Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |       
Autore: Silver Shadow    23/05/2014    0 recensioni
Questa fanfiction inizia dopo "Lo scontro finale", ma non tiene conto degli avvenimenti dei libri "Gli eroi dell'Olimpo".
'Il mio nome è Willow Blackblood. Ho 15 anni e ho dei lunghi, lisci capelli neri che non stanno mai al loro posto. I miei occhi sono verdi “come il mare”, mi dicono tutti, sono piuttosto magra e porto l’apparecchio. Mi piace il colore nero e amo la musica rock e metal. Studio molto e ho ottimi voti a scuola. Sono una ragazza come voi, a parte il fatto che sono la figlia di Poseidone. '
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Chirone, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il mio nome è Willow Blackblood. Ho 15 anni e ho dei lunghi, lisci capelli neri che non stanno mai al loro posto. I miei occhi sono verdi “come il mare”, mi dicono tutti, sono piuttosto magra e porto l’apparecchio. Mi piace il colore nero e amo la musica rock e metal. Studio molto e ho ottimi voti a scuola. Sono una ragazza come voi, a parte il fatto che sono la figlia di Poseidone.

L’ho scoperto solo poco tempo fa, quando un’idra mi è piombata nell’aula di educazione fisica quasi divorandosi mezza classe, tra cui il mio migliore amico Gabriel che si è rivelato essere un mezzo capra (non mi ricordo mai quel termine, com’era? Saturo.. saturno.. vabbè). Così, dopo aver visto il mio migliore amico mezzo capra  bruciare l’idra con uno strano fuoco verde e aver lasciato la scuola completamente distrutta, mi sono trovata a risalire questa collina alla cima della quale c’era l’ingresso del Campo Mezzosangue, dove “sarei stata al sicuro”, diceva lui. Ha detto così anche a mia madre.
Non aveva mica accennato al fatto che era appena conclusa una Guerra dei Titani e che tutto il campo festeggiava ormai da giorni (quando arrivai stavano ancora bevendo, cos’era, Diet Coke?), così mi ritrovai lievemente spiazzata. In mezzo a quel caos, distinsi una ragazza e un ragazzo che venivano sollevati dagli altri e acclamati a gran voce, e si facevano brindisi in loro onore. Non distinsi,comunque, bene i nomi, dal momento che venni subito trascinata da Gabiel e un mezzo cavallo (tanto i nomi non li imparerò mai) in una strana, grande villa bianca e azzurra.
Il mezzo cavallo, Chirone, riuscì a spiegarmi che ero stata scoperta, che nonostante la minaccia di Crono fosse stata sventata i mostri continuavano a rinascere e che l’unico posto sicuro per me (ancora?) era il campo Mezzosangue. Qui sarei stata addestrata a dovere per affrontare il mondo all’esterno e uccidere tutti i mostri che mi fossero capitati a tiro, e mi promise che entro pochi giorni sarei stata riconosciuta dal mio genitore divino (questo piccolo insignificante particolare uscì fuori solo, tipo,alla fine della conversazione).
Il problema? Sono passati 3 giorni e non mi hanno ancora riconosciuto un bel niente.
Ho conosciuto quei due ragazzi la sera stessa che sono arrivata al campo, ad un falò, dove Chirone ha annunciato a tutti il mio arrivo e tutti mi si sono presentati. Annabeth e io siamo diventate subito amiche, data la sua intelligenza in quanto figlia di Atena e la sua enorme cultura riguardo argomenti ai quali sono molto interessata. Il suo ragazzo, Percy, all’inizio mi è sembrato un po’ ebete, ma si è rivelato un bravo ragazzo. Mi ha aiutato ad ambientarmi e mi ha spiegato come funzionano gli allenamenti, le feste, le canzoni ai falò, i posti e come raggiungerli e i giochi (tipo Caccia alla Bandiera) che si svolgono.
