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Autore: septendecim    16/05/2014    0 recensioni
#paramiparasiempre
Un hastag, una frase del cazzo messa sotto una foto falsa perché usato da molte persone, e dunque per ottenere "heart".
Para mi para siempre, una frase che viene usata senza attenzione. Un po' come i ti amo.
Un ragazzo e una ragazza. Lui è un mio caro amico.
E io, consapevole di tutte le corna che povero si ritrova per colpa di quella puttana, sono anche costretta a non vomitare quando mi mostra la foto che lei ha postato su Instagram.
"Allora? Siamo belli, no?"
E tu lo guardi, con quegli occhi felici che brillano.
E vorresti dirgli la verità, che lui purtroppo vive in una bugia.
E che anche tu vorresti qualcuno che ti tratti come se fossi la cosa più fragile del mondo.
Ma stai zitta.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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#paramiparasiempre
Un hastag, una frase del cazzo messa sotto una foto falsa perché usato da molte persone, e dunque per ottenere "heart".
Para mi para siempre, una frase che viene usata senza attenzione. Un po' come i ti amo.
Un ragazzo e una ragazza. Lui è un mio caro amico.
E io, consapevole di tutte le corna che povero si ritrova per colpa di quella puttana, sono anche costretta a non vomitare quando mi mostra la foto che lei ha postato su Instagram.
"Allora? Siamo belli, no?"
E tu lo guardi, con quegli occhi felici che brillano.
E vorresti dirgli la verità, che lui purtroppo vive in una bugia.
E che anche tu vorresti qualcuno che ti tratti come se fossi la cosa più fragile del mondo.
Ma stai zitta.
"Si, siete belli"
E nel frattempo già pensi a quando verrà da te, piangente e implorante di un po' di affetto.
E nel frattempo già pensi a quando lui se ne andrà dietro alla cotta di turno, ignorandoti per sempre. O fino alle prossime corna.


Oggi piove.
Sia alle 7 e 30 che adesso alle 13 e 40, c'è quella pioggerellina leggera che ti irrita perché non sai mai se aprire l'ombrello o ignorare l'acqua, e in ogni caso ti ritrovi i capelli crespi.
Sono seduta ad uno dei posti davanti, giacca di jeans da uomo ben stretta intorno al corpo e cuffie nelle orecchie.
Random, nella playlist, passa Ligabue.

"Tu che allarghi le braccia 
vuoi sentirla cadere 
e le porgi la faccia 
ti sembra cotone ti sembrano piume 
nessun tipo di sforzo 
non fa neanche una piega 
c'è chi ne ha già abbastanza 
ma tanto la neve, lei se ne frega"


Ecco, guardando fuori dal finestrino le gocce che scorrevano sul vetro e il verde delle campagne, ho capito una cosa.
Io sono la neve. Mi coprono di insulti, mi fanno complimenti, mi sgridano, mi contrastano in continuazione. Ma io, me ne frego della gente.

"Copre i coppi e le piazze 
le altalene e i bidoni 
i sorrisi dei pazzi 
e le bestemmie di qualche barbone 
tutti quanti costretti 
ad un tempo diverso 
io ti guardo negli occhi 
e vedo lontano 
il tempo che ho perso"


Me ne frego della gente, perché neanche a me interessa di me stessa.
Sono totalmente insensibile ai problemi del mondo, tutta la mia generazione lo è. Credo che derivi dal fatto che oggigiorno vediamo orrori talmente tanto spesso che ci abbiamo fatto l'abitudine. O dal voler farsi vedere forte come lo sono stati i nostri genitori, capaci di costruirsi il futuro dal nulla.
Eppure ci sono quei momenti, in cui le barriere cadono e senti il bisogno di raccontare i tuoi problemi, i tuoi ricordi/incubi, questa paura dell'apatia a qualcuno. In questo periodo è il mio amico, che ovviamente neanche mi guarda.


Scendo alla mai fermata, pronta ad entrare in casa e a fingere di non avere brutti pensieri che frullano nella mia testa.
Mia mamma mi da un bacio sulla guancia appena entro in casa, mentre trattengo il respiro; non voglio che senta la puzza delle sigarette anche se sa che fumo.
"Come stai amore?" mi chiede mettendo la pasta a tavola.
"Bene, oggi tutto tranquillo. Che stai vedendo?"
Routine, monotonia, ripetizione continua delle azioni.
"Case lussuose, puoi cambiare canale. Oggi pomeriggio devi andare a posturale, ma partiamo alle 16 e 30"
"Va bene"


