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Autore: Water_wolf    18/05/2014    6 recensioni
{ Haymitch/Maysilee | Haymitch/Effie | Seconda Classificata al contest "non ho voluto sapere, ma ho saputo" indetto da July99 sul forum di EFP }
Cosa richiedeva il contest? Di incentrare una storia sul tradimento. Hayffie is the way ♥
Haymitch si rese conto di ciò che stava facendo solo quando si ritrovò Effie Trinket nuda fino alla cintola nel letto. Insomma, lui non voleva davvero fare sesso con lei.
***
«H-hai prom-messo…» gli fa notare.
Haymitch alza le spalle. «Non sono bravo a mantenere le promesse.»
***
«Vuoi sapere qual è il mio problema, Effie Trinket?» chiese.
«Certo» rispose lei, tirandosi su la zip.
«Mi piacciono gli uomini.»
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Maysilee Donner
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: Water_wolf (sia EFP sia Forum)
Titolo: Come una tisana può rovinarti la vita
Genere: Sentimentale, Introspettivo, Song-fic
Rating: Giallo tendente all'arancione
Fandom: Hunger Games
Coppia: Haymitch/Effie - Haymitch/Maysilee
Pacchetto: Fuoco - "Turn your face", Little Mix
Avvertimenti: Lieve OOC
Intro: Haymitch si rese conto di ciò che stava facendo solo quando si ritrovò Effie Trinket nuda fino alla cintola nel letto. Insomma, lui non voleva davvero fare sesso con lei.
***
«H-hai prom-messo…» gli fa notare.
Haymitch alza le spalle. «Non sono bravo a mantenere le promesse.»
***
«Vuoi sapere qual è il mio problema, Effie Trinket?» chiese.
«Certo» rispose lei, tirandosi su la zip.
«Mi piacciono gli uomini.»

NdA: Non scrivevo su questo fandom da... un sacco di tempo, principalmente perché non sono capace di usare i personaggi di zia Suz LoL Non potevo distruggere la Peenis, sarebbe stato ignobile, quindi ho optato per una Hayffie, che volevo scrivere da parecchio. Ho cercato di inserire le frasi della canzone che mi hanno colpito di più al meglio. Non so quanto siano IC i personaggi, né se abbia centrato appieno il tradimento che richiedeva la consegna del contest, ma io partecipo solo per divertimento, quindi... Enjoy! ^y^


