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Autore: PostBlue    20/05/2014    3 recensioni
E poi. Quello che Brian non ha previsto è la curva del collo di Matt. Un collo lunghissimo e sottile. Una pelle bianca quasi come la sua. Tre piccoli nei sulla parte destra, esattamente a metà strada tra le ultime ciocche blu e le spalle ossute che si intuiscono sotto la maglietta troppo grande.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passive Aggressive
 
Every time I rise
I see you falling
Can you find me space

Inside your bleeding heart
 
Londra – Gennaio 2001
 
Ci sono persone geneticamente programmate per tramutare in merda tutto quello che toccano. Brian Molko è senza dubbio una di loro.
O almeno così la pensa Matthew Bellamy mentre, con gesti stizziti, cerca il suo rasoio in mezzo al caos di matite per occhi, ombretti e altri non meglio identificati prodotti di make-up con cui Brian gli ha invaso il bagno.
- Testa di cazzo - borbotta a denti stretti sbattendo malamente in un angolo una palette di varie sfumature di grigio ormai quasi alla fine. Rimane a fissarla senza vederla. 
- Stronza puttana egocentrica - con tono piatto. Come se sull'ombretto ci fosse scritto quello invece di Mac.
Trova il rasoio ma le mani gli tremano talmente che rinuncia quasi subito all'idea di radersi. Si fissa nello specchio e quello che vede lo fa sentire se possibile ancora peggio. L'ematoma sotto l'occhio si è allargato e di questo passo gli occhiali da sole non basteranno a nasconderlo. Sempre che non usi quelli più grandi di Brian. Occhiali da donna, ovviamente. Occhiali da 
puttana
diva.
Come gli aveva detto scherzando la prima sera. Qualche mese prima. Qualche millennio prima.
 
 
Bizarre Festival – 18 Agosto 2000
 
- E chi cazzo sarebbero i Muse? 
La domanda risuona fastidiosamente alta nonostante il livello di casino del locale ma Brian è già ben oltre quella fase in cui ci si preoccupa ancora del proprio tono di voce. Registra vagamente la reazione del tizio che gli sta di fronte e, per quanto ubriaco, vi legge un misto di imbarazzo e risentimento ma non per questo accenna a cambiare il suo atteggiamento. 
Ovviamente sa chi sono i Muse, sa che hanno suonato due gruppi prima di loro, sa che quella specie di topo dai capelli blu si chiama Matthew Bellamy e sa che sono quasi due ore che lo sta fissando cercando di inventarsi una scusa per andargli a parlare.
La scusa evidentemente non l'ha trovata visto che si è limitato a oscillargli davanti protendendo una zampa lunghissima e biascicando qualcosa che suonava come
- 'aosonoMattdeiMiuzz
ma evidentemente ha trovato abbastanza roba da bere per fottersene.
Lui, dal canto suo, ha fissato quella mano senza ricambiare la stretta e si è limitato a scandire la sua domanda.
Matt gli risponde in modo comicamente serio e lui si limita a scrutarlo senza dire niente. Si accende una sigaretta. Accavalla le gambe con studiata lentezza.
- E quindi?
Il locale è piuttosto buio ma nota ugualmente il rossore sulle guance dell'altro che comincia a muoversi spostando il peso da un piede all'altro, palesemente in imbarazzo.
Brian storce la bocca in una specie di sogghigno mentre continua a studiarlo come un professore stronzo che si diverta a torturare un allievo non particolarmente sveglio.
- Ti va di bere qualcosa?
- Se me lo offri...
Il sorriso che si allarga sul volto di Matt è talmente spontaneo che Brian per un momento rischia quasi di ricambiarlo.
 
