23:
40. Notte
profonda.
Avevo finito il corso
di danza proprio a quell’ ora tremenda, troppo tardi per i
miei gusti e troppo tardi per tornare al college. Mi feci forza,
raccolsi la mia roba e misi come al solito le scarpette rosa intorno al
collo. Uscii dalla porta sul retro, salutai il guardiano e gentilmente
andai via. Non c’ era una luce accesa per le viuzze di
Lewistown se non quelle poche e fioche delle birrerie aperte fino a
tarda notte. Mi meravigliai trovando un pace celestiale quale non avevo
mai veduto: il venticello primaverile mi carezzava costantemente il
viso, un aria fresca, di quelle che non ti fanno pensare ad altro se
non a quanto sia bella la vita. La notte era qualcosa di veramente
stupendo ma anche di stupendamente pauroso: mi insospettii quando vidi
un gruppo di motociclisti che occupavano le due estremità
della piccola via che stavo percorrendo. Non li avevo mai visti da
queste parti: vestivano con un chiodino di pelle nero e dei blu jeans.
Erano tutti appoggiati in modo spavaldo alle loro moto e man mano che
mi avvicinavo sentivo la loro attenzione spostarsi su di me. Cominciai
a sentirmi a disagio e un brivido di terrore mi percorse tutto il
corpo. Sentivo puzza di guai nell’ aria. Ero indecisa sul da
farsi: cambiare strada o ignorarli completamente e andare avanti come
se nulla fosse. Stanca, o forse spericolata fino all’ ultimo
scelsi la seconda opzione. Quando mi trovai a poca distanza da loro
sentii le loro risate sottecchi e vidi un ragazzo magro che mi faceva
segno spingendo il gomito di continuo all’ amico. Cercai di
passare fra le moto con molta agilità con lo
sguardo diritto verso terra e facendo finta che le mie orecchie non
potessero udire le stupide battutine che accennavano continuamente. Il
battito del mio cuore diventava pian piano un rullo di tamburi, un
suono sempre più forte che sentii più chiaramente
quando vidi uno di loro venire verso di me. Questo mi
afferrò violentemente il polso e con un movimento brusco mi
fece sedere sulla sua moto.
Cosa provavo in quel momento? …paura solo paura…
Non azzardai ad alzare lo sguardo, un po’ per paura e un po’ per indignazione e l’ “uomo del tamburo” che regnava il mio cuore continuò a suonare con un ritmo frenetico.
*Lo sai che non dovresti essere in giro a quest’ ora di sera? Potrebbe essere pericoloso incontrare tipi come noi* disse cercando di alzare il mio sguardo poggiandomi la mano sul mento. Non sapevo cosa rispondere, volevo piangere, scappare e, sinceramente, aver preso la strada più lunga. *Lasciami*
Non so nemmeno se il ragazzo sentì quelle stupide parole visto che le disse quasi fra me e me. Avevo ancora lo sguardo basso e mi proteggevo il petto con le mani. Fu un gesto istantaneo, che non riuscii a controllare. Improvvisamente, come impazzito, sentii il ragazzo immerso in una violenta risata, quasi comica direi. Si appoggiò il braccio sulla pancia, si girò verso gli amici per cercare consenso e poi, di scatto tornare serio e guardarmi con disprezzo. *A cosa pensi?* mi chiese avvicinando l’ orecchio alla bocca come per sentire le mie parole leggere. Non risposi, non dissi nulla e l’ unica cosa che riuscì a sentire il suo orecchio fu il mio fiato affannato che usciva continuamente dalla mia bocca. A quel punto il ragazzo mi scosse violentemente fino a quando fui costretta a guardarlo negli occhi. Ci fissammo per pochi istanti, ci osservavamo muti. Aveva proprio l’ aspetto tipico del motociclista: capelli neri come gli occhi soltanto che questi avevano uno sguardo intimorente e cattivo. Una grande mascella ospitava una bocca piccola e sottile che accennava un sorriso percependo la mia paura. Per lui, come per il gruppo intero , ero una fragile farfalla alla quale poter strappare facilmente le ali quando desideravano farlo.
