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Autore: musa07    16/05/2014    5 recensioni
" Non ci sarebbe stato nessun dolce risveglio …
Non ci sarebbe stato nessun tenero abbraccio …
Nessun bacio del Buongiorno sussurrato dolcemente all’orecchio …
Non nel giorno in cui sarebbero scesi in campo l’uno contro l’altro.
Non nel giorno in cui le proprie fazioni si sarebbero fronteggiate in uno scontro fratricida.
Lo sapevano bene questo. Eppure …"
Ciaossu^^ Non ho saputo resistere, e l'angst che questi due ispirano, mi ha alla fine contagiato.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Fushimi Saruhiko, Misaki Yata
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaossu^^  Come se non bastassero i fandom che già impesto con la mia presenza molesta, approdo anche qui.
Molto probabile che Misaki vi appaia leggermente OOC, ma d’altra parte, noi – purtroppo! – non possiamo mica sapere com’è lui mentre si sta felicemente rotolando tra le lenzuola con la sua Scimmia^O^
 

Terry, sai che questa fic è nata come tuo regalo di compleanno, quindi Auguri ancora. E grazie. (Anche se mi hai praticamente obbligato a postarla^O^ Scherzo Tesò <3)



 
“Il Futuro è una scatola vuota in cui metti tutte le tue Illusioni”
 
 
 
Non ci sarebbe stato nessun dolce risveglio …
Non ci sarebbe stato nessun tenero abbraccio …
Nessun bacio del Buongiorno sussurrato dolcemente all’orecchio …
Non nel giorno in cui sarebbero scesi in campo l’uno contro l’altro.
Non nel giorno in cui le proprie fazioni si sarebbero fronteggiate in uno scontro fratricida.
 
