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Autore: EmmaStarr    15/05/2014    6 recensioni
|Annie&Johanna| |Oneshot| |Fluff, Angst, Bromance|
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– Aspetta, aspetta, aspetta! C'è qualcuno, laggiù! Ciao, chi sei? – chiamò Annie, indicando la foresta dietro di loro.
Finnick si guardò intorno, curioso. – Ehi! Vieni fuori, non ti mangiamo mica! – gridò poi, scorgendo a sua volta quella figura seminascosta dall'oscurità.
– No! Siete gente strana! – replicò una vocina dalla foresta. Era sicuramente una bambina, forse di qualche anno più piccola di Annie. – Nessuno sano di mente si agiterebbe a quel modo sotto la neve.
* * *
– Tu come ti chiami?
– Johanna. – rispose la ragazza senza smettere di fissarla con incredulità. – Passi spesso le giornate di neve sdraiata nei giardini degli altri? – domandò, ironica.
– Questa è la prima volta, davvero. – si precipitò ad assicurarle Annie: non voleva che Johanna la trovi strana... per quel che si poteva ancora fare.
* * *
– Ahi! Dico, ma fa' attenzione, no? Cazzo, che male...
– Oh, scusami tanto, io... Johanna! Ma sei Johanna? – esclamò Annie, iniziando a saltellare dall'eccitazione. Incredibile che fosse lei, erano anni che non si vedevano!
Johanna la prese per le mani imponendole di calmarsi. – … Annie? – azzardò dopo un istante. – Che ci fai in giro a quest'ora?
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Genere: Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair, Johanna Mason, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando interessante sta per piacevole

~cronache di un'amicizia fuori dall'ordinario~

 

 

When you're down and troubled
And you need some love and care

 

Nevicava. La piccola Annie saltellava in giro per il campo ricoperto di neve, la faccia nascosta da un enorme cappello bianco. Rideva forte, girando in tondo e allargando le mani nella speranza di cogliere uno o due di quelle bianchissime scintille luccicanti.

– Finnick! Finnick, guarda! Oh, Finnick, sta nevicando: è stupendo! – gridò la bambina, voltandosi alla ricerca dell'amico. Lo vide sdraiato nella neve allargare freneticamente le braccia e le gambe, ridendo come un forsennato. Annie gli corse incontro, pronta a buttarglisi sopra ridendo come una matta: doveva ancora vendicarsi per la battaglia a palle di neve di prima, no?

Nei suoi otto anni di vita, Annie non era mai stata troppo tempo lontana da casa: si limitava a viaggiare nei diversi Distretti quando suo padre e quello di Finnick erano costretti ad andare laggiù per motivi di lavoro all'incirca una volta l'anno, e ne approfittavano per far vedere il mondo ai figli. Quella volta era toccato al Distretto 7, e Annie si era subito innamorata delle sue foreste così grandi. Per di più mancava pochissimo a Natale, e si era addirittura messo a nevicare!

– Facciamo un pupazzo di neve? – propose subito Finnick, alzandosi in piedi e scrollandosi di dosso la neve in eccesso. Ma la bambina non lo ascoltava, lo sguardo catturato da qualcosa appena oltre il limitare del bosco.

– Aspetta, aspetta, aspetta! C'è qualcuno, laggiù! Ciao, chi sei? – chiamò Annie, indicando la foresta dietro di loro.

Finnick si guardò intorno, curioso. – Ehi! Vieni fuori, non ti mangiamo mica! – gridò poi, scorgendo a sua volta quella figura seminascosta dall'oscurità.

– No! Siete gente strana! – replicò una vocina dalla foresta. Era sicuramente una bambina, forse di qualche anno più piccola di Annie. – Nessuno sano di mente si agiterebbe a quel modo sotto la neve.

– Mi sa che ha ragione! – disse Finnick, scoppiando a ridere. – Ma noi non siamo mica normali. Vero, Annie? – Fra i due passò subito uno sguardo d'intesa, e Finnick rise ancora più forte.

Annie lo imitò subito, piuttosto fiduciosa: una bambina che le parlava in quel modo era decisamente simpatica! Aveva deciso: sarebbero diventate amiche. – È che noi veniamo dal Distretto 4, e laggiù non nevica praticamente mai... Vieni a fare un pupazzo di neve con noi? – propose, avvicinandosi a lei.

