The
Eater Of Worlds
Una settimana prima...
Davenport,
Iowa.
06:30 A.M.
La
città dormiva.
In cielo la brezza mattutina si sollevava e
soffiava docile, rinfrescando le strade, i prati e gli alberi dopo
una fredda nottata.
Il silenzio spadroneggiava come un vecchio
sovrano seduto sul suo trono, senza timore di venire sovvertito dal
rivoluzionario di turno.
La città era tranquilla, e le
famiglie dormivano beatamente nei loro letti.
Tranne una.
Nick
e Matt Jefferson erano già in piedi.
La fortuna non era
stata molto favorevole a questa famiglia di due persone.
Matt
aveva perso una madre, Nick una moglie.
La loro fattoria aveva
perso una coltivatrice eccezionale, ma non per questo bisognava
abbandonarla, e gli uomini di casa la portavano avanti al meglio
delle loro possibilità.
Quel giorno non faceva
eccezione.
“Papà”, domandò Matt
uscendo dal casolare che affacciava sull'orto, “cosa c'è
da fare oggi?”
“Beh, figliolo”, rispose Nick,
“come prima cosa c'è da dare da mangiare ai maiali. Se
ci fosse ancora Catherine lo farebbe lei, ma ora tocca a noi fare
tutto, ragazzo.”
“Bene, allora ci penso io.”
Matt
rientrò nel casolare, uscendone poco dopo con in mano un
secchio metallico di dimensioni gigantesche, per riempirlo con il
pastone dei maiali, che si iniziavano a destare all'interno del loro
recinto, ed iniziavano a lamentare la scarsezza di cibo.
Nick
era tanto fiero del suo ragazzo. Da quando sua moglie lo aveva
lasciato due anni prima, il loro bambino era cambiato, diventando un
vero uomo, serio e responsabile. Si prendeva cura della fattoria,
dando anche una mano con i conti per quel poco che riuscisse a fare.
Suo padre aveva tanta voglia di dirgli quanto fosse fiero di lui,
quella mattina.
“Diavolo!” esclamò Matt,
con una certa foga.
“Cosa c'è?” chiese
Nick.
“Non c'è abbastanza cibo per i maiali... e il
magazzino è vuoto.”
“Dannazione! Bisognerà
andare giù in città a prenderlo... ma chi bada ai
suini, qui? Diventano delle tigri se stanno troppo tempo senza
mangiare.” ponderò Nick.
Matt stette sulle sue per un
po', ma ad un tratto si illuminò, gli occhi splendenti di una
luce quasi innaturale.
“Ci vado io. Tu sta' qui e pensa ai
maiali. Da' loro quello che è rimasto, io arriverò con
il carico il più presto possibile.”
Di nuovo, Nick
capì quanto profondamente stimasse suo figlio. Al suo ritorno
glielo avrebbe detto. Ne era sicuro.
07:15
A.M.
“Ormai
Matt dovrebbe essere quasi di ritorno...” si disse Nick, mentre
teneva a bada gli animali nel recinto, che iniziavano davvero a
diventare nervosi ed affamati.
D'un tratto, il contadino iniziò
ad avvertire un brivido lungo la schiena.
E non era
freddo.
Il suo corpo divenne rigido come il marmo, paralizzato
da una sensazione tanto difficile da descrivere, di cui nemmeno la
più complicata delle espressioni avrebbe reso l'idea.
Il
signor Jefferson iniziò a guardarsi intorno; prima piano, poi
sempre più veloce.
I suoi occhi cercavano insistentemente
il figlio, quasi a volerlo lì in quel momento, per
comunicargli la sua paura.
Paura di sprofondare nel
terreno.
Nick non fece in tempo a terminare il pensiero, che
la terra sotto i suoi piedi iniziò a tremare. Il frutteto e le
altre piante cominciarono a perdere foglie, sospinte via da un vento
fortissimo, che fece persino volare via alcune galline della
fattoria.
“Oh, no!” Nick capì.
Non c'era
più nulla da fare.
Nel giro di pochi secondi, l'intero
pezzo di terra su cui si trovava Nick sprofondò di sotto. Ma
non come dopo un terremoto. Non c'era alcun segno di erosione nel
terreno. Sembrava come se un'intera parte della fattoria fosse
semplicemente scesa di quota, nel buio più totale.
Nick
Jefferson, i suoi maiali e metà della sua fattoria erano
scomparsi.
E non sarebbero mai più tornati.
NEW
YORK CITY
15:00 P.M.
Un
uomo stava in piedi all'ultimo piano di un edificio, ammirando la
Grande Mela da una delle grosse vetrate.
“La città
che non dorme mai”.
Proprio come lui, da ormai due
mesi.
Staccò le possenti mani dai freddi vetri, e si
girò.
Quell'uomo era Tony Stark.
Da tempo ormai al
servizio della città e della Terra intera, non solo in qualità
di filantropo e presidente delle Stark Industries, ma anche e
soprattutto come Iron Man.
Passò una mano tra i capelli
neri arruffati, e si diresse al mobiletto dei liquori, per poi
versarsi un whisky liscio e berlo tutto d'un fiato.
Ciò che
stava succedendo lo teneva sveglio ogni notte, e proprio lui, noto
per il suo sangue freddo
e la mente geniale, non sapeva assolutamente cosa fare.
La
questione andava risolta, con ogni mezzo necessario.
“Ma
quale?” continuava a ripetersi, mentre girava in tondo nel suo
ufficio all'ultimo piano della Stark Tower.
D'improvviso guardò
l'orologio, e di riflesso accese il televisore.
L'ora del
notiziario.
