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Autore: PONYORULES    18/05/2014    6 recensioni
« Avrei tutte le buone ragioni per denunciarti » balbettò il più giovane, colto di sorpresa da quel cambio di look che metteva in risalto la sua carnagione scura.
« Non lo farai ».
« Cos-? E tu che ne sai? A malapena sai il mio nome! ».
« Una cosa » sollevò un dito. « Io so solo una cosa di te ».
Il sopracciglio destro di Sehun si alzò automaticamente. « Illuminami ».
« Ti sono mancato ».
« No » rispose con voce incolore, sostenendo il suo sguardo.
« Sai mentire così bene » ammise Jongin, facendo nascere sul suo volto delicato un'espressione di pura ammirazione.
« Ti sbagli ».
« Ormai sono passati... Quanto? Non ricordo ».
« Due anni e tre.. » rispose prontamente Sehun. « ..mesi » completò la frase, andandosi a mordere il labbro, trattenendo un'imprecazione fra i denti.
Lo vide sogghignare e intascarsi la vittoria senza aggiungere altro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kai, Kai, Sehun, Sehun
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Non chiedetemi perché sto pubblicando a quest'ora della notte.
Non chiedetemi perché ho scritto una One Shot quando dovrei aggiornare e dare priorità massima a tutt'altre cose.
Ma sopratutto: non chiedetemi perché ho scritto una cazzo di SeKai.
A tutte queste domande non saprei come rispondere. 
Ah, quasi dimenticavo: questo è per te, Rayna. Soffri male, così la prossima volta eviti di farmi scrivere cose sotto tortura. Maledetta.


 


The Perks of Being Creepy


« Yah~! ».
L'urlo che prese forma nella bocca del ragazzo più alto, andò ad infrangersi contro la sua stessa figura, richiamando l'attenzione dei passanti. Strano, come quei tratti così delicati e calmi, si fossero trasformati e contratti all'unisono, andando a creare una maschera ricamata dalle mani esperte della rabbia.
L'interlocutore, ricevuto quel grido in piena faccia, sbuffò, trattenendo prima l'aria nelle guance gonfie di frustrazione. Ripose le mani nelle tasche e scrollò le spalle, piegando le ginocchia e chinandosi in attesa dell'arrivo della prossima metro.
« Che diavolo pensavi di fare, si può sapere? » continuò il ragazzo dai folti capelli colorati. Più ci si soffermava su di lui, più non ci si riusciva a capacitare che dentro quel corpo tanto alto quanto magro, venisse celata una voce così potente.
« Ti stavo chiudendo lo zaino » rispose l'altro, additando l'oggetto in questione, ora stretto fra le mani del suo proprietario. 
« Tu mi stavi derubando! » un altro urlo, più potente dei precedenti, fecero sobbalzare i testimoni alla scena, che cominciarono a prestare finalmente attenzione allo sconosciut0.
« A me non interessa privare le persone dei propri effetti personali » cominciò il ragazzo dai folti capelli scuri. «Perché parto dal presupposto che non mi interessino affatto le persone ».
« Come ti chiami? » domandò a bruciapelo il ragazzo più alto, tentando di giustificare la sua inusuale educazione dietro ad una domanda di circostanza. 
Il ragazzo che continuava a stare a sedere sui propri talloni non sembrava stesse fingendo. Sarebbe riuscito ad interpretarlo in qualche minuto, se solo avesse avuto la forza di farlo, eppure c'era qualcosa che andava ad interferire la sua capacità di giudizio.
« Importa? » rispose infine, grattandosi distrattamente in un punto imprecisato dietro la nuca.
I suoi occhi non erano affranti, né tantomeno dei pozzi colmi di silenzio e solitudine. Le sue iridi scure risultavano normali, disinteressate del mondo circostante ma non per questo dispiaciute da siffatta realtà.
Quando le porte si chiusero, andando a dividere le due figure, non si venne a creare alcun riflesso del ragazzo dall'incarnato scuro, che continuò a guardare il tunnel nero alla sua destra, senza trovare un appiglio visivo.

 
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Lo vide nuovamente qualche settimana dopo, mentre tornava da scuola. In un primo momento non si accorse della sua presenza, fintanto che non lo sorpassò.
« Guarda che hai lo zaino aperto » si sentì rimbeccare da una voce leggermente metallica. Quando si girò, lo trovò seduto su una panchina, le gambe strette al petto e l'uniforme scolastica di un blu stinto che non andava a risaltare niente della sua figura. Di nuovo, il ragazzo più alto grugnì, mentre tentava di ricordare dove lo avesse già visto. 
« Grazie » lo apostrofò.
L'altro non rispose ma rimase a fissarlo, incatenando gli occhi ai suoi, come se fosse una sua particolare abilità.

