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Autore: Elissa_Bane    17/05/2014    1 recensioni
*Post rottura Malec*
Tessa viene a sapere che Magnus decisamente non sta bene dopo quello che è succeso con Alexander, così decide di andare da lui con un'enorme confezione di gelato alla cannella.
°dal testo°
Alec, in ogni suo gesto c’era inciso quel nome. Alec, chiedevano di notte le sue mani strette alle lenzuola. Alec, cercavano le sue labbra sulla tazza piena di caffè. Alec, chiamava la sua voce nel sonno. Alec, imploravano gli occhi stanchi.
Di Alec parlavano i muri e il pavimento, di Alec parlava la finestra in camera da cui una notte avevano guardato il cielo, di Alec parlava il miagolio del Presidente Miao, di Alec parlavano quei vestiti lanciati alla rinfusa dove il nero si mescolava all’arcobaleno, di Alec parlavano il caffè la mattina e le lenzuola la sera. Alexander, che lo aveva tradito e ferito. E Magnus se n’era andato, da quella stazione, con il cuore a pezzi.
Sempre se ancora ce l’aveva, un cuore.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Theresa Gray
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Nda: Buonsalve a tutti! Sono ritornata (eheheheheh)! Questa volta è tutta opera di IwillalwaysbeMars, che ha scelto l'amicizia tra Tessa e Magnus e l'ambientazione dopo la rottura della Malec. Quindi un grazie grosso grosso va a lei!
Poi come sempre, un grazie a tutte le mie pazze che mi aiutano a sopravvivere in questo mondo grigio! 
Dan. 

 
I AM HERE FOR YOU

-Coraggio!- esclamò Tessa entrando in casa.

Magnus non si mosse nemmeno dal letto, sul quale si era lasciato cadere inerme un’eternità prima, schiacciato da un nodo nelle viscere. Allora la ragazza, non avendo ricevuto alcuna risposta, posò sul tavolo in sala il sacchetto che le impegnava le braccia e entrata a passo di marcia nella camera dello stregone spalancò con forza le tende alla fresca aria notturna e lo strappò via dalle lenzuola rosa shocking.

Lo guardò severamente, come una mamma determinata a fare alzare il figlio riottoso dal letto, con quei suoi penetranti occhi grigi che lo conoscevano ormai da tanti anni. –Ehi, forza. Sono qui. Ora ti fai una bella doccia, dato che sei pieno di glitter che non desidero vedere sulla mia meravigliosa maglietta nuova- tentò di scherzare –e poi vieni in sala, ho portato il gelato. Per stasera al diavolo la dieta!

Magnus si alzò svogliatamente, mentre ogni muscolo, osso, nervo, atomo del suo corpo urlava “Alexander” a gran voce. S’infilò come gli era stato detto sotto la doccia, troppo stanco e sfibrato per resistere alla dolce furia di Tessa, lavandosi di dosso i brillantini e cercando di respirare il meno possibile quel profumo di sandalo che gli ricordava tanto Alec.

Alec, in ogni suo gesto c’era inciso quel nome. Alec, chiedevano di notte le sue mani strette alle lenzuola. Alec, cercavano le sue labbra sulla tazza piena di caffè. Alec, chiamava la sua voce nel sonno. Alec, imploravano gli occhi stanchi.

Di Alec parlavano i muri e il pavimento, di Alec parlava la finestra in camera da cui una notte avevano guardato il cielo, di Alec parlava il miagolio del Presidente Miao, di Alec parlavano quei vestiti lanciati alla rinfusa dove il nero si mescolava all’arcobaleno, di Alec parlavano il caffè la mattina e le lenzuola la sera. Alexander, che lo aveva tradito e ferito. E Magnus se n’era andato, da quella stazione, con il cuore a pezzi.

Sempre se ancora ce l’aveva, un cuore.

-Magnus?- chiamò quasi domandando l’amica dal salotto, risvegliandolo da quel triste torpore. Si costrinse a fatica a chiudere il rubinetto dell’acqua calda, ad asciugarsi velocemente (non con l’asciugamano verde, era quello di Alexander) e a mettersi addosso un vecchio paio di pantaloni neri e una maglietta, prima di raggiungerla. Tessa si era stesa sul divano, una coperta addosso e una enorme vaschetta di gelato tra le braccia. Gli sorrise con dolcezza, in un gesto che gli era ormai familiare, e si sistemò accanto a lei, afferrando un cucchiaio.

