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Autore: Snehvide    02/08/2008    11 recensioni
«Near?»
Chiamò il coniglio d’acqua dolce, drizzando le soffici orecchie aguzze.
Ti osservava già da un po’.
Povera creaturina pelosa; aveva aspettato impaziente per tutto il pomeriggio…
Dovevi riconoscere che chiedergli di continuare ad ignorare la singolare situazione era un po’ troppo, in effetti.
“…….”
Perplesso, ruotò il capo rotondo verso destra sino a sfiorarsi la spalla.
Una delle sue lunghe orecchie color neve ricadde tristemente in avanti.
Attendeva una risposta da parte tua.
Un cenno, una frase, qualsiasi cosa sarebbe andata bene.
Qualsiasi cosa purché confermasse la ragione della sua esistenza.
Come sempre.
Ma tu, quel giorno, eri strano.
Strano.
Genere: Malinconico, Suspence, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Coniglio d’acqua dolce

 

« Near? »

 

Chiamò il coniglio d’acqua dolce, drizzando le soffici orecchie aguzze.

 

Ti osservava già da un po’.

Povera creaturina pelosa; aveva aspettato impaziente per tutto il pomeriggio…

Dovevi riconoscere che chiedergli di continuare ad ignorare la singolare situazione era un po’ troppo, in effetti.

 

“…….”

 

Perplesso, ruotò il capo rotondo verso destra sino a sfiorarsi la spalla.

Una delle sue lunghe orecchie color neve ricadde tristemente in avanti.

Attendeva una risposta da parte tua.

Un cenno, una frase, qualsiasi cosa sarebbe andata bene. 

Qualsiasi cosa purché confermasse la ragione della sua esistenza.

Come sempre.

 

Ma tu, quel giorno, eri strano.

Strano.

 

A dire la verità, aveva cominciato ad avvertire il sottile artiglio della minaccia già da qualche tempo, ma era giunto alla conclusione che sarebbe stato prematuro considerarlo un pericolo.

 

In fondo, i motivi per cui tu avevi preso a rivolgere il tuo sguardo verso la finestra piazzata alla tua sinistra con un interesse giorno dopo giorno sempre più malcelato, potevano essere tanti quanti i peli sulla sua pelliccia di coniglio d’acqua dolce …

 

Non per forza dovevano rappresentare una minaccia, no.

 

Eppure, realizzò che vi erano tutte le caratteristiche che riconducevano a quel motivo.

Già. Proprio quello.

La peggior delle prospettive che potesse mai delinearsi nella vita di un piccolo essere come lui.

L’impronunciabile.

Nonononono.

 

Attenzione, Near.

Persino il coniglio bianco ti aveva colto in flagrante.

E, considerando l’intelligenza di un simile individuo, la stranezza del tuo comportamento doveva essere proprio estremamente palese.

Avresti fatto meglio a rivederla attimino, la tua capacità autocontrollo.

Proprio tu, non potevi peccare di una cosa simile.

 

Certo che dovevan apparire proprio patetiche, le tue manine tozze spiaccicate come ventose contro la superficie marmorea di quel davanzale, in attesa che le doloranti punte dei  tuoi piedini cedessero alla fatica a cui li avevi spietatamente costretti..

 

« Che cosa stai facendo, Near? »

 

Batté le zampette, sollevando una miriade di microscopiche bollicine tutto intorno.

Un paio di capriole a mezz’aria nelle terse acque incorporee, ed eccolo lì al tuo fianco.

 

« Near! Near! »

 

Implorava la sua vocina lacerante.

Cominciava a preoccuparsi del tuo silenzio.

Davvero, sai?

Non sei stato affatto carino con lui.

Non si delude in questo modo un amico, Near…

 

Quel giorno, eri davvero, davvero, davvero strano.

 

Quel giorno, riflettevi.

Nulla di così insolito, se l’oggetto delle tue riflessioni fosse stato l’ennesimo, cervellotico quesito matematico.

Ma non era così.

 

Hai scomposto un solo mazzo di carte per il tuo microscopico castello, prima di considerarlo inammisibilmente completo.

Un paio di giri al cubo di rubik, e poi lo avevi abbandonato lì, accanto alla tua gamba piegata all’indietro.

 

Sì.

Quel giorno, riflettevi.

Ma lo facevi su qualcosa di maledettamente sbagliato.

 

Al di là di quella finestra, vi è un mondo bellissimo.

