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Autore: Lux_daisy    19/05/2014    6 recensioni
Dal capitolo 3:
-- Sei fastidioso, feccia. Ti conosco a malapena e già mi verrebbe voglia di massacrarti fino a farti urlare pietà, perciò ti avverto: non continuare a provocarmi --. La sua voce si era ridotta a un sussurro: si insinuò nella pelle di Squalo, strisciando come un serpente e scavò fino a raggiungere la carne e i muscoli e le ossa per poi incidersi nell’anima e mozzargli il respiro. Squalo sgranò gli occhi e per la prima volta in vita sua si accorse di provare paura di fronte a un avversario.
In una prestigiosa Accademia si incrociano le vite di due ragazzi dal passato difficile. Xanxus e Squalo si odiano e si scontrano, si respingono e si attraggono, come le falena di fronte alle fiamme, senza capire quant'è grande il pericolo di bruciarsi.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dino Cavallone, Superbi Squalo, Xanxus
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La fine



 


La testa gli faceva male.
Un fottutissimo male cane.
Questo fu il primo pensiero che riuscì ad elaborare non appena riprese coscienza. Il secondo fu l’immagine confusa di un cellulare che l’aveva ingannato con una stupida riproduzione.
“Merda!”. Si sforzò di riaprire gli occhi nonostante il dolore e in quell’istante capì di essere seduto su una sedia e di avere mani e piedi e legati.
“Ditemi che è uno scherzo…”. Grugnì e si agitò, ma sentì le corde ai polsi stringersi e graffiargli la pelle. Sospirò e lasciò perdere l’attimo prima di notare un’ombra che si avvicinava nella sua direzione.
<< Finalmente ti sei svegliato >>.
“Questa voce! Ditemi che è un maledettissimo scherzo del cazzo!”.

Xanxus non poté evitare di sgranare gli occhi quando la tenue luce bianca illuminò il volto del suo rapitore. Una parte di lui avrebbe voluto mettersi a ridere, ma alla fine rimase semplicemente in silenzio ad osservare Enzo Verelli che lo fissava a sua volta con aria fredda e composta.
Sarebbe sembrato il solito Verelli di sempre se non fosse stato per una strana e inquietante luce negli occhi che al moro non sfuggì. I capelli chiari, di solito perfettamente ordinati, erano arruffati e disordinati, come se non li pettinasse da giorni, le mani erano sporche e tremavano e la bocca era storta in un’espressione di rabbia e fastidio.
<< Per un momento ho pensato di averti colpito troppo forte… >> continuò l’uomo, fermo di fronte a lui.
<< Quindi è stato Lei ad attirarmi qua. Tsk! Ero sicuro che non poteva essere Squalo l’autore del biglietto >> rispose il moro più a se stesso che all’altro.
<< Eppure sei venuto lo stesso >>.
Xanxus sollevò lo sguardo e sorrise. << Volevo scoprire chi era stato tanto coraggioso o stupido da organizzare una trappola per me >>.
<< Nonostante la situazione in cui ti trovi, vedo che non hai perso la faccia tosta. La gentaglia come te è proprio incorreggibile >>.
<< Non mi dica che mi ha legato ad una sedia per farmi la predica >> lo provocò Xanxus con tono annoiato.
L’insegnante fece un passo in avanti. << Certo che no >>.
<< E allora cosa vuole da me? Vuole forse uccidermi? >>.
<< Non sono un assassino. Non voglio farti del male >>.

