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Autore: Sundy    01/08/2008    2 recensioni
Quella sera il Marchese Kadar trovň ad accoglierlo solo i suoi servitori in preda ad un’apprensione tale da riuscire a turbarlo, e quando ne chiese ragione, solo il vecchio maggiordomo osň mugolare “ la signora Maria ...”
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nota introduttiva :Questa č, vi avverto, pesantina. E mi ha messo a disagio scriverla, non lo nego, ma era una sensazione troppo forte. I signori Kadar possono funzionare come un buon esempio di una dinamica di coppia umano/methuselah per molti versi fallimentare. Un po' la demolizione della poetica idea del vampirismo, perchč non č linfa e nettare della vita, č sangue, solo e solo sangue.... secondo me si sente anche che č una storia scritta da un'ematofobica cronica ° °
il titolo č la traduzione ungherese del verbo 'sanguinare'.

* * *

Era costume, per i servi del Marchese d’Ungheria, ostentare anche nelle situazioni piů banali e ordinarie, un atteggiamento apprensivo e timoroso, che i veterani della grande residenza di Buda avevano perfezionato con precisione manieristica, e del quale i nuovi arrivati assimilavano in tempi brevissimi i rudimenti, in quanto quella remissivitŕ lacrimosa era l’unica arma possibile per contrastare gli impenitenti attacchi di collera del loro signore.

Gyula Kadar, insofferente ai loro piagnistei come ad un consistente numero di altre cose create, si era abituato anche troppo presto a non dare molto peso alle espressioni farsescamente contrite che puntualmente lo accoglievano a casa, in parte perché il mea culpa dei suoi servitori, pur conservando intatta la funzione primaria di inibire la sua aggressivitŕ, veniva ormai utilizzato per riferirgli di inconvenienti e problemi quasi sempre infimi, e in parte perché, dal giorno del suo matrimonio, tra quelle facce tese nello sforzo di mostrarsi mortificate incontrava, unico punto degno di essere messo a fuoco, il volto radioso di Maria, pronta ad accoglierlo con la sua morbida mano tesa ed un rapido, intimo bacio sulla guancia.

Ma quella sera, rientrando da un’incontro diplomatico alcuni nobili boemi che si era tenuto nella cittŕ bassa, trovň ad accoglierlo solo i suoi servitori in preda ad un’apprensione tanto autentica da riuscire a turbarlo, e quando ne chiese ragione, solo il vecchio maggiordomo osň mugolare “ la signora Maria ...” ma il Marchese non gli lasciň il tempo di concludere la sua traballante affermazione.

Raggiunse la moglie nel suo salotto preferito col cuore che martellava in gola, e tutta la sua forza di essere superumano vanificata dal terrore che strisciava, subdolo sotto la sua pelle diafana. La stanza era in perfetto ordine, fatta eccezione per il cerchietto da ricamo scaraventato malamente sul pavimento e per la figura contorta di Maria, che, appoggiata alla poltrona sussultava scossa da cascata di singhiozzi.

La donna piangeva senza trattenersi, il suo viso gentile deformato dai gemiti, gli occhi ridotti a due bubboni, la bocca una fessura senza contorni dalla quale si levava un lamento ininterrotto, di animale ferito a morte. Sul sedile della poltrona e sul suo vestito rosa pallido spiccavano delle grosse macchie rosse, dai contorni rappresi.
- Maria …- mormorň l’uomo in un singulto strozzato, i suoi stivali da cavallerizzo inchiodati alla soglia della porta, mentre quell’odore aspro di vita e morte insieme si arrampicava come un ragno fino alle sue narici.
- A… anche stavolta .. era..- singhiozzň la donna, fissandolo attraverso la superficie acquosa della sua disperazione - era solo un ritardo - e vedendo che il marito non accennava a muoversi aggiunse, mormorando - …non sono incinta.

Piangeva, Maria Kadar, di rabbia e frustrazione, piangeva per lui, per se stessa, e per quel figlio tanto desiderato che non riuscivano in alcun modo a concepire. Ma il Marchese d’Ungheria non si mosse per consolare il suo dolore, non si staccň nemmeno di un millimetro dalla soglia della stanza, non ci riuscě.

Tutte le sue energie erano impegnate a trattenere la bestia che sentiva recalcitrare dentro di sé, e sapeva bene che se avesse fatto un solo passo in avanti, l’odore forte, insopportabile, del sangue di lei sarebbe diventato tanto intenso da fargli perdere completamente il controllo di se stesso, spingendolo ad appagare, come mai si era permesso di fare, quella sete animale che sentiva crescere nelle gola e scendere ad infiammargli il petto, quel desiderio mostruoso di placare ad ogni costo il bisogno che l’odore del loro ennesimo figlio mai nato gli aveva acceso dentro.

Mai come allora Gyula Kadar aveva provato tanto orrore e tanto odio nei confronti di se stesso.
  
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