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Autore: Lady_Daffodil    01/08/2008    7 recensioni
Anna e il suo sogno. Per raggiungerlo è disposta a compiere sacrifici e ad impegnarsi enormemente. Eppure c'è chi, alla sua stessa età, ha già ottenuto tutto o quasi dalla vita in un tempo davvero irrisorio. Ma se queste vite così diverse si incrociano, da questo incontro ci sarà una lezione da imparare sia per l'una che perl'altra parte.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blue Orchid                                                                                    Wir sind ja noch zusammen

Questa fan fiction è un regalo, un regalo per una persona meravigliosa. Per Anna, la mia migliore amica, la mia sorella dal sangue diverso. La prima ad aver creduto in me e ad avermi sostenuta. Ti regalo questo sogno affinchè tu lo viva fino in fondo e non smetta mai di sognare.
Non sono forse proprio questo le fan fiction? I sogni di persone che non hanno paura di sognare perché, si sa, sono questi che ci aiutano a vivere.


I Tokio Hotel non sono una mia creazione e con questa storia non si pretende di dare una rappresentazione veritiera su caratteri e vite dei personaggi. Inoltre è una fan fiction scritta non a scopo di lucro.


                                                                                                    Blu Orchid


Anna spense il mozzicone della sua Camel. Si strinse ancora di più nel suo cappotto. Non si sarebbe mai abituata ai rigidi climi della Germania, lei, che non solo era italiana ma per di più di un caldo paese del Sud.
Si diresse alla fermata dell’autobus. La giornata all’università era stata abbastanza impegnativa e, come se non bastasse, l’aspettava una lunga serata di lavoro al pub.

                                                                                                          ***

-Sono tornata!- Anna fu ben lieta di sbarazzarsi del peso della borsa carica di libri come al solito.
-Sei in ritardo!- Edel,la sua coinquilina, si affacciò dalla porta del bagno, un occhio truccato e l’eye liner in mano.
-Lo so, ho dovuto sistemare alcune pratiche in segreteria. Ora mi vesto.
L’amica le sorrise comprensiva. Quel sorriso da sorella maggiore la rassicurava sempre. Come la prima volta che si erano incontrate…
Anna non si era ancora trasferita in Germania ma si era recata ad Amburgo per vedere la facoltà alla quale la borsa di studio l’aveva destinata e per cercare un appartamento non troppo dispendioso in cui potersi sistemare. Mentre leggeva gli annunci in bacheca una ragazza più grande di lei si era avvicinata per affiggerne uno.
Edel dapprima l’aveva squadrata, poi le aveva detto:- Hai la faccia di una matricola che cerca casa.
 Anna si chiese quale fosse la faccia da “matricola che cerca casa”. Ma pensò che dovesse essere esattamente l’espressione che aveva stampata sul viso.
-Sì, in effetti…
-Allora ho quello che fa al caso tuo. Me ne sono appena andata  di casa ed ho trovato un appartamento. Ma ho bisogno di  qualcuno con cui dividerlo altrimenti non ce la faccio a pagare l’affitto da sola.
E così Anna si era trovata a dividere l’appartamento di Edel e a lei doveva anche il fatto di aver presto trovato un impiego nel pub dove lavorava.
Nello stesso pub dove dovevano sbrigarsi ad andare se non volevano perdere il posto…!
Anna contornò i suoi occhi nocciola con un tratto di eye liner. Poi si fermò ad osservarne l’effetto. L’immagine che lo specchio rifletteva non la soddisfaceva e chissà se mai l’avrebbe fatto…Il taglio corto e sbarazzino dei capelli corvini le conferiva un’aria più adulta e questo in fondo non le dispiaceva. Ma la sua altezza! Questo purtroppo restringeva di molto il campo di ragazzi con i quali avrebbe potuto avere una relazione poichè non dovevano essere più bassi di lei. Per non parlare poi del suo fisico. Si sentiva sempre in un corpo che non era il suo, adorando la magrezza delle ballerine. E questo pensiero fisso non le sarebbe mai passato, nonostante venisse continuamente smentito dalla gente che le stava intorno.
Sbuffò, voltandosi e dando le spalle a quel maledettissimo specchio nel quale non vedeva ciò che avrebbe voluto…