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, perplesso. Se non voleva vendicarsi, perché cavolo si era scomodato per mettere in piedi una trappola?
<< Voglio che tu capisca la portata dei tuoi errori e che ti penta di quello che hai fatto >>.
Xanxus lo fissò a bocca aperta per lunghi momenti prima di scoppiare a ridergli in faccia. << Ahahahah, mi sta prendendo per il culo?! Non può dire sul serio! >>. Buttò la testa all’indietro e rise ancora più forte.
“Tutto questo è troppo ridicolo! Non riesco a crederci!”.
Verelli provò l’irrefrenabile di colpirlo, invece, lo lasciò continuare e quando quello smise, si chinò fino portare il volto a pochi centimetri dal suo.
<< Ti sembra che io stia scherzando? >>.
Xanxus, di nuovo serio, lo guardò con occhi di fuoco. “Purtroppo no…”. << In effetti la sua faccia è più seria del solito e questo può solo voler dire che Lei è fuori di testa. Mi liberi e la faccia finita >>.
L’uomo ignorò le sue parole. << Lo farò quando ti sarai pentito >>.
<< Pentito? Di cosa dovrei pentirmi? >> sbottò il moro con tono infastidito.
Verelli si rimise dritto e prese a camminare avanti e indietro. << Possibile che tu non capisca?! >> quasi gridò, la faccia d’un tratto stravolta.
“Fantastico! Ha perso la brocca…”.
<< Tu hai ucciso mio figlio! Te ne rendi conto!? Aveva solo quattordici anni ed è morto a causa tua! Sei stato il suo tormento per mesi! L’hai vessato, preso in giro, umiliato e l’hai spinto al suicidio! Gli hai rovinato la vita e hai rovinato anche la mia! Hai distrutto la mia famiglia! Se non fossi mai nato, mio figlio sarebbe ancora vivo! >>.

Xanxus lo fissò in silenzio, mentre nella sua mente ritornavano le immagini del passato. Ricordava ancora Federico Verelli: era solo una matricola lì alla Galilei, quando lui era già al terzo anno di liceo e fin dall’inizio era stato il classico ragazzino timido e spaventato che passa inosservato. Il moro infatti non l’aveva mai degnato di attenzione, anche se aveva saputo che era il figlio di un professore.
Una sera però il ragazzino aveva per sbaglio urtato Xanxus con il vassoio della mensa, sporcandogli i vestiti e da quel momento il moro aveva fatto di tutto per rendergli la vita un inferno. L’aveva preso in giro con cruda cattiveria, godendo nel vederlo sempre più disperato, ma quello che per lui era solo un passatempo per ingannare la noia, si era alla fine trasformato in tragedia.
Esasperato da quella situazione di cui non vedeva una via d’uscita, Federico si era tolto la vita buttandosi dal sesto piano di un palazzo. Aveva lasciato solo un biglietto con scritto “non ce la faccio più… mamma, papà, perdonatemi”.
 
 
 

Quando Squalo raggiunse la rimessa, rallentò il passo e cercò di calmare il respiro. Aveva corso talmente veloce che sentiva i polmoni andare a fuoco e i muscoli delle gambe tremare, ma gli bastò un minuto per recuperare le forze. Si avvicinò piano e in silenzio, facendo attenzione a dove metteva i piedi.
Il capannone aveva due ingressi e Squalo decise di usare la porta sul retro. Si mise in ascolto, ma riuscì solo a cogliere delle voci distanti e confuse.
“Cazzo! Tutto questo è assurdo… sembra di essere in uno stupido film!”. Allungò la mano e abbassò la maniglia. “È aperta!”.
Aprì la porta nel modo meno rumoroso possibile e sbirciò dentro, ma purtroppo per lui degli scaffali in metallo pieni di oggetti vari gli ostruivano la visuale. Spinse l’uscio fino a quando poté infilarsi dentro e si diresse verso l’origine delle voci. Si nascose dietro una delle scaffalature e allungò il collo quanto gli bastava per vedere, finendo per sgranare gli occhi.
Incredulo, per un momento pensò di star avendo un’allucinazione, ma fu costretto ad accettare la realtà.
Legato mani e piedi ad una sedia, Xanxus fissava Verelli che sbraitava in preda alla furia.
<< Come puoi restare indifferente davanti a tutta la sofferenza che crei?! >> stava gridando l’uomo, << non riesci neanche a provare un po’ di senso di colpa?! >>.
<< Le ho già detto che non me ne frega un cazzo né di Lei né di suo figlio, quindi perché non la smette di rompermi le palle?! Ormai è morto e niente lo riporterà in vita: dovrebbe solo accettarlo e mettersi l’anima in pace >> rispondeva il moro con voce irritata.
<< È mio figlio! Non potrò mai accettarlo! Sei solo un ragazzino che non capisce niente. Non puoi sapere cosa si prova a perdere un figlio e a vedere la propria vita che va a pezzi! Ma dovresti almeno essere in grado di pentirti! >>.
 