La bambina uscì allo scoperto. Era piccola e gracile, aveva corti capelli scuri e un cipiglio molto arcigno per una della sua età. – Devo lavorare. – mugugnò, incrociando le braccia.

– Dai, ti prego, vieni! – la implorò Annie, raggiungendola e tirandola per un braccio. – Possiamo aiutarti noi, a lavorare! Intanto mi presento: io mi chiamo Annie, e tu?

– Johanna. – borbottò la bambina, scrollandosela subito di dosso. – Magari un'altra volta, eh? Scusatemi se non ho voglia di perdere tempo con bambini scemi come voi.

Finnick le fece la linguaccia. – Certo che sei antipatica! Lasciala stare, Annie, il pupazzo di neve lo faremo solo io e te.

Annie inclinò la testa da un lato, confusa. – Oh... allora sarà per la prossima volta, ok? Guarda che ci conto!

Johanna scosse la testa con esasperazione e se ne andò. Annie l'avrebbe rincorsa -davvero, voleva diventare sua amica- ma si sentì chiamare da suo padre: dovevano tornare indietro, era quasi buio. Finnick alzò le spalle. – Andiamo, Annie?

Lei rimase un attimo ferma, poi mise le mani a coppa attorno alla bocca e gridò con tutto il fiato che aveva in gola: – A presto! – Poi si voltò e se ne andò.

Quando, pochi minuti dopo, Johanna tornò a sbirciare prudentemente in quel campo, notò un paio di piccoli guanti bianchi da femmina abbandonati in mezzo alla neve. Quasi senza pensarci si chinò e li raccolse, portandoli prudentemente al viso: odoravano di sale.

 

* * *

 

When you're down and troubled and you need a helping hand
and nothing, nothing is going right.

 

* * *

 

– Ehi, Annie! Torna indietro, dai!

La ragazza correva, senza badare alla direzione. No, no, non andava per niente bene: fare un profondo respiro, chiudere gli occhi, concentrarsi su una canzone allegra e arrotolarsi una ciocca di capelli sul dito non aveva funzionato. Non ce la faceva, non ce la faceva, non poteva reggere un Tour della Vittoria: Annie non aveva vinto, aveva perso, perso, perso.

Ricordava benissimo quel Tributo: Micaela, Distretto 7, quindici anni. Odorava di bosco e aveva delle mani bellissime, scure e levigate. Era morta dilaniata da un Ibrido poco lontano da dove si trovava lei, nell'Arena, intorno al sesto giorno. E non l'aveva uccisa Annie, non l'aveva uccisa lei, non l'aveva uccisa lei! Eppure le sue urla le rimbombavano ancora nella testa, e il suo sangue, oh, il suo sangue non riusciva proprio a dimenticarlo. Se lo sentiva lì, viscido e caldo sulle mani: quella sensazione non svaniva, non sarebbe mai svanita.

Micaela. Era alta e aveva i capelli neri come il carbone, che si confondevano quasi con la sua pelle color dell'ebano. Non sorrideva mai e veniva dal Distretto 7. Annie conosceva quel Distretto: c'era stata una volta, da bambina. Anche allora nevicava. Anche allora mancava poco a Natale. Eppure, alla luce di quello che era diventata, come poteva essere felice? Da piccola avrebbe voluto fare un pupazzo di neve, ricordò con vago stupore. Finnick diceva sempre che era come fare i castelli di sabbia (oh, di quelli ne avevano fatti tanti!), ma ancora più divertente.

Annie non sapeva se si sarebbe mai potuta divertire ancora. Probabilmente la stavano cercando: era difficile continuare la cerimonia senza lei che leggeva dai cartoncini tutte quelle parole che non pensava e non capiva e non condivideva ma che doveva dire. Però non poteva fissare l'immagine di Micaela e i suoi parenti e la sua casa senza sentirsi male.