*cosa diresti se ti dessi un bel bacio della buonanotte?* disse avvicinandosi alla mia bocca. Il resto del gruppo stava facendosi i fatti loro ridendo e scherzando in cerchio come se nulla fosse. Mi stavo chiedendo se avessero capito ciò che stava accadendo: stavo per essere violentata da un motociclista. Non risposi a quell’ insulsa domanda e credo che questo lo fece arrabbiare, tanto che mi prese in braccio e mi schiacciò violentemente al muro. Mi stringeva così tanto da non poter muovere un muscolo e, con il pensiero dell’ ormai imminente balletto a teatro , stetti attenta a non farlo colpire le mie caviglie per continuare a ballare... Con gesti sublime incominciò a sbottonarmi pian piano i bottoni della camicetta bianca che portavo mentre mi baciava il collo. Le sue calde mani cominciarono a carezzarmi la pancia poi a stringerla forte forte tra le mani come pizzichi dolorosi. Con le unghie lacerò lentamente la pelle e sentii ancora dolore. *lasciami!* questa volta urlai e forte. *ti prego lasciami* Le lacrime iniziarono a cadere incessantemente mentre cercavo di spingerlo via, a dare pugni e calci. Un tentativo inutile. Era fisicamente imponente e i suoi muscoli mi cingevano le spalle troppo forte per permettere di difendermi. Succhiava il collo forse voleva lasciarmi un bel succhiotto come simbolo della sua visita sul mio corpo. “Per quanto sarebbe durato gioco? Quale sarebbero state le conseguenze?” pensai. Ancora per molto poichè mi resi conto guardando che ero rimasta soltanto in reggiseno. Vedendomi in quel modo il ragazzo prese le forme di un cane rabbioso che continuava a sbraitare e pian piano a sbranarmi. I suoi baci però non avevano lo stesso movimento del corpo: erano lenti,dolci e sensuali e si muovevano a tempo di una musica straziante: le mie urla e i miei pianti. Gli morsi in labbro come segno di difesa e lui lanciando un piccolo urlo mi diede un pugno sulla spalla destra. *Non scherzare piccolina* e riprese il fare. Mi aveva fatto davvero male. Essendo una ballerina ero esile e questo giocò a mio svantaggio. *mi fai male, lasciami!* Quelle implorazioni mi fecero subito pensare a quale sarebbe stata mai la mia carriera se mi fossi fatta veramente male. Quello spettacolo che avevo fra tre giorni era decisivo perché la mia insegnante aveva invitato un pezzo forte della società che mi avrebbe inserito in una compagnia teatrale molto conosciuta. Nella mia mente fiorivano anche i ricordi del funerale dei miei genitori: era da quel giorno che non riuscivo a piangere. E lui, un lurido motociclista, come si permetteva di trattarmi in quel modo,di farmi male soffrendo come un’ essere indifeso quale realmente ero?. La primavera, così bella ma così ingannevole: mi ero illusa di poter camminare felicemente fra le strade di mezzanotte essendo protetta dai rosei fiori degl’ alberi, accennando una canzone a lei dedicata per poi tornare a casa e immergermi in un fantastico sogno. Tutte le mie speranze e tutti i miei sogni ora erano in mano a dei passi che si avvicinavano verso di noi, dei quali potevo udirne soltanto il suono.