Lo sapevano bene questo. Eppure …
 
Eppure si erano posseduti, appartenuti, con la forza della disperazione.
Con la forza di quel legame antico, che comunque niente e nessuno aveva mai potuto recidere, che da sempre li aveva legati. E proprio in memoria di quel legame, proprio per testimoniare a sé e all’altro il loro appartenersi e possedersi da sempre, si erano impressi l’uno sul corpo dell’altro. Evidenti sulla pelle di entrambi i marchi di graffi, morsi, baci …
Aveva opposto una stoica resistenza Misaki inizialmente, più dettata dal rancore che altro, ma quando la lingua di Saruhiko si era fatta strada a forza dentro la sua bocca, ecco che l’ultimo barlume di coscienza era stato sradicato. E allora era stato proprio lui a iniziare a spogliarlo, a sbottonargli la camicia di quel candore accecante. E con ogni bottone, saltava via l’ombra di ogni parola non detta, ogni emozione, ogni bisogno mai espresso. Quando avevano smesso di capirsi? Quando avevano smesso di conoscersi? Erano stati così ingenui da allontanarsi l’uno dall’altro senza mai capirsi, e per ogni parola non detta, la spaccatura si era fatta via via sempre più profonda, più recisa, più sofferta … E ingenuamente, per non far vedere quanto in realtà stessero soffrendo della distanza sempre più incolmabile tra loro, avevano cercato di far subentrare il disprezzo, lo scherno a sostituire quel sentimento che era sbocciato tempo addietro dentro entrambi.
Come poteva Misaki perdonargli il fatto di essersi trovato da un giorno per l’altro senza il suo occhio destro, senza colui il quale gli aveva sempre guardato le spalle? Senza il suo compagno di scorribande al quale appoggiare la testa sulla spalla dopo un pomeriggio passato insieme e lasciarsi abbandonare dolcemente al sonno?
Come poteva Saruhiko perdonargli il fatto di avergli voltato le spalle, lo sguardo, verso qualcun altro? Come poteva perdonargli il fatto di esser stato cieco e sordo alle sue mute richieste di bisogno di lui, al suo amore incondizionato?
Ma in quei momenti, tutto aveva perso senso. Cancellate le colpe. Cancellate le mancanze, le cose non dette, i desideri e i bisogni traditi.
Aggrappato alla schiena della sua scimmia per non perdersi, Misaki aveva ascoltato rapito i gemiti di entrambi aver preso il posto dei sospiri e riempire la stanza.
Aveva ascoltato stregato il salmodiare cadenzato del suo nome nella voce dell’altro, sospirato, senza la solita fastidiosa sfaccettatura cantilenata.
Aveva sentito una lacrima solitaria rigargli il volto, molto semplicemente perché quello che stavano provando insieme si era fatto nuovamente strada a forza, dopo esser stato costretto nel fondo dell’Anima.
Gli aveva intrufolato le dita tra i capelli neri scompostamente disordinati, per non permettergli di abbandonare le sue labbra nemmeno per un istante, rendendo più salda la presa allacciandogli le gambe sulla schiena per non lasciarlo più andar via da lui. Così come Saruhiko non gli aveva lasciato prender fiato, né respiro, tuttavia attento a non creargli dolore e donargli il massimo del piacere. E pregando in cuor suo che quel corpo non fosse appartenuto mai a nessun altro prima di allora.
All’inizio era stata dura guardarsi negli occhi, il contatto era stato rifugiato. Ancora troppo doloroso leggere nelle iridi l’uno dell’altro la sofferenza dell’abbandono, la delusione di sogni infranti.
Avevano accarezzato, percorso con la punta delle dita, con la punta della lingua, ogni singolo centimetro di quel corpo, quell’Essere, tanto agognato e tuttavia mai perso. Ogni carezza si era impressa nell’Anima di entrambi. Ogni tocco era stato una venerazione, un far sentire all’altro di esserci stato, sempre e comunque, di averci creduto. Una promessa … La promessa tacita che in caso di bisogno, sarebbero state attraversate le Fiamme degli Inferi per arrivare a riprendersi e ritrovarsi. Nonostante tutto …
- Andiamocene … Abbandoniamo tutto e andiamocene via. Insieme … -
Se l’erano ripetuto un’infinità di volte quando infine i loro occhi si erano incrociati, e tutto era stato spazzato via. Ci avevano creduto per un attimo. Per un attimo si era spalancata davanti a loro una possibilità, le avevano timidamente sorriso e sperato, ricercando la mano l’uno dell’altro come avevano fatto un’infinità di volte da piccoli …
Ma non ci sarebbe stata una seconda volta per loro due. Non in quel mondo …
Abbandonando quelle tanto adorate ciocche rosse ribelli, la mano di Fushimi era risalita lungo il braccio dell’altro fino ad incontrarne le dita, per intrecciarle alle sue, nel momento in cui aveva percepito di esser sulla soglia dell’oblio.
- Mi-Misaki … - l’ultimo mormorio. L’ultimo sospiro. Il perdersi insieme, sapendo di cadere insieme stavolta.
I gemiti smorzati l’uno sulla spalla dell’altro, per ironia della sorte proprio su quel marchio impresso a fuoco sulla pelle di entrambi, cercando di ritardare l’Alba - il momento del nuovo abbandono - il più possibile. E il tutto era stato reso più evidente dal quel baciarsi frenetico, urgente, mordendo e non lasciando respiro.
Con un sospiro sofferto, rituffando nuovamente le dita lunghe e affusolate dentro a quegli amati ciuffi rossi, Saruhiko si era sollevato da Misaki quel tanto che bastava per uscire da lui.
- No! – aveva sussurrato il rosso perentorio, bloccandolo per i fianchi con le gambe e prendendogli, con una delicatezza che non ci si sarebbe mai aspettati da lui, il volto tra le mani per obbligarlo a guardarlo negli occhi. Suo malgrado, le labbra di Misaki si erano aperte in un lieve sorriso per poi velare gli occhi con uno sguardo melanconico.
- Perché adesso? – aveva bisbigliato in un mormorio. La voce si era persa in un sussurro, mentre sollevava il volto per depositare un leggero bacio frugale su quelle labbra che avevano esplorato raminghe ogni angolo del suo corpo. – Perché solo adesso? – aveva richiesto sofferente.
La risposta la sapevano entrambi, ma entrambi tacquero.
Troppo doloroso per l’Animo di tutti e due dire che ci sarebbe stata la possibilità che la persona che avevano sempre amato e che continuavano ad amare disperatamente nonostante tutto, la sera dell’indomani avrebbe potuto non essere più di quel mondo. La sera dell’indomani, uno dei due avrebbe potuto essere morto. E quello, quell’appartenersi in maniera disperata, era stato il modo per far capire l’uno all’altro quanto si amassero.
Misaki non l’aveva perso di vista nemmeno per un secondo. Nemmeno per un attimo.