 
“Ma di che diavolo stanno parlando?”. Squalo si allungò un po’ di più, mentre la confusione e la sorpresa aumentavano a dismisura. Doveva fare qualcosa.
Verelli era chiaramente impazzito: provare a ragionare con lui non sarebbe servito a niente.
“Devo metterlo fuori combattimento… e salvare Xanxus”.
Si guardò attorno alla ricerca di qualunque cosa potesse essergli utile e afferrò una pala, facendo sempre attenzione a rimanere il più silenzioso possibile.
 
 
<< Sinceramente me ne sto sbattendo dei suoi problemi esistenziali: se vuole vendicare suo figlio, lo faccia altrimenti mi liberi e metta fine a questa cazzata >>.
 
Squalo maledisse mentalmente Xanxus e la sua arroganza fuori luogo. “Invece di cercare di calmarlo, continua a provocarlo! Vuole forse farsi uccidere?”.
Stringendo la pala in mano, si allontanò dal suo nascondiglio e ringraziò il Cielo che Verelli gli desse le spalle. Con l’intenzione di colpirlo alla testa e metterlo k.o., si avvicinò lentamente, quasi trattenendo il respiro per paura di farsi scoprire.
 
Era a pochi metri dal suo obiettivo, quando la notifica di un messaggio arrivatogli sul cellulare squillò all’improvviso, rimbombando in tutto il capannone.
Squalo si paralizzò sul posto ed ebbe appena il tempo di imprecare mentalmente che Verelli si voltò, il viso contratto in un’espressione di pura sorpresa.
<< Feccia, che cazzo ci fai qua? >> esclamò Xanxus, fissando il ragazzo ad occhi sgranati.
Squalo fece un passo indietro, la vanga sempre in mano. << Secondo te, idiota di un Boss?! Sono venuto ad aiutarti >>.
<< Bell’aiuto: ti sei fatto fregare dalla suoneria del telefono >>.
L’argenteo gli lanciò un’occhiataccia. << Sta’ zitto! Ho solo dimenticato di mettere il silenzioso! >>.
Verelli guardò prima uno e poi l’altro e tirò fuori una pistola dalla cintola dei pantaloni. << Fate silenzio! >> gridò, puntando l’arma alternativamente ai due ragazzi.
“Cazzo! Una pistola!”. Squalo indietreggiò ancora, la pala davanti al petto come se volesse proteggersi. “Questa non ci voleva! E ora che faccio?”.
<< Professore, La prego, si calmi. Tutto questo non è necessario >> provò a farlo ragionare. Era un uomo armato e fuori di testa: qualsiasi azione avventata sarebbe potuta essere fatale e Squalo sapeva di dover fare attenzione.
<< Non saresti dovuto venire! >> continuò quello, agitando l’arma, << perché vuoi aiutare Xanxus? È solo un mostro e dovresti saperlo anche tu! >>.

Il ragazzo rimase in silenzio, la mente alla ricerca di una soluzione.
<< Come puoi stare al suo fianco!? Come puoi andarci a letto?! >>.
Squalo sbarrò gli occhi. “C-cosa? P-perché lui…?”.
Come se gli avesse letto nel pensiero, fu il moro a rispondere: << Ci ha visti quella volta in biblioteca >>.
Verelli gli puntò la pistola contro. << Chiudi il becco! >>, poi tornò a rivolgersi a Squalo, << lui ha rovinato anche la tua vita, non è vero? Di sicuro ti ha costretto ad avere rapporti con lui. Non lo odi per questo? >>.