E’ stato esaltante il primo allenamento,perché non credevo di avere riflessi così pronti o una tecnica così affinata. Era come se mi venisse istintivo colpire l’avversario – in questo caso il manichino – con quella determinata tecnica, come se lo facessi da sempre, come se fosse mia. Chirone si è complimentato con me sin dal primo giorno e Gabriel mi ha assistito tutto il tempo. Mi sono concentrata molto sul corpo a corpo e ho lavorato sui muscoli, senza contare esercizi di equilibrio e velocità. Imparo in fretta.
In questo modo (presa anche dall’euforia della novità) avevo avuto modo di distogliermi dal pensiero del riconoscimento, ma alle 11 circa della mattina del terzo giorno al campo mi ero veramente stufata. Possibile che mio padre non si facesse ancora vedere? Ero sudata e stanca, ma la frustrazione mi costringeva a continuare a infilzare il mio manichino di paglia con la spada che mi era stata donata al campo. Si chiamava Kataigida, Tempesta. L’elsa era ricurva, del colore delle perle, venata di blu e la lama piatta e a doppio taglio in puro bronzo celeste (l’unico materiale che era in grado di uccidere i mostri, mi era stato spiegato). Quando ero sull’orlo del collasso, sentii una mano posarsi sulla mia spalla e mi voltai.
- Ce l’hai proprio con questo manichino, eh? L’hai sventrato ormai, non è rimasto più nulla – osservò Percy, con un angolo delle labbra sollevato in un sorriso palesemente divertito. Sbuffai.
- Non ho nulla da fare. Se solo sapessi chi è quel mio dannato padre! – lanciai le braccia all’aria, quasi urlando per la rabbia.
- Ehi, non parlare così – mi ammonì Percy – c’è qualche dio dannato al piano di sotto che potrebbe prendersela – replicò seriamente, indicando il terreno. Aggrottai le sopracciglia.
- Stai dicendo che il dio dei morti (com’è che si chiamava? Ares.. Apollo.. ) ha dei figli? – gli chiesi, sbalordita, dimenticandomi del riconoscimento.
- Naturalmente – esclamò Percy soddisfatto, come se conoscesse uno dei grandi segreti dell’umanità – e ti dirò di più: io ne conosco uno! – esordì, con un’espressione ancora più fiera.
Lanciai uno sguardo alle case degli dei minori che stavano costruendo. Mi era stato detto che per alcune divinità non erano state costruite cabine, e giustamente anche per i loro figli doveva esserci la possibilità di addestrarsi e vivere al campo, così si era deciso di costruire accampamenti anche per loro. Dopo la Guerra dei Titani, oltretutto, i Tre Pezzi Grossi avevano trovato una sorta di compromesso, per lui anche la cabina di Ade era quasi completa.
- E questo tuo.. amico.. – dissi incerta, continuando a fissare i lavori – verrà qui? Cioè.. al campo? – gli domandai, ancora un po’ incredula. Lo vidi annuire con la coda dell’occhio.
- Lui ha.. Una storia un po’ particolare, come tutti noi semidei tra l’altro. Ma ti assicuro che la sua è sufficientemente tragica. O almeno, lo è abbastanza da averlo quasi spinto a fare di me tante Percy-polpette – mi rivelò lui, lasciandomi interdetta.
- Che cosa hai fatto per risvegliare in lui la passione della cucina? – continuai, cercando di smorzare la piega malinconica che stava prendendo quella conversazione. Non ero mai stata il tipo da conversazioni serie, non sapevo mai bene come dovevo comportarmi. Lui si limitò a sorridermi.
- Se vorrà dirtelo, lo farà. – seguì qualche imbarazzante secondo di silenzio che lui interruppe prima che io riuscissi a trovare un’idea per farlo. – Comunque, pomeriggio c’è la caccia alla bandiera e stasera falò. Hai imparato qualcuna delle canzoni che ti ho stampato? – mi domandò con le mani sui fianchi e la fronte aggrottata, come se sapesse già che non avevo toccato quei fogli.
