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Autore: _Zexion_    15/05/2014    2 recensioni
Verloren era, a giudizio di molti e specie di quello che più a forma si avvicinava ad un padre, la creazione perfetta del Signore dei Cieli. Nessun problema, nessun bug interno od esterno. Non era puro e nemmeno macchiato. Non aveva colpe ma non aveva pregi.
Era un essere che viveva la vita eterna che gli era stata conferita, senza mai cambiare nulla, senza percepire i giorni e le notti.
Era stato programmato così, e mai sarebbe dovuto cambiare.
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: L’ottavo peccato capitale.
Fandom:  07-Ghost
Rating:  Verde.
Avvertimenti: Nessuno.
Conteggio Parole: 1409
Note: Questa storia è una Verloren/Eve, in onore del diciassettisimo volume? I think. L'ho scritta  tempo fa per la COWT, ma ho pensato che mi sarebbe piaciuto pubblicarla anche qui.
Quindi insomma, spero di essere riuscita a scrivere qualcosa di decente. Spero di non aver fatto errori, ho ricontrollato, ma sicuro mi sono sfuggiti.
Quindi... enjoy? 

L'ottavo peccato capitale.



Quando, per la prima volta, aveva sentito parlare di una freccia, non aveva saputo attribuirgli un significato od una forma vera. Aveva guardato il Signore dei Cieli mentre silenziosamente si faceva carico di problemi più grandi, di considerazioni più grandi, quali che erano a conti fatti le realtà delle cose.
Non sentiva niente.
Non sentiva la curiosità nel scoprire cosa fosse, ne ll’emozione del poterla vedere, tanto meno si  sentiva triste perché non ne avrebbe mai usata una.
Il Signore dei Cieli gli aveva conferito una falce, al posto di un arco, e per lui andava benissimo così, senza ripensamenti. Per questo quando, crescendo nel corpo e nella mente, nella formazione del sapere che solo Dio aveva e che gli aveva inculcato rendendolo simile a lui ma sempre un gradino più sotto, era riuscito a vederne realmente una dal vivo, non aveva provato niente se non il pensiero nel dire che, ah, quindi era quella una freccia.
Erano quelle le fattezze di una delle armi che gli umani avevano costruito per uccidere ed uccidersi.
La prima volta che, quindi, raccolse l’anima di un peccatore che era stato ucciso da una di esse, Verloren la guardò senza interesse, ma solo con la consapevolezza che grazie ad essa, sicuramente avrebbe mietuto un sacco di anime.

Un Dio della morte è silenzioso, indifferente. Non coltiva sentimenti, perché nel suo lavoro con i suoi poteri sarebbero solo di impiccio. Cova solo in maniera pacata l’indole al lavoro in modo tale da non lasciare mai inadempiuto ciò che deve fare, in modo tale da non rendersi partecipe di guerre o di vendette personali.
Non ha affetti, né terreni né celesti. Non ha altro che la consapevolezza di quando qualcosa finisce, di giudicare cos’è buono o cos’è cattivo solo ed esclusivamente per il colore delle anime spezzate, non per giudizio personale.
Non ha volontà propria, se non Divina. Non nutre desideri, non è mai stanco, svolge il proprio dovere come gli è stato detto di fare, come gli è stato insegnato. Un codice criptato nella mente di un Dio controllato da un Dio ancora più grande.
Verloren era, a giudizio di molti e specie di quello che più a forma si avvicinava ad un padre, la creazione perfetta del Signore dei Cieli. Nessun problema, nessun bug interno od esterno. Non era puro e nemmeno macchiato. Non aveva colpe ma non aveva pregi.
Era un essere che viveva la vita eterna che gli era stata conferita, senza mai cambiare nulla, senza percepire i giorni e le notti.
Era stato programmato così, e mai sarebbe dovuto cambiare.

Eve, era la figlia del Signore dei Cieli.
La creazione più umana che esisteva nella terra divina, così umana che i sentimenti avrebbero potuto nascere da lei, se solo fosse stata la prima. Era la disperazione del padre, ma anche la cosa più preziosa che lui avesse.
Era nata con un sorriso e viveva la sua vita conservandolo, anche quando era arrabbiata, la sua anima non riusciva a macchiarsi in quanto i sentimenti che prevalevano erano buoni, dolci. Riusciva a perdonare ancor prima di finire un litigio, ma di difetto aveva la testardaggine tipica di una ragazzina umana ribelle.
Conteneva dentro di sé l’amore, la dolcezza, la timidezza, l’esuberanza, la paura, il coraggio, l’odio, ma il perdono. Era un fiume in piena di quello che avrebbe potuto essere un Vaso di Pandora stabile, un qualcosa di pericoloso che tuttavia riusciva ad essere contenuto perché puro, perché amato.
Era, d’altronde, tutto ciò che non era Verloren e per questo non avrebbero mai dovuto incontrarsi.
Era così che il Signore dei Cieli aveva deciso ed era così che Eve, aveva disobbedito. Esattamente come Eva colse la mela complice di Adamo, Eve andò a trovare Verloren che non poteva essere toccato là dove una ragazza con l’anima candida come la sua non avrebbe dovuto esserci.
E per prima cosa, Verloren acquisì il desiderio. Gola.

