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Autore: Briseide    01/08/2008    2 recensioni
"Erano le due di notte quando Jo finiva di sistemare le sedie dopo la chiusura e nel piazzale una macchina aveva spento il motore. Erano le due di notte quando Dean Winchester era tornato da lei". [Dean/Jo][spoiler III stagione]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Terza stagione
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Disclaimer: Niente mi appartiene, non scrivo a scopo di lucro ma per puro gusto ed insonnia.
Spoiler: Fino alla III stagione
Note: La dedica va a Sunny, perchè le voglio bene e mi ha insegnato il texano andando ben oltre i fasulli piaceri del puro British XD, perchè guida una Impala, divide con me le disgrazie della vita e ha fatto di me la sua Smartass. Love you (L)
Come sempre sono troppo emotivamente coinvolta per poter prendere di essere la voce dell'oggettività =p

Take it as it comes


Prima parte.

Come tutti, aveva dei ricordi. Il giorno in cui aveva lasciato la sua casa per diventare una cacciatrice di professione li aveva raccolti tutti in una scatola, e l’aveva sigillata con del nastro adesivo scegliendone uno resistente quasi a tutto ma non indistruttibile.
Di quei ricordi per due aveva riservato un posto fuori dalla scatola, portava quello di suo padre nel cuore e quello di Dean Winchester da qualche parte attorno a lei, sempre vicino ma mai abbastanza perché potesse trovare pace, né troppo lontano perché potesse dimenticarlo, come succede nella vita con quelle cose incontrate per caso lungo la strada.
Aveva trovato lavoro in un altro bar, sfruttando la sua rabbia e la sua delusione in nuova energia per cacciare tutto ciò che a suo modo era stato partecipe della morte di suo padre e della perdita di Dean.
Non aveva saputo più niente di lui e aveva finto che non le importasse più di tanto. Per i primi mesi, in cui aveva dovuto prendere dimestichezza con un nuovo bancone e una autorità che non fosse quella di sua madre ma solo quella di un padrone, si era sorpresa ad alzare la testa ogni qualvolta la porta del locale si aprisse all’entrata di qualcuno.
Inconsciamente aveva sempre la piccola e stupida speranza di ritrovare quel passo scanzonato e l’aria da ramingo con cui Dean Winchester si era presentato a lei la prima volta.
Quando aveva capito che continuare su quella strada le avrebbe ben presto strappato il cuore dal petto per quanto le faceva del male, e che c’era una probabilità su un milione che Dean varcasse la porta di quel bar alla fine del mondo, Jo aveva smesso di sperarci e di aspettarsi qualcosa, aveva chinato la testa tornando al suo lavoro e per la prima volta aveva cercato di voltare pagina ed iniziare un nuovo capitolo, senza tornare continuamente ai precedenti.

•••

Con il tempo aveva imparato a diffidare dei ricordi. Lo aveva capito quando si era resa conto di quanto pericolosamente confortanti potessero essere.
Una notte aveva sognato suo padre e al risveglio si era quasi sentita soffocare dal vuoto della sua assenza. La giornata era stata un susseguirsi di disastri dopo l’altro, aveva rotto un bicchiere e rischiato di uccidere qualcuno mentre cacciava un demone particolarmente bravo a confondersi.
Mentre cercava un modo perché la sua mano smettesse di tremare, pensava che se davvero quell’uomo fosse morto, sarebbe morta un po’ di lei con lui, non avrebbe mai potuto perdonarselo. Quella notte aveva pensato a quanto fosse labile il confine tra la vita e la morte, e quanto una persona può fingere di essere viva quando in realtà è avvizzita dentro.
Aveva paura di svegliarsi una mattina e scoprire che la sua vita era diventata una notte perpetua, senza luce e senza alba. Di scoprire guardandosi allo specchio di non essere altro che un cumulo di cenere e di rabbia.
E poi, senza che potesse impedirselo, era riaffiorato di nuovo Dean Winchester tra i suoi ricordi.
Si era chiesta se un cumulo di cenere e di rabbia potesse prendere fuoco al pensiero di qualcuno e con tanta intensità, se fosse in grado di sentire la mancanza di un odore, di rimpiangere qualcosa con tanto fervore che neanche le lacrime avrebbero potuto darle sollievo. Guardandosi allo specchio la mattina dopo l’ultimo sogno fatto, si era chiesta se un cumulo di cenere e di rabbia potesse arrossire in quel modo e la risposta che si era data con un nodo alla gola e lo stomaco stretto in una morsa forte e a suo modo gentile, era stata di no.

