"Conserva
questo tuo aspetto quando ti avrò uccisa;
e io ti ucciderò, e ti amerò ancora. Ancora, ancora uno [la bacia], l'ultimo:
nessuno ne avesti mai più dolce e più mortale. Sono costretto a piangere,
ma sono crudeli le mie lacrime."
Othello, V, II, 18-21
Ἐρῶ
σου
Il
delirio d’onnipotenza dell’uomo. E’ questo a cui sono stato chiamato quando la
donna più bella del mondo fu rapita. Io
solo conosco il motivo, perché la madre divina mi ha parlato. Non è la mia
guerra, il mio trionfo. Eppure sono la chiave per vincere e sterminare coloro
che hanno nascosto la figlia di Zeus Tonante.
Schizza
in zampillanti fontane umane il sangue che rende scivoloso il passaggio; le
urla dei militi ignoti assordano il mio udito sotto l’elmo scintillante. Ho già
avuto la mia vendetta: Ettore Domatore di Cavalli è perito sotto la mia furia
ed il suo corpo ho straziato in sette giri attorno le mura divine. Ho esaurito
il mio odio ma non la mia fame. Chi sarà il prossimo ad aver spezzata la vita
sotto i colpi della mia spada? Non mi è dato saperlo, ma poca è l’importanza
che vi dono, giacché il rumore della pelle stracciata e lo stridio del ferro
risvegliano in me il ferino piacere di quando affondo in corpi non ancora
aperti dal parto.
I
corni suonano, l’attacco inizia. Il cuore pompa nelle mie vene la potenza di un
urlo. I miei mirmidoni mi seguono nella corsa al genocidio e già uno si ferma e
mira con la sua lancia al cuore di un troiano. Questi si accascia con il fiato
mozzato accanto a me, Achille Piè Veloce. L’ho già raggiunto in lunghe falcate,
lo slancio dell’adrenalina. La clavicola di un fante si frattura sotto un
fendente della mia spada. Mi do il tempo di sbirciarlo mentre avanzo: è ancora
imberbe l’innocente.
Schivo
una freccia che viene dall’alto con lo scudo, da sotto di esso spazzo nel
fianco di un alleato di Priamo e gli apro il ventre. Devo stringere la presa
sulla spada per tirarla fuori da quell’intrico di viscere e armatura, è già
scivolosa tra le dita.
Sento
che lo scudo viene colpito e d’istinto porto il mio peso verso l’ignota
presenza, schiacciandola a mia insaputa verso la lama di un altro mirmidone in
attesa. Torno a guardare innanzi a me ed un nuovo nemico mi si para di fronte.
Sorrido.
Il
suo odore mi inebria, il suo sudore m’attizza. Mi sposto dall’affondo, mentre
il mio sangue bagna la lama nemica. La vista del mio sangue ha pervaso il fante
di una furia euforica, perché sfrutta il mio movimento e con il braccio ancora
teso colpisce verso il collo. Paro con lo scudo e lo guardo dritto negli occhi:
braci infiammate d’eroico ardore che desiderano con tutte loro stesse che
Thanatos mi prenda.
Mi
slancio ancora verso il troiano e lo sorprendo fendendo l’aria da sinistra a
destra, sopra lo scudo. Gli squarcio la giugulare, che fa schizzare fiotti di
linfa vitale nella mia bocca e sui miei occhi. Sento il peso del suo elmo
sbalzato dal capo ed un tonfo di ferro sul suolo. Scuoto il capo e ritorno a
guardare, il tempo necessario per vedere lunghi capelli neri muoversi al vento,
meravigliosi come il manto notturno.
Rimbalza
sulla sabbia l’esile figura, leggiadra e leggera come un fiore di campo.
Finalmente la vedo.
Meravigliosa
creatura, che in me hai risvegliato l’istinto dei primordi. Getto a terra le
armi e m’inchino alla tua femminile beltà. Così soffice la pelle sotto i miei
calli, ti bramo da quando ho posato gli occhi su di te. Il tuo profumo è sempre
più forte, femmina immota che ora mi guardi negli ultimi istanti della tua vita
perduta. Ti desidero mia regina delle amazzoni, le tue labbra sono miele sulle
mie, il tuo seno il risveglio dei sensi. Quelle urla che fino ad adesso ci
hanno accompagnato adesso per me sono il lamento delle donne durante i riti
funebri. Non comprendi, mia dolce Pentesilea? E’ te che desidero, per cui
vorrei scambiare il mio posto. Ma tu non puoi più sentirmi, non puoi percepire
il mio desiderio e nei tuoi ultimi istanti l’hai solo odorato. Ma io non
dimenticherò mai la morbidezza del tuo corpo sotto il mio.
Tersite
mi guarda mentre mi alzo, ghigna sprezzante per ciò che vede.
Oh guerriero acheo imprudente, la
tua morte è segnata.
Salve a tutti!!!
Questo brano è stato tratto dall’Etiopide di Arctino di Mileto,
secondo quanto riportato dalle fonti antiche. Che dire, mi sono divertita molto
mentre scrivevo, dopotutto non è da tutti i giorni calarsi nei panni del Piè
Veloce e immaginare il suo pensiero!
Il titolo in greco antico vuol dire “ti amo” e si intende
proprio l’amore travolgente, passionale, erotico, che certamente ha accecato
l’eroe acheo. D’altra parte, proprio dal verbo Eraw deriva
la parola erotico!
Voglio ringraziare _juliet del magnifico contest che ha
indetto, è per merito suo che scrivo di un poema così famoso ed altrettanto
difficile da interpretare. Spero di aver fatto un lavoro dignitoso e che vi
possa piacere!
Alla prossima,
Silence