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Autore: icered jellyfish    24/05/2014    3 recensioni
[ Dedicata a Mania | Loki x Sigyn ]
Le appariva così buia e mistica, da sembrare una pennellata di inganni inchiostrata davanti ai suoi occhi – in quel posto da incubo che non avrebbe saputo immaginarlo più calzante di così, per un momento come quello. Per un momento dove avvertiva l'immensità di se stesso accanto a lei, l'incommensurabilità della loro complice appartenenza l'un l'altra.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Gli incubi sono fatti di inganni
Leggere le note autrice a fine capitolo.






C A P I T O L O   U n i c o

“ Gli incubi sono fatti di inganni







Il suo urlo riempì il silenzio predominante dell'attimo prima, rimbombando tra le solide pareti rocciose di quel luogo così dannatamente buio e scuro, da farlo sentire parte di esso.
Echeggiò con prepotenza per diversi secondi, ma il nome che aveva appena fatto a gran voce – preoccupata e rabbiosa al tempo stesso – sembrava essergli già sfuggito di mente – come se non appartenesse a nessuno, come se non si fosse nemmeno reso conto di quanto significato potessero avere quelle semplici cinque lettere.
Con la costante incertezza sul dove posare o meno lo sguardo,
a scatti si girò ripetutamente alle sue spalle, puntando orizzonti imprecisi e sgranando i suoi occhi verdi e penetranti – affilati, iridi dalla colorazione talmente tetra da essere in grado di ipnotizzare chiunque si fosse imbattuto con queste, un rigoglioso prato baciato dall'oscurità di una notte intensa almeno come quella che lo stava avvolgendo in quel momento.
Sentì la fronte bagnarsi improvvisamente, finché la prima goccia di sudore freddo non gli accarezzò le tempie, percorrendo poi i solchi dei suoi zigomi amabilmente scavati sul suo volto – spigolosi, ma perfetti, incapaci di deturpare la precisione del suo viso asciutto e graffiante – e facendogli provare lungo la spina dorsale il brivido di quel freddo che, di norma, era solito innestare negli altri – senza sapere perché avvertisse tale sensazione, senza capire perché si trovasse lì e come ci fosse giunto.
Non ricordava nulla dei momenti antecedenti il suo arrivo in quel luogo sperduto e desolato – ma assurdamente familiare, così tanto da ricordargli inspiegabilmente Jötunheimr –; tutto ciò che gli era chiaro, però, era che doveva trovarla, e non sapeva assolutamente dove fosse.
«Sigyn!» Urlò nuovamente, digrignando i denti una volta ricongiunti tra di loro – guardando, senza reale attenzione, il cielo sopra di lui, imperscrutabile, ricoperto da una coltre di nubi fitta e sporca di nero.
La condensa del suo respiro si sciolse lentamente nell'aria gelida che gli pungeva la pelle diafana – senza riuscire però a infliggergli sofferenza – finché, una volta sparita, Loki non scorse una piccola e scura figura sdraiata su un lago ghiacciato poco distante da lui – uno scenario a cui non aveva avuto modo di far caso prima, come se fosse comparso lì all'improvviso, esattamente in quel momento. Per lui.
Il fiato gli spezzò prima di riuscire a lasciare la sua bocca, costringendolo a paralizzarsi in quella che gli sembrò una morte improvvisa – il suo cuore aveva preso a battergli così forte nel petto, da non riuscire più nemmeno a capire se quello potesse essere considerato un segno vitale o esattamente il contrario.
Senza pensare oltre a quale potesse essere la cosa più sensata da fare davanti a tutto quello, si affrettò ad avvicinarsi quanto più velocemente possibile a colei che aveva cercato con disperazione e che ora stava lì, distesa sopra quella pozza di ghiaccio bianco e brillante – un diamante con la punta incastrata nel cuore della Terra, con solo la sua liscia ed incantevole superficie disposta a mostrarsi all'esterno.
Le era ormai davanti, ma non riusciva a distinguere i suoi lineamenti – sebbene sentisse la benevola percezione di poter tirare un sospiro di sollievo, nell'aver finalmente davanti quella creatura a lui tanto cara, ma che non riusciva a comprendere chi fosse e come la conoscesse.
