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Autore: sailormoon81    16/05/2014    0 recensioni
La vigilia di Natale ha sempre qualcosa di magico per Usagi. Ma la scomparsa di sua figlia fa cadere la donna in un baratro di disperazione.
Le prime ore dalla scomparsa sono molto importanti per le ricerche, lo sa bene Usagi, e il rincorrersi dei minuti non fa che aumentare l'angoscia e il senso di impotenza che le attanaglia il petto. Dov'è andata la sua bambina? Chi l'ha presa?
Genere: Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chibiusa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Capitolo 3. Indizi
 
Nel suo appartamento, Ikuko Tsukino serrò con forza la cornetta.
Con tono innaturalmente calmo, Usagi le aveva appena detto che Chibiusa era scomparsa da più di due ore, ormai, e non era ancora stata ritrovata.
“Ci serve una sua foto, mamma, per distribuirle ai mezzi di informazione” le stava dicendo Usagi, ma la mente di Ikuko sembrava non voler dare ascolto alla realtà.
Poi, come ripresasi, si affrettò a rispondere. “Non ho foto recenti” si scusò, “ma porterò lo stesso tutte quelle che riesco a trovare.”
 
*
 
Erano in viaggio da tanto, ormai.
La fame ora era davvero insopportabile, così come il bisogno di andare in bagno.
“Mi… mi scusi. Potrebbe, per piacere… devo… devo andare in bagno…”
Aveva molta paura che quell’uomo le gridasse contro, e non riuscì a impedirsi di tremare quando lui si voltò a guardarla.
Non rispose subito, e sembrò riflettere prima di domandare “Hai anche fame, per caso?”
La sua voce, notò Chibiusa, era molto più calma di prima.
“Tra non molto incroceremo un distributore di benzina” disse quando lei annuì. “Mentre tu fai quello che devi, io comprerò delle patatine. E poi, più avanti, ci fermeremo per un hamburger. Ma non provare a fare scherzi, signorinella. Capito?”
“Non parlerò con nessuno” sussurrò. “Promesso.”
“Promesso, papà.”
 
*
 
Alla Centrale, le indagini sulla fuga di Nephrite sembravano aver trovato un punto a cui appigliarsi.
Appena un’ora prima, un detenuto ospitato in una cella vicino quella di Nephrite aveva riferito ad una guardia che neanche un mese prima l’uomo si era vantato di aver conquistato una “spogliarellista niente male”, una certa Naru.
Ora stavano cercando di rintracciarla, sperando di non fare un buco nell’acqua con quel tentativo.
“Aino, una telefonata da Detroit” gridò una voce al di sopra del chiasso della stanza.
Minako raggiunse la propria scrivania e sollevò la cornetta.
Il suo interlocutore non perse tempo. “Sono Hato, ci siamo conosciuti quando siete venuti a riprendervi Nephrite, quando l’anno scorso ha tentato la rapina in un supermercato qua da noi. Abbiamo il certificato penale di una certa Osaka Naru, danzatrice. Un paio di giorni fa ha lasciato la città, dicendo in giro che si sarebbe incontrata col suo ragazzo e che probabilmente non sarebbe più tornata.”
“Ha detto anche dove sarebbe andata?”
“Corea.”
Aino non trattenne un’imprecazione. “Se scappa in Corea non lo becchiamo più!”
“I nostri uomini stanno tenendo sotto controllo autobus, stazione ferroviaria e aeroporto” comunicò Hato. “Se la Osaka tenta solo di mettere il naso fuori dai nostri confini verrà intercettata.”
Aino riattaccò. E se quello di Naru Osaka fosse stato solo un tentativo di sviare la polizia? Chi lo diceva a loro che non avesse dato informazioni errate?
Tuttavia, come gli fece notare Lewis, non potevano scartare l’ipotesi che Nephrite parlasse sul serio, quando diceva di volersi costituire, anche se, ammise, nessuna delle due possibilità sembrava convincerlo appieno: né il Corea, né la promessa di costituirsi.
Addentando un panino, non poté fare a meno di ascoltare la conversazione di due colleghe.
Parlavano di una bambina scomparsa.
“Quale bambina scomparsa?” intervenne Alan. Simili notizie coinvolgevamo molto gli agenti di polizia. Negli ultimi tempi sembrava esserci stata una escalation di rapimenti, e non erano pochi i casi in cui del bambino non si aveva più notizia, come se si fosse volatilizzato nel nulla.
“Ehi, Alan. Una telefonata per te” lo chiamò un collega dall’altra parte della sala. “È una donna, non ha detto il nome.”
Con il panino e un caffè in mano, Lewis ritornò alla sua scrivania.
“Agente investigativo Lewis” si presentò.
Dall’altro capo, solo un respiro affannoso. Poi il clic della comunicazione interrotta.
 
