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Autore: Graeca    26/05/2014    5 recensioni
Ma erano morti tutti. I giganti se li erano portati via. E lui non li avrebbe più potuti vedere. E lui non li avrebbe più potuti sentire. E lui era rimasto solo.
-Merda, Di Angelo, propio qui dovevi venirti a ficcare?! Eppure lo sai che soffro di vertigini..-
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico di Angelo, Talia Grace
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di Sospiri e Parole sussurrate

Gli piaceva credere che la nebbia non fosse solo nebbia, ma che fossero i sospiri degli spettri che salivano dal terreno in superficie. Vi era al Campo un momento, quando la notte era ancora indecisa se lasciare posto al giorno o mantenere il proprio dominio, in cui la nebbia saliva  e si sentiva meno solo.  E in un certo senso si sentiva più vicino a loro. 

Più vicino a Percy. 

Più vicino ad Annabeth. 

Più vicino a Leo. 

Più vicino a Jason. 

Più vicino a Piper. 

Più vicino a Frank. 

Più vicino ad Hazel. 

Erano morti tutti, e lui era rimasto solo. Più di prima. Così solo che doveva cercare compagnia nella nebbia, che era solo un fenomeno meteorologico.
 
Gli piaceva credere di sentire le loro voci nel vento. Così, quando era ancora buio saliva sul tetto della Casa Grande, e si illudeva di poterli sentire. Si illudeva di averli ancora lì. Si illudeva di poterle ascoltare ancora.                                                                                                                  
La risata di Percy.
 

I discorsi sull’architettura di Annabeth. 

Le battute di Leo. 

I sospiri divertiti di Jason.

La lingua ammaliatrice di Piper. 

I ‘caspiterina’ di Frank. 

Le parole dolci di Hazel.                                                                        

Ma erano morti tutti. I giganti se li erano portati via. E lui non li avrebbe più potuti vedere. E lui non li avrebbe più potuto sentire. E lui era rimasto solo.                                                                                                                                                                  
–Merda, Di Angelo, proprio qui dovevi venirti a ficcare?! Eppure lo sai che soffro di vertigini..-
 

°°°°°

L'ultima persona che mi aspettavo di veder spuntare dalla botola che portava al tetto era lei. Thalia Grace. Eppure eccola lì seduta con le gambe incrociate, a distanza di sicurezza dal bordo, che mi guardava con un misto di seccatura e paura. Nonostante fosse figlia di Zeus, il dio dei cieli, aveva una paura matta delle altezze. La cosa aveva un nonchè di comico.                                                                                        

                      
–Bhè, non dici nulla?- disse inarcando un sopracciglio. Dalla mie labbra non uscì una sillaba. Lei sbuffò e, una volta artigliato un lembo della mia giacca da aviatore, mi trascinò vicino a lei. Si portò le ginocchia al petto e vi appoggiò il mento. Il suo sguardo era puntato sul cielo –ancora in lotta tra giorno e notte- ed era leggermente accigliato.                                                                                                                                                      
-Cosa ci fai qui, Thalia?-  Non rispose.                                               
                                                                             

–Come stai, Nico?- Non risposi.            

                                                                                                                               
Rimanemmo in silenzio per un po’, indecisi sul da farsi. Il cielo, anch’esso indeciso, aveva raggiunto una sfumatura tra il nero e l’indaco.                                                                                                                                                                       
Le erano cresciuti i capelli. L’ultima volta che l’avevo vista erano più corti dei miei ed erano tenuti in ordine dal diadema da Cacciatrice. Adesso le arrivavano alle spalle. Adesso il diadema mancava all’appello.                

                                                                   
–A volte mi sembra di sentirli.- esordì con gli occhi bassi. –E così chiudo gli occhi, e li ascolto. Ma poi sono costretta ad aprirli e scopro che mi sono immaginata tutto. E il dolore torna più forte di prima. E la nostalgia torna più forte di prima. Mi mancano tutti.- fece un sorriso amaro. –Persino Percy.-                                                              

                                                
Mi scoprii a sentirmi in colpa per essere stato così egoista.  Ero stato così concentrato su di me che mi ero dimenticato di lei. Aveva perso la sua migliore amica e suo fratello. Tutta la sua famiglia. Proprio come me.                                                


–Ho lasciato le cacciatrici.- lo disse a bruciapelo, senza preamboli.                  