I rumori dell'Arena le rimbombavano in testa, con quei suoni cupi e rombanti, stridenti e orribili... Si tappò le orecchie, crollando sotto un albero. Sei mesi. Erano passati sei mesi da quando era stata nell'Arena, ma sentiva ancora quei suoni nella testa. E poi c'era tutto quel rosso, rosso addosso a Micaela, rosso sul collo e sulla testa del suo compagno di Distretto che non era tornato a casa con lei... Rosso sulle sue mani. Anche la neve era... rossa?

Si accucciò sotto un albero e strinse la testa tra le gambe, lasciando che i capelli le ricadessero disordinati sulle ginocchia. A quel punto cercò di pensare a cose che la facessero sentire meglio: era una tecnica che aveva imparato a padroneggiare col tempo, di solito funzionava. Le lenzuola bianche al mattino. Il rumore del mare quando si infrange sugli scogli. La sensazione della spuma delle onde tra le mani. L'odore dei biscotti al cioccolato di Mags. Finnick che le sussurra “ti amo” all'orecchio. Niente da fare, sentiva ancora le mani sporche di sangue. Forse sarebbe dovuta tornare indietro, da Finnick? Finnick di solito riusciva a calmarla, in quei casi.

– Oddio, ma sei morta? No, una morta nel mio giardino no, cazzo. Come lo spiego a Lily?

Annie sentì qualcosa toccarle la gamba, e alzò cautamente la testa. – Sono... morta? – ripeté, confusa.

– Non lo so, dillo tu a me. – ironizzò la ragazza, inarcando un sopracciglio.

Annie sembrò pensarci su. – Penso di no. Insomma, ho ancora le mani... scusa, le mie mani sono rosse, per caso? – chiese, apprensiva. Che le sentisse rosse era una cosa, ma voleva sapere se anche agli altri era così evidente quanto le sue mani fossero sporche di sangue.

– Fai sul serio? – chiese la ragazza, inarcando ancora di più il sopracciglio. – Beh, non importa. In ogni caso, che ci fai nel mio giardino? Sono tutti alla cerimonia, a quest'ora.

Annie ridacchiò. – Sono scappata. – confidò, alzandosi in piedi e spolverandosi i vestiti già ricoperti di neve. – Non volevo stare laggiù, è troppo triste. Mi chiamo Annie, Annie Cresta. E tu?

La ragazza sbarrò gli occhi. – No, quella Annie Cresta? Quella degli ultimi Hunger Games?

Annie inclinò il capo. – Si dice spesso, vero? Gli “ultimi” Hunger Games. Come se fossero gli ultimi di sempre. Invece sono gli ultimi finora. Mi sembra triste, come se la gente si illudesse un po'. Sarebbe bello che fossero gli ultimi di sempre, vero? – rifletté Annie, lo sguardo perso. – In ogni caso immagino di essere io, sì. Tu come ti chiami?

– Johanna. – rispose la ragazza senza smettere di fissarla con incredulità. – Passi spesso le giornate di neve sdraiata nei giardini degli altri? – domandò, ironica.

– Questa è la prima volta, davvero. – si precipitò ad assicurarle Annie: non voleva che Johanna la trovi strana... per quel che si poteva ancora fare.

Johanna. Quel nome risvegliò qualcosa nella mente di Annie. – Per caso... ti conosco? – domandò, cauta. Non che si fidasse molto delle sue sensazioni: le sue mani non erano davvero sporche di sangue, no? Eppure le sentiva così fin da quando era uscita dall'Arena, non importava quante volte le lavasse.

La ragazza trattenne uno sbuffo. – Non è possibile. – la liquidò in fretta. – Io vivo qui da sola con mia sorella Lily. Fino all'anno scorso avevamo una vicina di casa che era mia amica, ma... come dire, Capitol City ha deciso di farle levare le tende. Si chiamava Micaela. Ti dice qualcosa?

Annie sobbalzò. Micaela. Rivide i suoi capelli neri e il suo volto scuro a forma di cuore. Rivide le sue mani, mani affusolate e bellissime, così abili e veloci nel costruire trappole e nel lanciare armi contro i nemici, ma che non l'avevano salvata (non si era salvata; ma in fondo neanche Annie si era salvata, mai, mai).

