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Autore: LoveNotes    23/05/2014    2 recensioni
Chi non ha mai sentito il pianto di un bambino? Quando un bambino nasce, il pianto è la prima cosa che si sente! Ecco quello è il tipo di pianto che sentivo nella mia testa e nei miei sogni. Ma forse non era solo la mia immaginazione, non ero completamente uscita fuori di testa. Ma questo bambino piangeva e io non potevo stare con la mano nell'altra. Così andai alla ricerca di quel pianto. Un pianto antico.
Genere: Horror, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella giornata era proprio iniziata nel verso giusto! Non ero andata a scuola a causa di una festa nazionale e mi ero svegliata così tardi e così riposta da avere tantissima energia in corpo. Mia madre stava pulendo casa, cosa che ultimamente faceva troppo spesso, e mi guardava male mentre facevo colazione con un sorriso malefico stampato in faccia. Dopo mi vestii con la mia larga e pesante tuta, abbinandoci una maglia qualsiasi, e scesi giù nel mio grande giardino,  così grande da avere una casetta -da noi chiamata caserella fin da piccola- che utilizzavamo per i cani e con dietro un grande pozzo. Non sapevo molto riguardo, sapevo solo che era molto antico, mentre di una cosa ero sempre stata certa mi faceva una paura boia!
Mi avviai verso la stradina di terra, circondata da fiori (papaveri, margherite e fiori di futuri frutti a me sconosciuti) e piante, che mi avrebbe portata dai miei cani. Quando iniziai a sentire un bambino che piangeva disperato. Mi bloccai e un brivido mi fece venire la pelle d’oca.
Francescaa!’ l’urlo di quella piccola vocina mi trapassò la testa come avrebbero fatto mille aghi. Mi guardai attorno, ma non vidi nessuno.
Ahhhh!’ quel grido squarciò di nuovo il silenzio, rendendomi leggermente nervosa e spaventata. Allo stesso modo, la curiosità e la preoccupazione iniziarono a nascere in me, che mi spinsero a cercare di capire la provenienza di quelle grida.
Francescaa! Vieni qui! Aiutami, sono bloccato!’ piangeva disperatamente e la sua voce tremava, tanto da farmi venire un colpo al cuore. Non smetteva di urlare, di piangere e di chiamarmi a gran voce. Non era una voce conosciuta né ricordavo di conoscere un bambino più piccolo di me da quelle parti. Però, probabilmente mi sbagliavo, perché il piccolo conosceva me.
Urlò di nuovo il mio nome, facendomi capire la sua posizione. Un brutto luogo per un bambino, un luogo che come avevo detto non piaceva nemmeno a me: Il pozzo.
Un coraggio e una determinazione, mai viste in me stessa, si impossessarono di me, che mi spinsero a correre nella sua direzione. Mi affacciai nel pozzo, ma non vidi nulla. La mia testa aveva già deciso le azioni successive a quella! E il mio corpo stava già tornando indietro nella caserella per cercare una corda, una scala o una qualsiasi cosa per farmi prendere il piccolo.
Entrai nella caserella e trovai una corda un po’ vecchia, ma abbastanza dura da poter tenere un bambino. Tornai nuovamente al pozzo e legai da un lato la fune ad un albero. Poi lanciai giù l’altro lato.
‘Ehi, piccolo afferra la fune!’ urlai e sentii la mia voce riecheggiare per tutto il pozzo.
Vidi qualcosa nell’acqua muoversi, ma c’era troppa oscurità per riuscire a vederci bene. Non riuscivo a capire perché ci fosse quell’oscurità, eppure fuori c’era un sole che illuminava tutto.
Non ho forze!’ disse quella vocina, provocandomi un brivido che mi passò per tutta la schiena.
‘Va bene! Vado a chiamare aiuto e ritorno!’ dissi urlando di nuovo, pur sapendo che non ce n’era il bisogno.
Non lasciarmi solo!’ disse con una voce spaventata ‘Non lasciarmi da solo!’ continuava a pregarmi.
‘Allora, dovrò calarmi io!’ dissi più per convincere me, che per avvisarlo.
Si, vieni qui!’ disse velocemente e quasi in un sussurro, cosa che io ignorai. Cercavo di ricordare di cosa parlavamo in quelle giornate di scuot, che tenevo da bambina, insieme alle mie cugine. Le coccinelle! Ecco come ci chiamavamo! Eravamo davvero in tante e ci insegnavano a fare parecchie cose, nei momenti di bisogno.
Così, ricordata finalmente la lezione, rientrai nella caserella; ma prima osservai i cani che mi urlavano contro e che mi osservavano fissi. Li ignorai ed afferrai e di seguito infilai dei guanti da lavoro. Era arrivato il momento di testare la mia forza!
Attorcigliai la corda intorno al mio bacino, lasciando parecchia corda libera; appoggiai i piedi sul bordo del pozzo e flettei le gambe. Poi iniziò il cammino sulla pietra verso il basso.
Improvvisamente la corda mi scappò dalla mano, ma riuscii a tenermi e a non finire in acqua. Ero a penzoloni con entrambe le mani che afferravano la corda, sulla mia testa. Cercai di allungare i piedi verso un lato del pozzo, ma non ci riuscii. Ci riprovai un paio di volte, avendo sempre lo stesso risultato. Poi la quarta volta fu quella giusta. Velocemente rilegai la corda intorno al mio bacino, credendo di essere salva per davvero, ma non era così! Una cosa iniziò a tirarmi verso il basso, mi afferrava il piede e con facilità mi portava giù!  
Mi girai velocemente verso la cosa e mi resi conto che era il bambino. Misi meglio a fuoco la personcina davanti a me e non riuscivo bene a vedere il suo volto… Era coperto da capelli e da uno strano liquido. Mi avvicinai e gli toccai il volto, ma non ebbi nemmeno il momento di spostargli i capelli dal viso, che una manina -che seppur piccola, molto possente- mi afferrò il polso e iniziò ad urlare, cosa che feci anche io per lo spavento.
‘Smettila! Se ti fai aiutare, ti porto su!’ dissi io urlando.
Io non ho bisogno di aiuto!’ disse quel piccoletto alzando meglio la faccia e avvicinandola a quell’unico raggio di sole che c’era ‘No, io non ho bisogno d’aiuto!’
‘Ma come? Sei in fondo ad un pozzo e credo tu sia bloccato da un po’!’ dissi osservandolo meglio, era piccolo e basso, con questi lunghi capelli, un po’ bagnati un po’ asciutti, che gli coprivano il viso; indossava una tunica bianca che non riuscivo a vedere bene a causa dell’acqua.
Pian piano il bimbo entrò con tutto il viso in quel raggio di sole e mi guardò dritto negli occhi. Urlai come mai prima. Lui sorrise. Il suo viso era bruciato e si riusciva a vedere tutta la carne del suo viso e del sangue gli usciva da alcune parti della faccia.
No, non sono io ad aver bisogno d’aiuto! Quella che ha bisogno d’aiuto sei tu!’ disse sciogliendo completamente la corda che avevo in vita e mi portò giù nell’acqua con lui. Non riuscivo ad alzarmi e a controllare il mio corpo. L’ultima cosa che sentii fu un pianto di un bambino… si, insomma, un pianto antico.
 
 
  
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