CAPITOLO 1 
Corro,corro più che posso, facendomi spazio fra i rami che mi scorticano le spalle. Lascio che il vento mi scompigli i capelli,mentre mi  appresto ad arrivare alla fine di questo straziante viaggio nella foresta. La mente, il cuore, le gambe mi hanno spinto qui, ma il motivo mi è più che ignoto. Troppo stanco per continuare mi siedo su una roccia e scruto l’oscurità che mi avvolge. Silenzio, troppo silenzio, è come se questo posto non lasciasse spazio ai suoni che abitano la natura: Il fruscio del vento,il cinguettio degli uccelli. Il nulla più assoluto. Riprendo fiato e controllo i piedi feriti dei rovi calpestati durante la corsa senza meta, prendo la borraccia dell’acqua e la svuoto in un solo sorso, cerco di rialzarmi ma vengo distratto da qualcosa, o meglio da un rumore. Un grido. Il primo rumore che sono stato in grado di intercettare in questo posto pieno di insidie. Benchè  le gambe non reggano più il peso del mio corpo, mi sforzo a riprendere la corsa, senza pensarci seguo la direzione da cui è provenuto il grido, che presto si fa risentire. Una, due, tre volte. Sempre più forte, sempre più vicino. L’urlo comincia a prendere forma, significato. Un nome. Il mio nome. La mia corsa si fa più veloce, più disperata. Mi fermo soltanto quando lo vedo, davanti a me. Noah. Il mio migliore amico Noah.  Il mio cuore comincia a battere all’impazzata, ”Non può essere vero, non può essere”, ma  inspiegabilmente  la gioia prende il posto della incredulità. Allargo le braccia pronto ad accoglierlo in un abbraccio e lui fa lo stesso, e corriamo, corriamo come se non ci fosse un domani, come se il resto non esistesse più. Ci aggrappiamo entrambi a quell’ abbraccio, come due persone che si aggrappano alla vita. Riesce a regalarmi uno dei suoi sorrisi sinceri e ingenui, prima di scomparire nel nulla ,prima di essere risucchiato dall’oscurità della foresta. Mi accascio a terra, chiudo gli occhi e mi copro la faccia con le mani mentre un ultimo urlo echeggia in quel silenzio remoto. Mi sveglio di soprassalto, ancora scosso dal sogno che mi ha travolto come un mare in piena. Cerco di mettere a fuoco lo spazio intorno a me,focalizzo la mia stanza, e lentamente torno alla realtà. Mentre mi alzo dal letto mi rendo conto di essere completamente sudato, così mi spoglio del pigiama ormai zuppo e mi infilo dentro la vasca da bagno. Come l’acqua che mi bagna, anche l’ultimo ricordo dell’incubo mi scivola addosso.Tutto è iniziato pochi mesi fa, e tutto finì pochi mesi fa.Ricordo quel giorno come fosse ieri: una piazza, un teca di vetro, un nome, il suo nome: Noah Michiton.Un tributo maschile dei 64 Hunger Games .Il mio migliore amico, ritornato senza vita un mese dopo la Mietitura.



Angolo autrice.
Ciao a tutti/tutte <3 
Mi chiamo Francesca,ho 14 anni e adoro leggere quasi quanto adoro scrivere.Già, sono una divoratrice cronica di libri,prediligo quelli fantasy,ma dopo tutto mi piacciono un po' tutti i generi.(basta che si legge XD) 
Ho deciso di scrivere di Finnick Odair,non solo perchè sono una grandissima e accanitissima fan della trilogia di The Hunger Games,ma anche perchè ho adorato il personaggio di Finn dalla sua prima comparsa nella serie.Per questo ho voluto,o meglio ho provato a "mettermi nei suoi panni" e a provare a fantasticare sul suo mondo e sulla sua vita.Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto...Aspetto le vostre recensioni sia positive che negative (speriamo che siano di più quelle positive),ma soprattutto non vedo l'ora di ricervere delle critiche costruttive.Spero che grazie a questa esperienza io possa migliorare,ma soprattutto spero di poter migliorare il mio modo di scrivere.                                
                                                        MissDafne