La ragazza alzò lentamente lo sguardo, aspettandosi un qualche sorta di disprezzo, di odio, negli occhi di Johanna. – Non l'ho uccisa io. – pigolò, quasi come fosse una domanda.

Ma Johanna la stupì. – Lo so, cosa credi? – sbuffò, alzando gli occhi al cielo. – La colpa è degli abitanti di Capitol City, quegli stronzi. Su, datti una mossa e alzati, prima di beccarti un raffreddore.

Annie ubbidì, spolverandosi i vestiti già ricoperti di neve. – Sai... sono già stata qui, una volta, da piccola. – ricordò, concentrata. – Prima di... sai, prima di tutto. Anche quella volta nevicava. – Johanna corrugò la fronte, ma Annie non se ne accorse e continuò. – Ho perso i miei guanti. – rivelò, sorridendo.

Probabilmente a breve Finnick sarebbe venuto a cercarla e l'avrebbe portata via. Annie si chiese se avrebbe voluto fare un pupazzo di neve con lei, prima di tornare indietro. Le sarebbe piaciuto tanto... Senza pensarci, sfregò le mani tra loro per cercare di mitigare il freddo. Le ritrasse subito, inorridita: viscido, orrendo, rosso, sentiva ancora la sensazione terribile del sangue di ventitré Tributi sulle mani. Johanna se ne accorse e inarcò un sopracciglio. – Che problemi hai con quelle mani?

– N-niente. – rispose Annie, incerta. – Ho freddo. – aggiunse poi, abbassando lo sguardo. In parte era la verità, ecco.

Johanna sembrò combattere una lunga battaglia interiore, poi sospirò. – I guanti.

Annie inclinò la testa. – I... guanti? – ripeté, per essere sicura di aver capito bene, non si sa mai.

– Sì, i guanti! Mi avevano detto che eri pazza, non tarda! – sbuffò Johanna, alzando gli occhi al cielo. – I tuoi. Quelli che hai perso quand'eri piccola. Li ho trovati e li ho presi, va bene? Lily era senza, e non avevamo tutti questi soldi, così li abbiamo tenuti noi.

– Eri quella Johanna! – esultò Annie, battendo le mani con entusiasmo. – Lo sapevo che ci eravamo già incontrate!

– Sì, beh, eri già pazza da piccola, gli Strateghi non hanno dovuto faticare molto a farti uscire di testa. – la liquidò in fretta l'altra. – In ogni caso, non mi piace avere debiti con qualcuno, ok? Quindi prendi questi e vattene, sei nel mio giardino. – concluse in fretta, estraendo da un borsone che portava in spalla un paio di guanti marroncini in pelle.

Annie li osservò con reverenza, tastandoli leggermente. Erano morbidi e caldi. – M-ma non posso, io...

– Oh, prendili e basta. Non siamo mica delle morte di fame, cosa credi? Io lavoro, anche se ho solo quattordici anni. Spacco la legna. E ora muoviti, non lo senti che ti chiamano? – sbuffò Johanna, allontanandosi. In effetti Annie sentiva la voce di Finnick che la chiamava da lontano, a breve l'avrebbe raggiunta.

– A-allora grazie! Grazie mille! – gridò Annie, leggermente arrossita, sventolando la mano in segno di saluto. Strinse i guanti al viso e sorrise: odoravano di bosco.

 

* * *

 

Close your eyes and think of me
And soon I will be there

 

* * *

 

Annie stringeva la mano di Finnick come se da questo dipendesse la sua intera esistenza. – Tranquilla, andrà tutto bene.

– Ma se muore... – iniziò Annie, una punta di isteria nella voce.

– Non sarà colpa tua. – dichiarò Finnick con fermezza. – Un Mentore non può sempre salvare il suo Tributo, capisci? Ora stai calma e andremo insieme a cercare degli sponsor.

Annie annuì, visibilmente tesa. – Uno sponsor, va bene. Uno ancora più ricco del tuo.