 

E il peggio fu che non si trattava di una frase gettata lì tanto per dire.

Era una considerazione ponderata, riflettuta, e ben confermata da una serie di valutazioni.

L'avevi pagata con il sudore della tua fronte, con la fatica delle tue braccia, e con le punte dei tuoi piedini praticamente distrutti.

Perché il davanzale di quella finestra era sempre troppo alto, e le tue gambe troppo corte, per permetterti di osservare a lungo quel mondo meraviglioso che vi era aldilà della finestra.

 

 

«N – E – A –R ! »

 

Strillò ogni singola lettera marcandola come una bimba isterica, stufa di esser ignorata.

La pazienza ha un limite.

Anche quella di un mite coniglio d’acqua dolce.

La sua figura fluttuante prese arrogantemente possesso del tuo campo visivo.

 

Questa volta, non potesti fare a meno di non osservarlo.

Cedesti al suo volere.

 

/ PLOCK!

Le mani sudaticce si staccano sonoramente dalla lucida superficie marmorea.

Ti lasciasti scivolare.

 

La tortura era finita.

 

–  Alleluja! –

Ti parve di sentirla davvero, la muta gratitudine delle tue membra stremate.

Le tue mani ti ringraziarono.

I piedini ancor di più.

 

«Cosa stai facendo, Near!? »

 

Ripeté la sua domanda, osservando la tua figura acquattarsi al pavimento come una lumaca che, sconfitta, rientra nel guscio.

 

Mano ai capelli.

Gira. Gira. Gira. Gira.

 

Come spiegarlo?

Come…giustificarlo…?

 

Sguardo altrove.

Incrociare i suoi occhi neri smaltati non era esattamente il tuo desiderio più grande.

 

Gira, gira, gira gira…

(Pensa, pensa, pensa, pensa.)

 

«Figliolo, cosa ti salta in mente di fare? »

 

Borbottò l’autoritario Re di Cuori, tra la terza e la quarta fila di carte del tuo minuscolo castello.

 

“……..”

 

Il coniglio d’acqua dolce roteò nuovamente il capo; questa volta dal lato opposto.

Il suo viso senza bocca non tradì emozione.

(…come se il viso di un coniglio d’acqua dolce ne possedesse, di emozioni…)

 

«Perché guardavi fuori, Near? »

 

«Già, perché guardavi fuori? »


«Chi guardava fuori? »

 

«Near, sciocchino d’un Tre di Picche! »

 

«Guardava fuori? »


«Perché guardavi fuori!? »

 

«Ma fuori dove? »

 

«Fuori-Fuori! »


«Cos’è fuori? »


«SILEEEEENZIO!!! »

 

Come bambini ripresi in sala mensa da Roger dopo una battaglia a colpi di cibarie, le carte da gioco tapparono all’unanimità le boccucce insolenti, piombando in un amaro, imbarazzante silenzio.

Il Re di Fiori - quinta fila, seconda torre della fortezza - era da sempre noto per la sua ineguagliabile rigidità.

 

Il Re attese un paio di secondi.

Roteò gli occhi a destra e sinistra, poi si schiarì la voce ed attese un paio di secondi prima di riformulare la domanda del secolo.

 

«Near, perché guardavi fuori? »

 

“Ero…”

 

Centinaia di occhietti impazienti.

Tutti puntati su di te.

Tutti in attesa di un responso. 

Il coniglio d’acqua dolce scodinzolò eccitato.

 

 La lingua schioccò.                                                                                                                   

 

“…curioso.”

 

Serafico.

Parole strascicate con apparente piacere.
(Diamine, loro saranno numericamente superiori a te, ma…

ma tu sei pur sempre Near! Non possono dimenticarlo in questo modo!)

 

« Ooooohhhh…!!! »
                                                            
Stupore e sgomento concentrato in un unico coro di voci crescente si sollevò al termine della tua osservazione.

 

«Ma…ma…perchè!? »

 

Perché al di là di quella finestra, vi è un mondo bellissimo.

 

 

Ma non avresti mai detto una frase simile.

Non avresti mai ammesso che dopo tanto, tanto tempo, avevi ricominciato a rivalutarlo.

 

Gira, gira, gira.

Sì, girala ancora, quella ciocca di capelli bianchi tra le dita…

Fai spallucce. Fingi disinteresse.

 

Fingi - , appunto.

 

“Così...”