•••

Un anno dopo quel sogno, Jo era ancora una cacciatrice, lavorava ancora in un bar e si spostava continuamente a seconda dell’itinerario che i demoni da cacciare delineavano per lei. Ogni tanto lasciava delle tracce dietro di sé, perché sua madre potesse avere la certezza che fosse viva, ma faceva sempre molta attenzione che le sue tracce fossero labili, in modo che non fossero un invito a raggiungerla, ma la certezza che da sola se la stava cavando bene.
Qualche volta le capitava ancora di sognare suo padre, altre volte le sembrava di ritrovarlo nella più banale quotidianità, quando un colore o un profumo riportavano alla mente un episodio del breve passato che aveva condiviso con lui.
Non aveva nessuno con cui parlare di quelle piccole riscoperte, ma tutto sommato andava bene anche così, teneva per sé quel sorriso e il calore di quel ricordo e andava avanti per la sua strada.
Poi d’improvviso sua madre aveva smesso di mandare qualcuno a controllare che le tracce da lei lasciate fossero ancora fresche.
Si era sentita offesa e abbandonata, dopo un momento di iniziale perplessità. Poi aveva vissuto nel terrore che le fosse successo qualcosa, riservando parte di quella angoscia anche per Ash. Infine si era detta che se davvero fosse successo qualcosa di grave, sua madre avrebbe mandato Bobby da lei per chiederle di tornare, o per raccontare quanto accaduto nel tentativo di farle male il meno possibile.
Mesi e mesi dopo aveva rotto nuovamente un bicchiere, nel momento in cui aveva preso atto di cosa stesse facendo sua madre. Proteggerla da una verità che non sarebbe stata in grado di tacerle se solo l’avesse guardata negli occhi, o vista di sfuggita.
Si era chiesta cosa nella sua vita potesse ferirla ad un livello tale che l’amore di una madre non avrebbe ritenuto sopportabile nel pensarlo per sua figlia.
Si era a malapena accorta di stare tremando con i cocci di quel bicchiere in mano, quando nel riverbero dei vetri taglienti sotto la luce fioca del locale aveva visto baluginare l’immagine di Dean.

•••

Aveva resistito ancora meno di quanto si era imposta, cercando di non perdere la testa e di ottenere conferme prima di dipartire completamente da ogni logica. Ma una settimana dopo l’incidente con quel bicchiere – la scoperta le aveva regalato un taglio sul palmo della mano, eterno ricordo del terrore provato la prima volta che aveva considerato l’idea che Dean potesse morire – aveva lasciato il lavoro al bar e noleggiato una macchina che non avrebbe più riportato indietro.
Era tornata sulla strada di casa solo perché sapeva che rintracciare Bobby sarebbe stato un progetto oltremodo ambizioso. Sua madre era stata felice di vederla di nuovo e poterla abbracciare, ma nel vigore dell’abbraccio in cui l’aveva avvolta, Jo poteva percepire la consapevolezza di sua madre nel saperla di ritorno per il motivo meno piacevole per un ricongiungimento.
L’aveva lasciata andare con una stretta alla gola, al pensiero che non sarebbe mai tornata a casa se non fosse stato per quel Dean Winchester.
Jo aveva insistito perché Ellen le raccontasse tutto ciò di cui fosse a conoscenza, nonostante una non piccola parte di lei desiderasse preservarsi da tutto quel dolore che sapeva stava per ricevere.
Ellen non voleva che Jo sapesse tutto quello, allo stesso modo in cui le aveva taciuto gran parte della storia di suo padre, per quel senso di protezione che si innesca quando si tratta delle persone che ami, nonostante la certezza che le ferirà doppiamente in futuro. Tuttavia Jo era intransigente con se stessa e con le persone che amava proprio quanto e come lo era suo padre, ed Ellen non avrebbe potuto amarla di meno, così le raccontò quello che sapeva.
Jo aveva ascoltato in silenzio, e tra tutti i sentimenti che le erano caduti addosso a quella notizia aveva finito con il non prevalerne nessuno, così si era alzata e senza dire una parola era uscita dal bar, cercando di raccogliere i pezzi di quello che restava di sé.
Di nuovo si era affacciato il pensiero di quel mucchio di cenere e rabbia annidato da qualche parte in lei, e quella volta aveva desiderato di esserlo davvero, cenere e rabbia, di modo che potesse fuggire quel dolore che la stava dilaniando.
Il pensiero di quello che sarebbe spettato a Dean le era di gran lunga più insopportabile, così aveva capito la differenza tra il desiderio e il bisogno di qualcuno, e quello che forse la gente definisce amare; la necessità di saperlo se non felice o sereno – perché sapeva quanto la vita potesse essere ingenerosa, lo era stata anche con lei - almeno al sicuro; la volontà di sacrificio per ciò che è caro e senza prezzo; quel sentirsi mancare l’aria poco a poco ad ogni ora che a lui veniva tolta e a lei rimaneva da vivere in un mondo del quale Dean non avrebbe più fatto parte.
Fino a quel momento aveva vissuto la propria vita portandosi dietro il ricordo di Dean, avendo però sempre la remota certezza che lui fosse realmente in giro da qualche parte, a fare il suo lavoro, seguendo la propria strada, sempre alle spalle di suo fratello perchè nessuno lo attaccasse impreparato, perché nessuno osasse anche solo concepire l’idea di potergli fare del male. Sapeva che ovunque fosse stava facendo qualcosa che in parte gli era stato affidato e in – gran – parte aveva scelto di fare, e questo a suo modo la faceva stare tranquilla. Le mancava e non voleva ammetterlo, ma era tranquilla nel sapere che lui avesse un proprio posto che lo facesse sentire a casa.
Non aveva mai neanche tentato di immaginare che Dean potesse semplicemente non esserci più, non tanto perché non riuscisse a parlarne quanto più perché le risultava inconcepibile.
Fuori dal bar il piazzale era assolato dalla luce di mezzogiorno, e l’assenza dell’Impala di Dean dove veniva abitualmente parcheggiata la accecò per un attimo. Avrebbe detto a chiunque che la luce troppo forte dopo la semioscurità del locale le faceva pizzicare e lacrimare gli occhi, mentre diceva a se stessa che i cumuli di cenere e rabbia non piangono.
Non piangono e non amano.