 
Londra – Gennaio 2001
 
Il trillo sgraziato del citofono lo riporta a terra.
Si precipita alla porta, apre senza nemmeno chiedere chi è e si dirige verso la cucina.
Passi per le scale. La porta dell'ingresso che viene socchiusa.
- Certo che hai una gran faccia da culo a ripresentarti qui adesso...
- E perché scusa?
La voce di Dom suona sinceramente sorpresa, almeno quanto la faccia di Matt quando si affaccia nell'ingresso e si trova a fissare il suo batterista.
- Scusa, pensavo...
- Ma che cazzo hai fatto all'occhio?!
Matt istintivamente si volta e torna in cucina.
- Niente, ho sbattuto.
Dom chiude la porta e lo segue. Si appoggia allo stipite della porta della cucina e lo osserva mentre armeggia maldestramente con la macchina del caffè.
- Matt?
- Dimmi. Come mai sei qui?
- Mmmm...forse perché sono le 2.30 del pomeriggio di martedì...?
- E quin...oh, cazzo, è vero!
Matt si ferma e crolla su una sedia.
- Scusa. Mi sono completamente dimenticato.
- Fa niente. - replica Dom con un'alzata di spalle. - Capita quando sei impegnato a prenderle.
Matt lo guarda interrogativo.
- Bells, so ancora riconoscere un occhio nero per un cazzotto. Ma si può sapere chi è l'autore?
Matt si guarda intorno nervosamente, come se la risposta potesse essere appiccicata da qualche parte, e, nella luce del sole che entra dalla finestra della cucina, Dom nota che il colore del livido si intona curiosamente con il blu dei capelli ormai scolorito e tendente al verdognolo.
- Ma niente. Ho avuto una discussione. Niente di importante.
- Abbastanza importante da arrivare alle mani a quanto sembra. Con chi?
Silenzio.
Matt si alza e si sposta in soggiorno.
- Nessuno.
Silenzio.
- Non dirmelo.
- Cosa?
- Non dirmi che è ancora lui.
- Non so di cosa parli.
- Cazzate, Matt, lo sai perfettamente.
- Non so un...
- Vaffanculo, piantala. Mi avevi detto che era finita.
- Infatti è finita...
Peccato che la voce gli ceda fastidiosamente sull'ultima sillaba.
Dom lo raggiunge e si siede sul tavolino di fronte alla poltrona dove l'altro è sprofondato.
Matt si tiene la testa tra le mani. Il volto nascosto. Le spalle curve, schiacciate da un peso invisibile.
Dom gli afferra i polsi e gli scosta le mani ma ci va un po' prima che l'altro alzi gli occhi su di lui. Occhi asimmetrici, a causa del gonfiore del sinistro. Occhi imploranti. Occhi lucidi.
- Io non ci posso credere...
- Dom, senti, lo so...
- No, Matt, davvero. Io non ci posso credere che sei riuscito a fartele dare da Brian. Cazzo, è un microbo!
Matt lo fissa in silenzio, non sapendo bene come replicare. In effetti, questo lato della situazione non lo aveva ancora considerato e, in un certo senso, ha anche del comico.
- Spero almeno che tu gli abbia reso quel che si meritava... - ma Dom non ha bisogno che l'altro gli risponda per sapere che ovviamente non è andata così.
Matt alza su di lui uno sguardo di scusa.
- Non potevo fargli male...lui non l'ha fatto apposta...cioè...lui non era...
- Sì, certo, lui non era in sé, lui era ubriaco, lui era strafatto, e povero Brian non è colpa sua. Matt, lo so a memoria questo ritornello. Adesso potresti anche aggiungere che non si picchia una donna e il repertorio di stronzate è completo.
- Smettila, per favore.
Dom sospira. Di tutte le storie sbagliate in cui Matt si è cacciato, questa decisamente le batte tutte. 
 