 

Le carte si scrutarono tra loro attonite e preoccupate.

(Se solo avessero avuto un’ espressione anche loro, eri certo che è così che sarebbero state.)

 

Il coniglio d’acqua dolce portò le zampe anteriori al musetto privo di labbra.

Immobile, tacque per un breve lasso di tempo, poi scosse la testa sospirando amaramente.

 

Vorticò ancora nelle dolci acque invisibili, galleggiando con una tale destrezza che solo una creatura a contatto con il proprio ambiente naturale può avere.

 

« Near, la curiosità uccise il gatto. »

 

Percepisti il tocco della sua zampetta pelosa sulla spalla.

Piccole pacche affettuose.

Perché lui era tuo amico.

Perché lui ti voleva bene e si preoccupava per te anche se tu quel giorno, avevi preferito altro alla sua solita compagnia.

 

“Ma io non sono un gatto…”

 

«Non sei un gatto, ma sei una creatura d’acqua dolce; proprio come noi! »

 

Creatura d’acqua dolce…

 

Creatura destinata a vivere in acque con una concentrazione salina inferiore all’un percento.

 

Ai più curiosi e intraprendenti – o agli sfortunati caduti tra le grinfie degli esseri terrestri -  è concesso loro vivere sulla terra ferma a patto di rinunciare all’immensità del loro habitat naturale, e trascorrere il resto dei propri giorni osservando la vita altrui attraverso una ampolla colma di acqua stagnante.

 

Un'unica, distorta, angolazione verso il mondo

Un unico minuscolo spazio da condividere con creature della stessa specie dalla eguale sorte.

Una prigione vitrea, trasparente e tassativamente invalicabile.

 

Come loro, tu eri una creatura d’acqua dolce.

E la stanza, il tuo acquario.

 

Eri già finito tra le grinfie dei terrestri una volta.
Era accaduto quando, ancora privo di coscienza, ti strapparono a forza dal grembo materno – il tuo lago dolce, caldo e protettivo -  e,  incuranti di tutto e di tutti, ti avevano scaraventato fuori.

 

Fuori.

Fuori in un mondo inadatto.

Fuori in un mondo troppo salato, per una creatura d’acqua dolce come te.

Ricordi la sofferenza di allora?

Ricordi le battaglie per la sopravvivenza?

Come hai potuto dimenticartene…?

 

Ti sei salvato proprio in extremis.

Non avresti mai pensato di ritrovare all’interno delle mura di un bizzarro orfanotrofio inglese un acquario che avrebbe fatto al caso tuo.

 

Hai dovuto apportare svariate modifiche, prima di poterlo considerare un mondo adatto a te.

Ci avevi lavorato tanto, tanto, tanto…

 

Il risultato finale non era perfetto, ma andava comunque bene. 

 

Quindi…perché ?

Perché la tua mente faceva i capricci?

Perché avevi rivolto la tua attenzione sempre più ossessiva verso la finestra aperta su quel mondo salato e pericoloso…?

 

Perché al di là di quella finestra, vi è un mondo bellissimo.

E allora?

Perché continuasti a ripeterlo?

Che senso aveva questo tuo infimo istinto masochista?

Mondo bellissimo, certo.

Nessuno l’avrebbe mai messo in dubbio.

 

Ma non ti apparteneva.

Quel mondo, tu, dovevi soltanto dimenticarlo.

 

« Lì fuori è pericoloso. Non fare scherzi, figliolo! »

 

Il Re di Cuori, saggio e protettivo come al solito, tornò a farsi sentire.

 

« E’ salato là fuori, bambino. Tanto, tanto , tanto salato. »

 

Aggiunse  materna la Regina di Quadri.

Per quanto fosse usanza comune parlare male di lei, in fondo non era mai stata una Regina cattiva.

 

«  Le creature d’acqua dolce sono esserini delicati. Non possono vivere in mare aperto! »

 

« Il sale invaderà ogni centimetro del tuo corpo, avvelenerà il tuo sangue, raggiungerà persino i polmoni, e tu non riuscirai neanche a respirare! »


(Eh sì, paradossalmente, queste creature d’acqua dolce i polmoni li avevano.)

 

« Il sole brucerà la tua pelle, patirai le pene dell’inferno, e poi….e p-poi…»

 

L’Asso di Fiori non riuscì a completare la frase.

Era un tipo sensibile.

