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Autore: Stars Trail    25/05/2014    2 recensioni
È una giornata fin troppo calda, per essere marzo.
Non ne è felice.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ryouta Kise, Yukio Kasamatsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È una giornata fin troppo calda, per essere marzo.
Non ne è felice.

“E dopo, cosa farai?”
“Andrò a Kyoto. C’è una buona università, ci vivono i miei nonni, conviene a me, conviene a tutti.”
“Sono felice per te.”
“Non dire stronzate.”
Non è mai stato bravo a mentire.

È lo spogliatoio della palestra, la loro palestra, l’ultimo posto dove decidono di parlarsi una volta chiusasi la cerimonia di diploma, lontano da sguardi indiscreti, lontano dagli occhi pieni di lacrime trattenute a stento della squadra di basket, dai sorrisi di circostanza di chi invece non ha mai avuto voglia o occasione di approfondire i rapporti con i compagni più grandi.
Parlarsi, poi. Non è il verbo che Kise sceglierebbe per descrivere la situazione in cui si trovano. Non crede di aver mai sentito il cuore così pesante, né di aver mai desiderato con tanta forza di potersi chiudere a chiave in quella stanza con il suo (ex) capitano per restarci per sempre.
Sono baci pigri, quelli che si danno, labbra che scivolano costantemente le une sopra le altre, lingue che si accarezzano e sospiri che si accumulano, e accumulano e accumulano ed esplodono nelle orecchie di entrambi come fossero granate.
L’idea di saperlo lontano è insopportabile. Lo avrebbe preferito a Tokyo, lì sarebbero stati solo una manciata di minuti a separarli - nulla in ogni caso, in confronto alle ore di treno per attraversare metà Giappone.
Non sa come farà. E anche se non si esprime, sa che Kasamatsu la pensa allo stesso modo.
“Baciami,” sussurra, sguardo basso contro le labbra umide del suo capitano, e quello obbedisce, perché non può dirgli di no, non adesso.
Chissà quando lo rivedrà. Kise si permette di lasciar scivolare le mani sotto la camicia, al diavolo l’ordine, al diavolo la piega perfetta. Decide di ignorare il nodo alla gola e gli occhi che pizzicano perché non ha tempo per piangere, perché non c’è tempo e basta. La lingua di Kasamatsu nella sua bocca gli fa girare la testa adesso come la prima volta, un sogno che sembrava irrealizzabile e che alla fine sta già sfumando.
“Non provare a dimenticarmi,” sibila l’altro, mordendogli il labbro, succhiandolo finché Kise non lo sente pulsare. Ha mille parole pronte ad uscire dalla sua bocca, ma i denti di Kasamatsu lo distraggono. È comunque certo che le sue mani facciano da portavoce - come potrebbe dimenticarlo, dopo tutta la fatica che ha fatto per arrivare a questo punto?
È dolce, il modo in lui i loro corpi si cercano. Non sa se sia colpa del tempo che stringe, se sia l’idea di sapersi lontani da lì a pochi giorni che li fa diventare affamati l’uno dell’altro, ma non è importante. Vorrebbe levarsi quel pensiero dalla testa, ma ogni schiocco delle labbra di Kasamatsu sulle sue è una stilla di dolore al petto.
“Non ci provare,” sussurra ancora, e Kise affonda le dita attorno ai suoi fianchi e vorrebbe lasciarci dei segni così profondi da sperare di poterli vedere quando andrà a trovarlo - perché non lascerà passare nemmeno una settimana, salirebbe sul treno anche adesso solo per anticiparlo, solo per far finta che sia lui ad aspettarlo, e non il contrario.
”Bentornato a casa,” e non ”Non andartene”.
Non andartene. Non andartene non andartene non andartene.
Kasamatsu affonda una mano tra i suoi capelli, li tira appena, lo obbliga a piegare la testa di lato perché lui possa affondare meglio nella sua bocca. Non ce la fa più. Cerca il supporto della sua camicia, la stringe così tanto che quando usciranno da lì - perché Kise sa che non può tenerlo lì per sempre, sa che prima di quanto si aspetti dovrà lasciarlo andare - nessuno dei due saprà spiegare perché i vestiti del capitano della Kaijou - ex - siano così stroppicciati. Si scioglie nella sua bocca, la lingua che trema, le labbra che fanno fatica a restare aperte e il respiro che semplicemente non esiste più.
Pensava di esser cresciuto, di aver imparato ad affrontare le cose nel giusto modo, e invece singhiozza come un bambino al suo primo vagito, spaventato dal mondo che lo circonda.
“Idiota,” è l’unica cosa che gli dice prima che cadano in un silenzio troppo pesante, e l’unica parola che vuole sentire in questo momento.
Ha troppi pensieri incastrati nella gola, incapaci di diventare frasi di senso compiuto.
Si chiede se Kasamatsu li senta comunque gridare.

È una giornata fin troppo calda, per essere marzo.
Non ne è felice.
Lo consola il fatto di avere in tasca un biglietto per Kyoto che può usare entro la fine del mese, prima che la scuola ricominci e la sua squadra si ritrovi con un capitano degno del numero quattro sulal schiena e che tutto ricominci da capo.
“Se piangi ti meno,” gli ha detto Kasamatsu salendo in treno.
Lui è ancora seduto sulla panchina che prega a quel treno di tornare indietro e non ha idea di quanto tempo sia passato, ma è certo che il treno non obbedirà.
Ti amo, scrive in una mail, un’emoticon piena di cuori e punti che sembrano stelle ad esprimere una gioia che al momento non gli appartiene.
La risposta arriva così fulminea che se ne spaventa.
Idiota.
Sorride, scuotendo la testa. E prima che possa pensare a quanto lo sia anche lui, stupido, il telefono vibra di nuovo tra le sue mani, e il nome di Kasamatsu lampeggia isterico per farsi notare.
Anche io.
Kise stringe una mano davanti alle labbra e non sa cosa stia nascondendo, se una smorfia di dolore o un sorriso un po’ troppo entusiasma. L’unica cosa di cui è certo è che se ci fosse un treno per Kyoto, lì alla sua banchina, non esiterebbe a salire.
Respira filtrando l’aria attraverso le dita. Può resistere un paio di giorni.
Può resistere.

 

L’emoticon che Kise usa è questa: ♡*・゜゚・*(-༗‿༗-)*・゜゚・*♡ Amatela.

   
 
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