                                                                                                        ***

L’Irish pub dove lavoravano non era molto distante dall’appartamento ma Edel preferiva sempre prendere l’auto perché, come diceva lei, “da quando hanno chiuso i manicomi, dopo la mezzanotte non sai mai chi puoi incontrare”.
Fortunatamente il locale era ancora chiuso. Avevano fatto in tempo.
Scivolarono silenziosamente nella stanza sul retro per posare borse e cappotti ed indossare il grembiule senza far notare il loro ritardo.
-Eccole le mie ritardatarie- Hans fece capolino dalla porta.
-Colpa sua!- si giustificò prontamente Edel indicando Anna. La ragazza alzò gli occhi al cielo.
-Università?- le chiese dolcemente Hans, chiudendo la porta alle sue spalle.
-Già…
-Cerca di non esagerare, Anna. Altrimenti ti dovremo raccogliere con il cucchiaino.
Com’era dolce Hans…sempre disposto ad ascoltare, a dispensare consigli. Peccato che lei in tipi così non riuscisse a vedere niente di più che una buona amicizia. Purtroppo aveva una naturale propensione per i ragazzi che la facevano soffrire. Purtroppo…
Si riscosse dai suoi pensieri e rispose ad Hans.
-Oh, sta tranquillo. Non c’è problema. Ho un obiettivo da raggiungere e non mi pesa lavorare per questo.
Il ragazzo annuì. Sapeva che quando l’amica si metteva in testa una cosa era assai arduo farle cambiare idea.
Poi, sembrò rabbuiarsi:- Ragazze, oggi il locale aprirà più tardi.
Le ragazze si scambiarono un’occhiata.
Anna si chiese quale cataclisma naturale aveva portato il suo capo a posticipare l’apertura del pub e a perdere dei clienti.
Hans sembrò interpretare i suoi pensieri così spiegò:-Carl ci vuole parlare.
 La cosa non piacque affatto alla ragazza, ma si affrettò a seguire Hans ed Edel fuori dalla stanza.
Carl aveva rilevato quell’attività parecchi anni prima, ma era stato sempre pronto ad assumere nuovi ragazzi per aiutarli economicamente, a dispetto della sua apparenza di taccagno.
Quella sera Carl era come al solito dietro alla cassa ma aveva un’aria grave.
Anna salutò con un cenno del capo gli altri dipendenti. La tensione si poteva tagliare con un coltello.
C’era sicuramente qualcosa che non andava.
-    Bene ragazzi.- iniziò Carl- Come immaginerete, c’è qualcosa di molto importante che devo comunicarvi.
Tutti si scambiarono uno sguardo interrogativo. Anna sperò vivamente in qualcosa di positivo, non era proprio il momento delle cattive notizie.
-    Sapete bene che ormai da sei mesi ha aperto nel vicino isolato un nuovo locale, il Viper.
E chi se lo scorda?! Pensò Anna Da quando ha aperto abbiamo perso un terzo dei nostri clienti!
- Purtroppo questo ci ha fatto perdere molti clienti. Troppi. Fortunatamente negli ultimi mesi grazie ai clienti fissi e abituali siamo riusciti ad andare avanti. Ma il proprietario ha aumentato l’affitto con la minaccia che se non ce l’avremmo fatta a pagarlo, ci avrebbe fatto chiudere. A quanto pare ha in mente progetti più fruttuosi per questo posto.
Anna chiuse gli occhi, sperando di non dover sentire altro.
Ma Carl sospirò e proseguì:- Purtroppo per quanti sforzi abbiamo fatto, non riusciamo a pagare l’affitto.
No…
-    Dobbiamo chiudere…
No…
-    Carl non è possibile!!- sbottò Anna. – Come diavolo facciamo?
-    Mi spiace Anna, ma non posso farci nulla.
Anna ricacciò indietro le lacrime di rabbia che volevano fare capolino dai suoi occhi mentre l’ansia e la preoccupazione si impadronivano di lei. Come avrebbe fatto? Aveva l’affitto da pagare, le bollette...e come se non bastasse la borsa di studio che aveva vinto per studiare un anno in Germania stava per terminare e se desiderava continuare a farlo, avrebbe dovuto sostenere le spese di tasca sua. I suoi genitori le passavano un consistente assegno mensile ma comunque insufficiente. Inoltre non voleva appoggiarsi troppo ai suoi per realizzare i propri progetti prima di tutto perché voleva farcela con le sue stesse forze e poi perché la sua famiglia inizialmente non era stata troppo d’accordo con le sue scelte.
Quando Anna si era iscritta a Scienze della Comunicazione le avevano detto che nella sua città non era una facoltà valida e che non le avrebbe portato alcun impiego. Ma voleva fare la giornalista e questo non glielo avrebbe impedito nessuno: durante il primo anno si era impegnata a fondo per vincere la borsa di studio in palio e poter così frequentare un istituto che le avrebbe fornito tutte le carte giuste.
Purtroppo però, come le ripeteva sempre suo padre, con i sogni non si mangia e senza soldi non sarebbe andata da nessuna parte. Tranne che a casa sua. E la prospettiva non era delle più allettanti.
 
Quella sera tornando a casa Edel le mise un braccio attorno alle spalle.
-Dai, vedrai che qualcosa troveremo per andare avanti. E poi avremo la liquidazione.
Anna la guardò storto.
-    Ma certo! E’ sufficiente per un pacchetto di mentine!