Aveva seguito ogni suo singolo movimento. Come si era posto al suo fianco, come si era girato verso di lui, portando una mano sotto al cuscino, come sbuffando si era spostato un ciuffo di capelli che gli andava a solleticare la punta del naso, come gli avesse spostato una ciocca da davanti agli occhi, come la pelle fosse ancora imperlata di sudore e il respiro ansante.
E alla fine, solo alla fine, dopo aver percorso con lo sguardo tutto il suo corpo, i suoi occhi verdi si erano posati su quel tatuaggio. Saruhiko aveva seguito quel pellegrinare e nel momento in cui aveva visto dove l’attenzione dell’altro si era posata, si era inconsciamente irrigidito. Così come quando la punta delle dita bollenti del suo amato si erano posate su quel disegno, aveva portato lo sguardo altrove, quasi sentendosi ancora in colpa. Gliel’aveva detto, se se n’era andato dai Rossi, era perché era diverso da loro; ma se si era unito allora, molto semplicemente era stato per poter stare con lui. Per continuare a pensare, presuntuosamente, di poterlo difendere sempre. Di poter accorrere in suo aiuto, sempre.
- Tch. – sbuffò, riportando lo sguardo su di lui.
Con un grosso sospiro, cercando di ignorare come le dita di Misaki sulla sua pelle gli procurassero pericolosi brividi, fece per alzarsi.
- No. –
Di nuovo l’aveva bloccato. Gli aveva impedito di lasciarlo, di abbandonarlo.
Saruhiko si era girato sorpreso, con sguardo interrogativo, fissando la mano dell’altro – quella stessa mano che fino ad un secondo prima lo stavano accarezzando, percorrendo il contorno arzigogolato del loro identico tatuaggio – sul suo braccio.
- Resta. – fu la risposta alla sua domanda interrogativa. – Resta qui, stanotte … -
Come appariva senza difese Misaki, sollevato su un gomito, le guance ancora leggermente arrossate dallo sforzo dell’orgasmo, ma, nonostante lo stato di rilassatezza, mollò la presa solo quando lo vide riportarsi in posizione supina, ad appoggiare la testa sul suo petto.
- Vuoi che resti veramente qui stanotte, Misaki? – fu la replica, incredula. Bisbigliata.
- Sì. – fu la risposta sussurrata. - Sì, resta. Resta, Saruhiko … -
Da quanto non lo chiamava per nome! E quanti dolci ricordi risalirono prepotenti alla memoria, costringendo le labbra di Fushimi a piegarsi in un sorriso.
Il sonno li colse prima di quanto avrebbero voluto. Lottarono disperatamente per restare svegli, per bearsi ancora l’uno del contatto dell’altro, le mani posate delicatamente sui fianchi, ma alla fine la stanchezza per le emozioni fisiche e spirituali che avevano provato, li sopraffece.
Fu Misaki - nel cuore della notte, mentre fuori il vento ululava malignamente - a risvegliarsi, percependo un elemento estraneo. Muovendosi, come al suo solito, allungò un braccio fino ad incontrare il corpo dell’altro.
Spalancò gli occhi di colpo, allarmato, mettendosi a sedere di scatto. Ma ci mise praticamente la frazione di un secondo perché ogni singolo momento delle ore precedenti gli ritornasse alla memoria. Si passò una mano tra i capelli, poi quelle stesse dita, con rinnovata sicurezza, si diressero verso il volto di Saruhiko, verso quei lineamenti fini e delicati. Con la punta delle dita, percorse tanta perfezione, indugiando con particolare dovizia su quegli occhi belli anche da chiusi. Sghignazzò malignamente quando lo vide arricciare infastidito il naso nel momento in cui decise di torturarlo sulla punta proprio con una sua ciocca di capelli neri. Addirittura si aspettava che da un momento per l’altro, Fushimi se ne sarebbe uscito con il suo tipico, e snervante, “ Tch”.
Una piccola risatina gutturale si fermò in gola.
- Mmm … Misaki … -
Le dita si fermarono a mezz’aria quando lo sentì mormorare il suo nome, dal niente. Nel silenzio del cuore della notte, nel buio della stanza, parve rimbombare. E come gli parve dolce e avvolgente il suo nome ora, sospirato in quella maniera. Erano altri i brividi che gli stava dando.
- La mia stupida scimmia. – bisbigliò divertito, distendendosi nuovamente e posandogli la testa sul petto, ad ascoltarne il battito rassicurante del cuore.
Quasi Saruhiko l’avesse sentito avvicinarsi a lui, anche da dentro il sonno, lo attirò maggiormente a sé, posandogli una mano sul fianco.
Il rosso riprese a disegnare il contorno del tatuaggio dell’altro, perdendo lo sguardo nel vuoto.
- Buffo …  - iniziò a parlare a se stesso, bisbigliando appena. - Se potessi scegliere chi avere al mio fianco domani, a coprirmi le spalle, non vorrei nessun altro che te … Ma se proprio dovessi morire per mano di qualcuno, non vorrei che fosse nessun altro se non tu … - concluse, con sguardo ora sofferente.
Con la testa appoggiata sul petto di Saruhiko, non poté vedere come gli occhi cerulei di questi si aprirono, ma lo sentì chiaramente sospirare pesantemente e come la presa sul fianco si fece più salda.
Misaki sgranò gli occhi. Il suo adorato l’aveva sentito e in quella stretta, l’altro gli aveva voluto comunicare che i suoi pensieri erano i medesimi. Ancora una volta.
Perché doveva esser finita così? Perché si era arrivati a quel punto?
Con un sospiro sofferente, si accoccolò maggiormente al corpo dell’altro, cercando di catturarne l’essenza. Avrebbe pagato con l’Anima per poter fermare il tempo in quel preciso istante. Quell’istante dove c’erano solo loro due. Solo Saru e Misaki. Solo loro due. Senza niente e nessuno intorno. Chi aveva bisogno di qualcun altro, quando si aveva tutto ciò di cui si aveva necessità al proprio fianco?
Perché i ruoli dovevano incastrare le persone in quella maniera, impedendo loro di liberarsene? Impedendo di far prendere alla propria vita delle virate insospettabili.
Avrebbe voluto urlare, ma si trattenne. Non si era mai sentito così in trappola come in quel momento. Fregato dalla vita. Aveva ciò che desiderava, lì con lui. Accanto a lui. Ma quella felicità all’Alba sarebbe malignamente ed effimeramente svanita, proprio come le stelle sembrano evaporare sotto la spietata luce del Sole. E dire che Saruhiko era il suo Sole …
Perché? Perché? Continuava a chiedersi. Perché non si poteva avere sia questo che quello? Sorrise di se stesso, di quel desiderio egoistico e puerile, e proprio come un bambino spaventato, si aggrappò al corpo del suo adorato, come un naufrago si aggrappa alla sua zattera. Solo il respiro regolare dell’altro fu in grado di calmarlo e farlo nuovamente scivolare dolcemente nel sonno …
 