Tac, tac, tac. Era l’ eco dei passi che sentivo in lontananza, così delicati che sembrava fluttuare come un fantasma. Girai lo sguardo per vedere chi mi stava proponendo un pizzico di illusione e di salvezza. è vero, solo di illusione poteva trattarsi. Quell’ uomo poteva anche fregarsene e andare via, oppure, nel peggiore dei casi, aggiungersi alla mischia. Invece si fermò proprio davanti a noi, immobile come un’ attento spettatore ad un’ opera in teatro. La luce fioca, residua dei lampioni, illuminava a malapena la sua figura, mostrandolo misterioso con il suo sguardo diritto verso terra. Mi fermai a guardarlo meglio: era un ragazzo, portava un cappotto di lana nero allacciato a metà tanto da permettermi di intuire il suo petto scolpito sotto una maglietta color rame. Una prosperosa pelliccia gli circondava le spalle e sul capo un basco nero, come le scarpe e il pantalone che indossava. Rimasi sbalordita da lui quando alzò per la prima volta lo sguardo: i suoi due occhi erano come due lampioni nell’ oscurità. Quindi ebbi l’ opportunità di osservare il suo viso e notai che pareva una maschera perfettamente levigata; Bianca, come le cime delle montagne innevante. La sua espressione mi fece rimanere di ghiaccio poiché aveva le sopracciglia talmente in tensione che gli sformavano il viso, ma sapevo che quello sguardo non era dedicato a me bensì al mio “amico”, che come una marionetta, mi posò delicatamente al muro dicendomi * e tu non ti muovere aspettami qui* e con eccessiva spavalderia si sgranocchiò le dita della mani e si girò verso il ragazzo con sguardo altezzoso.
*Ti conviene lasciarla stare* con una voce ferma ed elegante. L’altro si avvicinò a lui, lo osservò e poi prese parola girandogli intorno * ma come? Me la stavo godendo così tanto…è un bel bocconcino sai? È così impaurita da non riuscire nemmeno a muoversi ahahah. Così è molto più facile costringerla a…bhè lo sai* A quelle parole, istantaneamente dalla mia bocca uscì un urlo fioco che compressi con le mie stesse mani.
Stavo per dire *SALVAMI*. Ma non so, forse per la stanchezza, per la paura o per la miriade di emozioni che provavo in quel momento, mi abbandonai alla terra, nella speranza che quell’ ombra mi avrebbe salvato.
SpAzIo AuTrICe:
Grazie. Grazie veramente tanto per essere entrati nella mia testa e di quella dei protagonisti.
Come ho detto, credo che questa sia la storia più bella che io abbia mai scritto. Ma non tanto per la tecnica della scrittura bensì per lo svolgersi dei fatti. E voi che la leggete siete il più bel regalo per me!
Che dire riguardo alla storia...Arriverà poi un nuovo personaggio (anticipo un nuovo vampiro) e poi la vera storia del protagonista che sconvolgerà lo svolgersi dei fatti.
LuOgHi & PrOtAgOnIsTi:
avvertenza: se vi siete gia fatti un' idea dei luoghi o fatti o protagonisti NON cambiatela! Siete voi che dovete invetare i loro volti!
-Lewistown: Una città degli stati uniti...mi attirava il nome e quindi l' ho resa protagonista!!
-Anya: Kristin Kreuk (Lana)
-Ville: Il mio amatissimo Ville Valo (cantante degli H.I.M) al quale dedico il personaggio del vampiro e le sue caratteristiche.
Per ora questi....Mi raccomando nn perdetevi i prossimi capitoli!!!
Baci da Maria(qaf92)
Cosa provavo in quel momento? …paura solo paura…
Non azzardai ad alzare lo sguardo, un po’ per paura e un po’ per indignazione e l’ “uomo del tamburo” che regnava il mio cuore continuò a suonare con un ritmo frenetico.
