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Autore: _scribble    18/05/2014    8 recensioni
«Mamma, mamma! Mi racconti una fiaba?»
«Una fiaba?»
«Sì, una fiaba. Per la buonanotte, mamma.»
«Non ne conosco nessuna, piccolo.»
«No? Nemmeno una di quelle che Peeta racconta a Primrose?»
«No.»
«Ma puoi sempre inventarne una, mamma.»
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Bimbo Cresta-Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'unico suono era quello delle onde che si infrangevano sulla costa. Il sole era ormai prossimo a tramontare e la spiaggia era vuota.
Solo Annie era là, seduta a riva. I piedi, scalzi, accarezzati dal mare. Il vestito, di un lilla pallido, zuppo d' acqua fin sotto le ginocchia. Gli occhi socchiusi, come per cercare qualcosa – o qualcuno – in lontananza.

«Mamma, mamma! Mi racconti una fiaba?»
«Una fiaba?»
«Sì, una fiaba. Per la buonanotte, mamma.»
«Non ne conosco nessuna, piccolo.»
«No? Nemmeno una di quelle che Peeta racconta a Primrose?»
«No.»
«Ma puoi sempre inventarne una, mamma.»

Il vento le sferzava il viso. Le sue mani, appoggiate sulla sabbia, cercavano a tastoni qualcosa che non riusciva a trovare. Eppure credeva che un attimo prima le fosse accanto. Ne era certa. Non era pazza. Non poteva esserlo. Lui c'era. Sì, c'era. Non l'aveva immaginato. Non era pazza. Si voltò. Vicino a lei, nessuno. Le era sfuggito come i granelli di sabbia che un attimo prima aveva fra le mani. Portato via dal soffio del vento.
Si abbracciò le ginocchia. E cominciò a dondolare il busto avanti e indietro. Avanti e indietro. Quello era uno di quei giorni in cui la nostalgia per il passato non le dava pace. A volte le capitava che i fantasmi tornassero a visitarla per giorni interi. Li odiava con tutta se stessa, quei giorni.

«Allora, mamma, la inventi una fiaba per me?»
«Non sono sicura di esserne capace.»
«Tu prova.»
«Non sarà né bella, né interessante come quelle di Peeta. Lo sai, vero?»
«Non importa, mamma. Non deve esserlo.»
«D'accordo.»

Il mare scintillava e il sole le scaldava la pelle. Il calore le dava una sensazione di pace. La faceva sentire come se non fosse sola. Chiuse completamente gli occhi. Respirò a fondo l'aria salmastra. E si mise in ascolto delle onde. Se stava attenta poteva quasi sentire il suo nome, il nome di Finnick.

«C'era una volta una principessa...»
«Mamma, le principesse non mi piacciono. Voglio una storia di eroi, mostri e pirati. Non di principesse.»
«Niente principesse? Niente principi su un cavallo bianco?»
«No.»
«Va bene. Allora, beh, c'era una volta un enorme vascello sul quale si erano riunite le peggiori canaglie del regno. Erano pronti a salpare, per solcare i mari e depredare le città. Ma avevano anche un altro obiettivo. Uno più importante di qualsiasi furto.»

Annie si mise in piedi. Era stata seduta per ore e le sue gambe quasi non la reggevano. Si chinò, raccolse gli oggetti che aveva sparso sulla spiaggia e li ripose nella borsa. Era una borsa larga, la stoffa possedeva tutte le sfumature del mare. Le sfumature degli occhi di Finnick. Quella borsa gliel'aveva regalata suo figlio qualche anno prima, a seguito di una delle crisi di nostalgia che tanto odiava. Se la caricò in spalla.
Subito dopo raccolse un cappello bianco a falde ampie e lo indossò. Cominciò a passeggiare sulla battigia. Con la borsa malamente messa sulla spalla sinistra e i sandali in mano. I piedi parevano essere inghiottiti dalla sabbia bagnata.

«Quale obiettivo, mamma?»
«Vedi, piccolo, quei pirati volevano conquistare il mare.»
«Conquistare il mare?»
«Sì, proprio così. Devi sapere, tesoro, che al di sotto della superficie marina c'era un regno splendido e molto ricco. Abitato da creature per metà umani e per metà pesci. I tritoni e le sirene.»

La donna si sarebbe dovuta dirigere a casa. Lo sapeva. Ma desiderava stare lì, con il mare, ancora per qualche istante. Soltanto una manciata di minuti. Sapeva che era il compleanno di suo figlio. Ma era cresciuto, ormai. La compagnia delle madre – era certa Annie – gli interessava ben poco. Non doveva più fingere di essere forte per il suo bambino. Lui non ne aveva più bisogno.

«Un giorno, mamma, mi porterai a vedere questo posto?»
«Ma certo, caro. Dunque, dicevamo: sotto il mare c'era un regno magnifico e i pirati erano intenzionati a prenderselo. L'unica che non era a favore dell'impresa era una ragazza.»
«Una ragazza?»
«La figlia del capitano, sai. Anche lei era a bordo della nave. Era stata scelta per essere mandata nel regno sottomarino, con altri cinque uomini, e per completarne l'occupazione.»
«E come si chiamava?»
«A- Abbie. Si chiamava Abbie.»

