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Autore: nagrafantasy    21/05/2014    2 recensioni
Sulle rive del Mare del Nord, Athelstan si sofferma a pensare a ciò che lo tormenta, ovvero il dubbio che possibili altre Divinità esistano davvero e che non siano frutto di una fantasia, né tanto meno oggetto del demonio... perché coloro che credono in esse non sono dei mostri, ma persone come lui.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Mare del Nord non era sembrato mai così freddo e grande. Vastissimo e infinito com'è infinito Dio.
Athelstan guardava l'acqua grigia sotto quel cielo ancor più cupo e intanto accarezzava, nella sua tasca, la Croce. Era l'unica cosa che era riuscito a portarsi dietro, dopo essere stato rapito.
Ed erano passati ormai mesi da quel fatidico giorno, in cui tutta la sua vita, tutte le sue convinzioni erano state stravolte dall'avvento dei barbari, guidati da Ragnar Loðbrók. 
E dire che lo aveva predetto. Dio gli aveva confidato tutto quanto, eppure il curato del monastero non aveva voluto prestargli ascolto.
E lì, inginocchiato a pregare, Athestlan pensò per la prima volta a quanto fosse strano il genere umano. Alla fine anche l'individuo più venerabile cede alle cose materiali.
I dubbi assillavano Athelstan, non poteva negarlo. Ogni cosa in cui credeva sembrava smontarsi a poco a poco, lasciando spazio alla tempesta imminente.
Thor, il Dio del tuono.
Di nuovo il cuore di Athelstan smise di battere per un secondo.
Allora era reale Thor? Odino? Freya? 
Esistevano sul serio?
E Dio? Dov'era Dio in tutto questo?
Come potevano esserci tutti quanti?
Non ve n'era nessuno?
No, questo no. Mai.
Avere fede era tutto ciò che gli rimaneva; che fosse per dèi nordici o per il dio cristiano forse poteva passare in secondo piano; ma credere in Qualcosa, quello sempre.

Le onde si avvicinavano imponenti, si ingigantivano man mano che il tempo mutava e diveniva sempre più minaccioso. Ben presto si sarebbero scatenati i fulmini e la pioggia avrebbe bagnato quelle terre barbare e crude, non adatte ai cuori teneri.
Athelstan aveva imparato ad accettarlo.
Chi non era di scorza dura non poteva sopravvivere.
Il giovane monaco tormentato si rialzò dopo un ultimo "Pater Noster" e diede le spalle al mare. 
Se era lì, allora Dio l'aveva guidato. Questa era una certezza a cui si aggrappava fermamente.
Avrebbe resistito al vento freddo, alle occhiate torve dei barbari, alle prese in giro.
Ragnar lo aveva accolto con amicizia e lui l'avrebbe ricambiata, perché si deve sempre essere misericordiosi e gentili verso il prossimo.
Sì, forse per i barbari la parola "misericordia" non esisteva, ma Athelstan la conosceva bene e tanto bastava per farlo stare in pace con se stesso...
O almeno, fino al prossimo temporale.
  
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