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Autore: NayaAirwair    19/05/2014    1 recensioni
Sarah ha diciassette anni e la sua vita gira attorno alle moto, alle gare illegali e ai casini con gli amici.
Ma in una maledetta notte tutto ciò che ama le viene portato via.
Dovrà andarsene e cambiare vita e cercherà in tutti i modi di dimenticare gli orrori che l' hanno segnata.
Ormai però non è più la stessa ragazza di prima, ormai non crede più di poter essere felice.
Quando un ragazzo incontrato all' improvviso, con la sua dolcezza ed il suo aiuto, le farà capire che l' amore può superare ogni ostacolo, anche i più terribili.
Ma i guai per Sarah non sono finiti e dovrà lottare con tutta se stessa per salvare le poche cose che le sono rimaste da amare.
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Questa storia l' avevo già scritta ma ho dovuto interromperla (problemi con la mail), Spero che chi non l'ha ancora letta lo faccia e mi faccia sapere cosa ne pensa! E chi l'ha già letta la segua di nuovo e mi dica se questa "nuova versione" vi piace. Tranquilli, trama e personaggi sono sempre quelli! Dico solo che ho aggiunto molti dettagli in più e che mi stò impegnando a scrivere meglio!
Buona lettura!
Genere: Azione, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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_Angolo Autrice_
Lo sò, cene ho messo di tempo!
Ma vi risparmio i dettagli noiosi... Passiamo subito al capitolo: Finalmente arrivano le parti interessanti (niente più capitoli troppo tristi, lo sò che erano un tantino pesanti ma erano necessari per introdurre la storia e i personaggi), comunque, come suggerisce il titolo ci sarà un primo "scontro" con una persona che potrebbe diventare molto importante, Sarah ha deciso di andare a scuola e qui inizierà la sua nuova vita. Spero vi piaccia e che mi lasciate un commentino per sapere che ne pensate!
Un bacio a tutti!"
Oh, e un grazie speciale a tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite e seguite e da ricordare, grazie davvero!
Ciao!!
M.H.





A volte nella vita incontri persone che possono essere giuste o sbagliate, e non sempre ti accorgi subito di che tipo siano.

Ma quando incontri le persone giuste, beh, allora devi ritenerti fortunato, perchè se sarai capace di tenertele strette, loro non ti lasceranno più.

Passò un' altra settimana in cui io e Sean dovemmo fare uno sforzo -di cui di solito non avevamo bisogno- per stare uniti, avrei potuto negarlo ma la verità era che la sua confessione aveva un po' cambiato il nostro rapporto anche se leggermente, e forse non cen' eravamo nemmeno resi conto del tutto ma qualcosa era cambiato.
Pensai molto in quel periodo, pensai alla mia promessa di ricominciare e di vivere per Matt e mi convinsi che non era una brutta idea provarci.
Ecco come mi sono ritrovata a guardare il mio riflesso nel piccolo specchio del bagno, di lunedì mattina presto, molto presto. Troppo presto.
Saranno state si e no le sette e mezza e il mio cervello non connetteva ancora del tutto, l' unica cosa che mi ripeteva in continuazione era: cosa cavolo stai facendo?
Stavo per andare a scuola. Il mio primissimo giorno di scuola superiore in assoluto.
L' ultima volta che ero andata a scuola avevo tredici anni ed era finita la terza media, dopodichè i miei mi avevano iscritta al liceo ma io non ci ero mai andata e una fitta mi ricordò i sensi di colpa per avergli mentito per tutti quegli anni.
Sbuffai e tornai a concentrarmi sul fantasma che mi fissava nel riflesso.
Quella non ero io, non poteva essere la Sarah che conoscevo.
Ero più pallida che mai, i miei occhi grigi erano spenti e contornati da occhiaie violacee.
I miei capelli neri  e come sempre troppo lunghi, una volta erano lisci, mentre ora erano un groviglio di nodi disordinato sopra la testa.
Ero un' altra persona.
Di solito non m' importava molto di come apparivo agli altri, ma Cristo Santissimo a tutto c'è un limite.
Presi la spazzola e iniziai a sistemare quella specie di nido sulla mia testa e, dato che non ero un' esperta del settore finii per strapparne la metà, anzichè lisciarlo.
Mi lavai la faccia altre tre volte con l' acqua gelata per cercare di svegliarmi il più possibile.
Assomigliavo tanto alla bambina/mostro del film The Ring, una vera bellezza...
Sembravo quasi malata, forse lo ero. Non ne avevo idea.
Beh, non potevo farci niente comunque perchè non ero il tipo di ragazza che si trucca quindi tecnicamente ero a posto così.