                                                                                                              ***

Anna si chiese quando avrebbe iniziato a perdere capelli. Sapeva che per lo stress succedeva a molti e se non era stressata lei…!
Alle volte si dimenticava persino di mangiare per quanto era impegnata.
Divideva il suo tempo tra lo studio, lo smantellamento del pub e la ricerca di un nuovo impiego. Che fino a quel momento non le aveva fruttato granchè. Nessun locale cercava personale e gli unici annunci di quel tipo erano per degli strip club. E per quelli non sprecò neanche il tempo a pensarci.
Aveva fatto un paio di “colloqui”  per l’assunzione in qualità di dog sitter, ma i potenziali clienti erano terribilmente esigenti e ricercavano gente con credenziali ed esperienza. Peccato che lei non fosse un’esperta nel pulire le cacche dei cani!
Lei, che aveva giurato di non voler figli, si era persino sottoposta ad una seduta di babysitteraggio armandosi di santa pazienza, ma gli orari coincidevano con quelli delle lezioni all’Università ed aveva dovuto rinunciare.
L’edicolante ormai le consegnava il giornale degli annunci senza che lei glielo chiedesse ed era diventato suo amico.
Certo, non che agli altri andasse meglio.
Hans per il momento era dovuto tornare a vivere con i suoi, in attesa di tempi migliori.
Mentre Edel era allo sbaraglio proprio come lei con l’unica differenza che aveva molte più conoscenze ed Anna avrebbe scommesso quei pochi soldi che le rimanevano che avrebbe trovato un impiego prima di lei.
Se lo avesse fatto avrebbe risolto i suoi problemi economici e magari sarebbe persino diventata ricca.
Quella sera quando Edel rientrò Anna era a letto con le coperte tirate fin sotto il naso, due occhiaie persistenti, pennarello rosso in una mano e giornale degli annunci poggiato sulle ginocchia da sopra alla coperta.
Edel era raggiante.
-Ho trovato un lavoro!
Anna non rimase sorpresa ma si maledisse mentalmente per non aver scommesso.
-Dove?
- In un fast food.
Poi, notando la faccia contrariata dell’amica aggiunse:- Lo so, fanno schifo come posti e fanno schifo i cibi che servono ma poteco fare la schizzinosa a un passo dallo sfratto?
Anna negò con il capo.
-Hai ragione- sospirò. Odiava i fast food e tutto ciò che comportavano ma in quella situazione di crisi le sembrava un sogno poter lavorare lì.
-Senti Edel, non è che per caso…
-No, Anna mi spiace. La prima cosa che ho chiesto era che assumessero anche te, ma il personale è già al completo e mi hanno assunta solo perché conosco la proprietaria. Figurati che nonostante questo mi hanno fatto un bel po’ di problemi.
Anna sospirò.
-Non importa.- disse con un gesto della mano, come a voler scacciare la delusione. Ma ormai nutriva una profonda sfiducia.
Eppure sul viso di Edel si aprì un sorriso smagliante che si trasformò poi in una risata.
-Ma ti pareva che non pensavo a te? Ti ho trovato un lavoro.
Si avvicinò al tavolino dell’ingresso dove aveva posato la borsa e vi estrasse un volantino. Lo porse all’amica che sembrava però poco convinta. Quell’inserzione aveva tutta l’aria di essere uno di quegli annunci che ti promettono tanti soldi e poco lavoro ma che non ti dicono di quale attività si tratta. E quando lo scopri non è mai qualcosa di piacevole.
Ma in realtà quello che le interessava era un indirizzo e-mail, un indirizzo web e un numero di telefono scribacchiati a penna da Edel sul retro.
-    La proprietaria del fast food che mi ha assunta è anche comproprietaria di un locale piuttosto esclusivo e per questo ha parecchi contatti. Insomma, le ho raccontato la nostra situazione e ha detto che prendere tutte due era impossibile ma qualcosa per te poteva anche farla. Così mi ha dato questa soffiata.
Anna continuava a rigirarsi perplessa il foglio tra le mani. Edel notò la scarsa convinzione dell’amica, così proseguì.
-    Lo so che non è molto ma a quanto pare la retribuzione è molto alta.
A queste parole Anna alzò il capo e perse ogni dubbio, come un segugio che abbia annusato la preda.
Uno strano lucicchìo di determinazione le si accese negli occhi.
- Bene. Dimmi cosa devo fare.


Note: il titolo blu orchid è anche il titolo di una canzone dei White stripes. Mi sembrava appropriata per descrivere la protagonista. E’una persona determinata, con le sue idee. Una persona che riflette troppo e che passa tutto al setaccio della razionalità. Ma, come vedrete nel corso della storia, qualcosa la farà cambiare e saprà anche lei lasciarsi andare.
Per chi non conoscesse la canzone ecco qui il link del sito su cui potete trovare il testo: http://angolotesti.leonardo.it/W/testi_white_stripes_(the)_335/testo_canzone_blue_orchid_147100.html


Lady_Daffodil
  
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