In quell’istante Squalo capì che Verelli stava cercando in lui un sostegno al suo odio per Xanxus. Volveva disperatamente non essere l’unico a provare un tale rancore, una tale rabbia, un tale desiderio di vendetta e in parte Squalo lo comprese.
Anche lui aveva provato simili sentimenti nei confronti del moro: accecato dal desiderio di vendicarsi, aveva ferito Dino, aveva distrutto il proprio orgoglio ed era sceso a compromessi con sé stesso pur di ottenere la sua rivalsa.
<< L’ho odiato >> disse con voce ferma, guardando però il Boss, << dalla prima volta che l’ho visto l’ho odiato davvero. Mi sono unito ai Varia solo per scoprire i suoi punti deboli e fargliela pagare >>.
Il moro restituì lo sguardo, comprendendo allora che il sospetto che fin dall’inizio aveva avuto su di lui era sempre stato corretto.
<< Poi però le cose sono cambiate e ho capito di essere stato un idiota >>.
Verelli lo fissò con l’aria di uno che aveva appena visto un morto risorgere dalla tomba e il braccio che impugnava la pistola tremò. << Sei venuto fin qua per aiutarlo, ma pensi che lui farebbe lo stesso per te? Credi che ti aiuterebbe se tu ne avessi bisogno?  A lui non importa niente degli altri e non gli importa neanche di te! È senza cuore e senza pietà >>.

Un sorriso amaro curvò le labbra di Squalo. << Non metto in dubbio che sia un egoista bastardo, arrogante e pieno di sé e quando vuole sa essere un crudele pezzo di merda, ma… >>, “io lo amo comunque”, << … quello che sta facendo Lei è sbagliato, quindi La prego, metta giù la pistola >>.
Colpito dalle sue parole, l’uomo abbassò la guardia per un momento: lo sguardo puntò a terra e l’intero corpo tremò.
Approfittando di quell’attimo di distrazione, Squalo, che mentre parlava si era avvicinato di alcuni passi, scattò in avanti, brandendo la pala come fosse una spada.
Se avesse dovuto essere sincero con se stesso, non si aspettava una reazione da parte del professore ed era sicuro di poter avere la meglio senza problemi, ma a volte il destino si diverte a farsi beffe delle nostre certezze.

Successe tutto in pochi concitati istanti.
Squalo gli fu quasi addosso, l’arma improvvisata pronta a colpire, ma Verelli se ne accorse appena in tempo. Provò ad usare la pistola e sparò, ma il ragazzo riuscì a deviargli il braccio armato con la pala e il colpo che partì si infranse alle sue spalle, vicino ad uno dei grossi bidoni contenente pesticida infiammabile. L’onda d’urto fece tremare l’alto scaffale e il fusto, che si trovava in una posizione instabile, cadde  e si rovesciò, spargendo il prodotto per terra.
Squalo, distratto dal rumore assordante provocato dalla caduta, si voltò per una frazione di secondo che fu però sufficiente a Verelli per strappargli la pala di mano e colpirlo a sua volta. L’impatto lo mandò a sbattere contro la scaffalatura più vicina: si ritrovò a terra con la testa dolorante, mentre diversi oggetti gli caddero addosso e quando l’insegnante gli fu di fronte, fece appena in tempo a bloccare un altro colpo della pala, fermandola con entrambe le mani.
Non si accorse che intanto il cellulare gli era scivolato fuori dalla tasca del jeans e che era finito dall’altro lato della scaffalatura.

Approfittando del fatto che l’uomo sembrava essersi dimenticato di avere un’arma da fuoco, Squalo provò a rialzarsi in piedi per cercare di recuperare un po’ di vantaggio, sempre respingendo l’attacco di Verelli, ma proprio allora questi lasciò andare la pala con un mano e afferrò la pistola. La puntò contro il ragazzo, intimandogli di fermarsi, ma l’argenteo fu abbastanza rapido da scattare di lato e ripararsi dietro lo scaffale in metallo.
Non si sarebbe però mai aspettato che il professore, aiutandosi con la pala, spingesse la struttura verso di lui e quando capì che gli stava per cadere addosso, si allontanò rapido, ma forse per un errore di calcolo e tempismo o forse per il fato avverso, non riuscì ad evitarla del tutto e nell’impatto sentì il dolore esplodergli dappertutto.
Il frastuono della scaffalatura che si schiantava a terra risuonò per tutta la rimessa e dopo lunghi secondi di silenzio si levò un grido.
Xanxus sgranò gli occhi e sentì l’intero suo corpo irrigidirsi. “Che cazzo è successo?”.
Non appena Squalo aveva superato lo shock dell’urto, una fitta lancinante gli era esplosa nella mano sinistra e lui non aveva potuto trattenere un urlo di dolore.