E alla fine, l’Alba del nuovo giorno, di quel giorno, arrivò. Maligna. Implacabile. Così come fu maligno il raggio di sole che colpì Saruhiko in pieno volto, filtrando attraverso le tende.
Si coprì gli occhi con una mano, pregando ogni Dio conosciuto per farlo risprofondare nel dolce oblio del sonno, dove tutto era possibile.
Abbandonò nuovamente la testa sul cuscino, sospirando grevemente e attirando Misaki ancora più a sé, quasi a volerne cercare conforto in qualche maniera. A dirsi, convincersi che comunque sarebbe andato tutto bene. Come avrebbe fatto ad andar via da là? Ad andar via da lui, nuovamente? Com’era: la Fazione prima della Famiglia?
Un sogghigno sarcastico gli piegò le labbra. Era fregato!
Delicatamente, lo scostò da sé, per non svegliarlo, non riuscendo tuttavia a lasciarlo completamente andare. Misaki mugugnò nel sonno, arricciando la punta del naso. Quel naso prepotentemente all’insù che contribuiva a conferirgli quell’aria da ragazzino petulante e strafottente. Con la morte nel cuore, sentendosi sempre più trafitto e trapassato da parte a parte, Saruhiko a quell’espressione così ben conosciuta, si lasciò andare ad un raro sorriso.
Recuperò gli occhiali dal comodino a fianco al letto, mettendosi seduto, ginocchia al petto mentre con una mano continuava a tener stretta una mano dell’altro, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Il calore di quella mano, quello che gli trasmetteva e il saper di non aver altra scelta o possibilità se non quella di doverla abbandonare, era peggio di qualsiasi tortura.
Era inutile continuare a procrastinare l’inevitabile, era peggio di un supplizio e se Misaki si fosse svegliato, sarebbe stato ancora più straziante. Lacerante.
- Tch! – sbuffò, iniziando a grattarsi il tatuaggio che lui stesso aveva deturpato, spostando l’attenzione verso la finestra. Era già straziato. Era già lacerato. Da un bel pezzo ormai la sua Anima si era divisa in due. Una parte della sua Anima era rimasta là sempre. Là, con Misaki. Era stato proprio Misaki a strappargliela via a forza.
Il sole aveva completato la sua levata. Non poteva attendere oltre.
Cercando di cancellare ogni sensazione dal suo cuore, dalla sua mente, recuperò da terra la camicia bianca, facendo percorre ai bottoni il tragitto inverso che la notte prima Misaki aveva fatto loro percorrere. Si tirò su il colletto, mentre raccattava i pantaloni in quel marasma. Come un automa recuperò il blazer e per ultimo il soprabito.
Solo gettando un’occhiata alla sua katana, poggiata al fianco della porta, permise alle sue emozioni di avvolgerlo nuovamente, forse perché quella lama per lui rappresentava il suo Essere. Si fermò, con un grosso ispiro, risedendosi nuovamente sul letto.
Misaki nel frattempo si era girato su un fianco, dandogli le spalle in quel momento. Suo malgrado, sorrise a veder come le ciocche rosse fossero adorabilmente scomposte, più del solito. Vide la sua mano avvicinarsi a quella zazzera, per depositargli una carezza, ma le dita rimasero sospese a mezz’aria. A cosa sarebbe servito? Si chiese. Semplicemente a rendere tutto più difficile. E l’unica cosa che poté fare, fu di limitarsi ad intrappolare una ciocca ribelle tra due dita, osservando come i raggi del sole le donassero ulteriori sfumature infuocate, assaporandone la ben conosciuta setosità, lasciandola andare lentamente e osservando rapito la corsa sul collo del legittimo proprietario.
Era giunto il momento. Non si poteva più rimandare.
Senza voltare più lo sguardo dietro di sé, Saruhiko si alzò dal letto recuperando la fedele katana, cercando di trarre forza e conforto da essa.
Non si voltò nemmeno nell’attimo in cui, esitante, si fermò sulla soglia della porta, con l’uscio già socchiuso. Un altro passo ed era fatta. Sarebbe stato fuori da quella stanza.
“Come se potessi permettermi il lusso di poter scegliere.” Si schernì mentalmente, uscendo.
 