Infilai un paio di jeans scuri e indossai i miei stivali con i lacci, chiusi la felpa nera col cappuccio sopra alla canotta e prima di uscire presi la mia giacca di pelle, era settembre inoltrato ma ancora non c' era freddo, e non credevo che cene sarebbe stato mai, in quella città scaldata dal sole della California ma la mattina prometteva pioggia e così non avrei avuto freddo in moto, non mi interessava se potevo sembrare una pazza.
Mi infilai la borsa a tracolla nera e presi il casco e le chiavi.
Sean dormiva ancora così feci piano per non svegliarlo, quando gli avevo detto di voler andare a scuola si era quasi strozzato dal ridere ma poi alla fine, con l' aiuto di Brad che a quanto pareva era un contrafattore di documenti per eccellenza, mi aveva iscritta all' unico liceo di quel buco di città.
Quando andai incontro alla mia Ducati mi si strinse lo stomaco, mentre accarezzavo quasi involontariamente il manubrio mi resi conto che l' ultima volta che l' avevo usata era stata la sera in cui Matt era morto.
Respirai a fondo, chiedendomi se fossero più forti il senso di colpa e i ricordi o la voglia di risalire in sella e sfrecciare via.
Alla fine chiusi gli occhi e feci passare la gamba dall' altra parte.
Mi arrotolai i capelli su una mano e mi infilai il casco.
Quando la accesi la sentii ringhiare sotto di me e mi sentii immediatamente meglio, mi era mancato quel suono.
Partii quasi sgommando e mi indirizzai verso la scuola.
Per arrivare ci sarebbero voluti circa dieci minuti -avevo studiato la strada con Sean diverse volte-, avrei potuto mettercene cinque se avessi guidato alla mia maniera, ma nonostante la felicità di essere di nuovo sulla mia moto mi costrinsi a mantenere la promessa che avevo fatto a me stessa e a Matt, non avrei corso mai più.
Quando arrivai nel parcheggio lo trovai quasi deserto, c' era qualche gruppetto di studenti che chiaccheravano tra loro e al suono del motore della mia moto parecchie teste si voltarono nella mia direzione.
Attraversai tutto il parcheggio e andai dall' altra parte, nei posti riservati alle moto, notai con piacere che erano quasi tutti scooter, niente di serio, la mia Ducati li batteva tutti con facilità.
Mentre scendevo mi accorsi che in molti ragazzi si erano avvicinati e guardavano ammirati la mia Ducati, era chiaro che in quella città non molti guidavano cose del genere.
Mi tolsi il casco e sentii i capelli ricadere sulla schiena, troppo lunghi, dovevo ricordare di tagliarmeli.
-Cazzo ma sei una donna-
Un gruppo di ragazzi si era avvicinato ancora di più e mi guardavano tutti come se fossi E.T. appena sbarcato in città.
Osservai il tipo che aveva parlato.
-Oh, davvero? Ecco perchè non riesco mai a fare la pipì in piedi, ora si spiega tutto, grazie per l' aggiornamento-, dissi in tono sarcastico e qualcuno di loro rise, quello che aveva parlato scosse la testa e sembrò in imbarazzo.
-No, scusa, intendevo... Insomma, una moto così, beh, non pensavo che anche una ragazza la riuscisse a guidare-
-Beh, dovresti allargare i tuoi orizzonti-, risposi semplicemente sistemandomi la borsa a tracolla.
I ragazzi si persero a guardare la moto e ad un tratto un tipo con la faccia da topo e un paio di occhialetti in bilico sul naso mi si avvicinò sospettoso, sembrava tanto un piccolo condor dall' espressione famelica eppure non riusciva ad intimidire nessuno perchè era troppo magrolino e basso per poter essere una vera minaccia.
-Ma tu cel' hai l' età per guidarla, almeno?-, mi scrutò con fare minaccioso ed io aggrottai le soppracciglia, chi voleva prendere in giro quello sgorbietto?
In effetti, l' età non cel' avevo ma perchè avrebbe dovuto interessare a quella specie di topo da biblioteca?
Incrociai le braccia sul petto e lo guardai dall' alto in basso.
-E tu cel' hai l' età per il tuo triciclo? O ti porta ancora la mammina a scuola?-
I ragazzi accanto a me risero di gusto e presero a fare battutine a quel piccolo condor che sbuffò indignato e sene andò.
-Beh, comunque complimenti, gran bella moto-, mi disse un' altro, questo era molto più alto di me e mentre parlava mi fece l' occhiolino. -Grazie-, risposi in tono neutro, e dopo qualche altro secondo finalmente sene andarono tutti.
Iniziai a camminare nel parcheggio sempre più affollato e in molti mi guardarono di nuovo, non sapevo se perchè avessero visto la mia moto o semplicemente perchè sapevano che fossi nuova.
Possibile che fossi finita nella classica scuola così priva di studenti che tutti si conoscevano tra loro?