Finnick rise, mettendole un braccio intorno alle spalle: faceva freddo. Una nuova trovata degli abitanti di Capitol City: il quartiere d'Inverno. In quella zona -la zona dove avevano deciso di incontrarsi con lo sponsor- la temperatura era di vari gradi sotto zero, e Annie aveva pensato bene di portare i suoi guanti. Ricordava benissimo il giorno in cui li aveva ricevuti, il giorno in cui aveva incontrato di nuovo Johanna dopo tanti anni. Annie non sapeva bene perché, ma da quel giorno ogni volta che se li metteva sentiva le mani meno sporche di sangue, meno sbagliate, meno rosse. Era un vero sollievo, e Annie sentiva che non l'avrebbe mai ringraziata abbastanza per questo.

Inutile raccontare come si era sentita quando, l'anno successivo, Johanna era stata estratta alla Mietitura. Né della sua euforia quando aveva vinto.

– Come sarebbe a dire che non c'è? – domandò Finnick, irato.

– Il padrone ha un leggero malore, vi chiede di alloggiare qui per un paio di giorni finché non si sarà ripreso. – rispose il maggiordomo con cui stavano parlando.

Annie prese a tremare. – M-ma in due giorni il nostro Tributo potrebbe morire... – sussurrò, agitata: avevano bisogno di quello sponsor, ma se avessero fatto troppo tardi? Finnick l'abbracciò, continuando a fissare con ostilità il maggiordomo. – Domattina. Vogliamo parlare con lui domattina. – stabilì, serio. – Di' al tuo padrone che se tarderà di più sarò costretto a fare una visita alla contessa De Vermont, e che potrei lasciarmi scappare certe confidenze a proposito di un'avventura con la giovane Alice Knyels... Ricorderà sicuramente quella vicenda, vero?

L'uomo impallidì e annuì con forza. – I-io... riferirò... domattina, sì. – si affrettò ad assicurare, prima di congedarsi con un veloce inchino e di sparire all'interno della casa.

Annie ridacchiò. – Perché sai sempre tutto, tu? – domandò, pizzicandogli il fianco.

Finnick si limitò a stringerla un po' più forte, posandole un leggero bacio sulla fronte. – Vuoi tornare indietro, o preferisci dormire qui? – La domanda non era scontata: il quartiere Invernale distava parecchio dal Centro di Addestramento dove abitavano i Mentori.

Annie ci pensò su. – Qui va bene. – stabilì dopo un istante. Laggiù poteva tenere i guanti di Johanna senza che la gente la guardasse storto.

 

Quella sera, però, Annie non riusciva a prendere sonno. Pensava solo all'unico Tributo del suo Distretto che ancora era rimasto in vita, a come dovesse sentirsi tutto solo nell'Arena. Ricordava alla perfezione l'ansia, la paura, il sangue. Oh, il sangue era troppo, troppo, troppo! Fare da Mentore era una tortura, una vera tortura. Era la prima volta che toccava a lei, perché era riuscita ad evitarlo nei tre anni precedenti. Era al suo primo incarico e la ragazza, oh, la ragazza era morta solo il primo giorno. Annie non aveva dormito, quella sera. E adesso rischiavano di perdere anche il secondo, Bryan... Annie non voleva, non voleva!

Doveva muoversi. Senza svegliare Finnick, uscì piano dalla sua stanza e indossò il suo lungo giaccone bianco. Infilò i guanti con un vago senso di sollievo e uscì cautamente dall'appartamento fino alla strada.

Una leggera spruzzata di neve scendeva piano a imbiancare la via, rendendo tutto quasi magico, surreale. Annie sorrise, iniziando a passeggiare. Chissà come facevano a far nevicare? Poteva esserci una specie di macchina gigante, o una nuvola artificiale? Sollevò la testa per vedere se riusciva a riconoscere qualcuno che dai tetti lanciava secchiate di neve in strada, e non si accorse dell'ostacolo davanti a lei finché non ci andò a sbattere contro.

– Ahi! Dico, ma fa' attenzione, no? Cazzo, che male...

– Oh, scusami tanto, io... Johanna! Ma sei Johanna? – esclamò Annie, iniziando a saltellare dall'eccitazione. Incredibile che fosse lei, erano anni che non si vedevano!

Johanna la prese per le mani imponendole di calmarsi. – … Annie? – azzardò dopo un istante. – Che ci fai in giro a quest'ora?