Incapace di rendersi conto del suo mutamento, Verloren trascorse i propri giorni  esattamente come gli altri, se non per una piccola differenza. Eve.
La ragazza che andava a trovarlo troppo spesso nonostante le parole del Padre, la ragazza che insegnava cos’erano i sentimenti mentre il Dio della Morte gli insegnava il proprio lavoro. Entrambi acquisivano conoscenza, che se da una parte serviva a rendere la ragazza più guardinga verso i fiori, o verso altro, dall’altra iniziavano a creare un bug in ciò che era perfetto.
E come ogni imperfezione del proprio mondo, arrivò il giorno in cui il Signore dei Cieli decise di riparare quella creatasi nel cuore di Verloren fino ad allora vuoto.
Lo imprigionò, desideroso che tutto tornasse come prima, pauroso nel lasciare che quel sentimento si espandesse ancora ed ancora fino a rompere del tutto l’equilibrio che pensò di aver creato così facilmente.
Il Signore dei Cieli lo imprigionò senza che Verloren facesse resistenza, ancora un bambino nel capire cosa non andasse, ancora troppo innocente nel capire che non aveva fatto nulla di male.
Era più puro di quanto ci si potesse aspettare e così, più incline a macchiarsi facilmente di una persona abituata a provare sentimenti.

Si ricordava distrattamente del momento in cui il Signore dei Cieli, per prima cosa, lo aveva testato. Ricordava che gli aveva parlato di una freccia, se voleva sapere cosa fosse, come fosse, a cosa serviva, se poteva usarla. Si sentiva triste nel sapere che la sua arma era una falce? Si sentiva euforico nel desiderio di comprendere cosa fosse? Di acquisire più conoscenza?
Verloren, a quel tempo, riuscì perfettamente a rispondere come esso voleva. Nessun pensiero stimolante, se non gli occhi limpidi di chi poteva imparare, ma non aveva bisogno di farlo per sé stesso, perché non ne sentiva il bisogno.
Quando, tuttavia, Eve andò a recuperarlo dalle segrete della torre di Dio eludendo solo per un attimo la sorveglianza, trascinandolo  per la manica perché il contatto con la sua pelle significava morire istantaneamente, Verloren capì che forse il destino di cui aveva tanto sentito la parola sulle bocche degli umani era stato ingiusto nei suoi confronti tanto quanto crudele.
Perché fu una freccia, a portargli via la persona che amava.

L’amore è, ironicamente, il sentimento più terribile che possa esserci. Porta azioni buone, come azioni cattive.
Nel momento in cui, ironicamente, Verloren prese tra le braccia il corpo colpito di Eve, sentì improvvisamente dentro di sé il bug crescere deplorevolmente.  Accidia.
Il volto che scompariva, la consapevolezza che dentro di sé vi fosse qualcosa di negativo, qualcosa che macchiasse completamente l’anima, che tante volte aveva toccato prendendo le anime degli umani, convivendo con i Khor nella sua terra, al suo posto. Qualcosa che lo spingeva a non perdonare facilmente. Ira.
Il Signore dei Cieli era sempre stata una persona che, nonostante tutto, avendogli dato la vita si meritava il rispetto, benché non sapesse esattamente cosa fosse. Non gli aveva mai creato un torto, ma gli diede la colpa di aver ucciso Eve e la pena di non poterla rivedere mai più. Ed allora Verloren si innalzò con quei poteri che tutto potevano, iniziando a mietere anime alla ricerca di quella della sua amata, per stare sempre insieme, ignorando le leggi ed il rispetto che quello stesso Dio gli aveva dato, credendosi al di sopra di tutto quanto. Superbia.
Gli umani erano sempre vissuti nell’inconsapevolezza, buttando al vento ciò che avevano come se nulla fosse, perché non ne facevano tesoro. Non si meritavano di vivere una vita che a lui non era concessa, insieme ad un amore che a lui non era concesso e che loro avrebbero sempre sottovalutato.
E per questo li avrebbe puniti. Invidia.
Eve era sua, sua soltanto. E qualcuno era nato come sua reincarnazione. Non voleva condividerla in quel mondo umano che improvvisamente sembrava detestare per aver preso ciò che era suo, senza permesso, benché come punizione. Se il Signore dei Cieli non voleva dargli il numero di anima di Eve, lui le avrebbe prese tutte, perché nessuno si meritava un’anima così bella. Avarizia.

Purtroppo, i suoi piani non andarono come volle. Il Signore dei Cieli, ancora una volta, interferì creando i 07.ghost.
Verloren sapeva che non sarebbe mai stato facile, raggiungere il suo obiettivo. Reincarnazione dopo reincarnazione, alla fine, i suoi ricordi sigillati finirono solamente per far passare più tempo di quanto in realtà avrebbe mai potuto aspettare.
Ma un giorno, l’occhio di Raphael ne sbloccò la memoria. Ed il Dio della morte ora conosciuto come Ayanami, conobbe anche l’ultima perdizione, mentre l’unica cosa che desiderava era stringere di nuovo a sé quell’anima candida senza macchiarla, ma possedendola. Lussuria.

Più che dell’arciere, bisogna avere paura della freccia. E’ quella che può c’entrare il bersaglio.

 
  
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