Sbuffai e mi calai il cappuccio della felpa sulla testa, ero stufa di tutte quelle occhiate.
Subito dopo suonò la campanella e in un secondo partì la maratona dell' ingresso in classe, sembrava quasi che fuori ci fosse la fine del mondo e che la scuola fosse l' ultima speranza dell' umanità.
Io mela presi con calma ed entrai praticamente per ultima, ritrovandomi in un corridoio talmente affollato che quasi non riuscivo a camminare.
Decisi di evitare il mezzo dove la calca era maggiore e mi accostai alla parete, feci qualche passo strusciando e spiaccicandomi contro il muro quando un dolore allucinante mi colpì in pieno sul naso.
Ebbi giusto il tempo di accorgermi che un armadietto mi si era aperto in faccia prima di cadere e ritrovarmi completamente stesa a terra.
-Oh, merda, mi dispiace tantissimo-, sentii dire da una voce maschile ma non riuscivo a vedere niente perchè avevo gli occhi serrati, sentii qualcosa di caldo uscire dal naso e mi portai una mano a coprirlo, mi si riempì di sangue.
-Ma sei completamente deficente?!?- riuscii a dire.
Sentii uno spostamento d' aria e mi accorsi che qualcuno si era inginocchiato accannto a me.
-Scusami, davvero. Non ti ho proprio vista...-, aprii gli occhi e ne ritrovai due marroni- verdi che mi guardavano preoccupati ma non riuscii a mettere a fuoco nient' altro.
-Stai bene?-, mi chiese, sentii la mortificazione nella sua voce ma pensai solo che se il mio naso fosse stato rotto allora io avrei trovato il modo di rompere il suo.
-Secondo te stò bene?!-, gli urlai contro togliendo la mano e mostrandogli il naso sanguinante.
-Maledizione, scusami, non sai quanto mi dispiace...
Mi alzai mentre lui continuava a scusarsi ma ormai non lo ascoltavo più.
Il corridoio non era più pieno come prima ma alcuni studenti si fermavano a guardare quello che stava succedendo.
-Aspetta, ti accompagno in infermeria-, disse il ragazzo-killer.
-Non ho bisogno del tuo aiuto, sono perfettamente in grado di cavarmela da sola!-, gli urlai in faccia di rimando.
Alcune ragazze stavano ridendo della mia caduta da almeno tre minuti e la cosa mi faceva incazzare e  non poco.
Mi asciugai il sangue con la manica della felpa ma quello continuò a scorrermi sulla bocca e sul mento, le ragazze risero ancora.
Ne spintonai una e visto che avevo le mani sporche di sangue anche il cardigan della bionda si tinse di rosso.
-Ehi ma che fai?! Sei matta per caso?-, mi gridò quella oca cercando di ripulirsi.
­-Mi trovi tanto divertente?-, le gridai di rimando, la mia espressione era di pura minaccia e il sangue sul viso doveva dare un effetto piuttosto grottesco e lei fece un passo indietro.
Subito dopo però mi squadrò per bene e ricominciò a ridere.
-Oh, sì, neanche sei entrata e già sei lo zimbello della scuola! Complimenti, un vero record! Dovresti guardarti allo specchio, fai proprio pena-, le altre ragazze risero, io chiusi la mano a pugno, ero stanca di quella bionda ossigenata, feci per colpirla quando qualcosa si intromise tra me e la mia mano chiusa.
Era il ragazzo che neanche un minuto prima mi aveva steso ed ora si intrometteva, provai una rabbia profonda nei suoi confronti.
-Jessica, prendi le tue amiche e vattene, non fai ridere nessuno-, disse lui in tono minaccioso alla bionda,mentre parlava però non aveva staccato gli occhi dai miei e aveva continuato a tenermi stretta per il polso.
Mi sentivo inchiodata da quello sguardo e non sapevo perchè.
Le altre ragazze sene andarono ma Jessica rimase al suo posto e piantò le unghie smaltate sui fianchi.
-Mi prendi in giro, Dylan? Che fai adesso ti mischi anche con gli sfigati?-, non ne potevo più di lei, feci per saltargli addosso ma quello dell' armadietto, (Dylan) mi afferrò per la vita e mi trattenne.
Ma chi cazzo si credeva di essere questo qui?!?
Jessica indietreggiò impaurita difronte al mio scatto e mi guardò come se fossi un animale allo zoo.
-Tu sei pazza-, sibilò andandosene via quasi di corsa.
-Tanto ti ritrovo!-, le urlai dietro.
Smisi di agitarmi ma le mani di quel coglione mi stavano ancora addosso cosi gli diedi uno strattone. -Lasciami subito-, ringhiai e lui allentò la presa.
-Ma chi ti credi di essere, eh?-, dissi furiosa e mi abbassai per raccogliere il casco e la borsa che mi erano caduti.
