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Autore: Alley    15/05/2014    4 recensioni
“No.”
“No cosa?”
“Non dormiremo nello stesso letto.”
“Ok. Se proprio ci tiene, possiamo fare altro.”
“Il non era riferito a
stesso letto, non a dormire.”
[pre-slash]
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il viaggio in auto è stato lungo e stancante e l’unica cosa che Phil desidera è un letto su cui poter riposare.
 
È per questo - solo ed esclusivamente per questo - che il fatto che Barton si stia…intrattenendo con la receptioner da più di quattro minuti – sia ben chiaro: li ha contati solo perché non vede l’ora di avere il suo benedetto letto – comincia ad innervosirlo.
 
(Lo innervosiva anche quando era passata una manciata di secondi, ma è un dettaglio su cui la coscienza di Phil preferisce sorvolare.)
 
Cinque minuti
 
Il modo civettuolo in cui la ragazza ride – gli piacerebbe sapere cosa ci sia di così divertente - e l’interesse con cui fissa Barton non c’entrano nulla.
 
Assolutamente nulla.  
 
Cinque minuti e venti secondi
 
Siamo sulla soglia dei sei minuti quando Barton s’allontana dal bancone – non prima d’aver rivolto alla receptioner un sorriso davanti al quale, se non si trovasse in una hall affollata e non tenesse al proprio contegno più di qualsiasi altra cosa al mondo, potrebbe anche svenire (lei, ovviamente, non Phil) – e s’incammina verso di lui, giocherellando con la chiave consegnatagli.
 
Phil è troppo infastidi– stanco, è troppo stanco per dare la giusta attenzione al fatto che si tratta di una chiave.
 
“Finalmente.”
 
Errore
 
“C’è qualcosa che non va, signore? Sembra spazientito.”
 
Grosso errore
 
“Dover aspettare anni con un mucchio di valigie in mano mentre tu cincischi con-”
 
“Jennifer. È molto simpatica.”
 
Phil decide che è meglio troncare quella conversazione prima che diventi pericolosa e s’avvia verso il corridoio che conduce alle camere. Finge di non vedere il cenno che Jennifer rivolge a Barton quando passano davanti alla reception – cenno di cui non gli è chiara l’utilità, dal momento che s’erano salutati un attimo prima – e procede spedito, ansioso di raggiungere la meta tanto agognata.
 
“Quali sono le stanze?”
 
“312” risponde Barton alle sue spalle.
 
“E..?”
 
“E basta. C’è una sola stanza prenotata a nome dei coniugi Smith.”
 
Phil si blocca all’improvviso, lasciando cadere le valigie sul pavimento, e il cecchino quasi gli piomba addosso.
 
“Come?”
 
Avrà capito male. Deve aver capito male.
 
“Sì, lo so. La banalità di Fury nella scelta dei cognomi è imbarazzante.”
 
“Perché non sapevo niente della copertura, intendevo.”

Barton si china per afferrare i bagagli e lo supera con una scrollata di spalle. “Fury sospettava che non avrebbe approvato."

"Ma-"

"La fede è nella tasca destra della giacca."

La sua voglia di letto è improvvisamente scemata.
 
*
 
Rettifica: la sua voglia di letto è sparita. Completamente.
 
“No” dice, risoluto, mentre Barton posa – lancia – le valigie in un angolo.
 
“No cosa?”
 
“Non dormiremo nello stesso letto.”
 
Barton sposta lo sguardo da lui al letto matrimoniale, poi torna a fissarlo con un’espressione ben diversa da quella che aveva in volto fino a un attimo prima – espressione che a Phil non piace per niente. “Ok. Se proprio ci tiene, possiamo fare altro.”
 
Sarebbe bello sbagliarsi, una volta tanto.
 
“Il non era riferito a stesso letto, non a dormire.
 
“Preferisce il pavimento?”
 
“Preferisco un altro letto. In un’altra stanza.”
 
“Farebbe saltare la copertura.”
 
“Non è vero. Le persone sposate litigano spesso.”
 
L’occhiata scettica che Barton gli rivolge la dice lunga sulla validità dell’argomentazione.
 
