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Autore: Ioamolamiacalcolatrice    25/05/2014    1 recensioni
E poi erano azzurri, ma non freddi, come quelli di sua sorella; erano di un azzurro caldo che ti avvolgeva e ti portava via. Era quel genere di occhi che potevi rimanere a fissare per ore, in cui ti potevi perdere. Quel genere di occhi che mi faceva sentire al sicuro.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ero seduta alla sua scrivania e tenevo gli occhi fissi sul libro di greco, cercando disperatamente di capire come fuzionavano i comparativi e i superlativi. Erano settimane che rimuginavo su quell’argomento, ogni giorno, eppure tutto quello che ne avevo ricavato erano stati ore di sonno perse e un gran nervoso. Gli occhi mi bruciavano per lo sforzo e la testa mi faceva male, così mi appoggiai allo schienale della sedia e iniziai a riflettere su una questione che, in quel momento, mi premeva molto di più: cosa diavolo ci facevo lì? Ripensai a quello che era successo solo pochi giorni prima e che ancora non mi sembrava vero. Aveva appena riconsegnato la verifica di greco e non era andate bene, nè a me nè a lui. E poi lui mi si era avvicinato all’intervallo, apparentemente molto interessato alla punta delle sue scarpe grigie, e, con la voce carica di imbarazzo, mi aveva chiesto se volevo studiare con lui, tanto dovevamo recuperare entrambi. L’avevo guardato nello stesso modo in cui si guarda una gallina volare libera nel cielo azzurro. Non pensavo dicesse sul serio, credevo fosse solo un scherzo, una sorta di penitenza, di quelle che sei obbligato a fare quando giochi a “dire, fare, baciare” con degli amici particolarmente maligni. E invece era tutto vero.  Voleva davvero studiare con me. Così quel giorno, invece di tornare a casa, l’avevo seguito fino al suo minuscolo paesello. Avevamo mangiato, mi aveva presentato sua sorella, che non aveva perso l’occasione per lanciargli sguardi maliziosi, e poi ci eravamo chiusi in camera e avevamo studiato fino a che lui non era dovuto andare a bere un po’ d’acqua. Forse, dopo aver vissuto la terribile esperienza di avermi in casa sua, aveva capito quale immenso errore avesse fatto a chiedermi di studiare con lui e aveva bisogno di riprendersi. Oppure stava tentando di scappare. No, mi sbagliavo: la porta si stava aprendo e questo significava che non aveva ancora tentato la fuga. Me lo ritrovai davanti a fissarmi e allora iniziai a osservalo, ma forse in maniera troppo insistente, perchè distolse lo sguardo. Nonostante fossero passati parecchi mesi da quando ci eravamo conosciuti, non mi ero ancora abituata completamente ad avere a che fare con la sua infinita bellezza e a volte mi comportavo in modo inadeguato. D’altra parte, era impossibile non rimanere incantati a guardarlo: aveva solo quindici anni, ma era veramente bellissimo. Era alto, molto più di me, e il suo fisico era allenato dalla sua grande passione per lo sport. Aveva un viso ovale, incorniciato dai capelli castano chiaro portati un po’corti e valorizzato dai lineamenti dolci. Il naso era lungo e le labbra sottili. I suoi occhi, poi, avevano qualcosa di magico: avevano una forma un po’ allungata e ai lati presentavano delle piccole rughe che si evidenziavano quando sorrideva. E poi erano azzurri, ma non freddi, come quelli di sua sorella; erano di un azzurro caldo che ti avvolgeva e ti portava via. Era quel genere di occhi che potevi rimanere a fissare per ore, in cui ti potevi perdere. Quel genere di occhi che mi faceva sentire al sicuro. Si sedette sul bordo del letto e iniziò a giocherellare con le lenzuola. Non potevo più sopportare quel silenzio: -Bene, allora...Ripetimi un po’ come si formano i comparativi.- Finalmente alzò lo sguardo dalle coperte e lo spostò sul mio viso. Sorrise e mi disse: -Tu credi davvero che in questo momento mi importi di come si formano i comparativ?- Mi sentii avampare e allora ritornai a fissare il libro: guardai le lettere greche che si confondevano nell’immensità della pagina bianca e risposi: -Beh, forse a te non interessa adesso, ma penso che domani sarà una delle cose che la prof avrà più interesse a conoscere.- Guardai di nuovo verso il letto, ma lui non era più seduto nel punto di prima: si era alzato e stava venendo verso di me. Sorrideva, ma sia i suoi occhi che il suo sorriso tradivano un’insicurezza mal nascosta. Io mi alzai in piedi, d’istinto. Ci ritrovammo così uno di fronte all’altra, i miei occhi all’altezza del suo naso. Sentivo il cuore battermi forte nel petto, ma anche pulsare ovunque, in tutto il mio corpo, e percepivo il suo respiro irregolare sul viso. Intrecciò le mie mani tra le sue, guardandomi negli occhi. Poi mi baciò. Premette a lungo le labbra contro le mie, prima impacciato, ma poi sempre più sicuro, finchè non iniziò a stringermi a sè come se al mondo esistessimo solo noi due. E poi mi lasciò. –Credo che di questo sia meglio non parlare domani all’interrogazione.- disse, e tornò a sedersi sul letto, prendendo il libro di greco dalla scrivania. Io rimasi intontita ancora un attimo, poi lo seguii e mi sedetti accanto a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla fino ad accoccolarmi al suo fianco. E al diavolo i comparativi.
   
 
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