Aprì gli occhi e li sbarrò, incredulo, di fronte alla vista del suo palmo infilzato da un pezzo di metallo, a sua volta intrappolato sotto la scaffalatura.
Il cuore accelerò i battiti e il respiro gli si fece ansante, mentre il sangue colava dalla ferita che gli mandava continue e terribili scosse lungo tutto il braccio fino al cervello.
Si ritrovò così seduto scompostamente sul pavimento con una mano ferita, dolorante e bloccata dalle sbarre dello scaffale che si erano perfettamente incastrate con l’attrezzo appuntito che gli aveva trapassato il palmo sinistro.
Per interminabili momenti sentì la mente invasa solo da shock e dolore; iniziò a tremare e gli occhi gli si fecero lucidi, mentre la mano destra stringeva con forza l’altro polso.
Non sollevò neanche lo sguardo verso Verelli che, vicino a lui, lo fissava con un’espressione di sorpresa mista a paura.
 
 
Mentre i suoi occhi osservavano quella scena, il senso d’impotenza di Xanxus si trasformò in una furia cieca e selvaggia.
Non avrebbe mai creduto che la situazione sarebbe potuta degenerare così tanto e anche se incredulo, decise che era ora di farla finita.
Si sollevò con tutta la sedia e si lanciò contro Verelli. Si voltò l’attimo prima di finirgli addosso e nello schianto la sedia si distrusse, consentendogli così di liberare mani e piedi.
Si ritrovarono a terra, l’uno sull’altro e il moro cercò subito di mettere l’altro fuori combattimento.
Non si accorse neanche della mano del professore che stringeva la pistola e nella confusione della colluttazione partirono due colpi.
 
Il tempo rallentò.
O almeno fu questa l’impressione di Squalo mentre, ancora bloccato e confuso, fissava attonito la scena a pochissimi metri da lui.
Il suono degli spari gli sembrò il più terribile mai udito, più doloroso persino della ferita alla mano.
Se tutto quello che era successo prima era stato rapido e concitato, quello che venne dopo sembrò lento e irreale come un sogno. O meglio, un incubo.
 
 
Il dolore dei proiettili arrivò solo dopo lunghi istanti di immobilità assoluta. Xanxus sgranò gli occhi e poté rispecchiarsi in quelli verde slavato di Verelli che a sua volta si irrigidì completamente.
“Cosa… ho… fatto…!”.
Vide il ragazzo sopra di lui aprire la bocca, ma invece delle parole fu il sangue a fuoriuscire e a gocciolargli addosso.
 
 
<< Xanxus… >>. Paralizzato anche nei pensieri, Squalo percepì lo shock bloccargli la voce e ciò che gli uscì dalla gola fu solo un sussurro.
 
Solo quando Verelli realizzò cosa fosse davvero successo, perse del tutto la ragione e andò nel panico assoluto. Spinse il moro per toglierselo di dosso e scattò in piedi, il respiro affannoso e il cuore che gli ringhiava nel petto.
Finito disteso per terra, Xanxus trovò la forza per girarsi e mettersi in posizione supina. Sbatté le palpebre per rischiarare la vista che gli si era appannata e dopo aver portato una mano al petto, la sollevò e la guardò: era rossa.
Imbrattata di sangue.
Il suo sangue.
Prese un respiro, ma una fitta lancinante al petto gli mozzò il fiato e sentì altro sangue colargli sul mento.
 
<< Xanxus! >>. Un grido risuonò d’un tratto nel capannone, mentre Squalo fissava il moro ad occhi sbarrati, l’incredulità e il dolore che minacciavano si sopraffarlo.
 
Gli  occhi iniettati di follia e paura, Verelli alternò lo sguardo tra i due ragazzi.
“Che ho fatto?!
Che ho fatto?!
CHE HO FATTO?!”.
Un terrore agghiacciante lo travolse come un tsunami. Non riusciva a capire, a pensare, a respirare. L’intero corpo gli faceva male, mentre il panico e l’istinto di sopravvivenza cercavano di far ripartire il suo cervello.
“Io n-non volevo… tu-tutto questo…è stato un incidente!”.
 