 
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« Ho paura, fratellone » esclamò una sera nuvolosa di qualche mese dopo suo fratello Lu Han, alzandosi in punta di piedi per sbirciare fuori dalla finestra, le manine tremanti. All'età di otto anni era ancora basso, ma ripagava le preoccupazioni dei loro genitori, in bellezza. Non certo in coraggio.
« Andiamo a dormire » lo spronò il fratello maggiore. Dopo aver sporto il labbro inferiore un paio di volte, decise di ascoltarlo e, ubbidiente, trascinò il suo piccolo corpo sul futon accanto alla stufa.
« Buonanotte Lulu ».
« Sehunnie » lo chiamò nel buio. « Domani può venire anche Seokkie a giocare con noi? ».
Nell'ombra, il ragazzo deglutì la propria tensione, tentando di forzare la sua voce a raggiungere un tono sicuro.
« Certo. Tu e Minseok siete molto amici, vero? ».
« Mh » rispose l'altro, annuendo sotto alle coperte. Mentre se le portava sopra il capo, completò la frase. « Penso di amarlo ».
Oh Sehun finse di dormire, serrando gli occhi e coricandosi da un lato. L'amore di un bambino non andava considerato come tale. Era un sentimento acerbo, facilmente travisabile, che poteva essere frainteso nove volte su dieci.
Ti prego, Lulu. Non anche tu.
Si domandò se la colpa fosse sua, se avesse dato un esempio sbagliato a suo fratello, ma quando nella sua mente cominciò a formarsi un principio di idea, cadde in un sonno senza sogni.

 
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Dopo aver gettato spontaneamente il plico di appunti attorno a sè, esprimendo la gioia che andava a sconquassargli il petto ogni volta giungesse a termine un anno scolastico, scoprì di non essere solo.
Il ragazzo davanti a lui era piacevolmente steso sull'erba, entrambe le braccia a sostenere il peso della testa: gli occhi chiusi e uno sgradevole ghigno sulle labbra, cercava di rubare tutti i raggi del sole e trattenerli per sé, andandoli a nascondere fra le ciocche scompigliate dei capelli, il tessuto della maglia che si stringeva all'altezza dei bicipiti.
« Ciao » gli disse, mantenendo un tono distaccato. Anche se a qualche metro di distanza, il ragazzo più alto lo sentì chiaramente.
« Perchè mi segui? ».
« Non seguo le persone. Facendo ciò, li priverei del loro spazio vitale » si scrollò una formica dalla mano. « e a me non piace rubare ».
Sehun sbuffò sonoramente, cominciando a recuperare i fogli che aveva sparpagliato pochi attimi prima. Essendo ancora sul suolo scolastico, rischiava una multa e non aveva né il denaro né la voglia necessaria per pagarla.
« Sono stato scortese ».
« Quale delle tante? » gli domandò, non riuscendo a trattenere un piccolo sorriso. Continuò a tenere gli occhi chiusi, anche quando lo sentì sedersi al suo fianco.
« La mia è stata una reazione normale. Chiunque avrebbe reagito così ».
« È vero, lo ammetto ».
« Quindi mi stai dando ragione? » gli chiese senza mezzi termini, negli occhi cominciò a brillare una luce malsana di competizione. 
« Se per te è così importante, sì. Tanto a me non cambia niente ».
« Le tue reazioni sono inconcepibili ».
« Non sei il primo a farmelo notare ».
« Perché non sei scappato? » gli chiese Sehun.
« Ti riferisci alla prima volta che ci siamo incontrati, vero? Non avevo alcun motivo per farlo ».
« Io avrei avuto paura » ammise il più giovane.
« L'ho avuta, infatti ».
Sehun alzò gli occhi al cielo. 
<< L'essere umano è istinto. E scappa quando sente di essere in pericolo. Proprio come fanno gli animali ».
<< Allora non faccio parte del genere umano » concluse frettolosamente il ragazzo steso, alzando le spalle in segno di resa. « Poco male ».