 
Come una tisana può rovinarti la vita
 
 
Haymitch si rese conto di ciò che stava facendo solo quando si ritrovò Effie Trinket nuda fino alla cintola nel letto. Insomma, lui non voleva davvero fare sesso con lei. Era stata solo una giornata più dura delle altre, una di quelle che finivano con lui che si ubriacava. Nulla di più.
Era accaduto così spesso che ci aveva fatto l’abitudine. Esclusi i malefici uccellacci starnazzanti meglio conosciuti come oche. Al loro caratteraccio e ai loro versacci infernali non si sarebbe mai abituato. Durante il corso della mattinata – trascorsa a inveire, rincorrere e lanciare qualsiasi oggetto gli capitasse sotto tiro contro le oche – aveva già previsto che si sarebbe seduto al tavolo, la sera, avrebbe tolto il tappo a una bottiglia di liquore e si sarebbe ubriacato.
Era già preparato mentalmente alla ramanzina di Katniss – Haymitch! Avevi promesso che non l’avresti bevuta tutta in questo modo! –, al commento divertito di Peeta – Una buona volta dovresti smetterla di rifornirlo di alcol, altrimenti sai che continuerà – e alla sua solita risposta – Tua moglie mi vuole troppo bene, lo sai. Non è così, dolcezza?
Se non fosse stato per Effie Trinket. L’ex-accompagnatrice dei tributi del Distretto 12. La capitolina tutta tacchi e parrucche. L’insopportabile donnetta che cinguettava di orari e ritardi tutto il giorno, senza accorgersi che, se lui era sbronzo, non l’ascoltava; non che l’avrebbe fatto, da sobrio.
La stessa che aveva avuto il coraggio di raggiungere il Distretto 12 dopo anni, l’audacia di varcare la soglia di casa sua e la sfrontatezza di preparare due tisane. Due. Una per lei, una per lui. Come se Haymitch si ricordasse solamente che sapore avesse una tisana.
Effie Trinket aveva rovinato tutto. Soprattutto nel momento in cui si era mostrata così debole e fragile e delicata e bisognosa d’affetto. Le persone normali non cercavano lui, se volevano essere confortate. Sarebbe stato come chiedere a Katniss di trasformarsi in una zuccherosa padrona di casa che innaffia fiori e prepara brownies.
Ma no, perché, ovviamente, Effie Trinket gli aveva confessato di aver sempre avuto una cotta segreta per quello scorbutico di Haymitch Abernathy. Lì per lì, Haymitch aveva riso, poi l’aveva schernita – Immagino come dev’essere stato difficile per te. Insomma, chissà quanto trucco in più avrai usato per essere sicura che non si capisse che fossi interessata a me, invece che ad assomigliare a una tela di Peeta – però, notando la serietà della donna, era ammutolito.
Infine, aveva riso di nuovo. Che cos’altro avrebbe dovuto fare? Abbracciarla? Baciarla? Confessarle il suo amore senza tempo? Prometterle che l’avrebbe sposata? Giurare che sarebbe diventato astemio? Haymitch Abernathy era un sopravvissuto. Tutto ciò che sapeva fare era ridere, in faccia alla morte e agli altri.
Poi, non era sicuro di come, si era scoperto a strapparle i vestiti di dosso, stamparle scie di baci sulla bocca, collo e seni. Se l’era portata a letto. Stava facendo sesso. Con Effie Trinket. E il fatto ancora ben più strano, era che desiderava continuare. Desiderava fare sesso con Effie Trinket. Voleva liberarla dai vestiti, voleva togliersi i suoi, voleva baciarla, voleva avere una tregua dal prurito alle labbra, voleva soddisfare il bisogno che aveva represso per così tanto tempo. Ma non poteva.
 
«Alla fine dovremmo ucciderci a vicenda.»
Haymitch si gira e la guarda. Il sole che filtra tra le foglie del sottobosco le proietta punti di luce sul viso. È bella, Maysilee Donner. È il suo tipo.
«Lo so» dice.
«Bene.» Maysilee annuisce.
«Bene» conferma lui.
Rimangono in silenzio per alcuni minuti, poi la ragazza riprende.
«Be’, visto che siamo alleati» esordisce, ma Haymitch la interrompe.
«Per il momento» la corregge.
Maysilee gli sorride. «Visto che siamo alleati, per il momento, voglio che mi prometti una cosa.»
«A che ti serve la parola di un ragazzo morto?» ribatte. Maysilee gli scocca un’occhiataccia, zittendolo. «Mi serve e basta» puntualizza. «Comunque. Voglio tornare a casa.»  – Haymitch borbotta qualcosa che assomiglia a “tutti vogliono tornare a casa” – «Non mi faccio problemi a uccidere gli altri, ma tu… tu sei quasi mio amico. Non voglio essere io la persona che ti ammazzerà. Se lo facessi, sarei un’assassina.»
Haymitch non replica. Sa bene cosa intende Maysilee. Li hanno costretti a lottare per sopravvivere, ma loro possono ancora decidere se obbedire passivamente oppure no. Hanno ancora la minuscola libertà di scelta che gli consente di non uccidere un tuo compagno. Come Maysilee non vuole togliergli la vita, anche per lui vale lo stesso ragionamento. Se la eliminasse, sarebbe davvero un assassino. Sarebbe una mera pedina.
«Quindi» – la ragazza si riporta una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio – «devi promettermi che quando rimarremmo in pochi, ci separeremo e tu mi volterai le spalle. Prenderemo due strade diverse. E tu non tornerai indietro per me. Non voglio che tu muoia per colpa mia. Sarebbe stupido. Giurami che lo farai.»
«Lo giuro.»
 