La ragazza fece un lungo sospiro, senza riuscire a trattenere un sorriso euforico. – Non... non riuscivo a dormire. Pensavo a Bryan... cioè, il ragazzo del mio Distretto che è nell'Arena adesso. Lluvia è già morta. – rivelò a bassa voce, abbassando lo sguardo. – Sono Mentore, adesso, sai?

Johanna annuì. – Lo so. È la prima volta per te, vero?

– Sì, ho saltato tre anni. Finnick dice che capita davvero raramente quando uno ha appena vinto, ma quest'anno hanno chiamato me. Tu, invece? – si incuriosì Annie.

– Il Mentore giù al Sette sono sempre io... non è che abbiamo abbondanza di Vincitori, sai. – sibilò Johanna, velenosa. – E... i miei Tributi sono già morti. Al bagno di sangue, tutti e due.

Annie abbassò lo sguardo, mortificata. Cosa si poteva dire in un caso come quello? Lei e il tatto non erano mai andati molto d'accordo, ma aveva come la sensazione che una qualunque frase di circostanza sarebbe stata fuori posto.

– Come hai fatto? – chiese improvvisamente Johanna.

Annie inclinò il capo. – Eh?

– Quella volta, durante il Tour della Vittoria, mi hai chiesto se avevi le mani rosse. Pensavo che fossi solo pazza, ma... era per il sangue, vero? – domandò, schietta.

Annie annuì, come ipnotizzata. – Sì, sì, io... è per il sangue! È sempre per il sangue, ma nessuno aveva mai... – il suo volto divenne improvvisamente preoccupato. – Anche tu...? – azzardò, portandosi una mano alla bocca.

Johanna si limitò a stringersi nelle spalle. – Non ai tuoi livelli, immagino, ma... insomma, ho vinto, li ho uccisi. E mi sento... oh, non so bene come spiegarmi. Blight non capisce, ma mi ricordavo che tu...

Annie la interruppe, stringendole le mani fra le sue, coperte dai guanti. – Sentivo sempre le mani sporche di sangue, e ogni tanto le sento ancora, davvero! Però quando ci siamo incontrate tu non ce l'avevi con me per la morte di Micaela, hai detto che non l'avevo uccisa io. Sono stati quegli stronzi di Capitol City, così hai detto! – ridacchiò prima di proseguire, infervorata. – Tu sei stata forte, e non hai ucciso tanta gente, quindi neanche tu devi sentirti in colpa. Non avevi scelta. E poi... beh, ci sono i guanti.

Johanna inarcò un sopracciglio. – Prego?

– I tuoi, quelli che mi hai regalato tu! Se le copro, le mani non sono sporche di sangue. Cioè, non le vedo. – spiegò la ragazza, compiaciuta.

Johanna sbatté un paio di volte le palpebre, confusa. – Cioè, tu dici che basta... coprirle?

– Non saprei. – ammise l'altra, sorridendo imbarazzata. – Con me ha funzionato perché... me li avevi dati tu, mi sa.

Johanna chiuse per un attimo gli occhi, e quando li riaprì sembravano accesi di una luce nuova, più determinata. – Sei proprio pazza, sai?

Annie rise. – Finnick dice che va bene così, quindi davvero, non c'è problema. Johanna...

L'altra alzò lo sguardo. – Sì?

– Sono felice... di averti rincontrata.

Per la prima volta in tutta la serata, Johanna permise a un debole sorriso di farle capolino tra le labbra. – Anch'io. È sempre interessante parlare con te.

Annie sperò che interessante fosse sinonimo di piacevole. Sperò di aver trovato un'amica.

 

* * *

 

 

Hey, ain't it good to know that you've got a friend?
People can be so cold.

 

* * *

 

Confusione. Urla. Dolore.

Non voglio, non voglio, non voglio!

Urla. Dolore. Paura.

Non so niente, non so niente!

Dolore. Paura. Morte.
Finnick...

Annie non sapeva da quanto fosse lì, né cosa stesse succedendo intorno a lei. Era in prigione, questo sì. Erano venuti a prenderla mentre andava in spiaggia, prima del tramonto. E l'avevano portata lì.

– Johanna...