 
Bizarre Festival – 18 Agosto 2000
 
Matt non sa bene come sono finiti lì. 
Sa che il locale ha cominciato a svuotarsi intorno a loro. 
Sa che a un certo punto Dom e Chris lo hanno salutato e se ne sono andati. 
Sa che uno spilungone che poi ha realizzato essere il bassista dei Placebo è passato da Brian e gli ha sussurrato qualcosa nell'orecchio a cui Brian ha risposto con una risata improbabile. 
Sa che Brian, dopo la prima mezz'ora e un paio di cocktail aggiunti a quello che aveva già bevuto prima del suo arrivo, ha in qualche modo abbassato la guardia. Ha smesso di guardarlo con diffidenza, di cercare di metterlo in imbarazzo a tutti i costi e ha cominciato a parlare davvero con lui. 
Sa che stanno parlando da ore. 
Sa che, da quando lo ha sentito cantare, non è più riuscito a smettere di fissarlo e sa che Brian se n'è accorto quasi subito. Se n'è accorto già sul palco, quando senza preavviso si è voltato appena verso di lui, gli ha strizzato l'occhio e lo ha salutato. Solo per fargli sapere che si era accorto di avere i suoi occhi piantati addosso. 
Sa che Brian, una volta messi da parte gli atteggiamenti da stronza seduttrice, è enormemente più pericoloso di quanto pensasse. 
Sa che si sta cacciando in un casino di proporzioni cosmiche e sa anche che non può più fare niente per evitarlo. Perché è ufficialmente sbronzo fradicio - e questa è sempre una scusa comoda da avere a portata di mano - ma soprattutto perché gli occhi di Brian non si staccano più dai suoi e la sua voce è un suono sottile che si insinua dentro e oltre qualunque cosa riesca a pensare.
Sa che Brian si è alzato e lo sta prendendo per mano.
 
Brian non lo ha previsto. 
Quando accetta di bere qualcosa con quel tizio dai capelli blu è praticamente certo di quello che accadrà. Scroccherà da bere. Giocherà con quel ragazzino palesemente infatuato finché il suo ego non sarà sufficientemente gratificato e poi tornerà a farsi i cazzi suoi. Non si aspetta niente di più dei soliti noiosi tentativi di conversazione a sfondo musicale e dei consueti goffi approcci più o meno a sfondo sessuale. Non sa neanche bene perché ci stia perdendo tempo, ma tanto sono bloccati in quel cazzo di festival fino a domani e non c'è poi molto altro da fare.
Quello che Brian non ha previsto è l'assoluta impermeabilità di Matt a tutti i suoi tentativi di metterlo a disagio. La noncuranza con cui reagisce alle sue frecciate velenose. La leggerezza con cui lascia cadere le sue provocazioni. La naturalezza con cui pare non accorgersi di tutto questo.
Quello che Brian non ha previsto è l’originalità di quello che dice Matt. Il suo modo sconnesso di affastellare pensieri, osservazioni, riflessioni e l’insospettabile genialità di alcuni di essi.
Quello che Brian non ha previsto è la totale mancanza di filtri di Matt. Nelle sue parole ma soprattutto nelle sue reazioni. Spontanee. Emotive. Quasi infantili. Disarmanti.
E poi. Quello che Brian non ha previsto è la curva del collo di Matt. Un collo lunghissimo e sottile. Una pelle bianca quasi come la sua. Tre piccoli nei sulla parte destra, esattamente a metà strada tra le ultime ciocche blu e le spalle ossute che si intuiscono sotto la maglietta troppo grande.
 
 
Londra – Gennaio 2001
 
- Brian…
- -------
- Brian, svegliati….
- -------
- Brian sono quasi le tre del pomeriggio…
- -------
- BRIAN, PORCA TROIA!!
Dal groviglio di lenzuola emerge un analogo groviglio di capelli nerissimi. Poi due occhi ancora truccati e ridotti ad un disastro di macchie nere e grigie che si aprono appena. Poi una mano che si alza a schermare gli occhi dalla luce troppo forte che entra dalle finestre.
- Stef, si può sapere…
- Oh cazzo!
- Cosa c’è adesso?
- Cosa ti sei fatto alla mano?
- Quale mano?
- L’unica che hai fuori dalle coperte e che è gonfia come una zucca…
Brian nasconde precipitosamente la mano sotto il cuscino ma questo gli provoca una fitta di dolore che lo sveglia molto più delle imprecazioni di Stef. Non del tutto, ma comunque abbastanza per rendersi conto che la testa gli gira ancora e che probabilmente la prima cosa che farà quando si tirerà su sarà correre in bagno a vomitare. La seconda sarà ascoltare il cazziatone di Stef. Poi si scuserà. E poi dovrà inventarsi qualcosa per giustificare quella mano.
 
