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Autore: WingsOfShadow    18/05/2014    1 recensioni
Un ultimo battito prima del buio, lo stesso buio che mi fa da sfondo tuttora.
Non so cosa sono diventata, non so neanche in quale posto mi trovo. Non c'è nessuno, se non il nero pece a farmi compagnia.
Forse ho incontrato la morte? Non lo so, davvero.
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel mezzo della notte mi ritrovai seduta sul letto con il respiro mozzato. Ero andata a dormire presto, appena rientrata dal lavoro. Non ce la facevo più a stare in piedi, non riuscivo a concentrarmi su nulla, la testa mi doleva. Molto, tanto, anche troppo. Le pastiglie non mi aiutarono, forse perché le avevo prese a stomaco vuoto. Ma non riuscivo neanche a mangiare: era come se il mio corpo si rifiutasse di continuare a vivere, percorrendo lentamente un estenuante sentiero verso l'autodistruzione. Mi alzai, la testa penzolante da una parte. Camminai nell'oscurità debolmente illuminata dai raggi di luna che riuscivano ad attraversare il vetro sporco delle finestre. Mi diressi in cucina con le tempie che continuavano a pulsare.
Accesi la luce con gesti automatici, quasi senza rendermene conto; presi un bicchiere d'acqua, poi mi appoggiai al piano di lavoro dandogli le spalle. Non bevvi subito, dovevo ancora risorgere dalla spessa coltre di nebbia che appannava la mia mente. Mentre chiamavo le forze a raccolta, tamburellavo con le dita sul vetro liscio.
Aprii piano gli occhi e vidi il mio riflesso restituirmi lo sguardo. Restai inorridita davanti alla faccia da zombie che mi fissava da laggiù, in quel cerchio perfetto, risultato di un lavoro industriale.
La figura dischiuse piano le labbra e cominciò a parlare, ma non sentii nulla. Cominciai a sudare freddo e a tremare, gli occhi fissi, iniettati di puro terrore.
Allucinazioni? 
Dopo aver sbattuto un po' le palpebre appesantite dall'insonnia, notai il ghigno che si era poggiato come una maschera su quel volto.
Il bicchiere si frantumò in migliaia di piccoli pezzi a causa del mio lancio impulsivo. Non era mia intenzione lanciarlo. Quel set mi era costato un occhio della testa, e ora lo mandavo in frantumi? Tornai a letto con la bocca asciutta, incapace di comprendere alcunché. Tirai la coperta fino al mento, però prima mi assicurai che tutte le parti del lenzuolo fossero intrappolate dal peso del mio corpo. Era una cosa che facevo sin da piccola: avevo paura che i mostri potessero farmi del male entrando da sotto. Cercai di calmarmi e di dare un ritmo alla mia respirazione, tuttavia non servì a molto; il cuore mi martellava in petto, il rumore dei battiti mi snervava. Provai a concentrarmi su qualcos'altro, ma nella stanza regnava il silenzio. Quest'ultimo avvolgeva l'intera casa, la copriva come un mantello, come se volesse nasconderla da occhi indiscreti. Deglutii la saliva che rischiava di uscire dalla bocca, però continuavo ad avere la gola inaridita. Il cuore faceva troppo rumore, non riuscivo davvero a sopportarlo: me lo sarei persino strappata via dal petto, pur di farlo smettere.
Inghiottii nuovamente. Dovevo assolutamente bere qualcosa. Mi alzai di nuovo e, inciampando nelle coperte, mi ritrovai con la faccia contro il pavimento gelido. Mentre mi alzavo con estrema difficoltà utilizzando gli arti superiori, il mio sguardo si posò sullo specchio dell'armadio.
Incontrai degli occhi affogati nel sangue. Vidi anche me stessa nel riflesso. Poi una scia scarlatta prese a fluire da una curva del collo. Chiusi gli occhi, sperai che così facendo "quella cosa" se ne andasse. Mi toccai nel punto delle corde vocali e subito qualcosa di appiccicaticcio si infilò tra le mie dita. Mi guardai le mani evitando lo specchio: rosso. Mi accorsi di sfuggita di qualche goccia. Il taglio era mio? Come caspita me l'ero procurato? Mi rannicchiai su me stessa, abbandonando ogni prospettiva di bere. Sentii una finestra aprisi, lasciando entrare un alito di vento che portò con sé una voce bassa, melodica, tentatrice.
«Ucciditi».
Mi coprii le orecchie per ignorare quel suono, ma questi prese a riecheggiarmi in testa. Con il fiato corto, aprii gli occhi, involontariamente in direzione dello specchio. Volevo solo che la voce cessasse e che uscisse dal mio corpo. Vidi la figura abbassarsi su di me, coprendomi nel riflesso. Dalla mia bocca traboccava abbondante la saliva, accompagnata da dei versi indecifrabili, ma che esprimevano dolore, sofferenza acuta.
«Sarai mia» sentii sussurrare.

Un ultimo battito prima del buio, lo stesso buio che mi fa da sfondo tuttora. Non so cosa sono diventata, non so nemmeno in quale posto mi trovo. Non c'è nessuno, se non il nero pece a farmi compagnia. Forse ho incontrato la morte? Non lo so, davvero. 
  
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