“Apriamo
l'edizione delle 15:00 con una notizia di cronaca”,
diceva la giornalista dal teleschermo, “Lo
strano fenomeno dei buchi nel terreno continua, e proprio questa
mattina ha colpito per la prima volta negli Stati Uniti. Una fattoria
di Davenport, nell'Iowa, è sprofondata nel terreno intorno
alle sette. Il proprietario, Nick Jefferson, è scomparso
quando il pezzo di terra su cui trovava insieme ai suoi maiali è
caduto nelle profondità della Terra, ed è da ritenersi
deceduto. Lo strano fenomeno ha quindi mietuto la sua prima vittima.
Si tratta ormai del trentacinquesimo caso in poco più di due
mesi. Le autorità dei Paesi precedentemente colpiti esprimono
cordoglio agli Stati Uniti, mentre il fenomeno inizia a preoccupare
sul serio. Ma ora passiamo allo spo...”
Tony
spense la TV. La prima vittima era un suo compatriota. I buchi nel
terreno avevano iniziato ad uccidere, e questo accelerò in
modo impressionante i suoi piani.
“Jarvis!” esclamò
Tony alla stanza vuota.
“Sì,
signore.”
rispose una voce robotica, echeggiante nell'ufficio.
“Prendi
nota di tutte le informazioni finora note su quest'ultimo caso, e poi
voglio un elenco completo di tutti gli incidenti avvenuti fino ad
oggi, con tanto di data e foto del luogo.” ordinò
Stark.
“Lo
faccio immediatamente, signore.”
obbedì il computer/maggiordomo.
Nel
giro di pochi secondi, sul grande schermo blu del computer di Tony
comparvero tutti i dati richiesti.
“Stati Uniti. Francia.
Germania. Cina. Brasile.”
Leggendo i nomi di tutti gli stati
colpiti dal fenomeno, le speranze di trovare una spiegazione si
affievolirono sempre di più, ed uno strano pensiero si fece
largo nella sua mente.
Prese allora un auricolare, e dopo
esserselo infilato nell'orecchio destro, premette un bottone.
“Sì,
pronto?” rispose una voce all'interno dell'apparecchio.
“Dottor
Banner.” disse Tony.
“Ah, Stark. Immaginavo avresti
telefonato.” fu la risposta dell'interlocutore.
“Già...
hai saputo?”
“Del buco in Iowa? Sì, ho saputo”
fece il dottore.
“Questa situazione non mi piace per niente,
Bruce.” sibilò un preoccupato Tony, tornando ai suoi
liquori e versandosi un bourbon.
Bruce Banner. L'uomo con cui
Tony parlava era uno dei più grandi luminari del pianeta,
specialmente in merito alla questione delle radiazioni Gamma.
Chi
meglio di Hulk poteva conoscerle?
Per ora, comunque, il Golia
Verde giaceva sopito all'interno del dottore, che nel corso della sua
permanenza in Brasile aveva sviluppato una grande abilità di
autocontrollo, al punto di arrivare a gestire le trasformazioni a
comando.
“Nemmeno a me. Neanche un po'.”
“Hai
scoperto niente tu?”
“Purtroppo niente di quello che
già non si sapesse. Sono stato sul posto quando è
successo qui, circa due settimane fa, e tutto era esattamente uguale
agli altri casi. Buco gigantesco, pezzo di terra sprofondato nel
suolo, zero segni di erosione nel terreno. Però, ora che ci
penso, una cosa interessante c'è. Tutti i casi finora
accertati, Tony, sono avvenuti all'interno di zone assolutamente non
contaminate dall'uomo, o in minima parte. Zone in cui la presenza
della natura è ancora preponderante. Campi coltivati, laghi,
terreni pianeggianti e non edificabili... questa cosa mi fa pensare.”
espose Banner, con Stark che ascoltava la teoria del dottore,
tentando di scervellarsi su cosa fare.
“Confermo,
signore.” aggiunse
Jarvis.
“Uhm... quindi questo potrebbe voler dire che... no,
impossibile!”
“Che qualcuno si stia lentamente
nutrendo della Terra. Esattamente.”
Gli
occhi di Tony si spalancarono, come in preda all'incredulità.
“Ma
dai, è assurdo. Chi potrebbe essere tanto potente?”
“Non
ne ho idea, Tony. Non ancora, almeno. Ma non mi piace.”
Un
lungo silenzio intervallò la conversazione. Era chiaro ad
entrambi che il problema fosse ben più grave di come
appariva.
“Dottore, credo che...”
“Non
serve che tu dica altro, Stark. Ti raggiungo a New York. Ma è
opportuno che non lo faccia soltanto io. C'è bisogno di una
mano. Quel tipo di mano.”
“Beh... immagino che non ci
sia altra scelta. Bene. Grazie Bruce, a presto.”
“A
presto, Tony.”
Iron Man tirò su lo sguardo, e
gettò fuori l'aria con uno sbuffo.
“Jarvis.”
chiamò.
“Sì,
signore.”
“Chiamali.”
“Chi
di preciso, signore?” domandò
Jarvis.
“Tutti.”
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Salve
salvino!
E' la prima storia che scrivo in questo fandom, e spero
tanto che vi piaccia!
Di preciso non so di quanti capitoli
debba essere, ma cercherò di trovare un numero adatto, e che
possa evitare di turbare voi tutti che leggerete.
Ringrazio
anticipatamente chi vorrà leggere la storia, o anche
recensirla.
(E se, putacaso, avessi sbagliato sezione, non esitate
a dirmelo!)
Grazie a tutti, e alla prossima! Ja Ne!