 
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Nel reparto pediatrico, la sala d'attesa brulicava di bambini. Nonostante avesse visto crescere Lu Han, Oh Sehun continuava a muoversi a disagio sulla sedia, tentando di non entrare in contatto con alcuna creatura di età inferiore alla sua. Come di consueto, mentre attendeva la fine del turno della madre, scandiva il tempo passeggiando per il lungo corridoio dell'ospedale. L'estate era quasi giunta al termine e i primi temporali sembravano spuntare da sopra i tetti dei palazzi del circondario, e Oh Sehun non poté fare a meno di scambiare quelle nuvole così compatte con il manto di piccole pecore in fuga.
Con un sonoro sbuffo, si appoggiò alla macchinetta, concentrandosi sulla figura incappucciata davanti a sé.
« Cosa ci fai qui? » gli chiese, cercando di mantenere un tono piatto. Il risultato fu un verso molto simile ad un latrato.
Lo vide trasalire, facendosi scivolare di mano il cellulare e tentare in una mossa repentina di afferrarlo prima che questi toccasse il suolo. Soddisfatto, si trovò ad osservare quell'espressione nuova che andava a colorare il viso dell'altro. Fra il corrucciato e il sorpreso, Oh Sehun domandò a sè stesso se quel ragazzo fosse la classica persona che, una volta al cinema, rimane talmente presa dalla pubblicità che si scorda addirittura quale film abbia scelto e pagato per vedere.
« Un prelievo » gli rispose, sporgendo il braccio.
« Sei malato? ».
Tornarono a guardarsi.
« Se i risultati saranno positivi, potrò diventare donatore ».
« Hai il cuore tenero » osò commentare il più alto, inserendo una monetina nella macchinetta del caffè. Mentre premeva il bottone della cioccolata forte, sentì la presenza dell'altro dietro di sé e si girò di scatto.
Le labbra dell'altro raggiunsero il suo orecchio.
« Io non sono tenero » sussurrò, facendo vibrare la voce.
Le gote di Sehun andarono a fuoco nel giro di qualche istante ma non riuscì a trovare le forze per spostarsi. Schiacciato contro al petto dell'altro, sentì chiaramente i suoi addominali tesi.
« Dovresti ammetterlo » cominciò, facendosi coraggio e guardandolo dritto in faccia. « Mi stai seguendo ».
« Se è quello che credi, d'ora in poi eviterò tutti i posti che abbiamo in comune ».
Un sapore amaro si fece strada nel palato Sehun, facendolo deglutire.
« Come ti chiami? » domandò nuovamente.
« Imp-? ».
« Sì, importa a me » lo interruppe piccato.
<< Kim Jongin » si allontanò finalmente, continuando ad avere sagomato sulle labbra un ghigno soddisfatto da non si sa bene cosa, a dir la verità.

 
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Da quel giorno, Oh Sehun divenne un guscio vuoto: nonostante l'assurdità della situazione, si rese conto che quella presenza costante quanto scomoda rendeva curioso ed inaspettato ogni momento delle sue giornate.
Durante le prime settimane sembrava scorgerlo sul prato del cortile scolastico, o con il capo reclinato in avanti mentre leggeva un manuale di biologia. Dopo alcuni mesi, rischiò di riconoscerlo fra la folla e corse fino a che ebbe fiato ma di Kim Jongin aveva perso ogni traccia.
Dopo un paio d'anni, il ricordo sembrava sbiadito nella sua memoria: cominciò a non ricordare più il colore della sua pelle, i suoi occhi e in seguito, ogni parte caratteristica del suo viso che tanto gli era sembrato singolare a prima vista.
Oh Sehun si scordò di Kim Jongin ma non dell'emozione che continuava a tornare fuori nei momenti di solitudine: non si sentiva oppresso dal suo sguardo, quanto piuttosto capito e rispettato. Fino a quel momento, aveva sempre potuto contare sulla sua presenza e continuò a chiedersi per quanto tempo fosse stato ad osservarlo e quanto lui non se ne fosse mai accorto.
La voce isterica del fratellino lo fece trasalire, lasciandosi scivolare dalle dita la matita con cui stava giocherellando da qualche minuto.
« Qual è il problema? » domandò, socchiundendo gli occhi e cercando di calmare il proprio cuore, che aveva cominciato a sbattere contro allo sterno per la sorpresa.
« Sta barando! » urlò indignato Lu Han, sporgendo le piccole labbra all'infuori e additando il terzo giocatore che sedeva di fronte a loro.
« Non è vero! » gridò di rimando Minseok, facendosi paonazzo in viso.
« Sì, invece! Hai scritto una parola che non esiste! ».
« Significa qualcosa, invece! Lasciami stare! » rispose alla provocazione, mentre gli occhi cominciavano ad inumidirsi agli angoli.
Sehun si sporse di qualche centimetro, allungando il collo per controllare il foglio dell'altro. In una scrittura grande e disordinata, lesse i caratteri che componevano la parola XiuMin.
« È il mio soprannome. Nonnino mi chiamava sempre così » tentò di giustificarsi Minseok, gonfiando le guance e assumendo le stesse dimensioni di un palloncino.
Quando il ragazzo spostò lo sguardo sul proprio fratello, si accorse dell'espressione che ne distorceva i lineamenti delicati.
Era terrorizzato, sorpreso e una cieca sofferenza attraversò i suoi grandi occhi per un istante.
Abbassandoli, lo vide chinare il capo e sospirare. Quasi poteva vedere aprirsi la sua piccola scatola cranica, e gli ingranaggi ivi riposti lavorare senza sosta per riparare una situazione sgradevole.
« Non volevo » prese a scusarsi. « perdonami, Seokkie ».
Sehun rimase composto, le braccia incrociate al petto. Davanti ad un argomento delicato come un lutto in famiglia, non era mai stato in grado di reagire in modo appropriato. E scelse di non mettersi in mezzo, in modo da lasciare le responsabilità al fratello minore.
« Non ti preoccupare » ammise in un soffio l'ospite, sul suo piccolo viso paffuto un'espressione affranta. « Sono stato io a reagire male per primo ».

