne voglio parlare, ho bisogno della mia migliore amica! Ma dove diamine è quando ne ho bisogno? Mannaggia la miseria! Sav è sempre qui a rompermi le palle e poi quando ho bisogno di lei scompare!- mi sedetti sul mi letto con la testa fra le braccia, Michele mi venne dietro, accarezzandomi i capelli per recarmi sicurezza –Sav sarà qui a momenti, dai tutto passa, è solo un brutto momento- alzai la testa e scoppiai a piangere fra le sue braccia –shh- mi cullava ormai, era sempre stata una sorella per me, come Dallas, però più bassa e più dolce –Grazie Mich- mi sorrise e poi guardò l’orario –DIO! Scusami, è tardissimo devo andare a fare l’esame d’inizio anno, non preoccuparti, tra un po’ la tua latina sarà qui, ci vediamo, sta tranquilla- mi diede un bacio sulla fronte. Appena uscì dalla porta mi sdraiai sul letto, scoppiai in un pianto isterico e mi addormentai.

Davanti a me c’era l’aula di danza, piena di specchi, sentivo delle risate ed ovunque mi girassi non vedevo nessuno, iniziai a ballare, ma dopo poco caddi e le risate iniziarono a diventare più forti, più grandi fino a rompermi i timpani, mi bloccai a terra inerme, senza riuscire a muovermi finchè una figura mi venne incontro, i capelli biondi e gli occhi azzurri, lo riconobbi subito –Sam!- gli urlai porgendogli la mano, lui la prese e mi aiutò ad alzarmi, poi mi sorrise, non era il suo solito sorriso dolce, ma un sorriso ghiacciato, gelido, che mi fece rabbrividire –non sei abbastanza per me, per noi, per tutto questo- sentii un violento soffio di vento scompigliarmi i capelli e alle spalle di Sam ci ritrovai la mia dolce/aspra latina –Non ascoltarlo! Ti prego non ascoltarlo!- all’improvviso Savanna fu trascinata via per la maglia, all’inizio la vidi che cercava di liberarsi, poi le vidi il volto, l’occhio gonfio e nero e il labbro inferiore pieno di graffi, mi ricordai di quello che le era successo, l’armadietto, e iniziai a credere più che mai che non fosse vero. Me la stavano portando via, iniziai ad urlare, urlavo il suo nome e le dicevo che l’avrei salvata, le dicevo che nessuno le avrebbe fatto del male, nessuno –non sei stata neanche abbastanza brava da capire cosa le sta succedendo, sei un disastro Devonne- detto questo Sam mi spinse, in una fossa che si era creata dietro di me, un grande buco, io caddi all’indietro a peso morto, urlando finchè non uscì più nessun suono dalla mia bocca. Stavo per toccare terra, per schiantarmi, andavo a qualche centinaio di chilometro orario, mi sarei spappolata al terreno, a chi doveva importare poi? Aveva ragione Sam, non sono mai stata abbastanza e non lo sarò mai. Un ultimo respiro, un ultimo pensiero, un utimo battito, poi tutto questo finirà…