*
 
Gurio Umino, cronista della CBS, si avvicinò all’autopattuglia dove Usagi sedeva insieme alla primogenita.
Erano le nove passate, e nevicava senza sosta da più di mezz’ora.
Dalle cuffie, ascoltava gli sviluppi sul caso Nephrite, un evaso che, a quanto sembrava, dopo aver ferito un agente, stava tentando la fuga verso la Corea.
Che vigilia deprimente, pensò. Un agente ferito, un evaso in fuga e una bambina scomparsa.
Bussò al finestrino della volante, e quando lo vide Usagi si affrettò ad abbassarlo.
Umino si chiese come facesse a mantenere un simile controllo sulle sue emozioni.
Usagi ora sedeva davanti, al posto del passeggero, mentre la piccola Hotaru era dietro, insieme ad una donna anziana che le teneva il braccio sulle spalle.
“Ancora nessuna novità” commentò Usagi, per poi presentare al giornalista la propria madre, Ikuko Tsukino.
“Chibiusa è sveglia, e sa che se si perde deve chiedere aiuto a un poliziotto” mormorò Usagi con voce flebile. “Qualcuno l’ha presa, ma chi potrebbe sequestrare una bimba, la vigilia di Natale, poi?”
“Usagi, non torturarti così.” A dispetto delle parole, notò Umino, anche la voce di Ikuko era rotta dall’emozione. “Tutto si risolverà, ne sono certa. Sei riuscita a metterti in contatto con Mamoru?”
Usagi scosse la testa. “A quest’ora starà sorvolando l’oceano, di ritorno dall’Europa.”
“Arriverà domani mattina” intervenne Hotaru. “Ma per allora, Chibiusa sarà già con noi, vero?”
“A te la linea, Umino.” La voce nelle cuffie gli dava il via libera, e Gurio non si fece attendere.
“Sono qui con la madre della piccola Chibiusa, scomparsa ormai da più di tre ore.”
“Se qualcuno sa dove sia Chibiusa, cosa le è successo, lo supplico di mettersi in contatto con noi.” Usagi parlava con voce ferma. “Indossa un cappotto blu” ripeté per l’ennesima volta in quella serata. “Ha i capelli castani, tendenti al rosso, legati in modo da assomigliare alle orecchie di un coniglio.”
“Ha sempre con sé una catenina con un cuore e una mezza luna crescente” aggiunse Hotaru, quasi gridando, come se quel dettaglio fosse di vitale importanza.
Se fra coloro che hanno ascoltato questo appello c’è qualcuno che ha notizie della piccola Chiba Chibiusa” concluse Umino, “lo preghiamo di contattare il numero 134-0874.”
 
*
 
La neve ora scendeva più fitta, e loro procedevano a velocità sostenuta sulla corsia di destra dell’autostrada affollata.
Un’idea balenò nella mente della piccola: se fosse riuscita ad aprire la portiera e saltare giù prima che Nephrite se ne accorgesse, forse avrebbe potuto attirare l’attenzione di qualche auto e farsi così riaccompagnare dalla mamma!
Lentamente allungò la mano fino a stringere la maniglia: perfetto, Nephrite non l’aveva chiusa con la sicura, dopo essere usciti dalla stazione di servizio.
Fece un respiro profondo, pronta a saltare giù, quando un’auto alle loro spalle li superò tagliando loro la strada. Nephrite schiacciò i freni e l’auto sbandò incontrollata.
Schiantati!, pregò Chibiusa. Così qualcuno verrà di sicuro a liberarmi!
Ma Nephrite aveva già ripreso il controllo dell’auto.
“Che fortuna, eh ragazzina” rise, non nascondendo la soddisfazione. “Non è che stavi pensando a scappare, vero?” brontolò notando la mano di Chibiusa posata sulla maniglia. Fece scattare la sicura. “Togli la mano di là, se non vuoi avere qualche dito fratturato.”
Chibiusa obbedì rapidamente: la voce di quell’uomo era ferma, e Chibiusa non dubitò che avrebbe sul serio posto in atto la sua minaccia.
 
*
 
Erano già le dieci.
Seduto alla scrivania, Alan Lewis rifletteva sugli ultimi avvenimenti.
La telefonata di poche ore prima, ne era certo, proveniva da Makoto Kino: gli agenti che la tenevano sotto sorveglianza avevano confermato che dal suo apparecchio era partita una chiamata.
Alan aveva provato a richiamarla, ma lei non aveva risposto. Eppure era in casa, come avevano confermato i colleghi.
Makoto l’aveva cercato, ma poi aveva avuto paura e aveva riattaccato: cosa voleva dirgli?
Minako interruppe il flusso dei suoi pensieri.
“Perché non vai a riposarti” gli disse. “Dobbiamo organizzare il controllo alla cattedrale, ma un’ora di pausa non può che farti bene.”
Alan scosse il capo. C’era qualcosa che continuava a tormentarlo, un dettaglio che sembrava galleggiare davanti a lui, ma che non voleva essere afferrato.
Quando quella mattina erano andati a casa di Makoto, lei era pronta per recarsi al lavoro; dodici ore dopo, era rientrata e sembrava esausta, nervosa, ben più della mattina.
Lo squillo del telefono lo riportò alla realtà.
Alzò la cornetta: di nuovo quel respiro agitato. “Makoto” chiamò. “Makoto, sono Alan Lewis. Può parlare con me, non deve avere paura.”
Stavolta la donna dall’altro capo del telefono non riattacco.
“Agente Lewis, può venire qui? Devo parlarle di Nephrite. E di quella bambina scomparsa.”

***
Arieccomi, come un'apparizione dopo... ehm... quasi un anno...
Chiedo venia a tutti coloro che, per un qualche strano motivo, ancora attendono mie notizie: ve ne sono grata, davvero :)
Ringrazio chi, nonostante la mia lentezza e le lunghe assenze, non perde la speranza di veder conclusa almeno questa storia (le altre lasciate in sospeso, giurin giurello!, cercherò di completarle entro questo secolo!)
Vi abbraccio tutti, e vi do appuntamento presto, diciamo entro fine mese, per un nuovo aggiornamento alla ricerca di Chibiusa :)
Bax, Kla

 
   
 
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