- Non penserai seriamente di farmi mangiare quella roba...?
Brian si trascina al tavolo della cucina e si accende una sigaretta scostando il piatto di uova strapazzate e pomodori che Stef gli ha preparato.
- Non penserai seriamente che io me ne vada senza averti visto mangiare qualcosa.
Brian gli sbuffa una nuvola di fumo in faccia e lo guarda con quella che vorrebbe essere un'espressione di sfida ma che risulta quanto mai comica dal momento che si è appena fatto una doccia, ha i capelli bagnati e appiccicati al viso ed è infagottato in un accappatoio di tre taglie più grande di lui, con risultato di sembrare minaccioso quanto un gattino rimasto sotto un temporale. 
- E non mi fare quegli occhi. Mangia.
- Stef...
- Stef il cazzo. Dammi quella roba e mangia - dice sfilandogli la sigaretta dalle dita. 
Brian rimane immobile.
- Brian, davvero. Non so neanche più quand'è l'ultima volta che ti ho visto ingurgitare qualcosa che non fosse liquido o alcoolico...
- Ieri sera ho mangiato...
- E hai vomitato come al solito. Credi che non mi accorga di quando sparisci in bagno?
- Chi ti dice che non lo faccia anche adesso?
- Il fatto che ho intenzione di rimanere qui un numero di ore sufficiente ad assicurarmi che tu non lo possa più fare. Brian, tesoro, non prendermi per un coglione, mh?
 
- Allora?
- Allora cosa? Ho mangiato, no? - scatta Brian sulla difensiva. Una sigaretta già all'angolo della bocca, i capelli ormai quasi asciutti.
- Ho visto, bravo. Vuoi un bacio di premio?
- Fottiti.
- Sai perfettamente cosa ti sto chiedendo.
- No.
- -----
- E comunque non sono cazzi tuoi.
- Certo che no. Perché immagino che con la mano ridotta così tu riesca anche a suonare vero?
- Non ci ho ancora provato ma sì, certo che riesco a suonare. E comunque si sta già sgonfiando.
- Vedo.
Brian raccoglie le ginocchia al petto e rimane accoccolato sulla sedia, nella luce del pomeriggio inoltrato. Avverte i primi crampi allo stomaco e sa che tra poco avrà voglia di vomitare ma la cosa non lo preoccupa più di tanto. Guarda la mano che regge la sigaretta e vede la chiazza bluastra che si allarga intono alle nocche. Gli fa male anche tenerla ferma ma riesce a muoverla normalmente e non crede che ci sia niente di rotto. Molti ricordi della sera prima sono già sbiaditi in quella nebbia alcoolica che rappresenta ormai il novanta percento della sua vita ma ricorda perfettamente quel momento. Le immagini sono vivide e brillanti nella sua mente come altrettante fotografie. Ricorda la rabbia. Ricorda che non voleva colpirlo. L'idea non lo aveva neanche sfiorato. Però ricorda la rabbia. E la sensazione di dover fare qualcosa per farlo smettere. Per zittire quella voce. Ricorda le urla. Le sue? Quelle di Matt? Entrambe. Mescolate in una confusione delirante. Ricorda che stavano litigando e ricorda che, come sempre, era colpa sua. Sua e soltanto sua. E ricorda che questo particolare non faceva altro che peggiorare la sua rabbia.
Ricorda il gesto impulsivo. Lo scatto. Lo scricchiolio delle ossa nella sua mano e il riverbero dell'impatto lungo i tendini, fino al gomito.
Ricorda Matt piegato. Il suo urlo di dolore ma più che altro di sorpresa.
E soprattutto ricorda la sua espressione quando ha rialzato il suo mezzo sguardo su di lui. Quell'unico occhio azzurro colmo di lacrime.
- Ho litigato con Matt.
- Era quello che temevo.
- E hai pensato che quello che gli fai passare normalmente non sia abbastanza, così hai deciso di mollargli anche un pugno.
Brian sgrana gli occhi con un risentimento che potrebbe sembrare perfino autentico (e forse, in certa misura, lo è davvero).
- Perché non mi chiedi invece che cosa mi ha fatto lui per costringermi a difendermi?
- Perché so perfettamente che lui non alzerebbe mai un dito contro di te.
- Il che non significa che non possa farmi male - sussurra Brian più che altro a se stesso.
 