"Sai, quando aspettavo te ho chiesto un favore a Gesù" esordisce mamma stringendo il volante.
"E sarebbe?" chiedo spostando lo sguardo dal finestrino a lei.
"Di avere una figlia uguale a me. E per la miseria, mi ha ascoltata" risponde con un sospiro.
La guardo scettica. "Non credo proprio"
"Si invece. Hai il mio stesso carattere di merda, che tende ad aiutare tutti e ad aspettare che il favore fatto gli torni indietro. Cosa che non succede mai, infatti prendiamo sempre calci in faccia. Ma soprattutto, tendiamo a fare due cose, se incazzate: o buttiamo fuori tutto il nostro rancore, o stiamo zitte"
Sposto lo sguardo sulla strada. "A parte questo aspetto, non ho niente altro in comune con te. Voglio dire: tu hai una forza incredibile, sei andata via di casa a 18 anni, a 17 lavoravi, a 24 ti sei sposata e a 26 avevi già una figlia. Dio, io non ce la farei!"
"E' ancora presto per dirlo. Ma dì una cosa a mamma tua: che cos'hai che non parli?"
Sospiro, sprofondando nel sedile.
"Onestamente?" chiedo.
Annuisce.
"Credo che mi manchi... una persona di cui fidarmi ciecamente. Che so non mi tradirà mai, con cui fare di tutto senza avere rimpianti, con cui scontrarmi e discutere degli argomenti più sparsi, da abbracciare appena ne sento il bisogno senza vergogna"
Sorride fermando la macchina. "Allora ti manca l'amore, piccola mia"
Guardo i suoi occhi verdi, che hanno dato un po' del loro colore ai miei.
"E' tardi, vai a lezione. Ci vediamo alle 18"


"Ehi Andrea, vuoi farmi compagnia in palestra dopo posturale?"
Roberta mi guarda con gli occhi dolci, cercando di convincermi a soffrire un'ora in più del dovuto anche questo giovedì.
"Roby, lo sai... Mi vergogno" dico piano guardando il mio corpo per niente piatto mentre faccio gli esercizi per le anche.
"Stai con me, non ti guarderà nessuno!" esclama prendendo il mio telefono e cercando il numero di mia mamma.
"E invece no, scema: proprio perché sono con te, che ti conoscono tutti, allora mi guarderanno!"
Riccardo, il nostro istruttore, ride vedendoci discutere.
"Non mettertici pure tu!" dico a suo indirizzo.
Ride la mia amica, parlando già con mia mamma per avvisarla di venire alle 19.
Rido io, ma per non strapparmi i capelli.

Giusto un minuto nello spogliatoio per sistemarmi i capelli e cambiare la canotta rosa con quella azzurra, per tornare sopra con asciugamano da mettere sugli attrezzi e una bottiglietta d'acqua.
Antonio, istruttore di sala, seguendo le istruzioni di Riccardo comincia a farmi usare il tapis roulant.
"Venti minuti a velocità moderata" mi raccomanda poco prima che mi ficcassi le cuffie nelle orecchie.
Comincio a camminare a passo veloce, facendo partire la canzone bloccata oggi alla fermata dell'autobus e cercando di non incrociare lo sguardo delle altre persone.

"Parlami davvero 
dentro questo gelo 
sentimi davvero 
che non fa più buio 
baciami davvero 
che non casca mica tutto il cielo 
che ci stiamo ancora sotto insieme 

Sembra tutto pulito 
sembra tutto più chiaro 
tutto quanto più morbido 
senza più spigoli da arrotondare 
i progetti divini 
il destino e la sfiga 
fatti solo vicina che tanto 
la neve lei se ne frega"


E' a questo punto della canzone, che sento bruciare la schiena.
Rallento la macchina fino a camminare normalmente e mi giro, cercando di capire chi mi sta fissando.
E alla spalliera, un ragazzo che conosco perché prende l'autobus con me si gira non appena incrocio i miei occhi con i suoi, senza salutarmi.
Diego prende il suo asciugamano ed esce di tutta fretta dalla palestra passando una mano tra i capelli neri, e vedendo che non si gira più nella mia direzione mi rimetto dritta, cominciando a correre e cambiando canzone.


"Mamma, vado a letto"
Mamma mi guarda sospettosa come ogni sera, ma oggi sono davvero stanca.
"Okay, buonanotte"
Le do un bacio e scappo in camera da sola, mia sorella sta ancora studiando perché è voluta uscire con le amiche invece di fare inglese.
Mi metto nel letto a pancia in giù, il braccio destro sotto il cuscino e il sinistro con il telefono in mano appoggiato al comodino.
Facebook, Home.
Cuoricini, stelline, canzoni da indie tipo Lo Stato Sociale, Orso e cazzi vari, foto di Vans ovunque.
"Che merda" sussurro.
Mi blocco di scatto appena vedo un post su Ligabue.

"Parlami davvero, sciogli questo gelo
sentimi davvero, che spegniamo il buio
baciami davvero, che non casca mica tutto il cielo, che ci stiamo ancora sotto insieme 
parlami davvero, non lasciare niente 
scaldati davvero sotto questa coltre 
baciami davvero che possiamo stare ancora fuori 
che la neve qui fa il suo lavoro"


L'ha scritto il ragazzo dell'autobus, Diego.
Metto il like, dato che la canzone mi perseguita da questa mattina.
Un messaggio di posta su Facebook si apre da solo all'improvviso.