Notai che il sangue non si era fermato e ci premetti di nuovo sopra la manica.
-Scusami ma non mi sembrava il caso di far iniziare una rissa-, disse lui infilandosi le mani nelle tasche dei jeans.
Senza guardarlo mi incamminai nel corridoio ormai vuoto, la campanella doveva essere suonata da un pezzo.
Lui mi seguii e allungò un fazzoletto oltre la mia spalla, -Almeno prova a fermare quel rubinetto, per favore-, ah, come a dire che il favore lo avrei fatto a lui!
Per un momento decisi di rifiutare ma poi mi resi conto delle mani e della felpa completamente imbrattate di sangue e così accettai strappandoglielo di mano.
-Senti... Posso accompagnarti in infermeria? Davvero, mi resterà sulla coscienza per sempre se ti ho rotto il naso-
-Pensa un po', anche a me!-, esclamai furiosa.
-Dai, ti prego, aspetta-, disse lui afferrandomi una spalla e dovetti fermarmi per forza.
Lo guardai per bene per la prima volta e sentii un formicolio allo stomaco.
Faticai ad ammetterlo ma era un bel ragazzo.
Era più alto di me di almeno una spanna e aveva la pelle abbronzata di chi stà un sacco di ore all' aria aperta.
I suoi occhi avevano un colore particolare, erano castano-verde e sembravano cambiare a seconda della luce, erano grandi e luminosi e circondati da folte ciglia nere.
I capelli erano castano scuro, quasi neri, folti, lisci e disordinati.
La linea della bocca era morbida, aveva il labbro inferiore più pieno di quello superiore.
Sotto alla maglietta si potevano intravvedere i muscoli, quasi sicuramente faceva qualche sport, probabilmente nuotava considerando le spalle larghe.
Mi guardava con un mezzo sorriso che gli faceva spuntare una piccola fossetta sulla guancia.
Mi faceva incazzare così tanto che lo avrei preso a pugni e non sapevo nemmeno io il perchè.
-Senti, forse non hai capito: io non ho bisogno del tuo aiuto, mela sono sempre cavata benissimo da sola e sò badare a me stessa.
E se anche avessi bisogno di qualcosa di certo non verrei da uno che mi ha sbattuto un armadietto in faccia, ti è chiaro adesso?-
Mene andai a passo spedito senza voltarmi indietro, ad un certo punto fui costretta a svoltare a destra e mi ritrovai davanti ad un altro breve tratto di corridoio e poi ad una porta con su scritto "Sgabuzzino", senza altri passaggi o uscite.
Perfetto! E adesso mi toccava tornare indietro facendo una gran bella figura di merda dopo aver specificato che non mi serviva nessun aiuto, grande!
Sbuffai e ritornai sui miei passi, il ragazzo era appoggiato alla parete e mi guardava divertito.
-Mi chiedevo se avessi aspettato che mene andassi prima di uscire di lì. Sai, non si va da nessuna parte-
-Sì, l' hò visto-, ammisi scocciata.
-Sei nuova?-, mi chiese inclinando la testa di lato, sembrava un bambino curioso.
Io allargai le braccia, -Non si era notato?-, premetti di nuovo il fazzoletto sul naso, maledizione non si fermava più.
Lui sorrise e sollevò le spalle.
-Posso accompagnarti in infermeria?-, chiese dolcemente.
-No-, risposi io in tono secco.
Lo superai come una furia e camminai finchè non trovai un bagno delle ragazze, nel frattempo lui mi aveva seguita ma ero certa che non lo avesse fatto anche lì, così mi ci infilai dentro.
Andai dritta al lavandino e con l' acqua fredda mi lavai via il sangue dal viso e dalle mani, poi mela feci scorrere sulla zona dolorante finchè non sentii il sangue fermarsi del tutto.
Mi guardai allo specchio, avevo il naso gonfio e rosso ma non sembrava rotto, lo tastai delicatamente, faceva male ma era sopportabile, tirai un sospiro di sollievo.
La mia felpa era a chiazze ma per fortuna sul nero non si vedeva molto.
Come primo giorno di scuola era proprio iniziato alla grande!
Se andavo avanti così non sarei arrivata a fine giornata.
Sbuffai e mi accorsi che la prima ora sene stava andando in fretta, avrei dovuto andare in classe anche se non avevo idea di quale fosse.
Aprii appena la porta del bagno e tirai fuori solo la testa per controllare in giro, il corridoio era vuoto e silenzioso, bene, sen' era andato.
Uscii del tutto e quasi saltai dalla paura quando una voce dietro di me disse: -Sai, se sei nuova dovresti andare in segreteria per farti dare un' orario delle lezioni-, sussultai senza volerlo e mi girai, quel bastardo si era appostato dietro alla porta, sarebbe stata l' occasione perfetta per ripagarlo con la stessa moneta ed io mel' ero fatta scappare.