 
Bizarre Festival - Agosto 2000
 
La hall dell'albergo è deserta a quell'ora, fatta eccezione per il tizio della reception che riserva loro uno sguardo svogliato prima di tornare a concentrarsi su quello che sembra un tascabile dalla copertina malconcia.
Si dirigono verso l'ascensore continuando a ridere come due idioti per qualcosa che probabilmente hanno già dimenticato.
Weeze è un buco e il fatto che anche loro siano finiti nello stesso albergo non li sorprende poi più di tanto.
- Io sono al quinto piano - dice Matt vedendo Brian che preme il pulsante con il numero 3.
La mano di Brian esita un momento a mezz'aria e poi preme in sequenza il tasto 5.
- Come vuoi, Bellamy.
Matt lo guarda interrogativo ma Brian rimane voltato di spalle, rivolto verso le porte dell'ascensore che si chiudono.
Matt fissa la sua schiena. Le scapole sporgenti sotto la maglietta bianca attillata e senza maniche. Fa caldo e una goccia di sudore si è formata nell'incavo della nuca. I capelli nerissimi - troppo neri per non essere tinti - sono un disastro di ciocche sudate che partono in ogni direzione.
Matt è troppo concentrato su tutti questi particolari per accorgersi subito delle porte dell'ascensore che si aprono al terzo piano e di Brian che rimane immobile, senza uscire. Le porte si richiudono e Brian si volta verso di lui.
- Era il tuo piano...
La voce di Matt muore in una specie di sussurro quando si trova gli occhi di Brian a pochi centimetri dai suoi mentre l'ascensore riprende a salire. Il nero dell'eye-liner si è sbavato mischiandosi all'ombretto azzurro chiaro e conferendogli una tonalità grigio-scura che fa risaltare ancora di più il colore degli occhi. Azzurro. O forse verde. O forse tutti e due, Matt non ne è per niente sicuro.
- Non hai detto che sei al quinto?
- Ma pensavo...
Brian avanza di un passo. L'ascensore è piccolo e Matt si trova con la schiena contro la parete mentre l'altro non stacca gli occhi dai suoi. Non sono mai stati così vicini. Riesce a vedere il mascara che inspessisce le sue ciglia lunghissime.
- Non penserai davvero di cavartela così, Matt-dei-Muse...
Matt può sentire il suo fiato di alcool, tabacco e forse anche erba. Sente l'odore del sudore di Brian mischiato al proprio. Sente il campanello dell'ascensore che si ferma al quinto piano ma le sue gambe sono improvvisamente di piombo e non crede che riuscirà mai più a muoversi da lì. Non crede neanche di volerlo. Per quel che lo riguarda quel dannato ascensore potrebbe continuare ad andare avanti e indietro fino alla fine dei tempi ma lui non riesce a pensare di muoversi da lì. Di sottrarsi alla pressione del corpo di Brian che gli si è avvicinato talmente tanto da schiacciarglisi addosso. Non riesce e non vuole pensare. Vuole solo assecondare il suo corpo che non può fare altro che rispondere a quella pressione con una spinta del bacino. Sente ogni centimetro del corpo di Brian ma non è abbastanza. Passa un braccio intorno alla sua vita magrissima per tirarlo ancora più contro di sé ma, di colpo, Brian si stacca ed esce dall'ascensore, mentre le porte hanno già cominciato a richiudersi. 
- Ti ricordi anche il numero della camera, oltre al piano?
Matt si riscuote ma non riesce a togliersi quella sensazione di muoversi sott'acqua. Si mette a frugare nelle tasche dei jeans in cerca della chiave perché in effetti no, non se lo ricorda mica il numero della camera.
 
- Non credo che sia una buona idea...
Il respiro di Matt è strozzato e le parole gli escono sconnesse.
- Cosa? Scoparmi? Mi sembra un po' tardi ormai per ripensarci...
Se solo Brian la smettesse di sussurrare così. 
- Scoparti su questo tavolo. Non credo che regga...
Matt solleva Brian di peso e, nonostante tutto, riesce per un attimo a pensare che è veramente troppo leggero. 
 