Diego: "I segreti più son vecchi 
e più saran pesanti 
puoi tirarli fuori 
tanto qui saran coperti 
la manna forse aveva questa forma 
e allora puoi fidarti"


Guardo la strofa migliore della canzone, quella che mi fa sempre venire le lacrime agli occhi.
Con Diego non ho grande confidenza, ci sta sempre una chiacchierata e un saluto la mattina ma niente di più.
Quanto posso permettermi di andare oltre?

Tu: "Quali segreti vuoi sapere?"

Aspetto pochi secondi per avere la risposta, il cuore che batte a mille.

Diego: "Tutti quei segreti che ti passando negli occhi quando sei con le cuffie nelle orecchie"

Singhiozzo.

Tu: "Come hai fatto a vederli? I miei segreti"
Diego: "Ti osservo"
Tu: "Detto così fa quasi paura"
Diego: "Andrea, voglio aiutarti"
Tu: "Sei sicuro?"
Diego: "Ho già letto tutto"
Tu: "Cosa?"
Diego: "I tuoi ricordi. Li ho già visti tutti negli occhi, li ho immaginati dalle emozioni che scorrevano"
Tu: "Reggerai il peso di certe storie?"
Diego: "Non vado via"

Asciugo le lacrime di felicità, il cuore che a breve scoppia fuori.

Tu: "Domani mattina posso abbracciarti?"
Diego: "Potevi farlo dal primo giorno che ci siamo visti"
Tu: "Grazie. Mi fido di te... forse"
Diego: "Ti darò modo di fidarti di me. Buonanotte Andrea, ci vediamo domani... e non perdere l'autobus"

Sorrido.

Tu: "Buonanotte Diego"

E forse per la prima notte, dopo tanto tempo, mi addormento ansiosa di risvegliarmi.


"Andrea..."
"Che cazzo mi metto?!"
"Andrea..."
"Zitta Elena!"
"Sta per passare l'autobus!" mi grida mia sorella nell'orecchio, fermando la mia corsa dall'armadio allo stendino dei panni da raccogliere.
Infilo la felpa grigia e i jeans saltando come un canguro, così come le scarpe e la giacca di jeans.
"Lo zaino!" mi grida mia mamma, allungandomi anche i soldi.
Gli porgo una spalla dove ci aggancia una manica della sacca e mi infila i soldi in tasca.
"Oggi sei euforica" mi fa notare sospettosa.
"Sai mamma, forse ce l'ho fatta" dico salutandola con un bacio.
"A far cosa?" mi domanda mentre scelgo le scale.
"A trovare la persona giusta!"
Poco prima di chiudere la porta di casa faccio in tempo a vederla sorridere felice come non faceva da tempo.


"Parlami davvero 
non lasciare niente 
scaldati davvero 
sotto questa coltre 
baciami davvero 
che possiamo stare ancora fuori 
che la neve qui fa il suo lavoro"


La canzone passa alla radio con una puntualità che sembra programmata.
Io e mia sorella mostriamo l'abbonamento all'autista e cerchiamo un posto per sedersi.
Lei si fionda al posto occupato dall'amica, mentre io mi dirigo in fondo al mezzo.
E come aveva promesso, lui è lì.
Ha tenuto un posto occupato con la sacca, e appena mi vede sorride felice spostando la borsa.
Non faccio in tempo a sedermi, perché mi fiondo da lui abbracciandolo stretto.
Mi passa un braccio dietro il collo e stringe.

"Copre antenne e furgoni 
gli ospedali e gli incroci 
desideri e intenzioni 
e fanali che fanno già meno luce 
io ti guardo negli occhi 
hai le ciglia bagnate 
e prometti di tutto 
e nevica ancora da togliere il fiato"


Appena ci stacchiamo mi guarda gli occhi.
"Hai le ciglia bagnate come dice la canzone”
Sorrido.
Avete presente quella sensazione che provate quando siete con le persone a cui tenete di più, quel mix tra felicità pura e commozione?
Ecco, credo che sia quella la prova del nove, quella che ti fa capire che la persona che hai davanti non devi fartela scappare.
"Non ti deluderò, stanne certa" mi assicura baciandomi la fronte.
E io sto provando quella sensazione adesso.
"Ne sono sicura”







Che storia!
L'ho scritta in tre ore un sabato sera monotono, dopo una mattinata trascorsa sull'autobus per spostarmi in città.
Non ha senso, per me. Forse perché parla di me, e io non ho senso.
Diego non esiste. O meglio, esiste ma è uno pseudonimo.
E no, non mi piace in realtà ma ha un carattere dolcissimo.
Se volete vedere il Diego che immagino io, cercate Diego Barrueco e figuratelo nella storia ancora adolescente.
Per quanto vale, spero vi sia piaciuta.
Alla prossima (se vi va)
  
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