*Lo sai che non dovresti essere in giro a quest’ ora di sera? Potrebbe essere pericoloso incontrare tipi come noi* disse cercando di alzare il mio sguardo poggiandomi la mano sul mento. Non sapevo cosa rispondere, volevo piangere, scappare e, sinceramente, aver preso la strada più lunga. *Lasciami*
Non so nemmeno se il ragazzo sentì quelle stupide parole visto che le disse quasi fra me e me. Avevo ancora lo sguardo basso e mi proteggevo il petto con le mani. Fu un gesto istantaneo, che non riuscii a controllare. Improvvisamente, come impazzito, sentii il ragazzo immerso in una violenta risata, quasi comica direi. Si appoggiò il braccio sulla pancia, si girò verso gli amici per cercare consenso e poi, di scatto tornare serio e guardarmi con disprezzo. *A cosa pensi?* mi chiese avvicinando l’ orecchio alla bocca come per sentire le mie parole leggere. Non risposi, non dissi nulla e l’ unica cosa che riuscì a sentire il suo orecchio fu il mio fiato affannato che usciva continuamente dalla mia bocca. A quel punto il ragazzo mi scosse violentemente fino a quando fui costretta a guardarlo negli occhi. Ci fissammo per pochi istanti, ci osservavamo muti. Aveva proprio l’ aspetto tipico del motociclista: capelli neri come gli occhi soltanto che questi avevano uno sguardo intimorente e cattivo. Una grande mascella ospitava una bocca piccola e sottile che accennava un sorriso percependo la mia paura. Per lui, come per il gruppo intero , ero una fragile farfalla alla quale poter strappare facilmente le ali quando desideravano farlo.
*cosa diresti se ti dessi un bel bacio della buonanotte?* disse avvicinandosi alla mia bocca. Il resto del gruppo stava facendosi i fatti loro ridendo e scherzando in cerchio come se nulla fosse. Mi stavo chiedendo se avessero capito ciò che stava accadendo: stavo per essere violentata da un motociclista. Non risposi a quell’ insulsa domanda e credo che questo lo fece arrabbiare, tanto che mi prese in braccio e mi schiacciò violentemente al muro. Mi stringeva così tanto da non poter muovere un muscolo e, con il pensiero dell’ ormai imminente balletto a teatro , stetti attenta a non farlo colpire le mie caviglie per continuare a ballare... Con gesti sublime incominciò a sbottonarmi pian piano i bottoni della camicetta bianca che portavo mentre mi baciava il collo. Le sue calde mani cominciarono a carezzarmi la pancia poi a stringerla forte forte tra le mani come pizzichi dolorosi. Con le unghie lacerò lentamente la pelle e sentii ancora dolore. *lasciami!* questa volta urlai e forte. *ti prego lasciami* Le lacrime iniziarono a cadere incessantemente mentre cercavo di spingerlo via, a dare pugni e calci. Un tentativo inutile. Era fisicamente imponente e i suoi muscoli mi cingevano le spalle troppo forte per permettere di difendermi. Succhiava il collo forse voleva lasciarmi un bel succhiotto come simbolo della sua visita sul mio corpo. “Per quanto sarebbe durato gioco? Quale sarebbero state le conseguenze?” pensai. Ancora per molto poichè mi resi conto guardando che ero rimasta soltanto in reggiseno. Vedendomi in quel modo il ragazzo prese le forme di un cane rabbioso che continuava a sbraitare e pian piano a sbranarmi. I suoi baci però non avevano lo stesso movimento del corpo: erano lenti,dolci e sensuali e si muovevano a tempo di una musica straziante: le mie urla e i miei pianti. Gli morsi in labbro come segno di difesa e lui lanciando un piccolo urlo mi diede un pugno sulla spalla destra. *Non scherzare piccolina* e riprese il fare. Mi aveva fatto davvero male. Essendo una ballerina ero esile e questo giocò a mio svantaggio. *mi fai male, lasciami!* Quelle implorazioni mi fecero subito pensare a quale sarebbe stata mai la mia carriera se mi fossi fatta veramente male. Quello spettacolo che avevo fra tre giorni era decisivo perché la mia insegnante aveva invitato un pezzo forte della società che mi avrebbe inserito in una compagnia teatrale molto conosciuta. Nella mia mente fiorivano anche i ricordi del funerale dei miei genitori: era da quel giorno che non riuscivo a piangere. E lui, un lurido motociclista, come si permetteva di trattarmi in quel modo,di farmi male soffrendo come un’ essere indifeso quale realmente ero?. La primavera, così bella ma così ingannevole: mi ero illusa di poter camminare felicemente fra le strade di mezzanotte essendo protetta dai rosei fiori degl’ alberi, accennando una canzone a lei dedicata per poi tornare a casa e immergermi in un fantastico sogno. Tutte le mie speranze e tutti i miei sogni ora erano in mano a dei passi che si avvicinavano verso di noi, dei quali potevo udirne soltanto il suono.