-Odio la cannella- bofonchiò, facendola scoppiare a ridere.

-Non è vero, tu adori la cannella, vecchietto- rispose, infatti, prendendolo in giro. Magnus le dedicò una delle sue migliori occhiate truci, prima di infilarsi in bocca altro gelato. –Allora- intervenne Tessa –Raccontami che cosa è successo di così grave da non lasciarti nemmeno più mangiare- Non le sfugge mai nulla  pensò.

Lo stregone puntò i suoi occhi dorati in quelli argentei, ricordando quando anni prima era stata lei a rifugiarsi da lui, per sfuggire al dolore della morte di Will. In quegli occhi vide quel dolore che era ancora presente, che ancora la feriva, ma vide anche l’acciaio che forgiava il suo carattere e che le aveva consentito di andare avanti.

Ricordò come fossero stati innamorati, lei e il ragazzo dagli occhi celesti e dall’anima color malva (come ripeteva sempre), e di come lo avesse amato pur sapendo che le sarebbe stato impossibile vivere con lui una vita intera. O almeno, intera per lei. Ricordò l’amore negli occhi di William, quando parlava della sua Theresa. Lei intercettò i suoi pensieri e gli strinse una mano.

Lei era l’unica che potesse capirlo. Non Ragnor, che ne avrebbe di sicuro riso con Raphael, se solo fosse stato ancora vivo, né Catarina, che semplicemente lo avrebbe lasciato fare, salvo poi rimetterlo in sesto come dopo la memorabile sbronza in Perù. Tessa, che aveva amato non uno, ma due umani destinati a morire e li aveva perduti entrambi. Tessa, che aveva avuto la possibilità di amare e aveva donato a quei due ragazzi ogni singolo atomo del suo cuore. Lei avrebbe potuto capire quel peso che gli stava frantumando il cuore in mille pezzi come se fosse stato di vetro.

-Alexander- disse soltanto, mentre la ragazza si avvicinava avvolgendo anche lui nella calda coperta rossa –L’ho lasciato. Ho dovuto- guardò l’amica, che si limitò a porgergli una nuova cucchiaiata di gelato. E così Magnus iniziò a parlare di come negli ultimi tempi Alec fosse stato sempre più schivo, della lettera di Camille e del confronto nella stazione ferroviaria. –Non si è fidato di me, capisci Tess?- le chiese, la voce che già s’incrinava contro il suo volere. Perché sì, era vero che Magnus aveva imparato che anche nella confusione di un dolore insopportabile c’era sempre spazio per una risata, ma quello era troppo anche per lui. Non ce la faceva proprio a ridere e a lasciarsi tutto alle spalle. Tessa sospirò piano, abbracciandolo come la aveva vista fare con i suoi figli. Questo pensiero in un altro momento lo avrebbe fatto sorridere, ma allora lo stregone se ne rimase lì, respirando quel profumo che ricordava sempre uguale, anche dopo duecento anni.

-Aveva paura- disse la ragazza –Paura perché ti ama e sa che un giorno lui invecchierà e morirà e tu sarai ancora vivo e giovane.

Lo stregone si concesse un altro piccolo, teatrale sospiro –Dimentichi bellissimo.

Tessa gli tirò una leggera sberla sulla spalla –Sono seria, Magnus Bane.

-Anche io- rispose lui –Avere paura non è una scusa accettabile per quello che ha fatto.

-Hai ragione. Non lo è per noi, ma mettiti al posto suo: l’uomo che ami vivrà anche quando tu non sarai altro che polvere. Vivrà, Magnus, e continuerà ad amare qualcun altro. Lo bacerà, lo toccherà, lo stringerà a sé, gli dirà che lo ama più di ogni altra cosa al mondo, lo porterà magari in quegli stessi posti che erano i vostri posti. E tu sarai lontano migliaia di vite, di chilometri, di respiri. Migliaia di attimi a separarvi.  Tu sarai morto e lui amerà un altro- concluse.