-Hai deciso di perseguitarmi?-, gli chiesi con uno sbuffo.
Lui sollevò le mani, come a dimostrarmi che era disarmato, -Senti, ho capito che ti stò sulle scatole e, credimi, hai tutte le ragioni del mondo. Ma voglio aiutarti, ti ho fatto male, sarebbe il minimo che posso fare-.
Sembrava sincero, sbuffai ancora e diedi un' occhiata in giro in cerca di un' alternativa.
Non avevo idea di dove trovare la segreteria, nè di come funzionassero gli orari.
-Non perdi la lezione?-, gli chiesi dopo un minuto nella speranza un po' che sene andasse e nel frattempo chiedendomi cosa avrei fatto lì da sola.
Lui sorrise e gli comparve la fossetta sulla guancia, -Quella può aspettare. Allora posso aiutarti?-, chiese speranzoso, io alzai gli occhi al cielo e sbuffai ancora.
-E va bene, ma dopo non voglio più vederti-, lo minacciai, lui sorrise ancora di più, mostrando i denti bianchi, sollevò la mano destra e sela portò al cuore, -Lo giuro, parola di scout-, disse, io sollevai un soppracciglio e mi incamminai nel corridoio deserto, lui si schiarii la voce.
-Ehm, la segreteria è di là-, disse indicando l'uscita, si incamminò ed io, mio malgrado lo seguii.

Quando uscimmo dalla segreteria tenevo in mano quattro fogli: l' orario delle mie lezioni, una mappa della scuola, un foglio da far firmare ai professori alla fine delle lezioni e un' altro con la combinazione del mio armadietto.
Sbuffai cercando di riordinarli, -Ma quante cose servono per andare a scuola?-, domandai a me stessa.
-Perchè, la tua scuola di prima com' era?-, chiese Dylan al mio fianco, io scrollai le spalle ignorando la domanda e gli indicai un foglio, -Come lo trovo l' armadietto?-
Lui mi guardò aggrottando le soppracciglia, poi scosse la testa e prese il foglio dalle mia mani.
Mi guidò attraverso i corridoi fino al mio armadietto e quando arrivammo notai che sorrideva e mi chiesi il perchè.
Trafficai un po' con la serratura ma alla fine riuscii ad aprirlo, ci infilai dentro solo il casco e lo richiusi.
Guardai il foglio delle lezioni, c' erano caselle, colonne, nomi e numeri, non ci capivo proprio niente, alcune parti erano evidenziate, la segretaria mi aveva chiesto quali corsi volessi seguire ed io ne avevo sparati alcuni a caso.
Però non sapevo proprio come fare ad uscirne, così passai il foglio a Dylan.
-Mi spieghi che cavolo significa?-
Lui sorrise appena e guardò il foglio.
-Alla prima ora hai lettere con la professoressa Samuels, è l' aula 201-, mentre parlava mi indicava le parti evidenziate e le diverse colonne per farmici capire qualcosa.
-Cel' hò anch' io... Quindi ci conviene muoverci, lei è una specie di iena isterica, non è una buona idea farsela nemica-, mi disse.
Eravamo nella stessa classe?
Fantastico...
Con uno sbuffo lo seguii e quando arrivammo all' aula 201 lui entrò per primo, da dietro le sue spalle vidi una donna alta e tarchiata che indossava una gonna viola fino alle caviglie e una camicetta verde e, tanto perchè non aveva abbastanza colori addosso, aveva messo anche sei collane di perline multicolor.
Quasi le risi in faccia per quell' abbigliamento ma l' occhiata assassina che aveva rivolto a Dylan al suo ingresso mi zittì sul nascere.
-Signor Avery, quarantacinque minuti di ritardo e si presenta così, senza uno straccio di scusa o di giustificazione?-, sbraitò la donna.
-Mi dispiace professoressa, ma il preside mi ha chiesto di fare da guida alla nuova studentessa, abbiamo fatto tardi perchè, pultroppo abbiamo avuto un piccolo incidente-, e detta quella bugia coi fiocchi si scostò per farmi passare.
La prof. Samuels mi squadrò dalla testa ai piedi con gli occhi azzurri socchiusi.
Mi allungò la mano.
-Così sei nuova, come ti chiami?-, mi chiese, io gli strinsi la mano senza troppo entusiasmo.
-Sarah...-, lei sollevò un soppracciglio biondo come i capelli e capii che si aspettava anche il cognome.
-Sarah Frey-,risposi alla fine.
-Bene, benvenuta, io sono la professoressa Samuels-, no, ma davvero?
-Vai pure a sederti a quel banco libero. E anche tu Avery, al tuo posto-
Andai all' unico banco libero ringraziando che fosse l' ultimo e anche vicino alla finestra.