Tac, tac, tac. Era l’ eco dei passi che sentivo in lontananza, così delicati che sembrava fluttuare come un fantasma. Girai lo sguardo per vedere chi mi stava proponendo un pizzico di illusione e di salvezza. è vero, solo di illusione poteva trattarsi. Quell’ uomo poteva anche fregarsene e andare via, oppure, nel peggiore dei casi, aggiungersi alla mischia. Invece si fermò proprio davanti a noi, immobile come un’ attento spettatore ad un’ opera in teatro. La luce fioca, residua dei lampioni, illuminava a malapena la sua figura, mostrandolo misterioso con il suo sguardo diritto verso terra. Mi fermai a guardarlo meglio: era un ragazzo, portava un cappotto di lana nero allacciato a metà tanto da permettermi di intuire il suo petto scolpito sotto una maglietta color rame. Una prosperosa pelliccia gli circondava le spalle e sul capo un basco nero, come le scarpe e il pantalone che indossava. Rimasi sbalordita da lui quando alzò per la prima volta lo sguardo: i suoi due occhi erano come due lampioni nell’ oscurità. Quindi ebbi l’ opportunità di osservare il suo viso e notai che pareva una maschera perfettamente levigata; Bianca, come le cime delle montagne innevante. La sua espressione mi fece rimanere di ghiaccio poiché aveva le sopracciglia talmente in tensione che gli sformavano il viso, ma sapevo che quello sguardo non era dedicato a me bensì al mio “amico”, che come una marionetta, mi posò delicatamente al muro dicendomi * e tu non ti muovere aspettami qui* e con eccessiva spavalderia si sgranocchiò le dita della mani e si girò verso il ragazzo con sguardo altezzoso.
*Ti conviene lasciarla stare* con una voce ferma ed elegante. L’altro si avvicinò a lui, lo osservò e poi prese parola girandogli intorno * ma come? Me la stavo godendo così tanto…è un bel bocconcino sai? È così impaurita da non riuscire nemmeno a muoversi ahahah. Così è molto più facile costringerla a…bhè lo sai* A quelle parole, istantaneamente dalla mia bocca uscì un urlo fioco che compressi con le mie stesse mani.
Stavo per dire *SALVAMI*. Ma non so, forse per la stanchezza, per la paura o per la miriade di emozioni che provavo in quel momento, mi abbandonai alla terra, nella speranza che quell’ ombra mi avrebbe salvato.
SpAzIo AuTrICe:
Grazie. Grazie veramente tanto per essere entrati nella mia testa e di quella dei protagonisti.
Come ho detto, credo che questa sia la storia più bella che io abbia mai scritto. Ma non tanto per la tecnica della scrittura bensì per lo svolgersi dei fatti. E voi che la leggete siete il più bel regalo per me!
Che dire riguardo alla storia...Arriverà poi un nuovo personaggio (anticipo un nuovo vampiro) e poi la vera storia del protagonista che sconvolgerà lo svolgersi dei fatti.
LuOgHi & PrOtAgOnIsTi:
avvertenza: se vi siete gia fatti un' idea dei luoghi o fatti o protagonisti NON cambiatela! Siete voi che dovete invetare i loro volti!
-Lewistown: Una città degli stati uniti...mi attirava il nome e quindi l' ho resa protagonista!!
-Anya: Kristin Kreuk (Lana)
-Ville: Il mio amatissimo Ville Valo (cantante degli H.I.M) al quale dedico il personaggio del vampiro e le sue caratteristiche.
Per ora questi....Mi raccomando nn perdetevi i prossimi capitoli!!!
Baci da Maria(qaf92)