•••

Sua madre le impedì di ripartire di nuovo. Lei si era opposta con decisione, spiegando di non poter rimanere alla Redhouse, dove ogni cosa richiamava ad un tempo in cui Dean era stato lì, dove tutto sapeva di lui e dove lei non riusciva a respirare la sua assenza.
In parte diceva la verità, ma d’altro canto non aveva la minima intenzione di cercare un posto in cui non avrebbe potuto pensare a lui.
Ellen era stata irremovibile, credeva a ben ragione che sua figlia avrebbe fatto di tutto per ritrovarlo, e conoscendo l’ostinazione degli Harvelle e la determinazione del sentimento che la spingeva, sapeva che avrebbe ottenuto un modo per trovarlo davvero. Sapeva altrettanto bene che se fosse successo, in un modo o nell’altro, avrebbe perso sua figlia per sempre, e se da una parte l’amore è egoista e non voleva perdere la sua bambina come aveva perso suo marito, dall’altro era anche incredibilmente altruista e non voleva che Jo buttasse via la sua vita in tutto quel dolore. Aveva ancora troppo da dare al mondo e da ricevere, e troppi meriti che così fosse, per poterle permettere di rovinare ogni cosa e precludersi ogni felicità.
Quindi l’aveva tenuta segregata nel bar, come ai vecchi tempi, prima che i fratelli Winchester entrassero nel suo locale. Jo non glielo avrebbe mai perdonato, ma presto se ne sarebbe fatta una ragione, come tante altre volte aveva dovuto fare lottando contro la testardaggine e il senso di rivalsa mai sopito di sua figlia.
In quel periodo Jo aveva vissuto ogni giorno come in prigionia. Si aggirava tra il bar e la propria camera, un animale in gabbia, che si agita inquieto in uno spazio troppo piccolo, che ruggisce contro chiunque non sia ciò che desidera e vorrebbe scagliarsi contro quelle sbarre a costo di ferirsi duramente, pur di passare oltre. Lo sguardo impotente di chi è consapevole che è lì fuori il proprio posto, e che invece è relegato lì, nella morsa soffocante e affatto comprensiva del troppo amore di una madre.
Forse era passato un altro anno, fino a quando la prigionia non era finita.
Erano le due di notte quando Jo finiva di sistemare le sedie dopo la chiusura e nel piazzale una macchina aveva spento il motore. Erano le due di notte quando Dean Winchester era tornato da lei.

•••

Bobby aveva deciso che fosse il caso di tornare da Ellen; gli serviva qualcuno che avesse il polso duro come lui lo aveva prima di diventare tanto vecchio e tanto stanco e di dover recuperare il figlio di John dall’Inferno. Sam aveva accettato di buon grado, perché lottare contro un demone che lo voleva morto ad ogni costo e al tempo stesso contro il senso di colpa che lo attanagliava per quanto successo a Dean era troppo anche per lui.
Dean non aveva detto niente dopo aver esplicitamente lasciato ad intendere di non essere d’accordo, ma anche lui era reduce da un periodo non troppo piacevole ed era troppo stanco per combattere contro Bobby e suo fratello. Aveva ceduto le chiavi della Impala a Sam ogni qualvolta la strada aveva assunto contorni spiraliformi ai suoi occhi stanchi e per il resto aveva insistito perché fosse lui a guidare.
A metà strada la radio aveva crudelmente lasciato passare una vecchia canzone dei REO, non ricordava quale fosse il titolo, ma ne richiamò alla sua mente un’altra e solo allora, scalando la marcia fin troppo bruscamente per la sua guida sciolta, Dean aveva realizzato che tornando da Ellen, tornava anche da Jo.
Non aveva più aperto bocca per il resto del viaggio, gettando Sam nella solita preoccupazione e Bobby in un cupo rimestio di pensieri, che si era concluso con un sospiro e l’accenno di un sorriso nascosto sotto la tesa dell’immancabile cappello calato sulla testa.


  
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