Il sol pensiero di ciò che sarebbe successo poi fu sufficiente per provocargli una violenta crisi di pianto.

 

« E poi morirai. »

 

Concluse il cinque di cuori, più cinico e diretto della carta precedente.

 

 

« Ha ragione, Near. Morirai di una morte lenta e dolorosa. E’ la sorte che viene riservata a tutte quelle creature d’acqua dolce talmente incoscienti da cedere alla tentazione di scoprire cosa riserva il mondo lì fuori…»

 

Il Coniglio d’acqua dolce strinse le sue corte zampette sulla tua nuca.

A modo su, voleva essere un abbraccio.

 

Tono allegro e scherzoso, quello del Coniglio d’acqua dolce.

Avevano una singolare caratteristica gli elementi del tuo acquario. Il tono di voce.

Esso infatti, non mutava mai.

 

Forse, era proprio per questo che nonostante le terribili parole da egli pronunciate riguardante la sorte a cui saresti inevitabilmente andato incontro nell’ipotesi in cui avessi disobbedito alle regole imposte dalla tua specie, esse non riuscirono ad ottenere veramente l’effetto sperato…

 

« Rimani con noi, Near! »

 

« E’ molto più bello qui! Con noi sarai al sicuro!»

 

Il Coniglio d’acqua dolce si pose ancora una volta di fronte ai tuoi occhi.

Lo guardasti.

Giusto due secondi.

Poi ancora, tentazione


« Lì fuori è orrendo! Orrendo!! »

 

Parole insufficienti.

Non bastarono affatto.

 

Il tuo viso si mosse ancora nel verso sbagliato.

Nel verso più sbagliato che potesse esistere.

I tuoi occhi puntarono ancora una volta quella maledetta finestra aperta a metà.

Magneti attratti dai loro poli negativi.

 

« Near!...Ne-Near!! »

 

“Voglio solo guardare ancora.”

 

Impulso violento. Sublime. Assolutamente incontenibile.

Occhi feriti dalla luce e dai colori.

Sensi lacerati da un tumulto di suoni e rumori di varia intensità.

E poi il sale.

Ardente.

Asfissiante.

Accecante.

Insopportabile.

Tutto ciò ti avrebbe investito non appena avessi messo la sola punta del naso fuori.

Eppure non bastò.

 

Non bastò ad arrestare la tua curiosità malcelata.

Non riuscisti a fermare l’assurdità della tua marcia verso quel mondo estraneo.

 

Ti riavvicinasti alla finestra tra la delusione di tutti.

Un breve salto in punta di piedi ed eccoti ancora appiccicato al marmo del davanzale come una maldestra salamandra dalle zampe difettose.

…ed eccoti a scagliare ancora i tuoi occhi contro il prato smeraldino su cui gravitava l’infinito soffitto del firmamento.

 

Bambini terrestri si rincorrono sotto i raggi del sole.

Urla.

Schiamazzi.

Movimenti veloci.

Luce accecante.

Colori vivaci.

Nulla era cambiato.
Più lo guardavi, più te ne rendevi conto.

Solo una differenza cominciava a farsi sentire.

La sensazione di terrore che esso scatenava in te, creatura d’acqua dolce, adesso aveva una compagna insolita.

Una compagna mite, malinconica ed incredibilmente efficiente a scombussolare la tua fragile mente…

Nostalgia.

Un’ottima alleata, non c’è che dire…

 

« Near! Giochiamo insieme!! Avanti, Near!!»

 

“Ancora cinque minuti.”

 

« Near! Near!!!»

 

 

 

« E’ questo il tuo mondo, amico mio. »

Ne eri consapevole, purtroppo.

 

« Non puoi uscire da qui! Non puoi pensare di resistere lì fuori! »

Lo sapevi fin troppo bene.

 

Ma come un astronauta che osserva il pianeta sconosciuto attraverso un oblò spesso tre dita, anche tu ti accontentavi di fare la stessa cosa…

 

« Una creatura come te ha bisogno di dolcezza. Lì fuori invece è tanto salato! Tanto, tanto salato!»

 

«Tanto, tanto salato!»

 

Ripeté in coro l’intera fortezza di carta cerata.

 

«Tanto, tanto salato!!»


Prima voce: Coniglio bianco.

Coro d’accompagnamento: carte da Gioco.

 

«Tanto, tanto salato!!»

 

«Tanto, tanto sal-- »

 

/POFF!