Chi vuoi che ti crederà? Nessuna giuria ti salverà dalla prigione. Hai ucciso il figlio del Boss più potente d’Italia: la tua fine è segnata.
 
<< N-no! No! Io non volevo! >> gridò in preda all’angoscia, le lacrime che gli bagnavano le guance.
 
Nonostante il dolore e lo shock, Squalo provò a liberarsi, ma la mano era talmente incastrata che non riusciva a muoverla di un centimetro e gli faceva così tanto male che pensò avrebbe sofferto di meno se gliel’avessero amputata.
<< Professore, faccia qualcosa! >> gli urlò, consapevole che era l’unico a poterli ancora aiutare.
Pistola stretta in una mano che tremava, l’insegnate lo fissò con occhi da folle disperato e nell’incrociare il suo sguardo, Squalo sentì quell’unica flebile speranza di prima andare in frantumi.
Verelli non li avrebbe salvati.
 
<< I-io… n-non… mi dispiace >>.
Squalo lesse sincero dolore sul suo volto, ma desiderò ucciderlo. << Per favore! Ci aiuti! >> provò ancora, ma l’uomo scosse la testa.
Aveva toccato il fondo e perso ogni traccia di lucidità mentale. Purtroppo però non ne aveva persa abbastanza da non capire che avrebbe dovuto sbarazzarsi delle prove di quello che aveva fatto.
Dopo aver sparso rapidamente per terra pesticidi e diserbanti, tirò fuori un accendino dalla tasca e diede loro fuoco.
<< No! Non lo faccia! >>. Squalo vide le fiamme prendere corpo e iniziare a diffondersi. “Vuole bruciare tutto!”.
<< Mi dispiace >>, fu tutto ciò che disse con voce tremante prima di correre via dalla rimessa e lasciare i due ragazzi al loro destino.
 

<< Merda! >>. Se solo avesse potuto raggiungere il cellulare che gli era caduto dalla tasca!
Si guardò attorno e quando si voltò verso Xanxus, la paura e il dolore lo colpirono di nuovo. Gli occhi si fecero di nuovo lucidi e quando parlò la sua voce fu un grido disperato.
<< Xanxus! Xanxus, mi senti?! >>.
Lo vide muovere una mano, ma non serviva essere un medico per capire che era in fin di vita. Sotto di lui si era allargata una pozza di sangue e tutto ciò che l’argenteo riuscì a fare fu fissarlo con un devastante senso di rabbia e impotenza.
 
<< Non puoi morire, mi hai capito! Tu sei il Boss: sei il più forte! Non puoi farti ammazzare così! >>, la voce gli si incrinò e tutto il corpo fu scosso dai singhiozzi, << non puoi lasciarmi! Io… io ti amo così tanto che ti odio! Sei un bastardo e ti odio, ma sei tutto ciò che ho! >>.
 
Non sapeva neanche più cosa stava dicendo. Non avrebbe dovuto stare là a perdere tempo: il fuoco si era già diffuso e molto presto avrebbe raggiunto anche loro, bruciando i loro corpi insieme a tutta la rimessa.
Avevano sì e no una decina di minuti. Forse meno.
Di sicuro qualcuno si era già accorto dell’incendio, ma avrebbero fatto in tempo?
 
<< Merda. Merda. Merda! >>.
Non sapeva cosa fare. Il dolore alla mano gli aveva tolto le forze e la paura di perdere presto i sensi diventava più tangibile ad ogni istante.
Sentì un rantolo provenire da Xanxus e l’angoscia gli attanagliò il petto. << Resisti! Devi resistere, Boss! Ti salverò, mi ha capito?! Non ti lascerò morire! >>.
Doveva sbrigarsi o sarebbero morti entrambi. Le possibilità che qualcuno li salvasse prima che le fiamme li bruciassero del tutto erano troppo basse per aspettare.
Stare fermi là e sperare non era più un’opzione.