Haymitch indugiò, nascondendo il suo momento di debolezza con un ansito di fatica. Anche Effie gemette. Il sopravvissuto ai 50° Hunger Games si spronò, obbligandosi a scrollarsi quei ricordi dalla mente. Le memorie, però, gli trafiggevano la testa come pugnali.
 
Maysilee si ferma dietro di lui, smettendo di salire il pendio. Haymitch si blocca a sua volta e la fissa.
«Siamo rimasti in cinque» esordisce la ragazza.
Haymitch sa dove vuole arrivare. Così, annuisce e osserva: «È ora di separarci.»
«Bene» conferma lei.
«Bene» rincara.
Maysilee si avvia giù dalla collina, prendendo un’altra direzione da quella del suo ex-alleato, poi si blocca e lo richiama. Il ragazzo del Distretto 12 si volta e inarca un sopracciglio, perplesso. Maysilee gli sorride facendo brillare gli occhi azzurri.
«Possa la buona sorte essere sempre a tuo favore, Haymitch Abernathy.»
Haymitch nasconde un sorrisetto divertito. «Possa la buona sorte essere sempre a tuo favore, Maysilee Donner» ripete la formula di rito. Poi, entrambi si girano.
 
Haymitch si fermò. Le coltellate dei ricordi gli stavano facendo sanguinare la mente, le tracce di Maysilee su di lui bruciavano come fuoco.
«Haymitch?» lo chiamò Effie, confusa. Aveva ancora le sue mani sui suoi fianchi, che la stringevano forte. «Hay-haymitch?» provò ancora la capitolina, ma Haymitch non era più lì.
 
Un grido. Di ragazza. Di Maysilee.
Gira il tuo volto, si ordina Haymitch. Cammina.
Un altro urlo.
Continua a camminare, non t’importa di lei.
Più nessun suono.
Gliel’ho promesso.
Silenzio. Inquietante, spaventoso, terrificante silenzio.
Cazzo. Haymitch getta il occhi al cielo, gira il suo volto e cambia direzione bruscamente. Corre giù dal pendio, rischiando di cadere e rompersi una gamba. Non gl’importa. Deve raggiungere Maysilee. Vuole raggiungere Maysilee.
La trova nel mezzo di un prato fiorito, tra le piante velenose che lei stessa sfruttava per uccidere gli avversari. Si avvicina, si inginocchia accanto a lei; ha ancora il fiato grosso. Ci sono delle piume rosa accanto al suo corpo, perdute dagli strani uccelli di quell’Arena. Ha un buco causato da un loro becco nel collo, che stilla sangue in continuazione.
Haymitch dovrebbe esserci abituato, ma non è così. La vista di tutto quel rosso, così cupo e scuro, denso come un grumo, gli fa salire la bile, che brucia la sua gola. Cerca qualcosa con cui fermare l’emorragia, ma non ha la più pallida idea di come fare.
«… Vattene.»
La voce di Maysilee è un gorgoglio.
«Zitta. Stai peggiorando la situazione» ribatte, incurante.
Maysilee corruccia la fronte, forse per il dolore, forse perché Haymitch è più testardo di un mulo.
«H-hai prom-messo…» gli fa notare.
Haymitch alza le spalle. «Non sono bravo a mantenere le promesse.»
Maysilee chiude gli occhi, le palpebre tremano. Il ragazzo non sa cos’altro fare se non stringerle la mano e pregare stupidamente che non muoia. Nota una spilla dorata appuntata sui suoi vestiti. Riconosce l’uccello rappresentato, è una ghiandaia imitatrice, un ibrido di Capitol City. Ironico che l’abbiano ferita a morte proprio dei volatili.
«Sei…» sussurra Maysilee, ma è costretta a ricominciare, perché il sangue le ha ormai invaso anche la bocca. «Sei a-ancora qui?»
Haymitch le stringe forte la mano, ma ha intuito che Maysilee non avverte più il suo tocco.
«Sempre» risponde, sentendosi decisamente un idiota. Come potrà essere sempre lì, se morirà? Però Maysilee sorride e, anche se i suoi occhi non brillano, lui si sente rinascere.
«Grazie» mormora.
Poi, le sue palpebre smettono di tremolare e la presa sulla mano di Haymitch scompare. Il tributo del Distretto 12 sorride. Scioglie le loro dita intrecciate, le bacia la fronte. Si alza, si volta e se ne va. Il cannone spara.
 