*
 
Mentre è in bagno a lavarsi i denti – non li spazzolava con una cura così maniacale da quando gli era stata diagnosticata la prima carie all’età di nove anni – Phil pensa che, in fondo, la cosa non è poi così terribile – o che non lo sarebbe se Barton non fosse colui che ha faticosamente cercato di respingere per anni, imponendosi di non oltrepassare il confine tra un flirt innocente e qualcosa di molto più sconveniente e meno lecito in termini di regolamento.
 
Non sarebbe così terribile se non si trattasse della persona che più gli è mancata mentre fingeva di essere morto.
 
Non sarebbe così terribile se non avesse sempre desiderato così ardentemente dimenticarsi del protocollo e confessargli quello che prova.
 
Insomma, tolta tutta una serie di cose la cui importanza, purtroppo, non è affatto relativa, non sarebbe affatto terribile.
 
Mentre s’avvia a letto, simile ad un condannato che procede verso il patibolo, Phil cerca di tranquillizzarsi ripetendosi che ha affrontato e superato situazioni ben peggiori – che in questo momento gli sfuggono, ma di sicuro ce ne sono state.
 
Avanti Phil, è un letto molto spazioso, si dice, afferrando un lembo della coperta per sollevarla, cosa potrebbe succedere di così…?
 
“Barton!”
 
Lascia andare lo scampolo di lenzuolo, ritraendo la mano come se si fosse scottato, e indietreggia fino a sbattere contro la parete dietro di sè.

“Che succede?”
 
Barton si solleva, scostando le coperte, e fornisce la conferma che non si è trattato di un’allucinazione – o del riflesso di un desiderio partorito dal suo inconscio. “Perché ha quella faccia? Sembra che abbia visto un fantasma.”  
 
Un fantasma sarebbe decisamente meno problematico da gestire.
 
“Va tutto bene?”
 
“No” risponde Phil e non sa bene dove guardare – occhi, le persone si guardano negli occhi quando gli si parla, eppure, quella è l’unica cosa su cui il suo sguardo sembra non volersi puntare e Phil, santiddio, riprenditi. “Cioè, sì, più o meno, ma…Perché non hai niente addosso?”
 
“Ho le mutande.”
 
“Perché non hai niente addosso oltre le mutande?”
 
“Perché detesto i pigiami” ribatte Barton e Phil sente l’impellente bisogno di ridere istericamente e urlare - non è l’unico bisogno che abbia in quel momento e non è nemmeno il più urgente, ma gli altri vanno assolutamente ignorati.
 
“Li hai sempre indossati in passato.”
 
“Ho cominciato a detestarli negli ultimi mesi. Non lo sa perché non c’era.”
 
La voce di Barton s’indurisce in maniera così impercettibile che forse qualcun altro nemmeno se ne accorgerebbe, ma Phil è riuscito a decifrarlo quand’era un ragazzino che si nascondeva dietro silenzi inespugnabili e non c’è inflessione del suo tono che gli sfugga, non c’è cipiglio che non sappia interpretare.
 
Quell’accusa, per quanto sottile, non potrebbe mai passare inosservata ai suoi occhi.
 
Barton torna sotto le coperte senza aggiungere altro. Phil lo imita un istante dopo.
 
*
 
“Fa freddo.”
 
Quando la voce di Barton lo riscuote la sveglia sul comodino segna le 3.20.
 
A dispetto del modo in cui s’è conclusa la conversazione della sera prima tutto è filato liscio come l’olio, durante la giornata. È stato imbarazzante fare colazione attorniati da persone ai cui occhi sono sposati – per lui è stato imbarazzante, Barton sembrava divertirsi come un bambino al luna park. Se Phil non l’ha strozzato quando ha cinguettato tesoro, mi passi lo zucchero? è solo perché i suoi istinti omicidi erano tutti concentrati su Jennifer, che non gli ha staccato gli occhi di dosso per un secondo.
 
Non si guardano gli uomini sposati, stronza
 
Phil ha desiderato affogarsi nella caraffa del succo d’arancia dopo aver elaborato quel pensiero.
 
“Metti il pigiama e vedrai che andrà meglio.”
 
“Non ne ho. Gliel’ho detto, non ne uso più da mesi, quindi non avevo motivo di portarne.”
 
“Te ne presto uno io.”
 