- Ehm.. lo farò – gli promisi, sorridendogli innocentemente. Lui sospirò, esausto, e si voltò per andar via.

Dopo il pranzo, corsi nella mia cabina a prepararmi per l’evento. Ero ancora nella casa di Ermes, dove stavano anche tutti quelli non riconosciuti, intenta ad infilare la mia armatura e il mio elmetto con la cresta azzurra (la stessa di Percy e Annabeth!) ma si sentiva aria di guerra. Infilai Kataigida nel fodero e, quando fu ora, mi precipitai fuori col mio gruppo.
- Dunque, ragazzi – cominciò Percy, capo della spedizione –ci divideremo in 3 gruppi. Uno resterà a guardia della bandiera, l’altro li distrarrà e l’ultimo andrà a recuperare la bandiera rossa. E’ tutto chiaro? -
Urlammo tutti “Si”, in coro, e poi cominciammo a dividerci. Un gruppo andò all’attacco con Percy, un altro con Annabeth per distrarre i nemici e io mi trovai nel gruppo di difesa. Che palle, tutto il divertimento toccava a loro! Avrei dovuto stare lì ad aspettare di essere attaccata... Se mai fosse successo. Non volevo trasgredire agli ordini, ma nemmeno starmene con le mani in mano. Era la mia occasione per essere notata da qualcuno al campo!
Ero lì da poco è vero, ma gli unici amici che ero riuscita a farmi erano Percy e Annabeth, e forse solo perché erano abituati a queste cose. Tutti gli altri non mi avevano nemmeno guardato, e se l’avevano fatto era perché stavamo nella cabina insieme. All’inizio pensavo che fosse la timidezza o il fatto che non fossi ancora riconosciuta, ma più passavano i giorni e più mi rendevo conto che comunque non avrebbero fatto caso a me.
Ero così assorta dei miei pensieri che neppure sentii l’avvertimento urlato dal mio compagno di squadra prima che qualcosa mi colpisse la guancia e mi facesse cadere, facendomi sbattere la schiena a terra. Ancora intontita per la botta, sentii rumore di battaglia vicino a me, e ben presto mi rimisi in piedi ignorando il dolore. Realizzai che 7 ragazzi della squadra nemica ci avevano accerchiato (noi eravamo solo in 3) e che i miei due compagni si stavano facendo in 4 per tenerli a bada. Mi lanciai nella mischia e puntai sul fattore sorpresa, che ebbe un discreto effetto, dato che mandai al tappeto due ragazzi, colpendo uno sul viso col piatto della lama e l’altro nello stomaco con l’elsa. Altri due giacevano a terra privi di sensi, probabilmente già precedentemente sistemati da quelli della mia squadra, ma ancora 3 ne restavano in gioco. Io e i miei ci avvicinando, mettendoci schiena a schiena, con le spalle che si toccavano, e muovendoci a cerchio fissando i nostri nemici.
- Uno per ognuno, ok? – mormorai, e loro annuirono.
Poi ci lanciammo all’attacco.
Urlando, mi precipitai addosso al mio avversario tentando di disarmarlo, ma lui fu più veloce e si spostò, saltando e atterrando dietro di me, spingendomi e facendomi quasi cadere di nuovo. Ripresi equilibrio e mi voltai in tempo  per evitare quello che sarebbe stato un affondo in pieno petto, approfittando del fatto che mi ero dovuta abbassare per far ruotare una gamba di modo da farlo cadere. La mia strategia riuscì, e il mio avversario si trovò ben presto con le gambe all’aria e la mia spada puntata alla gola. Ebbi poco tempo, tuttavia, per godermi la mia vittoria, perché un urlo mi risvegliò. Quando mi voltai, vidi uno dei miei compagni a terra, ferito, e uno dei nemici che stava scappando. Con la nostra bandiera in mano.