 
♣  ♣  ♣
 
 
Mentre finiva di impilare i libri nella nuova cartellina rigida, regalo dei suoi diciotto anni, sentì un alito di vento accarezzargli la schiena nuda. 
Sussultò, urtando con la testa la mensola della sua preziosa collezione di soldatini. Un reticolo di dita e mani cercarono di salvarli da danno certo, ma alcuni rotolarono sulla scrivania, provocando un rumore attutito dalle imprecazioni del ragazzo.
« Devo solo capire se sei particolarmente sensibile dietro la schiena, oppure sei un codardo » lo denigrò una voce alle sue spalle, facendolo sobbalzare una seconda volta.
« Chi sei? » gli domandò, mascherando il tono di sfida perché troppo occupato a rimettere a posto in un modo che rasentava il maniacale.
« Ma come.. Non mi riconosci? ».
« Jongin? » cercò di indovinare.
Oh Sehun si voltò di scatto, il cuore schizzato in gola. Lo vide seduto sul suo letto, a gambe incrociate. Si era tolto le scarpe senza fare il minimo rumore ed ora giocherellava con il suo mappamondo.
« Che diavolo ci fai qui, si può sapere? ».
« Controllavo chiudessi lo zaino a dovere » lo rimbeccò, piegando il capo verso sinistra. Il cappello che indossava gli sfuggì dalla testa e scivolò accanto a lui, mostrando una testa bionda ossigenata.
« Avrei tutte le buone ragioni per denunciarti » balbettò il più giovane, colto di sorpresa da quel cambio di look che metteva in risalto la sua carnagione scura.
« Non lo farai ».
« Cos-? E tu che ne sai? A malapena sai il mio nome! ».
« Una cosa » sollevò un dito. « Io so solo una cosa di te ».
Il sopracciglio destro di Sehun si alzò automaticamente. « Illuminami ».
« Ti sono mancato ».
« No » rispose con voce incolore, sostenendo il suo sguardo.
« Sai mentire così bene » ammise Jongin, facendo nascere sul suo volto delicato un'espressione di pura ammirazione.
« Ti sbagli ».
« Ormai sono passati... Quanto? Non ricordo ».
« Due anni e tre.. » rispose prontamente Sehun. « ..mesi » completò la frase, andandosi a mordere il labbro, trattenendo un'imprecazione fra i denti.
Lo vide sogghignare e intascarsi la vittoria senza aggiungere altro.
« Perché sei qui? ».
« Ero curioso di vedere la tua camera ».
« Ora che hai fatto quello che volevi ti puoi ritenere soddisfatto? ».
Lo vide lisciare le coperte, molleggiarsi su di esse per una manciata di volte.
« È in questo letto che succedono tutti i tuoi misfatti? ».
« Dove stai cercando di arrivare? ».
« Quando ti tocchi.. Pensi a me » modulò la voce in modo da non farla intendere come una domanda.
Le gote di Sehun si imporporarono appena, non superando il limite della decenza.
« Hai ragione » decise di sfidarlo al suo stesso gioco. » È tutto vero. Ogni sera mi infilo le mani nelle mutande pensando al tuo corpo sopra il mio, il tuo respiro caldo che mi solletica il membro.. ».
« Aspetta » lo interruppe Jongin, allarmato. Mise una mano davanti a sé, per incitarlo al silenzio. « Per caso hai detto membro? Wow » dilatò gli occhi. « Leggi pure fan fiction?! ».
Beccato.
Cazzo.
« Cos'è? Una rivista? » cercò di mentire.
« Magari slash ».
« Penso sia ora che tu te ne vada ».
« Dimmi su chi, avanti ».
« Questo non ti riguarda » incominciò ad agitarsi, entrando in contatto con lui. Lo prese di peso per le spalle e lo portò in direzione della finestra.
« Exo? » ipotizzò Jongin, fissando intensamente il loro album che spuntava da un cassetto semi aperto.
« Smettila » lo esortò caldamente l'altro, cominciando a scostare le tende. « Adesso vattene ».
« Sì, sugli Exo per forza. Magari la- ».
« Fuori » sibilò minaccioso Sehun.
« Proprio ora che la conversazione stava diventando interessante? » mugolò.
« Non farmi ripetere le cose ».
« Perché promuovono anche in Corea? ».
« Che cazzo di domande fai?! ».
« Non sono tutti cinesi? ».
« No, affatto ».
« Oh » rispose sorpreso il ragazzo biondo. « Sei proprio un fanboy ».
<< Sparisci >> decretò Sehun, chiudendogli la finestra in piena faccia. Mentre strisciava sotto alle coperte, maledisse il suo condominio e la scala anticendio che dava sulla sua camera.
Prese il cuscino e se lo pigiò sul viso, in modo da soffocare la risata isterica che aveva cominciato a contagiarlo.