“Assolutamente no. Non metterò roba di Capitan America.”
 
“Non è di Capitan-”
 
“Dicono che il corpo umano sia un’ottima fonte di calore. Potrei-”
 
“Non pensarci nemmeno.”
 
“-verificare l’attendibilità della nozione con Jennifer. È molto carina e sembrava interessata.”
 
Forse affogarsi nella caraffa del succo d’arancia sarebbe stata davvero una buona idea.
 
“Posso?”
 
“No.”
 
“Temo che abbia preso troppo sul serio la storia del matrimonio, signore. Non siamo davvero sposati, non c’è alcun vincolo di fedeltà a legarci.”
 
“Farebbe saltare la copertura.”
 
“Non è vero. Le persone sposate litigano spesso.”
 
Sarebbe stata una splendida idea.
 
“Non puoi usare le mie parole contro di me-”
 
“Certo che posso. Non ha mai visto Law & Order?” 
 
“-e non puoi andare da Jennifer.”
 
“Perché?”
 
Phil deve ammettere (tra sé e sé, naturalmente) che quello non gli è ancora chiaro - o forse gli è fin troppo chiaro e proprio per questo preferisce ometterlo.
 
“Un superiore non è tenuto a motivare i propri ordini, Barton.”
 
“Può darmi ordini sui miei rapporti con gli altri e sulla mia vita sessuale?”
 
“Sei stato tu a chiedermi il permesso!”
 
“Non perché è il mio capo, ma perché dividiamo la stanza e non mi sembrava appropriato portare qualcuno senza prima avvisarla.”
 
Ha infilato le aspirine in valigia? Comincia ad avere un principio di mal di testa. Meglio prenderne una prima che si trasformi in un mal di testa mastodontico.
 
“Può unirsi a noi, se vuole.”
 
Troppo tardi.
 
 *
 
“Mi dispiace.”
 
“Per Jennifer? Non importa, in fondo non è granché.”
 
“Per non esserci stato in questi mesi.”
 
Silenzio. Breve, brevissimo, un’esitazione impercettibile, ma che urla più forte di un grido.
 
“Gliel’ho detto, sta prendendo la copertura troppo seriamente. Non siamo davvero sposati, non posso denunciarla per abbandono del tetto coniugale.”
 
“Clint, non scherzare. So che ce l’hai con me.”
 
Ancora silenzio, e questa volta è intessuto di un risentimento così tangibile che a Phil pare quasi di poterlo toccare.
 
“Parla, per favore.”
 
“Cosa vuole che le dica?”
 
“Non lo so. Qualsiasi cosa.”
 
“Beh, potrei parlarle delle sedute dallo psicologo, delle notti in cui non ho chiuso occhio o dei giorni che ho passato davanti ad una tomba vuota, oppure di tutte le volte in cui sono entrato nel suo ufficio e ho sperato che--” un altro indugio, un sospiro ricacciato giù per la gola “Le basta?”
 
“Stavo solo eseguendo degli ordini” risponde Phil e subito se ne pente, perché è così poco a fronte di quelle parole che il silenzio sarebbe stato più appropriato.
 
“Certo.” La voce di Barton è acuminata come la punta di una freccia. “Il dovere è più importante di tutto, per lei.”
 
Questa volta, Phil non ribatte.
 
*
 
“Riguardo a ieri sera…”
 
Phil sa d’esser stato un vigliacco ad aver atteso il buio della notte. Avrebbe potuto affrontare la questione durante la giornata, ma parlare è molto più semplice senza dover reggere lo sguardo altrui.

Quando quello sguardo è un’accusa diventa impossibile resistere alla tentazione di evitarlo.
 
“Dimentichi quello che le ho detto. Non avrei dovuto.”
 
“Sì invece.”
 
“No. Fury le ha ordinato di mantenere un segreto e lei non poteva di certo andare in giro a dirlo a chiunque.”
 
Al buio è più facile tirar fuori parole che di giorno restano incastrate in gola. “Tu non sei chiunque, Clint. Non sei mai stato chiunque. Pensa pure che sia un bugiardo ma, ti prego, non credere che non tenga a te.”
 
Si è cechi senza luce, ma mostrarsi è più facile al buio.
 