                                                      
La guardai con le labbra semi aperte e gli occhi sgranati. Lei ricambiò il mio sguardo, piantando i suoi occhi nei miei –
nero contro blu elettrico- .                                                                                                                                     

–Ho perso Jason e Annabeth. Ho perso tutto ciò che mi era rimasto.- la sua voce si incrinò.- Ogni volta che una cacciatrice muore è come rivivere tutto ciò che ho passato. Sono stanca di soffrire, Nico. Sto partendo.-   

                                                               


La sua affermazione mi lasciò spiazzato.                                                                                                                              

–Partendo? E per dove?- chiesi quasi senza fiato. Il mio stomaco si era stretto in un nodo che mi impediva di respirare, deglutire, pensare e tutte le attività che in genere fanno gli esseri umani. Non sapevo il perché di questa mia reazione.                                  
–Non lo so. Via di qui. Via dai ricordi. Lontano. Ovunque mi porteranno le mie gambe.- Sospirò, e il suo fiato formò una piccola nuvoletta d’aria. -Voglio stare sola.-                                                                                               
Si girò verso di me incatenando, di nuovo, i suoi occhi ai miei. Prese un profondo respiro e poi parlò.                                                                                                 
–Ma sono venuta qui per chiederti se per caso ti andava di stare soli insieme.-

                                           
Per un attimo mi dimenticai come si respirava.                                                                                                                                                           –Perché io?- riuscii a soffiare mentre tentavo di convincere i miei polmoni a ritornare a lavorare come si deve.

                                                                                                                                                                                                

Lei deglutì e si morse il labbro inferiore –Perché sei l’unica persona per cui sarei disposta a soffrire ancora.- Guardò le sue ginocchia come se loro fossero la causa di tutti problemi che avevamo. –E anche perché credo di essere innamorata di te.-                                                        

Questa volta rischiai seriamente il soffocamento.                                                                                                                                                               La figlia di Zeus mi guardò con occhi sgranati e poi ritornò a trafiggere con lo sguardo le sue ginocchia mentre, con le unghie affondate nei polpacci e la mascella serrata, borbottava imprecazioni.                                                                                             


In effetti non era stata una bella cosa. Lei mi aveva aperto il suo cuore, e cosa avevo fatto io? 
Ero quasi soffocato. Deglutii mentre mi avvicinavo lentamente e le passavo il braccio intorno alle spalle. Pregai mio padre in modo che mi aiutasse a non venire fulminato dal suo di padre. Poggiai delicatamente le mie labbra sulla sua tempia. La sentii trattenere il fiato. Aveva la pelle morbida, sottile e delicata. Sapeva di aghi di pino, brina e gelsomino. Sapeva di Thalia. Mi staccai e sorrisi quando vidi che le sue guance avevano raggiunto un’interessante sfumatura di rosso. Thalia mi guardò e pian piano sorrise anche lei.

Era bella. Una bellezza delicata.                                                                                                                                                                                       Feci leva sulle braccia e mi alzai. Lei reclinò un po’ la testa all’indietro e mi guardò con aria interrogativa. Feci spallucce e le porsi la meno, che lei afferrò subito. Mi avviai senza dire nulla giù per le scale, mentre lei mi seguiva. Una volta arrivati sotto il portico della Casa Grande, tirai fuori dalla mia tasca un’oggettino che mi era tornato più volte utile: un fischietto fatto di ghiaccio. Me lo portai alle labbra e, soffiandovi dentro, produssi un fischio lungo, acuto e decisamente sgradevole. Thalia si mise subito le mani sulle orecchie e non le tolse finchè non riposi il fischietto nella tasca.                                                                                                                                                                                       –Mi vuoi dire che diavolo stai fecendo?- mi chiese, a metà tra l’irritato e il divertito, spostando il peso sul fianco destro e incrociando le braccia sotto il seno.                                                                                                                               
Sorrisi e scossi la testa. Rimanemmo in silenzio sino a che non vidi la Signora O'Leary entrare nella mia visuale. Mi voltai e feci segno a Thalia di seguirmi, mentre mi incamminavo verso il mio segugio infernale. Dieci minuti e molte feste dopo io e Thalia riuscimmo a issarci sulla schiena della Signora O' Leary. 
–Hai mai fatto un viaggio nell’ombra?- 

La sentii scuotere la testa contro la mia schiena. Presi le sue braccia e mi circondai i fianchi con esse. 

–Ti conviene tenerti forte.- 

Thalia miprese in parola e si strinse a me, impedendomi quasi di respirare. Ridacchiai e lei sbuffo sul mio collo facendomi venire i brividi.                                                                       

–Nico che stiamo facendo?- chiese con una nota di preoccupazione nella voce.                                                                                               
Mi guardai intorno. La notte aveva finalmente fatto spazio al giorno e la nebbia e il vento erano scomparsi.                                                                                                                       
–Ma come?- feci un sorriso strorto. –Non volevi andare lontano e stare da soli insieme?-                                                                                                                  
Lei spalancò gli occhi e subito dopo scoppiò a ridere. Risi anch’io.

 Non smettemmo più

  
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