Annie gattonò vicino a lei, inorridita dai tagli più o meno profondi che le comparivano su tutto il corpo. Respirava a fatica.

– Johanna, per favore, resta sveglia! – singhiozzò, toccandole cautamente l'unica parte del braccio libera dalle ferite. – Ho paura...

– Certo che sei proprio una poppante. – sbuffò la ragazza con un fil di voce.

Annie singhiozzò di nuovo. – Non voglio... perché ci fanno questo? Sono vivi, no? Sia Finnick, che Katniss, che Beete e tutti gli altri. Come può essere una cosa brutta? – La sua voce si incrinò al nome di Finnick, ma non si ruppe. Anche Johanna, notò Annie, si era irrigidita al sentire pronunciato il suo nome. Annie sapeva che tra lei e Finnick c'era sempre stata un'intesa particolare, e ne era contenta: due delle persone che più le piacevano sulla faccia della Terra andavano d'accordo, cosa poteva chiedere di più? Ok, ora magari avrebbe chiesto di poter uscire. O che Johanna non stesse così male. O di poter vedere Finnick.

– Sta' zitta, Annie. – sbuffò Johanna, voltando la testa e facendo per alzarsi.

– Aspetta, ti aiuto, non... – iniziò Annie facendo per prenderle la mano. Il suo corpo fu scosso da un tremito incontrollabile quando il denso liquido viscoso entrò in contatto con la sua mano fresca e pulita. Sangue sulle mani. Era la prima volta, la prima volta da quando era uscita dall'Arena che succedeva per davvero.

– Non toccarmi! – sibilò velenosa Johanna, alzandosi traballante in piedi. Fu troppo per il suo fisico già tanto provato, e sarebbe crollata rovinosamente a terra se le braccia di Annie non fossero state lì pronte a sorreggerla.

– Non importa. – sussurrò la ragazza con un tono di voce appena udibile. – Non importa. Se è il tuo sangue va bene. Se è il tuo sangue e tu non sei morta e io non ti ho uccisa, allora va bene. Posso farcela, vedi? Però ti prego... non morire!

Probabilmente Johanna era stata ferita troppo, troppo a lungo, troppo crudelmente: aveva senza dubbio perso la testa. Altrimenti Annie non sapeva proprio come spiegarsi come mai, invece di respingerla come avrebbe fatto di solito, si limitò a cingerla con le braccia permettendo alle lacrime di Annie di inzupparle la camicia ormai a brandelli.

 

* * *

 

You just call out my name, and you know where ever I am
I'll come running to see you again.

 

 

* * *

 

– Mamma! Mamma, hai visto? Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta!

Annie rise, battendo le mani con forza. – Bravissimo, Tommy!

Il bambino dai capelli scuri e gli occhi verdi uscì dall'acqua spargendo in ogni direzione infinite goccioline d'acqua. – Hai visto che tuffo? E non sono atterrato di pancia, neanche un po'! – affermò, orgoglioso. Il Sole stava per tramontare all'orizzonte, ma nessuno dei due sembrava preoccuparsene.

Annie lo prese per le braccia e lo tirò a sé, stringendolo con dolcezza. – Sei stato fenomenale. – confermò, seria. – Non ho mai visto niente di simile!
– Davvero, marmocchio, niente male. – commentò una voce alle loro spalle.

– Zia Johanna! – gridò il bambino, correndo tra le braccia della donna apparsa dal limitare della spiaggia già in costume da bagno. – Sei tornata, che bello! Mi hai portato un regalo?

Johanna lo spinse indietro, scherzosa. – Ma guarda che peste! Torno dopo due settimane e qual è la prima cosa che mi chiede? Se gli ho portato qualcosa, pensa te!

Annie scoppiò a ridere. – Tommy, chiedi scusa. – ordinò, maliziosa.

– Scusa, zia. – obbedì il bambino, senza nascondere un sorrisetto birichino. – Quindi... non mi hai portato niente niente niente? – domandò un istante dopo, scatenando le risate di sua madre.

– Annie, non lo stai educando per niente bene, questo bambino. Di questo passo diventerà un egocentrico montato proprio come suo padre! – si lamentò Johanna, estraendo dalla borsa un pacco ricoperto di una carta regalo azzurra. – Tieni, spero che ti faccia schifo. – borbottò, lanciandoglielo in mano.