*
 
Quando rientra in camera dopo la colazione, Phil sprofonda nel letto e sospira fissando il soffitto.
 
Dopo essersi riaddormentato senza offrirgli alcuna replica Barton ha continuato a comportarsi come se lui non esistesse e, soprattutto, come se nulla gli avesse detto.
 
Forse, semplicemente, non gli ha detto nulla in grado di fargli cambiare idea, o nulla a cui lui potesse credere. Forse certi strappi non possono essere ricuciti.
 
È per questo motivo che, quando Barton torna in camera, Phil non reagisce in alcun modo. Sente i suoi passi ma non si solleva; resta steso e muto con gli occhi puntati sull'intonaco. Ha già detto troppe parole rivelatesi inutili; sarebbe sciocco aggiungerne altre.
 
È per questo stesso motivo che non riesce a non sgranare gli occhi per la sorpresa quando, mentre prova ad alzarsi, Barton gli poggia una mano al centro del petto e lo spinge contro il materasso. Sale sul letto e lo sovrasta, piantando le ginocchia attorno ai suoi fianchi, e poi si china appena verso di lui.

Phil ha immaginato una scena del genere molte più volte di quante sia disposto ad ammettere, ma quello non è esattamente il momento in cui credeva si sarebbe avverata.
 
“Barton, non-”
 
“Stia tranquillo, non voglio attentare alla sua virtù” dice lui, poi abbassa lo sguardo e lo punta sulla mano che tiene ancora posata sul suo petto “Posso?”
 
Phil non ha bisogno di chiedere a cosa si riferisca. Annuisce e la mano di Barton risale lungo la stoffa della camicia, fermandosi all'altezza del colletto.
 
Il primo bottone scivola via dall’asola e un palpito gli scoppia nel petto, poi il secondo e il fiato si spezza, poi il terzo e lo sguardo incrocia quello dell’altro, a ribadire il permesso concesso.
 
Barton sposta il tessuto quel tanto che basta per scoprire la cicatrice. La fissa, sul viso una maschera impassibile che Phil darebbe qualsiasi cosa per poter penetrare, poi la sfiora con un tocco impercettibile e Phil trasalisce quando avverte le dita contro la pelle.
 
“Fa male?”
 
Phil scuote il capo contro il cuscino - il dolore è quanto di più lontano esista da quel che sente al momento. “No.”
 
Barton attende qualche istante e la ricalca con l’indice, l'accarezza con la cautela titubante che si riserva alle cose fragili, la tasta e la percorre più e più volte, come a volersene imprimere la forma nella mente e sui polpastrelli.
 
“Io-”
 
“Non scusarti. Non sei stato tu.”
 
“Non volevo dire questo” mormora Barton e le sue dita si ritraggono “Sono contento che sia vivo” la sua mano si schiude e il palmo s’adagia sul cuore “Non importa quanto tempo sia passato. È qui adesso e questo è quello che conta.”
 
Questa volta il silenzio non è una scelta consapevole, ma l’unica cosa che sia in grado di offrire.
 
“Ma, l’avverto, la prossima volta non sarò altrettanto clemente: chiederò il divorzio con addebito.”
 
Ridere non è mai stato così liberatorio.
 
*
 
Quella sera, per la prima volta, Clint viene a letto abbigliato dalla testa ai piedi – grazie al cielo.
 
“Pensavo che detestassi i pigiami.”
 
“Li detesto” replica, infilandosi sotto le coperte “Ma l’ho già traumatizzata abbastanza nei giorni scorsi.”
 
“Era una scusa, vero?”
 
“Anche farebbe saltare la copertura lo era.”
 
Spegnere la lampada sul comò è un ottimo pretesto per non ribattere.
 
“Signore?”
 
“Sì?”
 
“Sa che il fatto che da questa stanza non siano mai provenuti…schiamazzi notturni è molto sospetto, vero?”
 
“Dormi, Barton.”
 
“Non pensa sia il caso di rimedia-?”
 
Dormi.”
 
"Come vuole. Ma, quando ci scopriranno, non dica che non l'avevo avvertita."



























Lo so, il clichè della finta coppia sposata sotto copertura è abusatissimo, ma io non sono mai stata un'autrice originale.
  
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