Vidi Dylan che si sedeva al centro della classe e un' altro ragazzo che gli batteva la mano sulla spalla in segno di saluto, lui si voltò e scambiò un paio di parole con l' amico ma un secondo dopo i suoi occhi cercarono me nell' angolo, abbassai la testa irritata e non l' alzai più per i pochi minuti che restavano alla fine della lezione.
Quando uscii il ragazzo mi raggiunse di nuovo, non ne potevo più e finii per sbuffargli in faccia, lui mi guardò un po' divertito.
Ma certo, ci godeva ad esasperarmi.
Continuai a camminare ma lui tenne il mio passo senza difficoltà.
-Comunque volevo solo dirti che mi chiamo Dylan-, disse.
Come se non l' avessi capito, -Complimenti-, gli feci senza guardarlo.
-Tu ti chiami Sarah, giusto?-, mi chiese.
-Wow sei un genio-, risposi secca.
-Continuerai a rispondermi così per tutto il giorno?-, sembrava divertito, io non lo ero per niente.
-Chi ha parlato di tutto il giorno?-
-Stai cercando di allontanarmi, per caso?-
-Tu che dici?-
La sua voce si abbassò di un tono e si avvicinò al mio orecchio, -Che non stà funzionando-.
Mi bloccai in mezzo al corridoio e qualche studente  si spostò irritato.
-Avevi promesso che mi avresti lasciata in pace, parola di scout, ricordi?-, lui sorrise e sollevò le spalle.
-Sì, è vero ma sai... Non sono mai stato uno scout-
Socchiusi gli occhi e cercai di incenerirlo con lo sguardo ma lui continuava a sorridere, ma non gli veniva mai una paralisi alla faccia?
-Che lezione hai adesso?-, mi chiese dopo un po', sbuffai e guardai il foglio sempre senza capirci niente.
Lui lo guardò da sopra la mia spalla e sorrise ancora, -Guarda un po', abbiamo anche storia in comune, vieni ti faccio vedere dov' è-
Restai a bocca aperta ma era possibile?
Quella giornata andava di male in peggio ed era a malapena all' inizio.

Il professore di storia era molto più simpatico della Samuels, quando entrai mi accolse con un gran sorriso e mi presentò alla classe che era divisa in banchi da due.
Quando mi disse di sedermi assieme a Dylan però persi in un secondo tutta la simpatia che avevo provato per lui.
Guardai il penultimo banco della fila al centro come se fosse infestato di ragni e vidi che Dylan teneva le braccia incrociate e mi guardava con una mano premuta sulla bocca, stava ridendo quel bastardo!
Mi andai a sedere sul bordo della sedia, il più lontano possibile da lui che continuava a sghignazzare.
Quella lezione fù molto ma molto più lunga di quella di lettere.
Non sopportavo le occhiate che continuava a darmi quel ragazzo, dovevo distrarmi da lui ma non riuscivo a concentrarmi sulla lezione così aprii la mia borsa per la prima volta e tirai fuori un quadernino e una matita e iniziai a scarabocchiare il mare che avevo visto quando ero andata sulla spiaggia.
-Sei brava-, sussultai sentendo la voce così vicina al mio orecchio, non mi ero nemmeno accorta che si era avvicinato tanto.
Chiusi bruscamente il quaderno.
-Ma mi lasci in pace?-, gli sibilai contro con tutta la rabbia che potevo.
Lui tornò serio e si allontanò da me, prese una penna e senza dire una parola iniziò a scrivere gli appunti della lezione.
Non mi guardò per il resto dell' ora. Quando arrivò il momento di uscire io mi fermai a far firmare il foglio al prof  e lui uscì dall' aula senza dire una parola.
Finalmente aveva capito di lasciarmi stare.
-Allora, come sta andando il primo giorno?-, chiese il prof. mentre firmava.
-Bene-, eccetto un naso quasi rotto, una mancata rissa, diverse figuracce e uno stolker che non mi aveva lasciata in pace fino a poco prima.
Il signor Roth sorrise, era piuttosto affascinante per avere quasi quarant' anni, capelli castani mossi e lunghi, occhi azzurri e un filo di barba, era molto più giovanile rispetto alla maggior parte degli altri professori.
-Signorina Grant?-, chiamò, una ragazza bassa con i boccoli color mogano si avvicinò sorridendo.
-Ho notato che la sigorina Frey è nel corso di chimica come te, ti dispiace accompagnarla al laboratorio?-, chiese e mi fece l' occhiolino mentre mi restituiva i fogli firmati.
La ragazza sorrise raggiante e mi prese sottobraccio. -Ma certo! Andiamo!-
Mi trascinò fuori dalla classe.
-Io sono Bethany ma puoi chiamarmi Beth, mi chiamano tutti così! Tu invece come ti chiami?-, aveva parlato talmente veloce che avevo capito solo la metà delle parole e faticai un po' a rispondere alla domanda.