Uno stormo di gabbiani attraversò il cielo, interrompendo la quiete. Annie si avvicinò agli scogli e, con un po' di fatica, ci salì. Si sedette, di nuovo. E fissò il mare lasciando che gli schizzi la raggiungessero. Frugando velocemente nella borsa riuscì a trovare una bottiglietta di vetro, dentro la quale c'era della sabbia bianca e un piccolo vascello in miniatura. Sorrise. Non ricordava come, quando o perché. Ma ricordava che gliel'aveva regalata Finnick.

«Cosa fece Abbie?»
«Niente.»
«Niente?»
«Niente. Vedi, piccolo, Abbie non poteva opporsi al volere di coloro che erano più potenti e più forti di lei.»
«Quindi venne mandata al di sotto del mare?»
«Sì. Dopo numerose scorribande per terre straniere, lei e gli altri cinque della ciurma si addentrarono negli abissi. Grazie a una speciale pozione, preparata per loro da una fattucchiera di una delle terre depredate, gli spuntò una coda, al posto delle gambe, e, inoltre, riuscirono a respirare sott'acqua.»

Il tramonto del sole sul mare, Annie l'avrebbe potuto guardare all'infinito. Si sarebbe potuta perdere tra gli scintillii della distesa marina e i colori caldi e accoglienti del cielo. Rigirò la bottiglietta tra le mani, fissando i granelli che si spostavano. Prese un pezzo di carta e scrisse poche parole, velocemente. Cercò di mettere, come meglio poteva, il biglietto nella bottiglia – non abbastanza grande per contenere tutto ciò che avrebbe voluto scrivere.
Si alzò in piedi e trattenne il fiato. Strinse con forza la bottiglietta. E poi, la lanciò, affidandola alle onde, alla custodia del mare.

«E poi cosa successe, mamma?»
«Abbie e i pirati vennero accolti nel regno. Governava un giovane re, buono e affascinante, che, dopo settimane dall'arrivo dei sei, cominciò a nutrire un certo affetto per Abbie, non conoscendo la sua vera natura. Anche lei si innamorò. Ma poi venne il momento di rubare. Rubare le ricchezze di quel popolo così misterioso. Rubar loro la città. Rubar loro la vita. Abbie si tenne il più lontano possibile dai suoi cinque compagni. Non voleva essere incolpata da re. Ma questo li scoprì. E capì la loro vera natura: umani. Abbie cercò di scusarsi, di fargli capire che lei non avrebbe voluto. Ma il re tritone non le credette. Rispedì i sei sulla terra, in un isola lontana e deserta. Sentendosi profondamente ferito dalle bugie della donna amata, ma non volendo esserle distante, decise di recarsi dalla strega più potente di tutti i mari.»

Annie lasciò che le lacrime le rigassero il viso. Poi, sentendo dei passi dietro di lei, si voltò. Finnick, il suo piccolo, ormai troppo grande per essere definito “bambino”.

«E la strega, cosa fece per il re?»
«Lo punì.»
«Lo punì? Ma perché?»
«Lo punì per essersi innamorato di un'umana. Ma, allo stesso tempo, accontentò il suo desiderio, quello di starle sempre vicino.»
«Come?»
«Lo trasformò in spuma di mare, piccolo.»

Lei si accasciò sugli scogli. Il ragazzo dai capelli ramati, così simile a suo padre le si avvicinò lentamente.
«Stai bene?» le chiese.

«Stai bene, mamma?»
«Sì, tesoro.»
«E allora perché piangi?»
«Non è niente.»

«Sì, Finnick.»
Il ragazzo le porse la mano e lei la afferrò. Era una presa salda, quella del suo bambino.
«E' meglio tornare a casa.»
Annie annuì. Si asciugò il viso con il braccio. Gli occhi erano ancora umidi e le bruciavano. Suo figlio lo guardava con un sguardo misto di compassione e durezza.
«Andiamo a casa.» ripeté Finnick.
«Buon compleanno, tesoro.» disse Annie, abbracciandolo. Non abbracciava suo figlio da un bel po' di tempo. Il ragazzo, dapprima sgomento, si rilassò e ricambiò l'abbraccio. Insieme, poi, si diressero per la via di casa.
E mentre camminavano sulla riva la spuma di mare li accarezzava dolcemente. Annie sorrideva, persa nei suoi pensieri. Persa nel passato.

«Grazie per la fiaba, mamma.»
«Buon compleanno, piccolo mio.»

 


AngolinoAutrice: io non lo so. Non so perchè ho pubblicato questa cosa. Originariamente questa storia doveva essere tutt'altro. Ma poi, beh, poi è uscita così. Molto, molto liberamente ispirata a La Sirenetta. (Cioè doveva essere molto più simile quando avevo avuto l'idea. Poi quando è venuta fuori 'sta cosa, di certo non potevo far raccntare al bambinO una storia di principesse. Sarebbe venuta meglio, però.)
E scusate per la lunghezza/cortezza del capitolo.
Non ne sono particolarmente soddisfatta, but it's okay. Spero che comuqnue un pochino vi sia piaciuta. Spero.
(Una recensione mi farebbe piacere comunque, già.)
Se vi va, potete contattarmi sull'askblog che ho creato da utilizzare quest'estate (dato che mi annoierò). 
A presto.

    

  
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