Mentre il piccolo si divertiva a far navigare la sua barchetta intagliata in legno di pino proveniente dalla migliore falegnameria del Distretto 7, Annie si avvicinò a Johanna ed entrarono in acqua insieme. – Allora... come mai qui?

Johanna sospirò. – Mi mancava il marmocchio. – affermò, ghignando.

– Un po' però ci somiglia, no? A Finnick, dico. – azzardò Annie, fissando il figlio con affetto. Continuarono a inoltrarsi per un po' nell'acqua bassa, godendo della frescura che quella giornata d'estate richiedeva.

– I capelli e gli occhi sono i tuoi. – rifletté Johanna. – Ma ha un che nello sguardo... e nel carattere, soprattutto. – dichiarò poi, categorica.

– Secondo me gli somiglia anche nelle mani. – fece Annie, convinta. – Voglio dire, le mani di Finnick erano morbide e allungate, e forti. Poi profumavano di Sole. E anche nella voce, eh! Ha un modo tutto suo di chiamarmi. Cioè, Finnick mi chiamava Annie e lui mi chiama mamma, ma è una questione di intonazione. Dico, gli somiglia anche in questo. Sto dicendo cose strane? – domandò poi, apprensiva. Da quando era madre cercava di trattenersi sempre nel dire quello che le passava per la testa. Ma con Johanna era così facile parlare...

– Dici davvero, le mani? – commentò Johanna, inarcando un sopracciglio.

– Beh, sì... – mormorò l'altra, impacciata. – Cioè, mi sembra.

Johanna sembrò pensarci su, poi sorrise, sospirando. – Sì, beh, se lo dici tu è senz'altro possibile. Ma non è solo per vedere quanto questa peste somiglia a Finnick che vengo qui, eh.

Annie sorrise. – Ti manco anch'io? – domandò, allegra.

– In un certo senso. Diciamo che è sempre molto interessante parlare con te. – Prima che Annie potesse dire qualcosa, Johanna sorrise. – Ah, per la cronaca: interessante significa piacevole.

Per poco Annie non rimase a bocca spalancata. – D-dici davvero?

– Certo. – Johanna alzò le spalle. – Dovrebbe essere piacevole parlare con gli amici, no?

Annie chiuse un attimo gli occhi per assaporare il momento. Sentiva la risata di suo figlio e il suono delle onde, così diversi dal fragore dell'Arena che per anni aveva riempito le sue orecchie. Il Sole che si apprestava a scomparire dietro l'orizzonte la riscaldava appena con i suoi raggi gentili, e sentiva nel cuore una gioia che non provava da secoli. D'accordo, Finnick non c'era più, ma Annie poteva ancora essere felice. Aveva Tommy, per cui avrebbe dato tutto. E poi c'era Johanna, la sua amica Johanna. Davvero, cos'altro avrebbe potuto chiedere di più? Con cautela avvicinò la mano a quella di Johanna già sotto la superficie dell'acqua e la strinse, esitante. Spalancò gli occhi, entusiasta, e le sue iridi si riempirono di sole e di gioia. – Lo senti anche tu? – sussurrò, estasiata.

Johanna annuì, sorridendo. – Non c'è più sangue.

Non più sangue sulle mani, mai, mai più.

 


Angolo autrice:
Salve a tutti! Ecco che ritorno nel fandom con un piccolo esperimento... lo so, l'anello di congiunzione tra Annie e Johanna tende ad essere sempre Finnick, però mi sono chiesta: e se anche tra di loro ci fosse un gran bel rapporto? Triangoli amorosi a parte, ho cercato di parlare di loro in un metodo un po' diverso dal solito. Spero che vi sia piaciuta, e ringrazio la giudicia per l'opportunità di scrivere su queste due! Sono sempre stata affezionata ad Annie e c'è effettivamente qualcuno che può non amare Johanna? Quindi sono stata più che felice di poter scrivere sul rapporto (esistente o presunto, ecco) che c'è tra loro due. Grazie a chiunque leggerà e recensirà! :)
Un bacione, vostra
Emma ^^
  
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