-Mierda! Svegliati! Mierda Demi!- sentii qualcuno chiamarmi –cazzo! Cazzo cazzo!- sentii ancora finchè un forte dolore alla guancia mi fece aprire gli occhi facendomi sussultare, ero sudata, le guance bagnate dalle lacrime e una guancia arrossata dallo schiaffo che mi aveva dato la latina davanti a me – che ti è preso?- mi massaggiai la guancia –scusami, tu non ti svegliavi, urlavi e io..io ho avuto paura, dicevi cose su me senza senso, dovevi salvarmi, non smettevi di urlare, e per un attimo..- si allontanò e abbassò la testa –per un attimo?- la rialzò con le guance rigate dalle lacrime –hai smesso di respirare- mi guardò negli occhi, mi alzai e corsi da lei, cingendola in un abbraccio –calma, sono qui, non mi è successo niente- piano piano iniziò a calmarsi –Posso chiederti una cosa?- mi chiese asciugandosi le guance con le maniche della sua camicia , annuii leggermente –cos’hai ultimamente? Cioè sono un po’ di giorni che stai così, che è successo?- cercai le parole giuste per dirglielo, un modo che non mi avrebbe fatto male, decisi di dirgli tutto dall’inizio –qualche giorno fa io e Mich tornammo da un pub sulla nona, era tardi e tu stavi ancora provando il tuo musical, arrivai fuori la nostra stanza, vidi un ragazzo, girato di spalle, alto e biondo, era Sam, mi salutò col cenno della mano, lo invitai ad entrare e mi fece sedere, iniziò a parlare, mi disse che già da tempo voleva dirmelo, solo che non ne aveva il coraggio, la distanza gli aveva fatto male, e la mia mancanza non riusciva a sopportarla, così ci siamo lasciati con un bacio, io sono sicura che lui ha un’altra- deglutii a vuoto –del resto chi amerebbe un disastro come me? Me lo spieghi perché cazzo, ogni volta che sono felice c’è sempre qualcuno che mi ricorda che non sono abbastanza, che sono solo una su sei miliardi- ormai non riuscivo più a parlare, i singhiozzi avevano preso possesso di me –Smettila di autocommiserarti, tu sei speciale, sei fantastica, non pensare a loro, ascolta me, sei stupenda, hai una voce che fa invidia al mondo, non sei una su sei miliardi, lo sarai pure, ma non sei una persona qualsiasi! Sei stata capace di salvare molte persone persino te stessa, sei riuscita ad essere una ragazza così dolce e spontanea da rompere il muro che mi ero creata intorno, tu sei una guerriera Demi, non ti avranno mai come vogliono, non glielo permetterai tu e non glielo permetterò io- le diedi un abbraccio, spesso quella ragazza era l’unica che mi faceva stare bene, era speciale e lei lo sapeva –staccati un po’, devo cambiarmi- feci una breve risatina e la lasciai. Mentre si toglieva la maglia potei notare dei lividi sulla schiena, la guardai confusa pensando che sembrava che qualcuno l’avesse picchiata, mi ricordavano… oddio no. Credo che se qualcuno mi avesse visto in quel momento mi avrebbe detto che avevo una lampadina sospesa sopra la testa. Mi avvicinai alla sua schiena nuda e le diedi uno schiaffo leggerissimo su un livido, sussultò dal dolore –ma sei impazzita?- si girò di scatto coprendosi con una maglia –cos’hai combinato?- la vidi pensarci –ho sbattuto contro la porta durante le prove- alzai un sopracciglio –e hai sbattuto cento volte? Sav ci sono due spiegazioni, o tradisci Brid, non sapevo ti piacesse violento- scoppiai a ridere per sdrammatizzare la situazione, ma sapevo benissimo a cosa erano dovuti quei lividi, Sav mi guardò con sguardo da killer –oppure lovato?- mi chiese avvicinandosi – sono stata vittima di bullismo Sav, lo so come sono quei lividi- la latina si blocco, con la bocca mezza aperta, gli occhi le si riempirono di lacrime –chi è stato?- le chiesi con rabbia avvicinandomi a lei –la ragazza bionda che sembra barbie, la ballerina di punta- strinsi i pugni e feci per uscire dalla camera, ma lei mi prese per un polso e mi avvicinò a lei abbracciandomi, bloccandomi più che altro –non ti permetterò di farti fare del male per me- non piangeva più –non esiste, a me possono toccarmi fin quando vogliono, ma che ti toccano a te! No! Non se ne parla neanche! Io la uccido- un sorriso spuntò sul volto della latina, due fossette ai lati delle guance si fecero vive –lo farai domani, ora ho bisogno di qualcuno che stia con me- la guardai, sprigionava così tanta dolcezza che non sembrava neanche lei, ricambiai il suo abbraccio, stringendola forte, facendo attenzione a non farle del male. Riusciva a trasformarsi da donna forte a cucciolo bastonato.
  
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