Magnus immaginò che fosse davvero così, che fosse Alexander quello immortale, e provò un immenso vuoto dentro al solo pensiero che lo avrebbe potuto dimenticare, che sarebbe potuto esserci qualcun altro al suo posto.

Tessa lo cullò lentamente, mentre il Sommo Stregone di Brooklyn concedeva finalmente alle lacrime che frenava da tempo di scendere copiose lungo le sue guance.

Fu un pianto lungo ma silenzioso, senza scenate di urla disperate. Solo lacrime che non volevano fermarsi e continuavano a solcargli la pelle infrangendosi sulla maglietta di Tess.

-Shhh- gli mormorava questa nell’orecchio –Shhh, Magnus, va tutto bene, va tutto bene. Sono qui per te, ci sono io. Ti prometto che andrà tutto bene- lo strinse per molto tempo, anche dopo che ebbe finito di piangere e poi lo guardò sorridendogli, come se si fosse appena sbucciato un ginocchio e lei gli stesse mettendo sopra un cerotto.

Faceva male, ma era come se sapesse che da quel momento davvero sarebbe andato tutto bene, perché lo aveva detto Tessa. –Allora: a) devi parlare con Alec e b) si sta sciogliendo quel buonissimo gelato, quindi ora mi aiuterai a finirlo- avvertì imboccandolo e meritandosi un’occhiataccia assassina.

-E cosa gli dovrei dire?- rispose lo stregone –Che ha fatto una cavolata, ma che pensandoci posso capire perché l’ha fatta?

Gli occhi argentei fiammeggiarono –Certo. Fagli capire che ha sbagliato a mentirti e a tenerti nascosti i messaggi con Camille, ma fai anche in modo che capisca che tu lo ami e non hai intenzione di dimenticarlo, che vuoi passare il resto del vostro tempo con lui e che lo amerai e gli starai accanto anche e soprattutto quando lui sarà vecchio- Come ho fatto io con William, dissero i suoi occhi umidi al ricordo.

-Ci ho provato!- esclamò lo stregone –Ma evidentemente non è bastato- Tessa sospirò accarezzandogli i capelli ancora umidi e Magnus sentì che il nodo che gli stringeva le viscere si allentava, molto lentamente lo lasciava di nuovo libero di respirare –Forse- mormorò –Potrei provarci.

La ragazza gli sorrise –Bravo. Ha sbagliato, ma hai ammesso tu stesso che ha rifiutato l’offerta di Camille. Puoi perdonarlo, ne sono sicura.

-Tess- chiamò dopo molto Magnus

-Dimmi.

-Vero che stasera non mi lasci da solo?- l’altra lo guardò con dolcezza quasi materna.

-Non ti lascerò mai da solo Magnus. Sono qui per te.

Quella sera il Sommo Stregone di Brooklyn Magnus Bane si addormentò sul divano, la bocca impiastricciata di gelato alla cannella come un bambino, una coperta rossa a scaldarlo mentre fuori cadeva la neve

-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

Parecchi mesi dopo

Alexander dormiva profondamente contro il petto di Magnus, che lo guardava sorridendo. Stava ripensando alla sera in cui Tessa lo aveva convinto a chiarirsi con lui e in quel momento il telefonino vibrò insistente, strappandolo dai suoi pensieri. Si alzò di malavoglia, ma quando vide il numero rispose velocemente.

-Pronto? Tessa, stai bene?- le chiese preoccupato. Dall’altro capo del telefono la ragazza piangeva piano e Magnus non avrebbe saputo dire se fossero lacrime di gioia o di dolore   –Dove sei? Ti raggiungo-

-No no, sto bene- disse –Si tratta di Jem-

-James?- domandò incuriosito e preoccupato al tempo stesso.

-Jem è di nuovo Jem- si sentì rispondere e in quel momento capì che erano lacrime di gioia. Le avevano appena reso parte del suo passato, del suo stesso cuore. Le avevano ridato James. Sorrise al telefono e si preparò a una lunga notte insonne.

Seduto per terra, la schiena contro il muro, rivolse il viso alle stelle fuori dalla finestra e ad Alexander che dormiva ignaro del mondo, al sicuro nei suoi sogni e rispose –Sono qui per te.
 
 
 
 
 
  
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