Misaki, solo quando sentì la porta richiudersi, si permise un sospiro greve, manifestando tutta la pena e la sofferenza che aveva dentro.
Inutile dire che un lungo ed unico brivido l’aveva percosso da capo a piedi quando le dita di Saruhiko gli avevano sfiorato i capelli. Quale sforzo sovraumano gli era costato non voltarsi per gettargli le braccia al collo e costringerlo a restare lì, con lui. Si morse il labbro inferiore, distendendosi prono e sentendo come le lenzuola portassero ancora il segno del passaggio di Fushimi. Alle narici gli arrivò l’inconfondibile profumo ambrato della sua pelle. Quale tortura sarebbe potuta essere peggiore di quella? Aver avuto la felicità tra le dita, ma effimera come acqua che scivola tra le dita.
Sospirando si alzò dal letto, portandosi davanti alla finestra, socchiudendola per permettere all’aria frizzante dell’Alba di rigenerarlo.
Portò l’attenzione degli occhi verdi verso la strada, e lo vide.
 
Saruhiko, quasi si fosse sentito chiamare, si fermò di colpo. Arrestò la sua cacciata, dove ogni passo che aveva compiuto e che lo aveva allontanato da Misaki, era stato come una condanna a morte. Solo allora si permise di girarsi.
Con i raggi del Sole nascente che gli accarezzavano il volto, sollevò gli occhi dove sapeva con certezza si trovasse Misaki.
Ma non esitò, né arretrò di un passo.
La scelta era stata fatta. Le pedine sulla scacchiera si erano mosse da tempo, e loro due – nel bene o nel male – ne facevano parte. Molte volte sono le scelte compiute da altri, che ti spingono anche dove non vorresti andare.
Sollevando caparbiamente gli occhi verso il cielo, davanti a sé, si voltò nuovamente e riprese il suo cammino.
E dire che sarebbero bastate poche parole …
 
Non andare …
Resto qui … Per sempre …
 
Ma nessuno dei due le pronunciò.
 
 
 
FINE
 

 
Mamma mia, mi son disperata da sola. E la roba terrificante è che ci godevo a scriverla, trovavo ispirazione continua e perpetua, non mi sarei mai fermata^O^. Mah …. E' la prima volta che non metto l'happy ending in una fic^^'
Ok, me ne ritorno dai miei ragazzuoli di Reborn. Grazie davvero se siete arrivati fino a qui e non siete andati di corsa a comprarvi un libro illustrato sui nodi a scorsoio ahahah^O^

 
   
 
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