Non ci pensai due volte e cominciai a correre verso di lui, determinata a riprenderla e a non lasciarli vincere. Lo inseguii lungo un bosco, e lui cercò di confondermi facendo slalom tra gli alberi e cambiando continuamente direzione, ma io non lo persi di vista. Quando gli alberi iniziarono a diradarsi, vidi un fiumiciattolo, stretto e apparentemente anche basso, facile da attraversare. Il problema non era quello. Il problema era che sulla riva opposta c’era la bandiera rossa della squadra nemica, per la quale i miei stavano combattendo. Era campo loro. Se io avessi lasciato che quel bastardo raggiungesse l’altra sponda, avremmo perso. Gli saltai addosso senza pensarci troppo, e cademmo entrambi nel fiume. Lui tentò di divincolarsi e di liberare le mani per prendere la spada, ma io lo bloccai per i polsi come avevo imparato durante l’addestramento. Quando, però, feci per estrarre la spada dal fodero, non la trovai. Impallidii. L’avevo lasciata cadere quando avevo visto il ragazzo che tenevo stretto con la bandiera. Idiota. La mia unica possibilità era un aiuto dall’esterno.
- Percy! urlai dal mezzo del fiume – Una mano? – Per fortuna, lui mi sentì e si voltò, sussurrando qualcosa a uno dei nostri compagni e abbandonando la battaglia, avvicinandosi al fiume. Non capii che diavolo stava facendo, quando sollevò le braccia a chiuse gli occhi, come se fosse concentrato. Stavo per chiedergli con maniere poco gentili che intenzioni avesse, ma le domande mi morirono nel fondo della gola quando gran parte dell’acqua del fiume venne prosciugata, anzi, innalzata allo stesso livello degli alberi nello stesso momento in cui Percy sollevò le braccia. Lui ha fatto questo?
Subito dopo, Percy mi guardò come per chiedermi il permesso. Se avesse travolto il ragazzo con l’onda, avrebbe travolto anche me. Avrei voluto che non fosse necessario, ma lui teneva stretta la bandiera sotto di sé e non era proprio magro, per cui era difficile spostarlo. Spostai lo sguardo dall’onda al bastardino a Percy, poi annuii. Chiusi gli occhi e quando l’immensa mole d’acqua ci travolse rimasi senza fiato perché.. Non successe nulla. L’acqua mi schivò, inondando ogni cosa ai miei lati, ma evitandomi come se sopra di me ci fosse una barriera invisibile. Quando tutta l’acqua tornò nel fiume, neppure una goccia d’acqua mi aveva bagnata.
Mi sollevai lentamente, confusa, senza capire cosa stava succedendo. Mi tremavano le gambe, tutti all’improvviso si erano ammutoliti e mi stavano guardando. Il mio sguardo si posò sull’avversario sotto di me, ancora nel fiume, rannicchiato in posizione fetale, che mi guardava battendo i denti terrorizzato, così tanto da aver lasciato la bandiera che ora giaceva ai miei piedi. Non sapevo cosa fare, così mi limitai a prenderla e a sollevarla. Il silenzio della folla non mutò.
- Tu.. L’acqua.. Ti ha.. – riuscì a dire con un filo di voce una ragazza di Afrodite (credo), mentre gli sguardi si facevano più intensi e anzi, i loro occhi si sgranavano in un’espressione di stupore mentre osservavano qualcosa sopra la mia testa.
Sollevai lo sguardo anch’io, e quando vidi ciò che li aveva tanto sorpresi, emisi un verso soffocato. Non potevo crederci.
Appena sopra la mia testa, fluttuante e silenzioso, c’era uno strano cerchio luminoso di colore verde. Al suo interno, un tridente.
- Poseidone – mormorò Percy rompendo il silenzio – sei mia sorella. –
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Silver Shadow