 

Nel venir spalancata con vigore, la porta in fondo alla camera colpì in pieno un coniglio di peluche bianco che giaceva abbandonato sul pavimento.

Come un proiettile, esso rimbalzò un paio di volte sul  parquet, poi rotolò spedito lungo tutta la stanza, sino a terminare la propria corsa urtando contro i piedi in ferro battuto del tuo letto.

 

Con una mano ancora ferma sul pomello della porta, Mello osservò disinteressato la traiettoria dello stupido pupazzo con cui si ostinava a giocare il suo altrettanto stupido rivale.

Poi sollevò lo sguardo verso di te.

 

Un castello di carte da poker collassò sotto la furia di un improvviso vortice d’aria scagliatosi impetuoso all’interno della stanza come una belva inferocita.

Grandioso.

Adesso non pretendevi mica che egli si scusasse con te per aver distrutto  il tuo capolavoro d’architettura contemporanea, vero!?

 

“Dì un po’! Stai forse usando i tuoi ‘poteri extrasensoriali’ per far sì che io mi spezzi una gamba giocando, o cosa!?”

 

 

 

Il fatto che la sua esuberante entrata avesse provocato la tua rovinosa perdita d’equilibrio con conseguente caduta, non sembrò importargli più di tanto.

La famelica fiera dai capelli dorati tirò fuori dalle tasche dei pantaloni una barretta di cioccolato e ne scartò l’involucro.

 

Poteri extrasensoriali? Tu?

Ma se era stato lui a porre fine all’esistenza di quelle creature decisamente scomode senza neanche rendersene conto!

 

Ancora dolorante per lo schianto, rotolasti sulla pancia e ti sforzasti in breve tempo di riassumere una posizione presentabile.
Non era il caso di continuare a guardarlo da sottosopra.

Si sarebbe potuto innervosire, e non volevi fare la fine del castello di carte o, ancora peggio, del Coniglio d’acqua dolce…

 

Staccò un morso alla sua stecca di cioccolata.

 

“Allora!?”

 

“Di cosa stai parlando?”


“Sai benissimo di cosa parlo. Pensavi davvero di poter farla franca!? E’ tutto il giorno che guardi fuori dalla finestra me e tutti gli altri!”

 

“……..”

Pessima organizzazione, Near.

Davvero.

 

Mano ai capelli. Ancora una volta.

Gira. Gira. Gira. Gira.

 

Come spiegarlo?

Come…giustificarlo…?

 

Sguardo altrove. Ancora una volta.

Incrociare i suoi occhi accigliati ti metteva paura.

 

“Perché non me lo dici in faccia, cos’hai da guardare tanto! Eh!?”

 

Un altro morso al cioccolato.

Un’altra ciocca di capelli tra le tue dita.

 

“………”


“Allora!?”

 

Nulla. Osservavo fuori senza un motivo particolare.”

 

Ancora la stessa menzogna.

Non ti stancavi proprio mai di ripeterla, eh?

Andiamo…

Non era proprio il caso.

Non aveva avuto successo con quelli della tua specie e vorresti che funzionasse con Mello?...

 

“E vuoi che io ti creda!? Sicuramente stai tramando qualcosa alle mie spalle per non farmi prender parte al compito di biologia di domani! Proprio come la volta scorsa!”

 

…come volevasi dimostrare, non era proprio il caso.

 

 

“La volta scorsa ti sei rotto un braccio cadendo giù dalle scale il giorno prima, Mello. Non vedo come possa esserne io il responsabile…”

 

“Questo è tutto da vedere! Io sono ancora convinto che tu mi abbia lanciato qualche strana maledizione, allora! Oh, ma questa volta è diverso! Ti ho beccato in flagrante e non mi lascerò maledire ancora! Giuro su Dio che domani riuscirò a batterti!”

 

«Tel’avevo detto Near! Tel’avevo detto che era pericoloso!!»

 

Il coniglio d’acqua dolce giaceva ancora a faccia in giù.

Avresti dovuto ascoltarlo.

Non ti saresti ritrovato in una situazione così imbarazzante, se avessi dato retta alla sua saggezza…

 

“……..”

 

Non replicasti.

Potevi ignorare la creatura d’acqua dolce, ma non potevi fare altrettanto con Mello.

Sapevi bene quanto i tuoi silenzi lo innervosissero.

 

“Vuoi ammetterlo sì o no??”

 

“Stavo solo osservando fuori.”

 

“…….”

