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Autore: LullabyPotter    27/05/2014    4 recensioni
Alec Syflos è un chirurgo e un appassionato di parkour. Laura Clark lavora in un negozio di abbigliamento e passa il tempo libero insieme all'unica famiglia che abbia mai avuto: Oliver Johnson.
Finchè due incidenti, avvenuti nello stesso istante ma in due zone diverse della città, non tolgono loro tutto ciò che hanno di più caro.
Alec la osservò. Erano così diversi, loro due, eppure altrettanto simili. Avevano perso tanto, si erano arresi e poi avevano ripreso a vivere.
Ciò che non aveva detto a Laura è che era la sua determinazione a farlo andare avanti, perché in realtà lui non aveva mai accettato di non poter più tornare alla vita che aveva prima.

A Malaria.
_Eagle ||
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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A Malaria
che ama il mio Alec
almeno quanto lo amo io.

This is the end


Quando Alec riaprì gli occhi, la prima cosa che essi registrarono fu un soffitto bianco immacolato, mentre le sue orecchie captarono il suono ritmico di macchinari. Aveva passato abbastanza tempo negli ospedali per capire che si trattavano di macchinari medici.
Si portò una mano alla fronte, e la fece scivolare fino a coprire gli occhi. Cercò di rimanere calmo, richiamando alla mente i suoi ultimi ricordi: il muretto su cui era seduto, la macchina che sbandava, il dolore. Doveva essere svenuto, dopo, perché non ricordava molto altro.
Riaprì gli occhi e tornò a fissare il soffitto, cercando di rivedere la scena come se la stesse guardando in un televisore. Ma aveva solo frammenti, pezzi di ricordi sconnessi e nemmeno in ordine cronologico. Sospirò e decise di mettersi a sedere per chiamare un'infermiera. Ma quando fece per piegare la gamba e puntellarsi col piede, scoprì che la gamba non gli obbediva. Provò a muovere l'altra, ma la sensazione era la stessa. Come se non ci fossero. Come se non le avesse mai avute.
Con mano tremante strinse il lenzuolo bianco. Nonostante il rigonfiamento sotto di esso dimostrasse che le sue gambe erano ancora lì, aveva paura che non fosse vero. Con un movimento brusco, spostò il telo bianco, solo per scoprire che effettivamente i suoi arti erano ancora lì, coperti da un paio di pantaloni chiari. Ma erano immobili. Innaturalmente immobili, innaturalmente abbandonate a loro stesse sul materasso. Alec le toccò, più e più volte, e cercò nuovamente di muoverle, ma non ci riuscì.
Aveva completamente perso l'uso delle gambe.


~~~


Laura era seduta sul prato, una coperta sulle spalle e i capelli ancora umidi. Nessuno dei paramedici era riuscito a spostarla di lì. Stava bene, e non si sarebbe mossa finché i sommozzatori non avessero tirato fuori Oliver dal fondo del fiume.
Strinse le dita attorno alla tazza fumante che le avevano dato, ma che non aveva minimamente toccato. Nemmeno lei sapeva come aveva fatto ad uscire illesa dall'incidente. Sapeva solo che quando la macchina era finita nel fiume, aveva cercato di portare fuori anche un Oliver privo di sensi, senza riuscirci, e aveva quindi nuotato verso la riva cercando aiuto. Era passata una buona mezz'ora, prima che arrivassero; e da un'altra mezz'ora lei stava seduta lì con quella coperta e quella tazza.
Era calma, fin troppo. La polizia le aveva chiesto chi contattare, ma lei aveva risposto in modo piatto che non c'era nessuno da contattare. Sia lei che Oliver erano orfani, e l'uno era la famiglia dell'altra.
Si accorse solo dopo che quella non era calma, ma apatia. Fu quando i sommozzatori tornarono sulla riva con un corpo fradicio.
Laura si alzò di scatto, lasciando cadere la coperta e la tazza, il cui contenuto si riversò sull'erba.
Uno dei paramedici le si parò davanti. «Signorina Clark, non è il caso che...»
«Non mi dica che è meglio se lo ricordo da vivo o cose del genere» esclamò lei, alzando una mano. «Voglio vederlo.»
Il paramedico osservò ancora per un momento l'espressione dura della ragazza, prima di spostarsi.
Fu a quel punto che crollò. Quando ebbe superato il paramedico, il corpo gonfio di Oliver le si parò davanti brutalmente, e il muro apatico che aveva eretto da quando era uscita dall'acqua si sbriciolò in un secondo. Cadde in ginocchio, piangendo e sussurrando, tra un singhiozzo e l'altro: «Mi dispiace, Oliver! Mi dispiace!»

Nota dell'autrice«

Sono stata indecisa se pubblicarla o meno per un po'. Alla fine ho deciso di si, ma è stata durissima perché nessuna versione che scrivevo del prologo mi convinceva.
Alla fine, è stata Malaria, più o meno inconsapevolmente, a convincermi. Quindi, gente, ringraziate lei (che oltretutto ha dato il nome ad Alec) u.u
Oltre a lei, ci sono altre tre persone che devo ringraziare: Aly, che mi ha aiutata con i cognomi e col titolo; Jess, che mi ha sostenuta nel mio momento di crisi profonda per il prologo; e Maia, che mi ha aiutata a trovare lo sport perfetto per Alec e anche perché è lei e questo basta.
Il titolo del capitolo è tratto dalla canzone Skyfall di Adele.
Mi scuso per eventuali errori presenti nel capitolo: l'ho riletto, giuro, ma qualcosa mi sarà sicuramente scappato.

_Eagle ||
  
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