-Ehm, Sarah-, dissi.
-Oh, beh, Sarah, benvenuta! Io sarò la tua guida ufficiale in questa gabbia di matti, ti presenterò tutti quelli che contano e in meno di un secondo non sarai più la ragazza nuova, fidati di me.
A proposito di quelli che contano: il ragazzo con cui eri seduta è Dylan Avery. E'-UNO-SCHIANTO!
Giuro, tutte le ragazze della classe ti hanno mandato almeno un centinaio di maledizioni diverse perchè volevano essere al tuo posto.... Oh ma non io, tranquilla. Dylan è mio amico, è molto dolce e gentile, in più è popolare ma lui ancora non sene rende conto, fidati, se diventerai amica sua ti verranno aperte un sacco di porte...
-Non voglio diventare amica sua-, tentai di dire ma lei continuò a parlare, non si riuscivano ad infilare due parole.
-Uh, ti devo assolutamente presentare Linda! Ti piacerà vedrai. In mensa ti siedi con noi, giusto? Almeno avrai già delle amiche, con me al tuo fianco non verrai mai esclusa, tranquilla-
Oddio, avevo mal di testa.
Ma come si spegneva?
Certo, era simpatica e gentile ma proprio non cela facevo più ad ascoltarla, così mi concentrai solo sul pavimento mentre camminavamo e continuai ad annuire finchè arrivammo al laboratorio di chimica, era ancora mezzo vuoto così potemmo sceglierci un tavolo in fondo.
Era incredibile, al posto dei banchi e delle sedie c' erano tavoli con lavandini, fornelli elettrici, provette e liquidi di diversi colori.
Cosa volevano farci fare? Le pozioni magiche?
-Allora, tu da dove vieni? Come mai ti sei trasferita?-, mi resi conto della domanda solo perchè per quasi trenta secondi c' era stato un silenzio assoluto.
Guardai Beth che mi fissava con gli occhi verdi e sembrava tanto un pettirosso.
-Ehm, sono venuta a vivere con mio fratello-, dissi guardando le provette sul tavolo.
-Perchè? I tuoi genitori dove sono?-, chiese ancora lei ed io sentii una fitta allo stomaco, non risposi e continuai a fissare il tavolo.
Ci fu un momento di sconcertato imbarazzo da parte sua.
-Oh. Oh, Dio, scusami, non ne avevo idea... Mi dispiace molto-, sussurrò, era talmente mortificata che alla fine fù lei a fare pena a me, così tentai un sorriso -Tranquilla, non lo sapevi. Non fa niente-.
Non parlò più per il resto del tempo.

La mensa era enorme, una grande sala bianca con un lungo tavolo unico pieno di cibo da una parte e dozzine di piccoli tavoli rotondi e quadrati pieni di studenti dall' altra.
Quando finimmo la fila per il cibo io e Beth ci andammo a sedere ad un tavolo rettangolare al centro della sala, una ragazza bionda era già seduta e quando ci vide arrivare salutò Beth con la mano.
-Sarah, questa è Linda, Linda, Sarah. Si è appena trasferita-, spiegò Beth sedendosi difronte all' amica, io mi misi accanto a lei.
-Ciao!-, mi salutò Linda entusiasta, come se fossimo amiche da sempre.
Era una bella ragazza, la classica Californiana, alta, bionda e abbronzata, con gli occhi azzurri un po' truccati e un sorriso perfetto.
Però non sembrava una di quelle superficiali e piene di sè, così decisi che mi stava simpatica.
Lei mi guardò seria per un momento e si morse il labbro rosa caramella.
-Ehm, scusa se telo chiedo ma... Sei tu quella a cui Dylan Avery ha sbattuto l' armadietto in faccia?-
Non mi arrabbiai, probabilmente ero stata sulla bocca di tutti per tutta la mattina data la mia epica entrata, e la capivo se era curiosa così annuii, -Sì, sono io-, ammisi.
-Coosa? Io non ne sapevo niente! Che è successo? Racconta!-, esclamò Beth ed entrambe mi guardarono in attesa del racconto della mia figura di merda.
Non avevo molta voglia di parlare così diedi solo qualche dettaglio, giusto per farle contente.
Scoprii in fretta che Linda e Beth mi piacevano molto, erano gentili e cercavano di coinvolermi nelle conversazioni.
Quando arrivarono tre ragazzi e si sedettero con noi loro mi presentarono come se fossimo migliori amiche e quando anche Linda mi chiese perchè mi ero trasferita, sentii la gamba di Beth sferrarle un calcio sotto al tavolo ma finsi di non accorgermene e Linda cambiò in fretta argomento.
Dopo il pranzo io avevo un' ora dove non conoscevo nessuno ma Linda e Beth mi mostrarono la classe di algebra.