 

“…….”

 

“…….”

 

Mello scosse la testa sospirando.

Era stanco delle tue fandonie espresse con aria sincera e assolutamente serena.

 

“Che assurdità. Ciò che dici non ha alcun senso.”

 

Ti chiedesti perché per lui, tutto ciò risultasse davvero così assurdo.

In quanto ad intelligenza, il ragazzino biondo non aveva nulla da invidiarti in realtà.

Forse, era l’esatto contrario.

Eri tu che avevi qualcosa da invidiare a lui…

 

Eppure, perché non riusciva a capire che una creatura d’acqua dolce non potrà mai abbandonare il suo habitat naturale per un altro?

 

“Perché osservare il cortile da una finestra quando puoi scendere giù e recartici direttamente!?”

 

Sollevi gli occhi.
Incroci il suo sguardo

Questa, era una delle rare occasioni in cui eri solito a farlo.

 

Si sbagliava.

Mello si sbagliava.

Non ti aspettavi un errore simile da parte sua.

Evidentemente, avevi sopravvalutato la sua capacità di cogliere l’evidenza dei fatti.

 

“Questo è impossibile.”

 

Sollevò un sopracciglio.


“Impossibile? Per quale motivo sarebbe impossibile?!”

 

Perplesso.

Perplesso ed innocente.
Sì; di un’ingenuità disarmante, la sua ultima espressione.

Non avevi ben chiaro se Mello fingesse di non aver capito o, se il suo, era semplicemente un modo come un altro per prenderti in giro.

Conosceva la tua debolezza al tal punto da sottolinearla, oppure ne era del tutto inconsapevole?

 

Insight improvviso.

Una lampadina si accese nella sua mente.

 

“Ah-ah! Adesso capisco tutto!!”

 

Sorrise sinistramente.

Con un paio di passi ampi annullò la distanza che vi separava.

Strappò incurante la mano dai tuoi poveri capelli e la strinse tra le sue, strattonandola con forza.

 

“E’ chiaro!! E’ grazie a questi stupidi giocattoli da psicopatico che riesci ad attivare i tuoi poteri extrasensoriali contro di me, non è vero!?”

 

Mello era un grande attore.

Se non avesse trascorso gran parte della sua infanzia all’interno di un orfanotrofio a distruggere il suo sistema nervoso, forse avrebbe potuto sfondare nel cinema!

 

Era quasi riuscito ad ingannare persino te.

Complimenti vivissimi, Mello.

 

“Ah! Ma non mi freghi! Forza, andiamo fuori! Oggi sarai il mio raccattapalle personale!”

 

Prima che il tuo cervello potesse elaborare le prospettive appena accennate, ecco che ti ritrovasti nuovamente in piedi, trascinato sgarbatamente per una mano dal ragazzino biondo.

 

“Mello, asp-aspetta!”

 

«FU-FUORI!?»

 

«Near tu…tu vai FUORI!?»

 

«NON PUOI ANDARE FUORI, NEAR!!»

 

«E’ TANTO, TANTO SALATO!!»

 

«NON SOPRAVVIVERAI!!!»

 

«NON ANDARE!! NON ANDARE!»

 

«NON ANDARE, NON ANDARE, NON ANDARE!!»

 

La voce del coniglio bianco mutò.

Per la prima volta da quando lo conoscevi, essa mutò.

Non credevi potesse succedere davvero.

Ancora immobile con il viso rivolto contro il legnoso pavimento, il suo tono allegro si era completamente volatilizzato nel nulla.

La sua voce divenne distorta.

Divenne grassa.

Divenne profonda e inquietante.

Ti fece paura.

Ti fece terrore.

 

Puntellando i talloni contro le assi di legno, ti voltasti a guardarlo.

Mello si fermò.

Lui non poteva capire.

Lui non sentiva.

 

Il ragazzino osservò la direzione dei tuoi occhi.

 

“Cosa c’è ancora?...”

Un altro morso al cioccolato.

Un’altra occhiata allo stupido pupazzo a faccia in giù.

 

“…….”

 

Il terrore assoluto, dipinto nei tuoi occhi, lui non poteva capirlo.

 

“Near?”

 

«NONANDARENONANDARENONANDARE!!»

 

Un’altra folata di vento trapelò all’interno della stanza, dondolando il corpo privo di anima del coniglio d’acqua dolce.