Era tutto così confuso da farlo sentire bene, da farlo sentire a suo agio in tutta quella sconnessione, in tutta quell'illogica realtà che stava vivendo con un'estremizzazione assurda delle sue emozioni.
Si sdraiò, a sua volta, accanto a lei, lasciando che i ciuffi corvini dei suoi lisci capelli – costretti in una prigione di brina e granelli di ghiaccio secco – gli ricadessero sul volto, infastidendolo, ma non così tanto da convincerlo a sistemarli in altra maniera – nulla aveva più importanza di lei, ora.
La osservò con meticolosa attenzione, non riuscendo a captare nulla più che ombre indistinte sul suo viso, ma registrando nella sua mente arrogante la significatività che quella donna aveva per lui – e solo in quel momento, si rese conto di essere adulto anch'egli.
«Non voglio dimenticarti», le confessò d'un tratto, senza voler dare un vero criterio a quella dichiarazione senza basi d'appoggio – ma che sentiva, con ogni fibra del suo corpo, dovesse farle.
Come unica risposta, ricevette un ennesimo sorriso, indecifrabile, ma rassicurante – e non capiva come fosse possibile che l'avesse colto, poiché nulla, del suo volto, era distinguibile.
Le appariva così buia e mistica, da sembrare una pennellata di inganni inchiostrata davanti ai suoi occhi – in quel posto da incubo che non avrebbe saputo immaginarlo più calzante di così, per un momento come quello. Per un momento dove avvertiva l'immensità di se stesso accanto a lei, l'incommensurabilità della loro complice appartenenza l'un l'altra.
Forse era una grandissima bugia, un'illusione che qualcuno gli stava raccontando prendendolo in giro e giocando sul suo punto forte – che, inspiegabilmente, gli sembrava essere sfuggito completamente dal suo controllo –, e trovava incredibilmente poco divertente tutta quell'indecrittabile concentrazione di sentimenti e confusioni – così assurdi, ma così suoi, da non riuscire a capire come si fossero innestati in lui.
Inarcò appena più in su l'angolo sinistro delle sue labbra, scoprendo la smagliante dentatura ed esibendo, con assoluta naturalezza, un ghigno capace di essere fatale e caldo in un'unica soluzione – destinato al mondo nella sua prima sfumatura, e a lei nella seconda.
Tese una mano in sua direzione, con la speranza di toccarla, sfiorarla almeno, per sentire la finezza della sua pelle o assaporare tra le sue dita i definiti boccoli della sua chioma rilassata sulla superficie cristallizzata sulla quale ancora erano – come due pezzi di ghiaccio facenti parte di essa, perfettamente conformi col posto in cui dovevano stare, senza lacrime, senza dolore o inadeguatezza. Perfetti, come il gelo a loro contatto che penetrava nelle loro ossa senza scalfirli, come l'aridità che li ospitava – la stessa che sembrava essere l'unica condizione capace di rendere giustizia alla loro solennità, l'unica condizione in grado di non disturbare la purezza della guerra che contenevano, quella che sarebbe esplosa senza ritegno, se solo qualcuno o qualcosa avesse interrotto quel che loro erano.
Eppure non ci riuscì, non riuscì a raggiungerla, a congiungersi con lei, poiché, tutt'a un tratto, la distanza che li separava sembrò farsi sempre più confusa, inspiegabilmente, come se qualcosa li stesse allontanando.
Con non comprensione, si allungò di più, sperando che bastasse quello a interrompere il loro distacco, ma a nulla sembrò valere quel tentativo, e nemmeno i successivi, finché, senza preavviso alcuno, l'intero corpo di colei con cui tentava di congiungersi, non le fu risucchiato via davanti agli occhi – sparendo in uno sfondo nero che la inghiottì completamente.
«SIGYN!» Gridò istintivamente, sollevandosi con rapidità sul gomito e irrigidendo l'altro braccio verso il vuoto che gliel'aveva portata via, ma quello fu un gesto senza risultati, così come la sua espressione rabbiosa e la violenza trattenuta nella compressione furiosa dei suoi denti – e fu lì, che il dio degli Inganni si accorse di essere sotto inganno di se stesso, alzandosi di scatto dalla dura superficie di ghiaccio, per poi rendersi conto di quando fosse morbida e regale, coperta di preziose lenzuola fatte delle più pregiate stoffe.