 
Londra - Gennaio 2001
 
- Cosa vuoi?
- Solo parlare.
- Non ho niente da dirti.
- Ma io sì.
- Mi sono rotto il cazzo di ascoltarti, Brian.
Matt richiude la porta ma Brian la blocca a metà strada.
- Matt fammi entrare.
- Brian, vattene, non me ne frega un cazzo di sentire il solito cumulo di stronzate.
- Per favore...
- VATTENE!
Uno strattone più secco. La porta che sbatte e chiude fuori gli occhi di Brian. Enormi sotto il berretto di lana. Il mondo di Matt che vacilla e le sue dita lunghe che rimangono aggrappate alla maniglia per non cadere.
- Mi dispiace Matthew.
Silenzio. Da tutti e due i lati della porta. La fronte di Matt appoggiata al legno, alla stessa altezza della mano fasciata di Brian, anche se non lo possono sapere.
Matt sa che tanto cederà, come al solito. Sa che Brian sarebbe capace di rimanere su quel cazzo di pianerottolo anche per tutta la notte e sa che lui non riuscirebbe mai a lasciarcelo.
- Ti do dieci minuti.
Anche se il tono della sua voce non riesce a suonare convincente neppure alle sue orecchie.
 
Brian si libera del pesante giaccone e raggiunge Matt in cucina. E' appoggiato al bancone, le braccia conserte, lo sguardo fisso su un punto imprecisato del pavimento, come se ci fosse scritto qualcosa di vitale importanza. Brian fa per avvicinarglisi.
- Non ci pensare neanche.
- A cosa?
- A fare quello che fai di solito.
- E sarebbe?
- Brian, Cristo! Levati quello sguardo da vittima e quella voce mortificata del cazzo! Non puoi continuare con i tuoi giochetti stronzi...o forse sì, puoi. Puoi fare il cazzo che ti pare, non mi interessa. Solo, non con me.
- Non sto facendo nessun giochetto. Sono qui per chiederti scusa, nel caso non l'avessi capito. Mi dispiace...io...io non volevo...non so...
- Sì, sì, certo, tu non vuoi mai, tu non sai mai. Dispiace a te, dispiace a me, a tutti quanti. Non me ne frega un cazzo. Di te e delle tue scuse di merda. Cosa vuoi che faccia? Che ti dica di non preoccuparti? Che è tutto a posto, tutto dimenticato? Così puoi ricominciare con la tua farsa. Tanto funziona sempre vero? Vinci sempre tu. Non riesci neanche a concepire che possa andare diversamente. Arrivi qui, cominci con i tuoi modi da troietta e pensi di riuscire sempre ad ottenere tutto...
Matt sta praticamente urlando e la voce gli si spezza di colpo. Si passa le mani sul viso cercando di recuperare un minimo di controllo.
Brian gli si avvicina e questa volta Matt non lo ferma. Gli sfiora l'occhio sinistro con le dita che spuntano dalla fasciatura. Il livido nella parte sotto sta diventando giallo e il gonfiore è diminuito.
- Mi dispiace. Davvero.
Poco più che un sussurro.
Matt gli prende la mano fasciata e la guarda probabilmente più del necessario, per non dover alzare gli occhi su di lui.
- Mi sa che ti sei fatto più male tu.
Una smorfia che è quasi un sorriso.
Brian che gli appoggia la testa sul petto e lo abbraccia e lui che non può fare altro che stringerlo e cullarlo mentre l'altro continua a ripetere che glidispiaceglidispiaceglidispiace.
 
- E questa cos'è?
- La tua roba. Almeno, tutta quella che ho trovato in giro. Se ti manca qualcosa dimmelo.
Occhi sgranati. E soprattutto, nessuna risposta. 
Matt riflette vagamente che è forse la prima volta, da quando lo conosce, che vede Brian rimanere senza parole. Colto alla sprovvista. Brian che in tutte le loro liti ha sempre una frecciata velenosa pronta per difendersi o per attaccare. Brian che ti spedisce all'inferno o ti giura amore eterno ma che non ti lascia mai l'ultima parola. Brian che adesso è lì in piedi in mezzo al suo soggiorno e lo fissa come se avesse perso il dono della parola. Gli occhi sempre più grandi che si spostano da lui al borsone che gli ha piazzato davanti come se si aspettassero che gli dicesse che no, non sta facendo sul serio.
- Posso restare, almeno questa notte?
- No.
- Matt...
- Brian.
- Io voglio stare con te.
- Anch'io. Più di qualunque altra cosa abbia mai voluto. Solo...
- Solo...?
- Torna da me quando sarai disposto a rimanere davvero.
 