Se si fosse voltato…

Dio…

Se la sua voce era divenuta così spaventosa, non osavi proprio immaginarle, le fattezze del suo volto.

 

Stringesti gli occhi pregando che la folata di vento si arrestasse prima possibile.


“Near...?”

 

Hai paura.

Hai paura.

Hai paura, diamine!

Hai paura…

 

“Che ti prende?! Hey!”

 

Mello ondeggiò la mano libera davanti ai tuoi occhi atterriti.

Tornasti in te.

O almeno, ti sforzasti di farlo.

 

“Nu-nulla…”

 

Non era più Mello a trascinarti per mano.

Eri stato tu, ad esserti avvinghiato inconsapevolmente alle sue.

Strette.

Strettissime, quelle mani esangui e fredde sulla pelle rosea del tuo rivale.

Nulla da stupirsi, se egli cominciava a preoccuparsi.

 

“Ho---“

 

“….uh?....”

 

Un’altro pezzo di cioccolato si spense sotto la furia dei suoi denti avidi.

 

“Ho---ho solo avuto un capogiro…”

 

La tua voce tremolò incerta.

Così come le tue gambe, le tue mani, e persino il tuo volto assunse un colorito più bluastro del solito.

Un capogiro provoca tutto ciò?

 

“Beh, per forza! Stai sempre rinchiuso in questa stanza! Hai avuto sicuramente un calo di zuccheri…”

 

Gia’…

Un calo di zuccheri.

Il sale non aveva perso tempo, a far sentire i suoi effetti.

Era davvero, troppo salato quel mondo per te…

 

“Avanti, stacca un morso!”

 

Come un fulmine, Mello ti pose sotto al naso l’involucro della stecca di cioccolata.

 

“Un bel morso! Non ho voglia di portarti in spalla per tutto il tempo!”

 

“Morso?”


Arricciasti  il naso, osservando attentamente l’involucro vuoto che con convinzione reggeva tra le mani..

Gia. - Completamente vuoto. -

Al suo interno,  non vi era rimasto che l’odore della cioccolata.

L’ultimo pezzo di essa, lo stava ancora avidamente masticando tra i denti.

 

Lo guardasti perplesso.

Il suo odio nei tuoi confronti non era una novità, percui…

…con che parole, avresti dovuto fargli notare…un errore così stupido?


“Ma…ma è…”

 

Ti risparmiò il disturbo di completare la frase.

Si accorse da solo della figuraccia che aveva appena commesso.

Lasciò la tua mano per schiaffarsi la propria in pieno viso.

Classico comportamento.

L’avevi visto centinaia di volte.

Sai anche come prosegue.

Ecco infatti le sue gote assumere tutte le colorazioni possibili in un essere umano.

 

Me--merda…”

Lo sbiascicò tra i denti, ma lo sentisti ugualmente.

 

Continuasti a guardarlo confuso.

Sperò ardentemente che non scoppiassi a ridere.

Tuttavia, era il tuo disinteresse ad odiare più di ogni altra cosa al mondo.

Una persona come lui, non sarebbe mai riuscito a credere fosse reale.

 

La sconfitta era clamorosa.

Ma proprio con te doveva capitargli una simile umiliazione?!

Si maledì.

Internamente, puoi giurarci che lo fece.

 

Mello guardò intorno, togliendosi la mano dal viso.

Un’idea estrema gli balenò in mente.

Tutto pur di porre rimedio a quell’errore tanto stupido con te.

Tutto.

 

La sua bocca conservava ancora l’ultimo pezzo di cioccolato scivolato sotto la furia dei suoi denti.

Per puro gusto personale, amava ingoiare lentamente ogni singolo pezzo del suo dolce preferito.

Mai al mondo avrebbe pensato che un simile vizio sarebbe potuto giocare in suo favore.

 

Ancora scarlatto, con la fronte imperlata di piccole goccioline di gelido sudore, eccolo avvicinare il suo volto  al tuo come mai aveva fatto prima.

Come mai aveva fatto prima.

 

In una gara di velocità tra istinto e ragione, strinse le tue piccole spalle tra le mani e, senza indugiare oltre, fece aderire le sue labbra appiccicose alle tue, piccole, aride e secche come foglie di acero in inverno.

 

In futuro, avresti ricordato quel momento come il tuo primo, unico bacio.

 

Dolce.

La tua bocca venne invasa di zuccheri.

Mai stati così efficaci. Mai stati così piacevoli.