Cercando di controllare la paura e il dolore, Squalo si guardò attorno, alla ricerca di qualcosa per liberarsi. Quando gli occhi si posarono su una roncola lì vicino, imprecò mentalmente.
Allungò il braccio libero e l’afferrò, rigirandosela nella mano. La roncola era un semplice strumento da giardinaggio composto da un’impugnatura e una lama ricurva: praticamente una falce in miniatura.
“L’unica soluzione…è tagliarmi la mano?”. Deglutì a vuoto un paio di volte, mentre nella sua mente si susseguirono flash e immagini di arti amputati.
Il rumore del fuoco che divorava ogni cosa lo riscosse dal suo stato d’intontimento e lo costrinse a prendere la decisione più drastica della sua vita.
Ancora pochi minuti e non ci sarebbe stato più scampo.
Sacrificare una mano per cercare di salvare due vite: in quella situazione disperata gli sembrò un prezzo giusto da pagare, anche se il rischio era decisamente altissimo.
Ma l’altra opzione era morire in mezzo alla fiamme, perciò afferrò il bordo della maglietta tra i denti, prese alcuni respiri veloci e profondi e mentre la lama calava sul suo polso sinistro, strinse gli occhi.
 
 
Nella rimessa risuonò un grido lancinante che spinse Xanxus a farsi forza e riaprire gli occhi. Mise a fuoco il soffitto spoglio, ma il resto del suo corpo non rispondeva più ai suoi comandi. Le forze l’avevano ormai abbandonato e ogni respiro gli costava una terribile fitta di dolore.
Sapeva che stava per morire.
Non era così ingenuo da non capire che due proiettili in petto non gli avrebbero lasciato alcuna speranza e avrebbe riso di ciò, se ne fosse stato in grado.
Una parte di lui, quella con un residuo di lucidità e consapevolezza, stava ancora cercando di elaborare l’assurdità della situazione: era stato ucciso da un suo professore che lo odiava, solo perché non si era scusato per aver spinto il figlio al suicidio.
Si disse che c’erano modi più stupidi di morire, ma in quel momento non gliene veniva in mente nessuno.
Alla fine poi si era davvero pentito per ciò che aveva fatto al figlio di Verelli, ma era stato troppo orgoglioso per ammetterlo. Sarebbe bastato chiedere scusa e forse tutto quello non sarebbe successo. Era proprio vero che si capiva la cosa giusta da fare quando ormai era troppo tardi.
Quella era forse la sua punizione?
Il karma, il destino o qualche Essere Superiore gli stava infliggendo una pena per i suoi peccati?

Se così era, allora l’universo aveva proprio un senso dell’umorismo del cazzo.
Avrebbe voluto provare rabbia, perché si era fatto fregare da uno come Verelli.
Avrebbe voluto provare odio, perché quel bastardo gli stava togliendo la vita che lui aveva sempre difeso con le unghie e con i denti.
Invece tutto ciò che riuscì a provare fu un senso di paura e delusione.
Quando pensò di essere ormai prossimo alla morte, nella sua mente comparve il volto di Squalo atteggiato in quell’espressione di sfida e superbia che aveva avuto la prima volta che si erano incontrati.
Gli sembrò di ricordare delle parole che aveva sentito poco prima.
Io… io ti amo così tanto che ti odio! Sei un bastardo e ti odio, ma sei tutto ciò che ho.
Squalo lo amava… l’aveva forse sognato? Era stata un’allucinazione?
Perché mai avrebbe dovuto amarlo? Dopo il modo in cui l’aveva sempre trattato, non era possibile che Squalo si fosse innamorato di lui.
“Merda… ora che sto per morire, sono diventato una patetica femminuccia…”. Dentro di sé sorrise, consapevole che ormai non importava più.

Davanti ai suoi occhi passarono rapidi e confusi i ricordi degli ultimi mesi con Squalo: la sfida, la rabbia, l’esaltazione, il sesso, gli scontri, il piacere, il cuore che ringhiava nel petto, la confusione, la gelosia, l’ultima violenta sera che avevano trascorso insieme.
Ecco, se proprio avesse dovuto trovare un rimpianto, sarebbe stato quello.
Eppure, nonostante l’avesse preso con la forza, Squalo era venuto a cercarlo e aveva messo a rischio la sua vita per lui.
Gli aveva detto che l’avrebbe salvato, ma non c’era più tempo e Xanxus lo sentiva. Ma sapeva anche che la feccia ci avrebbe provato lo stesso, che non si sarebbe arreso: quando ci si metteva, sapeva essere più testardo di lui.
Dentro si sé, sorrise di nuovo.