 
♣  ♣  ♣
 
 
<< Ti sei mai chiesto perché cerco sempre e solo te? >>.
<< No e manco mi importa >> rispose lapidario Sehun, infilandosi le mani nel cappotto pesante. Mancavano pochi giorni a Natale ed era uscito con l'intento di prendere gli ultimi regali.
<< Non prendermi in giro >>.
<< Disse quello che mi appare di fianco una volta ogni due mesi >>.
<< Sono molto impegnato >> si giustificò Jongin, allungando le mani a tirarsi su il cappuccio. 
<< Stalkeri altri ragazzi? >> si sentì domandare a bruciapelo. << Guarda che mi ingelosisco >>.
<< In realtà mi incuriosisce un certo Baek- >>.
<< Non osare >>.
<< È il tuo ragazzo? >>.
<< Ma no, certo che no. È il mio migliore amico >>.
<< Andate ai concerti degli E- >>.
<< Finiscila >>.
<< Lui è il classico fan di Park Chanyeol, non è così? >>.
<< Vedo che hai fatto i compiti a casa >> lo schernì Sehun, mentre si allungava versl il proprietario della bancarella, i soldi stretti in una mano. Il negoziante li accettò, ringraziandolo con un sorriso sdentato.
<< Andiamocene via >>.
<< Scappiamo? >>.
<< Quanto mi piacerebbe poterlo fare >>.
<< Allora cosa intendevi dire prima? >>.
<< Non mi piacciono i posti affollati >> ammise Jongin, stringendosi nelle spalle.
Una volta superata la bancarella, il sorriso del negoziante si spense.

 
♣  ♣  ♣
 
 
Oh Sehun si svegliò in mezzo alla notte, le coperte appiccicate al petto, intrise di sudore.
Scese dal letto con gambe tremanti, raggiungendo il cellulare e controllando l'ora.
4:17.
<< Jongin? >> chiamò nel buio. Non ottenne risposta. << Dove sei? >> provò di nuovo.
<< Perché fai sempre così tanti incubi? >> si sentì domandare, mentre la finestra veniva aperta di soppiatto. 
<< Sei tu? >>.
<< Sì, ma come facevi a sapere che ero qui? >>.
<< Non lo sapevo >> ammise Sehun, aggrottando la fronte. << Mi guardi mentre dormo?! >> domandò, la voce fattasi via via più gracchiante.
<< È un problema? >>.
<< Mi metti i brividi >>.
<< Non fare il Santo >> lo punzecchiò il ragazzo biondo. << Lo so che ti eccita una cosa del genere >>.
<< Sei senza speranza >>.
<< Sehun >>.
<< Mh? >>.
<< Lo sai che non sono reale, vero? >>.
<< Certo che lo so >> sbuffò il ragazzo più giovane, mentre tornava a letto, mascherando la sua sofferenza dietro al palmo di una mano. << Puoi rimanere un altro po'? >>.
<< Va bene >>.
<< Jongin >>.
<< Mh? >>.
<< Ti piace il nome Kai? >>.
<< Non molto >>.
<< Sempre il solito >>.
<< Sei tu a volermi cosi >>.
<< Jongin? >>.
<< Dimmi >>.
<< Ci vediamo domani, vero? >>.



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 Non saprei nemmeno cosa dire per giustificarmi. Un po' mi faccio pure schifo da sola.

Ponyo
  
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