 
Settembre-Novembre 2000
 
- Sei ubriaco.
- Detto da te è il colmo.
- Cazzo vuoi, io non sono ubriaco.
- Sì che lo sei. E sei anche troppo magro.
Brian ride quella sua risata assurda.
- E questo detto da te invece è definitivamente surreale.
- Molko, non usare parole che poi ti devo spiegare io.
- Guarda che, fino a prova contraria, sono io quello più anziano e con più esperienza.
- E sull'esperienza non ci sono dubbi...
- Che cazzo vorresti dire?
Matt ride e si rintana sotto il piumino mentre Brian cerca di aprirsi un varco nell'ammasso di lenzuola. Alla fine ci riesce e si stende nudo sul corpo di Matt che istintivamente divarica le gambe e inarca la schiena, premendo l'inguine contro il ventre caldo di Brian.
- Non mi sembra che la mia esperienza ti sia dispiaciuta fino ad ora - sussurra Brian mentre disegna percorsi saliva lungo il torace di Matt per poi sparire definitivamente sotto il piumino.
 
- Matt, io ti amo.
- Certo, anch'io ti amo Brian.
- No, davvero! Tu non mi prendi sul serio. Io ti amo!
- Mi ami sempre quando sei fatto di quella roba.
- -----
- -----
- Ti amo sempre. Riesco a dirtelo solo quando sono fatto di quella roba.


Denver, Colorado - 16 Settembre 2013
 
- Matt? Matt, ti senti bene?
- ------
- Matt?!
- Sì, sì, sto bene. Perché?
- Sei grigio-verde.
- Io...sto bene, davvero.
- Non sembra. Vuoi che chiami...
- Dom, davvero. Non ti preoccupare. E' tutto a posto.
Dom non ribatte ma nemmeno se ne va. Non è tutto a posto. Da quello che vede niente potrebbe essere meno a posto di così.
- Hai una sigaretta?
Dom gliela allunga senza commentare il fatto che ha smesso di fumare due anni fa. Gli passa l'accendino e ne prende una anche per sé.
- Chris?
- Al telefono con Kelly. Dove vuoi che sia?
Un sorriso quasi automatico.
Dom chiude la porta della stanza e si siede sul bordo del letto, di fianco a Matt.
- E' successo qualcosa con Kate?
- No, figurati.
- E allora?
- E allora niente. Sono solo stanco.
Dom si limita a guardarlo e ad aspettare.
- Se te lo dico mi prendi per un coglione.
- Bells, sono profondamente convinto da anni che tu sia un perfetto coglione. Non puoi fare più di così.
Matt sorride per un secondo appena ma quando si volta Dom vede che i suoi occhi sono lucidi e una fitta di autentico, gelido terrore gli serra lo stomaco in una morsa. Ricordi che arrivano prima che possa dargli un nome. Due occhi verdi che si sono quasi portati via tutto.
- Cosa...?
Ma Matt lo interrompe e gli mette in mano un cd dalla copertina esageratamente colorata.
- L'ultima traccia.
Lo dice con tono piatto. Apparentemente privo di qualsiasi emozione. Il volto tirato in quello che, forse, potrebbe quasi essere un sorriso.
- Stronza puttana egocentrica. Deve sempre avere l'ultima parola.
 
I love you more than any man,
but I seem to lay it all to waste.
I do you harm because I can with

a joke in questionable taste.
I've such duplicity at my command,

so I keep on lying to your face,
Then I run away to wonderland,

and disappear without trace.
 
Placebo - Bosco


 

NOTA DELL'AUTRICE
L'autrice non sa bene cosa dire. E' venuta così. Hanno fatto tutto loro, prima che potessi fermarli. :P
Scherzi a parte, non so se questa fic mi soddisfa o meno ma, a monte di tutto, c'è la mia insana esigenza di mettere insieme in qualche modo Brian e Matt del Bizarre 2000.
PB
 
Ah, dimenticavo. La parte burocratica.
E' tutto frutto della mia immaginazione. I personaggi coinvolti non ne sanno niente e io non ho la pretesa di averli rappresentati in modo verosimile.
 
 
   
 
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