Non sarebbe stato male averlo per sempre al suo fianco…
Già… non sarebbe stata affatto brutta una vita insieme…
 
 
 
 
Stava morendo. Un dolore così violento e assoluto non l’avrebbe certo lasciato in vita.
Questo pensò Squalo nei secondi che seguirono l’amputazione della mano.
L’aveva fatto! L’aveva fatto davvero! Era riuscito a tagliarsela via e adesso era libero.

Ma forti conati di vomito lo investirono in pieno, mentre cercava di rimettersi in piedi. Gli occhi erano pieni di lacrime, la gola gli doleva a causa del fumo e dell’urlo che non aveva potuto evitare e non avrebbe neanche saputo a spiegare a parole quanto male sentiva in quel momento.
Temette sul serio di svenire, ma l’orgoglio, la forza di volontà e l’istinto di sopravvivenza glielo impedirono.
Respirando come meglio poteva in quelle condizioni, si fasciò il moncone alla bell’e meglio per cercare di tamponare in qualche modo l’emorragia e si avvicinò a Xanxus, il cui respiro era diventato troppo flebile.
Il fuoco aveva ormai divorato gran parte della rimessa: il calore era insopportabile, così come il fumo e le puzze provenienti dai prodotti chimici in fiamme.
Dovevano uscire da lì al più presto.

Si abbassò accanto al moro e con tutte le forze e la disperazione che gli erano rimaste afferrò l’altro per un braccio e prese a tirarlo verso l’uscita.
Nello stato in cui era, con un solo braccio a disposizione e considerando che il Boss era più alto e muscoloso di lui, Squalo non sarebbe mai riuscito a rimetterlo in piedi, quindi fece l’unica cosa che poteva.
Lo trascinò via, grugnendo e sbuffando, mentre sentiva il proprio corpo implorare pietà. Non c’era una singola cellula in lui che non stesse gridando di dolore, ma ciononostante Squalo proseguì.
Verso l’uscita.
Verso la salvezza.
 

Quando superò la porta, non si fermò. “D-devo continuare… devo a-allontanarmi… dal fuoco…”.
Andò avanti, trascinando dietro Xanxus, il cui corpo gli sembrò pesare centinaia di tonnellate. Appena ebbe la forza di voltare leggermente la testa e di assicurarsi che erano fuori pericolo, si lasciò cadere sull’erba, senza più energie.
In quell’istante sentì la voce del moro. Fu un sussurro, ma dato che i loro volti erano quasi attaccati, riuscì a distinguere le parole.
<< … mi d-dispiace, feccia… >>.
Incapace di rispondere, Squalo gli prese la mano, ma la sua stretta non fu ricambiata.
 
L’ultima cosa che udì prima di perdere i sensi fu il suono di grida, voci concitate e molti passi in avvicinamento e forse anche una sirena.









...oddio! Ho fatto morire il mio pg preferito!! TWT TWT cosa ho fatto?!! sono una persona crudele! X) ok, scherzi a parte (un po' mi sento in colpa però...) questo è il penultimo capitolo della storia e beh, ecco... come sempre, avrei tante cose da dire a riguardo, ma non voglio annoiarvi troppo >.< vi dico solo che all'inizio avevo previsto un lieto fine, ma poi, dopo diverse riflessioni e un'illuminazione, ho deciso per questo finale... e spero che non ci siate rimasti male! u.u insomma, è stato un po' un casino scrivere qst cap e non so quanto sono soddisfatta del risultato... ma questo è e questo rimane! X) spero che vi sia piaciuto e vi invito come sempre a lasciarmi un commento <3 insomma, Xanxus è morto, gente! penso che si meriti 2 paroline :3 quindi, non deludetemi ^^
mi scuso se non ho risposto alle recensioni dello scorso cap, ma essendo troppo vicina alle sessione d'esami, non ho proprio avuto il tempo... gomenasai *si inchina*
un bacione a tutti e alla prossima!

 
  
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