Destabilizzato, scrutò ogni dettaglio attorno a lui, non lasciandosi sfuggire nemmeno il più piccolo elemento della sua immensa camera dalle tinte oro e ambra.
Respirò affannosamente, cercando di realizzare quanto tutto fosse stato solamente un brutto sogno – sincerandosi da solo della cosa, nella speranza di riuscire ad abbandonare le angosciose sensazioni che quell'incubo gli aveva impresso addosso e dentro.
Con grande sollievo, si rese conto ben presto di quanto ogni angolo di quel mondo fosse rimasto incastrato in quella sacra dimensione che solo l'inconscio abbandonato sapeva raggiungere, dimenticando, così, ogni cosa, ogni minuzia, ogni sfaccettatura di quell'irreale episodio che aveva appena vissuto – persino quel nome.
Ora, era di nuovo un ragazzino, non più l'uomo di quello scherzo della sua testa – sebbene sulla sua pelle percepisse ancora delle reminiscenze di tutto quello.
Rendendosi conto di quanta clemenza gli fosse già stata concessa nel rimanere supino fino alle prime ore del pomeriggio, decretò che il suo sconfinato baldacchino non era più degno di ospitarlo più a lungo di così – oltre ad essere per lui una stazione troppo carica di qualcosa che non intendeva ricordare o analizzare –, ma per quanto lo avesse ormai abbandonato – vestendosi dei suoi articolati e complessi abiti quotidiani, scomodi ma necessari per rappresentarlo appieno  – le sfumature di quell'incubo inspiegabile e ormai irrecuperabile, tra i ricordi della sua mente, non sembravano volersi scollare da lui, persistendo nel tormentarlo con un accanimento che continuava a fargli cadere addosso una pioggia di domande senza risposte – quesiti che, puntualmente, tentava di ignorare per quanto li ritenesse folli, ma ciò non sembrava bastare a rasserenargli la mente. Così come nemmeno il passeggiare per i corridoi più isolati della Caserma Reale riusciva ad aiutarlo, sua amata abitudine da sempre, per estraniarsi dal mondo e concedersi a solo se stesso.
Il clima mite e accogliente di quella giornata di eterna primavera, sapeva donargli un gradevole piacere in grado di fargli apprezzare la sua decisione essersi ritagliato un momento in piena solitudine 
– prima di recarsi, con assoluto ritardo, alla tavola per il pranzo –, ma per quanto l'incantevole struttura architettonica rinascimentale di quel corridoio fatto interamente in marmo – affacciato su un panorama storico e suggestivo, magnetico – fosse un posto pressoché scartato da chiunque, quella volta Loki si ritrovò a scorgere in lontananza la figura di una giovanissima ragazza assorta nei suoi pensieri – seduta sulla ringhiera laterale, con le spalle appoggiate alla colonna solida e i petali bianchi a caderle in testa dai vasi appesi tutt’attorno al pilastro.
Se ne stava tranquilla a godersi la veduta mentre tagliava i propri ricci biondi – a rimuginare su un qualcosa di cui lui non avrebbe mai immaginato o conosciuto il fulcro
– e lasciava cadere le ciocche come steli strappati oltre il balcone, guardandoli disperdersi nel vuoto e confondersi nei dettagli del suolo – con l'aria di chi non sapeva se sentirsi triste o meno per quella perdita.
In un qualche modo, Loki, si sentì assuefatto da quella visuale tragicamente malinconica e artistica al contempo – un quadro dipinto sull'istante per distrarlo, per catturarlo. E ci era riuscito, ci era riuscito così bene che la presenza inaspettata di quella giovane era stata in grado di sostituire l'interrogatorio interno che lo teneva incatenato a qualcosa che non riusciva e non voleva riportare alla mente.
Una fonte di interesse che lo fece sorridere maliziosamente – come se quell'incontro sarebbe stato in grado di risultare addirittura divertente, se si fosse avventurato maggiormente, perché pur non conoscendo quella ragazza dai meravigliosi boccoli dorati, lo attirava più di quanto fosse disposto ad ammettere, il suo tagliarli con tanta e curiosa superficialità, e questo,
con il suo silenzioso e raffinato passo, lo spinse ad avvicinarsi a lei.
«Pensavo che in quest’ala della caserma non vi fossero le reclute.»