Lo schiaffo di Effie lo colpì dritto in faccia. Cavolo se ne aveva di forza, quella donnicciola trucco-e-tacchi. Haymitch strabuzzò gli occhi, riemergendo dai ricordi. Non era in grado di distinguere per quale motivo soffrisse: il dolore causatogli da Effie Trinket o le ferite lasciategli da Maysilee Donner. La prima assottigliò lo sguardo e lo squadrò.
«Allora?» lo incalzò. «Perché ti sei fermato?»
«Che?» gracchiò Haymitch.
Effie sbuffò. Gli diede una spinta, scostandolo e mise giù i piedi dal letto. A tentoni, trovò il suo vestito. Non era sfarzoso come quelli di un tempo, ma ugualmente eccentrico.
«Qual è il tuo problema?» domandò. «Pensavo che tu volessi farlo.»
«Lo pensavo anch’io» brontolò Haymitch, così piano che non si sentì.
«Voglio dire» riprese la donna, imperterrita, mentre si infilava l’abito dalla testa. «Non fai sesso da tempo e non ti ricordi come si fa? Non ti piaccio? Volevi illudermi? Non hai un preservativo in casa? Hai paura perché sei vergine?»
Haymitch scoppiò a ridere per l’assurdità. «Vuoi sapere qual è il mio problema, Effie Trinket?» chiese.
«Certo» rispose lei, tirandosi su la zip.
«Mi piacciono gli uomini.»
L’espressione che comparve sul viso di Effie Trinket era impagabile: comprendeva indignazione, stupore, curiosità, ribrezzo e una decina di altre sensazioni. La sua bocca era inclinata verso destra, a metà tra una smorfia e un sorriso mal riuscito. Haymitch rise di nuovo.
«Non è affatto divertente» ringhiò piano la donna.
«Oh sì se lo è, miele» ribatté lui.
Se non fosse stata una signora – signorina – di classe, Effie l’avrebbe insultato. Ma non si sarebbe abbassata al livello di quell’ubriacone che si divertiva a prenderla in giro. Recuperò i tacchi alti, ma non se li mise, tenendoli invece vicini al petto.
«Bene» asserì, le labbra così strette che sembravano un’unica linea. «Me ne vado.»
«Bene» confermò Haymitch.
Effie Trinket emise uno sbuffo stizzito di disapprovazione, uscendo ad ampie falcate dalla camera da letto. Haymitch chiuse gli occhi e si passò una mano sul viso, stropicciandosi la faccia. Si pizzicò la radice del naso.
«Aspetta» biascicò. Non era sicuro che l’avesse sentito, così ripeté a voce alta: «Aspetta.»
«In fretta, Abernathy. Se mi sbrigo, posso prendere il treno in orario» replicò Effie dal soggiorno.
Haymitch trattenne un’imprecazione, si sforzò di alzarsi e la raggiunse. Senza tacchi, perdeva quindici centimetri in altezza; i capelli, invece, privati della parrucca o dell’acconciatura imponente, erano biondi e a caschetto, con ciuffi asimmetrici. Gli sembrava un piccolo topo. Nonostante ciò, Haymitich la trovò decisamente più bella. Era diversa, certo, come il Distretto 12 senza la fame e gli Hunger Games, ma migliore.
Deglutì, facendo viaggiare su e giù il pomo d’Adamo, e chiese: «Ti dice niente il nome Maysilee Donner?»
Effie si perse nei suoi pensieri, sembrava stesse calcolando qualcosa. Poi, scosse la testa e rispose: «No, non mi viene nulla. Ma puoi sempre spiegarmelo tu. Prenderò il prossimo treno.»