Le ultime due ore erano geografia e arte e nel laboratorio artistico c' era anche Linda che si mise vicino a me mentre l' insegnante spiegava.

Quando la campana della fine delle lezioni suonò feci un po' di fatica a ritrovare il mio armadietto ma alla fine recuperai il mio casco ed uscii nel parcheggio, Linda e Beth mi salutarono da poco lontano e si diressero ad una macchina, io proseguì e scoprì un nuovo gruppetto di ammiratori intorno alla mia moto.
-Ehi, io dovrei andare a casa!-, gridai, uno si girò e mi guardò male, -E chi telo impedisce?-
-Voi, razza di deficente! Quella è la mia moto!-
Il tipo si mise a ridere, -Sì, certo-, disse e si girò di nuovo.
Cercai di farmi strada tra di loro a spintoni ma quello mi diede una gomitata che mi fece indietraggiare e per poco non caddi a terra, poco prima però sentii qualcuno prendermi da sotto le braccia.
Mi raddrizzai e guardai chi mi aveva afferrato, era Dylan Avery, di nuovo lui!
-Allora volete togliervi? L' avete guardata abbastanza-, disse lui, il ragazzo che mi aveva spinta lo guardò innervosito ma alla fine dopo un po', tutti quanti si tolsero di torno.
Tutti quanti eccetto Dylan.
-Bella moto-, disse.
-Grazie-, sbuffai innervosita dalla sua presenza.
Mi arrotolai i capelli su una mano e li infilai nel cappuccio della felpa.
-Senti, mi dispiace per questa mattina-, si scusò per l' ennesima volta.
-Sì, l' hai già detto-, gli ricordai.
-Beh, è vero-.
Sbuffai e mi appoggiai al manubrio. -Che ti aspetti che faccia?-, gli chiesi.
Lui si infilò le mani nelle tasche dei jeans e si strinse nelle spalle.
-Non lo sò, accetteresti le mie scuse?-, chiese.
Inarcai le soppracciglia, -Sai che non siamo più nell' 800, vero?-
Lui sorrise. Di nuovo quella fossetta, -Voglio solo che mi perdoni-.
-E perchè dovrei?-
-Perchè ti ho appena salvata-
Alzai gli occhi al cielo.
-Per tua informazione, avermi evitato una caduta dopo avermi steso con la porta di un armadietto non lo definirei esattamente un salvataggio-, dissi, mi infilai il casco e salii in sella.
Misi in moto.
-Quindi non mi perdoni?-, chiese lui.
Lo guardai per un secondo anche se lui non poteva vedermi da dietro la visiera scura.
-No-, risposi alla fine e filai via lasciandolo lì con un mezzo sorriso ancora stampato in faccia.
Ma che avrà mai da sorridere sempre?

-Sean?-, gridai appena entrata in casa.
-Garage!-.
Strano, mio fratello in garage? Quando mai?
Attraversai la cucina, uscii nel piccolo giardino sul retro e rientrai nel garage e vidi il sedere di mio fratello sbucare dal cofano di una macchina, aveva una bandana nera che gli spuntava dalla tasca posteriore dei jeans scoloriti, gliela sfilai e la usai per legarmi i capelli, mi tolsi la felpa e la lanciai su un tavolo pieno di attrezzi, poi infilai la testa nel cofano. -Vuoi una mano?-, gli chiesi.
-Che ne sai di macchine?-, mi chiese lui con il viso sporco di grasso.
-Più di quanto pensi-, affermai.
-Sì, certo-.
-Perchè voi maschi siete tutti così?-, sbuffai ripensando al coglione che mi aveva spinta nel parcheggio.
Lui rise. -Mi vai a prendere una birra?-
-Oh, pensi che io sia in grado di farlo? Incredibile-
Sean continuò a ridere ed io andai a prendergli la birra.
-Comunque, Sean, una Nissan, davvero?-, gli dissi quando tornai, guardai la macchina e lui socchiuse gli occhi.
-Adesso è una Nissan ma quando avrò finito con questa bambina, andrà da zero a trecento in otto secondi-
Io lo imitai: -Sì, certo-.
Per il resto del giorno lo aiutai a lavorare sul motore che stava sistemando e lui non ne sembrava sorpreso, in fondo, quello che sapevo melo aveva insegnato lui.
Mi chiese della scuola.
-Mi sono beccata un armadietto in faccia-
-Cosa?-
-Ti giuro, mentre camminavo un coglione ha aperto il suo armadietto e mel' hà stampato dritto sul naso-
Per poco non si strozzò con la birra mentre rideva. -Avrei voluto esserci, primo per farmi due risate e secondo per spaccare la faccia a quello stronzo-
-Sì, non sarebbe stato male!-, dissi ridendo a mia volta e pensando al sorriso storto di "quello stronzo".

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