Li sentisti soffocare ad uno ad uno ogni singolo granello di sale penetrato offensivo nel tuo vulnerabile organismo.

Rigenerarono il tuo corpo nel giro di pochi istanti, ricaricandolo di una forza nuova.

Il tuo cuore iniziò a pompare fiotti di sangue vergine.

Non vi fu un singolo angolo di te che non avvertì le conseguenze di quel gesto.

 

Mello allontanò le sue labbra quando la ragione ottenne la rimonta sull’istinto;

Quello spietato assassino, nemico giurato della sua mente aveva colpito ancora.

Maledizione...

Calma. Calma. Calma. Calma.

 

Forse, poco prima avevi un tantino sopravvalutato le sue doti recitative…

Il rossore aumentò.

Anche tu in effetti sentisti le tue gote avvampare; forse fu questa la causa.

 

Sdegnato, passò un braccio sulle labbra, cancellando i residui dell’insolita mistura di cioccolato e saliva, rimasta appiccicata come souvenir di quell’esperienza.

 

Per qualche strana ragione, anche tu imitasti il suo gesto.

Silenzio.

Persino la voce del coniglio d’acqua dolce adesso, ti risultò totalmente assente.

 

Un attimo per ricomporre la dignità cancellata.

Mano ai capelli. Per l’ennesima volta.

Gira. Gira. Gira. Gira.

 

Come spiegarlo?

Come…giustificarlo…?

 

Forse, la migliore risposta in questo caso sarebbe stata la non risposta.

 

Ti afferrò ancora una volta il braccio, ripristinando la posizione interrotta poco prima.

Ed ecco che riprende a trascinarti con se.


“Forza, andiamo!”

 

Senza alcun indugio, ti lasciasti trascinare.

Fuori da quella stanza dalle pareti tinte di amarezza.

Fuori dal tuo acquario. Fuori da quell’ambiente tanto caro e accogliente.

(Tanto saturo della più infima e ingannevole solitudine.)

 

Fuori, sì.

Fuori.

 

Sei una creatura d’acqua dolce.

Il sale del mondo esterno ti avrebbe ucciso.

Ma non quel giorno.

Mello era stato pronto a reintegrarti di tutta la dolcezza necessaria per la tua sopravvivenza.

 

Se fosse rimasto al tuo fianco, forse, quel mondo sarebbe divenuto ospitale anche per te.

E non avresti avuto più alcun bisogno della compagnia di un lunatico coniglio di pezza in un mondo stagnante e sopito come quello di un acquario d’acqua dolce dove non vi è rimasto più nessuno, in grado di avvertire come te, il peso della solitudine...

 

FINE

 

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La mia seconda oneshot sul personaggio più detestato dal fandom italiano di Death Note

(dopo Misa ^^”), nonché il primo bacio shounen ai che riesco a descrivere. ^////^ 

In realtà avevo in mente questa storia sin dai tempi di Irish Zebra, ma non avevo mai trovato un espediente valido per potermi cimentare nella sua scrittura. Adesso, finalmente, ci sono riuscita!

Ho rivisto recentemente alcune doujinshi, tra cui una che mi ha incentivato alla scrittura di questa storia.

Ho fatto anche un collage di alcune scene pregnanti, ve le riporto qui in basso!^___^ Spero vi piaccia!

 

http://farm4.static.flickr.com/3145/2724254805_ee2af42103_o.jpg

(Doujinshi copyright di Tirol, all right reserved)

 

Volevo ringraziare tutte le persone che hanno letto e recensito One-Minute World, la mia ultima  fan fiction pubblicata, in particolare _Aiko_, L-chan, MiyuNamikaze, Ayay, Mello’s Chocolate bar , Kurogane, SweetChii, Cicoria e Neki Niku Dango.

Inoltre, un ringraziamento particolare va ai miei pre-readers MCMXC, SelesWilder, e la gentilissima Nate River (Kurogane) che hanno sopportato le mie sclerate su MSN (Soprattutto quest’ultima! Grazie Niachan!^___^)

Commenti e critiche costruttive sono molto importanti per me!
Grazie davvero di cuore!

 

ATTENZIONE: Questa fan fiction, come One-Minute World non è stata betata. Se  trovate degli errori grammaticali/sintattici e volete segnalarmeli, vi riporto ancora una volta a farlo contattandomi su MSN all’indirizzo rgegeew@hotmail.com

 

   
 
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