 
*

Haymitch smise di rigirarsi la tazza di ceramica ­– sbeccata sul bordo – tra le mani e studiò il suo riflesso. Effie aveva preparato una nuova tisana al gusto di gelsomino, prima che si sedessero al tavolo per parlare. Haymitch aveva bevuto la bevanda fino a metà, il massimo che gli consentiva l’orgoglio.
Il liquido rifletteva la sua faccia, sformandogli gli occhi grigi tipici del Giacimento e rendendogli i capelli più scuri del normale. Effie allontanò da sé la tazza e si sistemò meglio sulla sedia, osservando poi le pareti.
Haymitch le aveva detto tutto. Le parole gli erano uscite basse e rocche, perché era restio a rivelarle una parte così intima e debole di sé. Poi, però, non era riuscito a tacere nulla. Le aveva raccontato dei suoi ­– loro – Giochi della Fame, della loro alleanza, della sua promessa, di come se n’era andata. Le aveva rivelato che l’amava, che faceva sesso con altre donne usandole troppo spesso come sostituite. Aveva confessato che non aveva più provato un sentimento lontanamente simile a quello per Maysilee Donner.
Effie seguì con l’indice il disegno della tazza.
«Capisco…» iniziò, «capisco perché non ti piace che ti chiamino vincitore. Tu hai perso Maysilee, non puoi aver vinto.»
Haymitch dubitava che lo comprendesse davvero, ma apprezzava lo sforzo.
«Forse, però, è arrivato il momento di mantenere la parola data» continuò.
«Mh» grugnì lui. «Cosa intendi?»
«Be’» rispose Effie, raddrizzando la schiena, «ormai lei è morta, e bisognerebbe interpretare la promessa in modo diverso. Dovresti lasciarti Maysilee Donner alle spalle e aprirti a nuove possibilità. Non credo che a lei piacerebbe vederti ridotto così, sbronzo tre giorni sì e uno no. Respirare non significa sempre vivere.»
Haymitch alzò lo sguardo dalla tazza e osservò la donna, leggendo nei suoi occhi una certa dose di carattere e determinazione. Era cambiata, Effie Trinket. Come tutto, dopo la Rivoluzione. All’improvviso, si sentì molto vecchio. Forse troppo, per accogliere il topolino scappato da Capitol City nella sua tana e vederlo sopraffare il gatto. Fece un sorrisetto e ridacchiò.
«Sei migliorata, nei discorsi, da quando li scrivevi sui cartellini per i tributi» commentò.
«Dico sul serio» lo rimbrottò Effie . «Ogni volta che torni indietro con la mente, ogni volta che rivivi i ricordi di Maysilee, torni alla realtà con mille crepe in più. Quanto credi di poter sopravvivere ancora, prima di spezzarti?»
Haymitch cercò una risposta intrisa di sarcasmo da rifilarle, ma quando la trovò, decise di non usarla.
«Non lo so» ammise. «Non lo so.»
Effie gli rivolse un sorriso apprensivo, che gli fece odiare tutte le sue debolezze. Si disse che era solo colpa della tisana, se si sentiva così. Giurò che non ne avrebbe più bevuta una in vita sua, anche perché facevano schifo.
«Allora?» incalzò la capitolina. «Vuoi mantenere la promessa?»
Haymitch si perse nelle sue riflessioni. Non voleva lasciare Maysilee, ma sapeva di non poter fare altrimenti. Era necessario che distruggesse il suo primo amore, tradirlo con un’altra donna, se voleva andare avanti. Se voleva cambiare, come tutto dopo la Rivoluzione. Annuì mestamente.
«Sì» sussurrò. «Manterrò la promessa» decise, più determinato.
Si alzò, costeggiò il tavolo e arrivò davanti ad Effie Trinket. La donna strillò, quando la sollevò, portandola in braccio nella camera da letto. Di certo, Effie Trinket non avrebbe preso il prossimo treno in orario.
  
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