F I N E




    » N O T E    A U T R I C E ;

E' il mio debutto sul fandom di Thor, e mi sento una pivella alle prime armi per diversissimi motivi.
Premetto che la Marvel mi piace tanto quanto mi fa incazzare – ma non mi addentrerò più di così in questo argomento – quindi, essendo che mi fa incazzare parecchio, è pressoché automatico fare la relazione di quanto mi piaccia, e quindi ho dunque deciso di scriverci!
Loki è sicuramente il personaggio che più mi ha catturato; è intensamente interessante, un groviglio di sfaccettature difficili da cogliere e soprattutto capire, e mi piacerebbe davvero poterlo conoscere meglio e appieno. Per questo ho però bisogno di immergermi maggiormente nella lettura dei fumetti, E QUI CASCA L'ASINO, poiché non ho voglia né costanza per farlo haha.
Devo essere franca e confessare, appunto, fin da subito, che l'universo di Thor non è sicuramente quello in cui sono più afferrata, ma ho pensato di conoscere abbastanza di questo mondo, da convincermi a intesserci qualcosa sopra – e tadaaan, ecco la mia storia.
Sono voluta restare sul generico proprio perché non conosco tutto tutto di Thor, quindi non volevo addentrarmi troppo nel descrivere angolazioni o dettagli di cui conosco poco e niente e ho così preferito descrivere semplicemente il legame di Loki e Sigyn – che, davvero, mi piacciono moltissimo.
PREMESSA FONDAMENTALE; questa storia è strettamente legata alla raccolta L'amore che non salva, danna, corrode e rende fedeli di Mania – mia cara amica, a cui appunto la storia è dedicata, essendo che mi ha praticamente puntato una pistola alla tempia ordinandomi di scrivere una LokixSigyn, ma questo non lo diremo.
Lo potrei considerare una sorta di prologo alla sua raccolta, appunto, perché – come chi l'ha letta ovviamente saprà – il suo inizio si allaccia notevolmente al mio finale – anzi, viceversa.
Amo immensamente la caratterizzazione che Mania ha dato a Sigyn, e non perché sia mia amica, ma perché, semplicemente, non riesco davvero a immaginare una Sigyn diversa accanto a Loki – e trovo realmente sia la miglior Sigyn in cui mi sia mai imbattuta. E di Sigyn ne ho viste svariate versioni, purtroppo.
Nella parte conclusiva di questo racconto, ho riutilizzato  con suo consenso ovviamente  un paio di descrizioni scenografiche di Mania, per Sigyn, che sentivo necessarie per dare più 'spessore' al legame della mia storia alla sua, quindi se le rivedete a intermittenza, niente paura. E' tutto regolare. x°
Che altro dire; per la scena del lago ghiacciato mi sono ispirata alla stessa che si può vedere nel meraviglioso film Eternal sunshine of the spotless mind – meglio conosciuto, qui in Italia, come Se mi lasci ti cancello – eee... E niente. Volevo dirlo.
Spero di aver reso bene la sconnessione dell'incubo di Loki; tutte le descrizioni confusionarie e di – credo – difficile comprensione, non sono un mio errore o una mancanza di passaggi, ma una cosa assolutamente voluta. I sogni e gli incubi, il più delle volte, hanno svolgimenti totalmente assurdi e improbabili, e io mi sono voluta rifare a questo. :I
Loki che sogna Sigyn, comunque, non è un segno premonitore, ma semplicemente l'intenso ed intrinseco legame che voglio credere li unisca – perché, davvero, secondo me sono qualcosa di etereo, di inestinguibile e di prescritto. Non c'è via di scampo per loro, se non quella di finire assieme per formare, nella loro completezza, un ché di pericoloso e indistruttibile.
Ultima cosa; come sicuramente avrete notato – o noterete se visiterete anche il suo profilo –, l'impaginazione delle mie storie e quelle di Mania, si somigliano incredibilmente. Questo non è né un plagio suo a me, né un plagio mio a lei, semplicemente, abbiamo stilato assieme il layout di presentazione per i nostri scritti. Tutto qui, niente più e niente meno.
Rileggendole, credo di aver scritto davvero troppo in queste note autrice haha, quindi vi saluterò e vi ringrazierò per tutte le eventuali letture e commenti! Mi auguro di non essere approdata nel peggiore dei modi, qui. x°
Alla prossima,


© a u t u m n
   
 
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